Eccoci arrivati al quarto numero di Domino che ancora non delude le aspettative del lettore, agile e succoso come sempre.
Tanto per dirne una voglio sfidare il lettore per vedere chi è più informato.
Qualcuno di voi aveva appreso da qualche media nostrano che il palazzo presidenziale di Zelensky è difeso da una formidabile postazione antimissilistica identica a quella della Casa Bianca?
Immagino di no, ma questo numero di Domino ce lo rivela.
Gentile dono di Joe Biden, costosissimo e ovviamente non gratuito o senza contropartite, questo Domino non lo dice ma è facile fare la deduzione.
Come sappiamo la locuzione “I owe you one” , ti devo un favore è comunissima nei triller in lingua inglese ma è sempre accompagnata dalla richiesta di restituire il favore solo qualche tempo dopo.
In politica le cose non cambiano, figurarsi poi in tempo di guerra e tanto peggio se si tratta di una “proxy War” ,una guerra per procura.
Non invidio Zelensky, sempre più prigioniero di cose enormemente più grandi di lui.
Ma torniamo a Domino ,a mè è piaciuto enormemente il saggio su Gustave Le Bon, psicologo,antropologo di difficile definizione anche perché fu uno dei primissimi a porsi in una prospettiva multidisciplinare nelle scienze sociali.
Autore del famosissimo “La psicologia delle folle”, uscito nel 1895, che si è sempre detto capeggiasse contemporaneamente sui comodini di Benito Mussolini e di Franklin Delano Roosvelt e molti altri protagonisti della storia di tutte le tendenze.
Trovo molto appropriato che Domino abbia scelto di pubblicare un saggio su Le Bon, perchè per molti versi se c’è un precursore del modo di porsi di fronte alla storia con l’atteggiamento che oggi usano gli analisti di geopolitica, questi è Le Bon.
Non guardare alla stretta attualità, ma porsi in un atteggiamento che privilegi i movimenti profondi e di lungo periodo.
Le Bon adotta questo punto di vista in modo radicale perché dice in sostanza che se la si guarda dal corretto punto di vista la storia non la fanno i vivi, ma i morti, che sono molti di più dei vivi e molto più potenti.
Il senso di questa affermazione un po’ conturbante ma efficace nella sua crudezza è che i protagonisti della storia sono i veri decisori solo in apparenza perché nella realtà questi non fanno altro che lasciarsi guidare dall’inconscio collettivo che si forma con la stratificazione di tradizioni, abitudini, modi di pensare e tutto questo diviene l’anima di un popolo.
Più di un saggio poi è dedicato a un’analisi approfondita dei profondi cambiamenti che questa guerra mostra essere intervenuti nel “mestiere delle armi”.
Il taglio di questi saggi mi ha richiamato le straordinariamente lucide e crude parole che Papa Francesco aveva pronunciato allo scoppio della guerra quando ha detto che le grandi potenze vanno in guerra per sperimentare e perfezionare i loro sistemi d’arma, del tutto incuranti delle conseguenze che le guerre hanno sulla popolazione civile.
Ebbene sì ,apprendiamo che il mestiere delle armi è parecchio cambiato anche se rimane sempre valido il principio enunciato magistralmente da Tolstoj in “Guerra e Pace” quando dice che non è la genialità di Napoleone o delle sue controparti che fa vincere le battaglie, ma che vince l’esercito più motivato.
Ci sono però dei correttivi e delle novità.
Un correttivo obiettivo sta nell’equilibrio o disequilibrio delle forze, questo è un fattore obiettivo.
Un’altro fattore obiettivo però del tutto nuovo è l’equilibrio o il disequilibrio dell’innovazione tecnologica recepita.
Questo cambia tutto tanto che un saggio è dedicato a cercare di dimostrare questo nuovo assunto, e cioè che anche uno stato piccolo che per la geopolitica non veniva ritenuto in grado di divenire potenza regionale o anche di più, in ragione della sua popolazione, demografia, estensione territoriale eccetera, oggi se dispone di tecnologia avanzatissima e sa usarla può pretendere di competere e si cita come esempio Israele.
Non tralascio anche l’importanza di leggere i saggi dedicati direi al Putinismo, in quanto radicato nella Russia profonda che gli Americani e i nostri media continuano bellamente a non voler studiare.
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