sabato 3 giugno 2023

Domino rivista sul mondo che cambia – Nel mondo dei Turchi. Provata da guerre e da crisi economica, Ankara vuole centrare sull’Asia il proprio impero. Con o senza Erdogn – n 5 – 2023 Ed GOL – recensione


 



Quanto mai azzeccata la tempistica della pubblicazione, proprio a ridosso delle elezioni presidenziali turche.

Non vivendo su Marte ed avendo seguito da tempo in particolare i saggi di geopolitica, ho acquisito una particolare sensibilità nel rilevare gli interventi esterni di manipolazione dell’opinione pubblica.

Di conseguenza non ho potuto non sorprendermi dell’editoriale dell’Economist che ha preceduto quelle elezioni che, e che ,lasciatemelo dire, sembrava una velina delle agenzie d’oltre Oceano per dettare la linea che in geopolitica, darà fastidio ad alcuni, ma viene denominata la linea imperiale americana, fortemente contraria al pragmatismo multi-lateralistico di Erdogan.

La vulgata vuole che il medesimo Erdogan porti addosso il marchio di “autocarate” e che quindi l’Occidente debba trovare il modo di riportare la Turchia fra le democrazie declinate secondo la teologia dogmatica di Washington.

Ecco, per capire che in questo modo di ragionare ci sono parecchie cose che non funzionano e che anzi sono fuorvianti rispetto alla comprensione della realtà , invito caldamente i lettori a impegnarsi nella lettura di questo volumetto di 140 pagine, agile, ma come sempre molto denso e documentato.

Gli analisti di geopolitica ripetono fino alla noia che la loro disciplina non è fatta per proclamare verità o emettere giudizi etici, a questo provvedono altre materie, ma che la geopolitica fa solo analisi accurate e indipendenti ,per consentire al cittadino di superare propaganda e preconcetti, per avvicinarsi alla visione dei fatti nel modo più verosimile possibile ,basandosi sui dati disponibili, che oggidì sono veramente molti ed anche abbastanza accessibili, se solo si vuole e si sa cercarli.

Leggendo il sempre brillante e gradevolissimo editoriale di Dario Fabbri, mi sono segnato apposta gli elementi di “contro-lettura” ,che porta a fare l’analisi geopolitica ,rispetto alle vulgate ed alle credenze correnti e quindi ve le propongo subito:

- Lo stato Turco, subentrato alla dissoluzione dell’Impero Ottomano dopo la Prima Guerra Mondiale, ispirato e costruito seguendo la visione di Mustfà Kemal Ataturk, aveva scelto la veste della democrazia e del laicismo simil - occidentale per tenere celata la atavica spinta a riproporre, quando possibile, le aspirazioni a ricomporre l’impero, ma in realtà non accolse mai la cifra della cultura europea;

- Il non troppo delicato invito dell’Economist a sostituire il non abbastanza allineato Erdogan con qualsiasi oppositore, ma meglio ancora col suo concorrente in queste presidenziali, nell’illusione di riportare la Turchia nel più chiaro Atlantismo possibile, sembra fatto apposta per indurre noi occidentali ed europei in particolare, a continuare a baloccarci col corto-circuito mentale che ci porta a sopravvalutare, fino a demonizzarla, la figura di qualsiasi capo politico ,che non si allinea perfettamente all’Atlantismo, bollandolo come “autocrate”.

Ma questo ,dice Fabbri, è una contorsione mentale, che ci spinge a guardare alla sovrastruttura ,trascurando o ignorando la struttura ,che è assolutamente più rilevante.

Oddio, il ragionamento è forse un po’ troppo tecnico ed intellettualistico, ma vuole dire semplicemente, che la politica anche negli stati gestiti dai bollati autocrati, quello che sembra “un uomo solo al comando” non è affatto solo e la politica di quei paesi non è affatto in balia dei capricci di uno solo, mai.

Il presunto “uno solo” che, quando sbaglia, cade in errori pacchiani come Putin nell’aggressione all’Ucraina o lo stesso Trump ,quando lasciò che accadesse l’aggressione al Congresso, cavalcando la favola della vittoria elettorale falsificata, viene definito sbrigativamente come “pazzo” ,illudendo chi ragiona così, di avere risolto un problema estremamente complesso in modo semplicissimo.

Le cose non funzionano affatto così nella realtà, perché l’analisi geopolitica mette in luce il fatto, che qualsiasi regime appare personale solo se non si va ad analizzare cosa c’è che lo tiene in piedi, e cioè una cerchia di apparati a volte addirittura pletorica, come nel caso del Partito Comunista Cinese, ma non solo quello,e una coalizione di interessi che ,sempre, ma proprio sempre, devono produrre consenso, diversamente il presunto uomo solo al comando viene sostituito con metodi più o meno drastici.

E’ ovvio che tutto il ragionamento sopra fatto si applica perfettamente anche a Erdogan, come il saggio del quale parliamo, spiega nei particolari, a volte anche minuti;

-Dopo la ennesima vittoria di Erdogan, la quasi totalità dei nostri media (salvo quelli che intelligentemente si erano accaparrati per l’occasione l’analisi di geopolitici come Caracciolo) frignavano ripetendo : ma come è possibile?, è inspiegabile che un popolo, tartassato da una situazione economica per niente brillante ,voti ancora per il capo, che ha causato quella congiuntura sfavorevole.

Questo ragionamento è l’indizio di un errore madornale, ci dice Fabbri, perché i popoli che si nutrono di una visione imperiale come i Turchi, antepongono quella “causa” ,alla corsa al benessere, che è il santo gral dell’Occidente (impero americano escluso e coperto da una foglia di fico, ovviamente);

-seguendo una linea di pensiero analoga ,l’analisi porta a chiarire il fatto che la religione è un elemento di coesione troppo potente e funzionale, perché un popolo che alberga dentro di sé una millenaria vocazione imperiale, come quello turco, possa accettare veramente il laicismo come lo intendiamo noi e che in realtà in Turchia è sempre stato non realmente metabolizzato e infatti oggi è in via di superamento.

Ecco quindi spiegata la vicinanza allora con la Fratellanza Musulmana e le strategie politiche, che Erdogan ha esibito in questi ultimi anni;

-Fabbri sembra dire che, vinca Erdogan o il suo rivale, poco o nulla cambierebbe nella traiettoria strategica della Turchia.

Superiamo quindi l’ennesimo mito ,secondo il quale solo le elezioni consentirebbero di capire con sicurezza dove vuole andare una collettività.

Questa ,dice Fabbri, è una distorsione epistemologica, perché vorrebbe trascurare gli umori “di pancia” dei popoli, lasciando credere che se non si svolgessero elezioni sarebbe del tutto impossibile rilevare gli orientamenti dei popoli.

E allora, chiosa Fabbri, fino al 1946, data delle prime elezioni libere ,i nostri antenati ignoravano completamente gli orientamenti dei popoli ?

Sarebbe ovviamente assurdo rispondere di ,sì perché ,se così fosse, vorrebbe dire che i libri di storia sarebbero racconti di favole.

La realtà è che non esiste solo l’Occidente e il suo modo di pensare, come non esiste solo il metodo elettorale della democrazia rappresentativa secondo le procedure considerate ortodosse in Europa, ma questo sistema va relativizzato ed analizzato nell’ambito del pensiero critico, come qualsiasi altra cosa, senza demonizzare sistemi concorrenti e differenti, in uso presso la grande maggioranza del mondo che non è affatto solo Occidente e senza considerare solo noi come civilizzati e gli altri come barbari da convertire.

Ultima osservazione.

Dopo avere letto la puntuale sinossi sulla storia della Turchia, abilmente messa insieme da Fabbri, mi sono chiesto cosa sono andato a scuola (nel senso di completo ciclo scolastico tutt’altro che breve) a fare ,per ignorare completamente il fatto che i Turchi ,non sono affatto nati in Anatolia ,come supponevo,ma sono originari dei lontanissimi territori fra steppe siberiane e mongole.

Ragione di più per leggere questo ottimo saggio.
















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