lunedì 13 marzo 2023

Luca Steinmann Il fronte russo La guerra in Ucraina raccontata dall’inviato fra i soldati di Putin – Editore Rizzoli- recensione

 





Luca Steinmann ,lasciatemelo dire, nel suo genere è un personaggio.

Quel misterioso soggetto, che già gli antichi chiamavano fortuna,la dea bendata per eccellenza , ha voluto che si trovasse nel posto giusto al momento giusto.

Ed ecco che quel giovane giornalista free lance, non solo si venne a trovarsi nel Donbass pochi giorni prima dell’invasione russa dell’Ucraina, ma anche che quegli avvenimenti, in rapido corso, sfociarono nella immediata chiusura delle frontiere, impedendogli materialmente di tornare in Italia, quand’anche l’avesse voluto, diventando così uno dei soli tre operatori dei media occidentali presenti su quel fronte.

Posizione fortunata e scomoda al medesimo tempo.

Fortunata è ovvio per la storica opportunità che gli veniva offerta.

Scomoda perché, come lui spiega più volte il questo libro, i Russi ,già per indole e per storia, sono portati a diffidare dei giornalisti in generale, figuriamoci poi di quelli occidentali in territorio di guerra da loro occupato.

Avevo detto sopra che l’autore è un personaggio.

Ma forse non è necessario che spieghi il perché ,almeno non a quella parte dei lettori, che avevano seguito gli speciali della 7 di Mentana , mandati in onda in diretta per seguire i primi mesi della guerra in Ucraina.

Quella vecchia volpe del giornalismo, che è Enrico Mentana, con quegli speciali era stato tanto abile da prendere veramente diversi piccioni con una fava, come si usa dire.

Non solo costringendo gli altri media a mandare inviati ,ma costringendoli ,per essere concorrenziali ,a fare uscire anche i loro, dagli alberghi per andare a stare sul posti più scomodi.

Non bastava a Mentana avere “rubato” alla corazzata della geopolitica italiana, che si chiama Limes, forse il suo più brillante dei suoi analisti, nella persona di Dario Fabbri.

Ma in quelle trasmissioni ha messo sul posto ,accanto a due, diciamo reporter tradizionali, una brillantissima Francesca Mannocchi e questo sconosciuto ragazzo, che è diventato un personaggio proprio perché non sapeva nascondere il fatto di essere alle prime armi, davanti a improvvisate telecamere, che a volte forse non andavano più in là di un telefonino, dove lo “studio” era ,quando andava bene, una spoglia camera ,palesemente dell’alberghetto che capitava, o un qualsiasi posto, riparato dal fuoco incrociato per riferire della situazione in diretta, cosa tutt’altro che semplice in quelle condizioni.

Intelligente, assolutamente intelligente la volontà di Mentana di superare il conformismo delle narrazioni “mainstream” dei nostri media, dando voce a un rarissimo se non unico cronista ,che ,come Steinmann, si collocava volutamente dalla parte russa del fronte e quindi nella scomodissima posizione di fare accettare la sua presenza ,anche dopo avere messo regolarmente in chiaro che non aveva nessuna intenzione di pagare pegno ,prendendo per buone le versioni dei fatti della propaganda russa.

In un anno di reportage, come ci narra nel libro, si è beccato ben due espulsioni ,riuscendo però per tutte e due le volte a ritornare a lavorare sempre su quel fronte, servendosi di rocamboleschi contatti coi personaggi più strani, coi quali era riuscito a stabilire un rapporto di fiducia.

Comunque la pensi il lettore sulla guerra, raccomando caldamente la lettura di questo libro ,perché non mi risulta ci sia un’altra fonte giornalistica ,che illustri la situazione e gli avvenimenti in questa particolare regione dell’Ucraina.

I media generalisti hanno fatto il loro mestiere, puntando l’obiettivo sui luoghi che di volta in volta vedevano gli avvenimenti più significativi della guerra.

Con questi spostamenti delle telecamere ,però, lo spettatore ha avuto l’impressione che i tempi della guerra fossero uguali per tutti ,o almeno che per tutti valesse il 24 febbraio 2022 ,come data di inizio della guerra.

Ma non è così, perché nel Donbass al 24 febbraio 2022 si combatteva già da ben 8 anni e otto anni di guerra lasciano il segno ,eccome.

Ecco questo è forse uno dei merito principali di questo libro.

Prima di tutto era necessario dare una visione non di parte e per quanto possibile obiettiva degli avvenimenti ,come li hanno vissuti le truppe russe.

Anche perché così facendo si è messa in evidenza il fatto, non sempre ben presente nelle nostre menti ,che quell’enorme paese, proprio a causa della sua estrema estensione territoriale è per natura multietnico.

Non è quindi senza importanza vedere la presenza in tempi e luoghi diversi del fronte, soldati provenienti dalla lontana Siberia, o dalle regioni Caucasiche, o i più noti Ceceni ,comandati dal diciamo così “pittoresco” Ramzan Kadyrov ,dalla lunga barba, oltre ai Russi veri e propri ,arrivati al fronte però ,pare accertato ,solo dopo la parziale mobilitazione, dopo che il piano di invasione russo si è infranto alle porte di Kiev.

Non meno importante è avere informazioni di prima mano sulle truppe mercenarie o se vogliamo fare i politicamente corretti ,sui “contractors” della Wagner ,comandati da quell’ancora più “pittoresco” personaggio che è Eugenij Prigoziy, noto come il “cuoco di Putin”, molto meno noto il fatto che i suoi miliziani si sono soprannominati “musicisti”, perché il vice di Prigozij è fanatico della musica classica e molti si sono portati dietro la ghitarra.

Come è del massimo interesse essere informati sulle reazioni delle popolazioni locali, già poco uniformi nel loro atteggiamento verso i vicini Russi prima della guerra, figuriamoci a guerra in corso.

Questa è forse la parte più interessante del libro, che presumo, affascinerà gli storici che studieranno in futuro questi avvenimenti.

Perchè ,come si affannano a ripetere i geopolitici, il vero protagonista delle guerre non sono le armi mirabolanti che mano a mano vengono inventate, e che colpiscono la nostra fantasia, ma non è altro che l’uomo.

L’uomo che nella sua psiche viene manipolato pesantemente dal martellare delle propagande contrapposte, ma che inevitabilmente viene plasmato dai demoni che popolano le guerre, generatori di odii sommamente irrazionali e difficili da superare se non nei tempi lunghi.

Steinmann ,dopo un anno nel quale fra l’altro ha dovuto costruire e mantenere un ben difficile equilibrio, per poter lavorare al fronte dalla parte ,al momento russa, ha acquisito l’abilità di pesare bene le parole.

Perché sapeva benissimo che tutto quello che diceva o scriveva veniva immediatamente registrato e pesato dai servizi di Putin, e quindi narra con invidiabile obiettività, ma non può permettersi di buttare là conclusioni, per non rischiare di non poter vedere più quel pezzo di carta, quell’accredito, che i Russi o le amministrazioni filo-russe di Donesk o di Luansk danno col contagocce o non danno affatto ai media occidentali.

Il lettore dovrà quindi usare la propria testa per trarle quelle conclusioni ,se pure provvisorie, per conto suo, servendosi dei fatti, la cui conoscenza ha acquisito leggendo il libro.

Ma questo a mio avviso è un altro e non ultimo merito di Steinmann.






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