lunedì 4 settembre 2023

George Friedman : The Storm Before the Calm .America’s Discord, the Crisis of the 2020’ and the Triumph beyond . Ed. Anchor Books – recensione

 




Sono al secondo libro di George Friedman e so già che non mi fermerò qui.

Questo solo vuol dire qualcosa.

Stiamo parlando del più noto analista di geopolitica, che è talmente sicuro di, sé da non temere di farsi chiamare nelle recensioni “forcaster”, colui che fa le previsioni.

Evidentemente tutti gli hanno perdonato il fatto di avere previsto erroneamente, nel suo primo saggio importante, una probabile guerra col Giappone nel 1991 (The coming war with Japan), perché?

Perchè i ragionamenti e le analisi sulle quali appoggia le sue previsioni sono talmente solide, dal punto di vista razionale ,che chiunque è in grado di capire ,poi, che in un equazione complessa a più variabili, un’evento inaspettato, il caso, o la mano umana possono portare a soluzioni impreviste.

Lo stesso Friedman giustamente ricorda il famoso caso verificatosi nei primi anni 70 ,quando, una eletta schiera di eminenti scienziati,intellettuali e imprenditori ,riuniti dal Club di Roma, aveva per la prima volta fatto un’analisi approfondita di dove sarebbe andato il mondo, nei decenni successivi, se fossero rimasti costanti i principali parametri di sviluppo in atto.

Quel rapporto prevedeva, come è noto, che per il 21 secolo sarebbe stata la catastrofe, a causa sopratutto dell’allora incontrollato trend demografico.

Le cose fortunatamente sono andate in un altro modo, usufruendo dell’enorme balzo, fatto dalla tecnologia, che ha concesso di aumentare enormemente ,tra l’altro, le risorse agricole, ma allora non era prevedibile un simile evento.

Questo libro raccoglie il succo del Friedman pensiero.

Per darvi un’idea di quanto pesi questo pensiero, vi dirò, che dopo aver letto questo libro, mi è capitato di vedermi ,per caso, su YouTube, l’intervento di uno dei più importanti analisti italiani di geopolitica ,specializzato sull’America.

In quell’occasione, non ho potuto fare a meno di ridacchiare con mè stesso, perché il filo conduttore di quell’intervento, non era altro che un’ottima sintesi del Friedman pensiero.

Per capire di avere a che fare una mente eccezionale, non ci vuole molto, ma proprio per questo, mi sono andato a leggere il suo profilo su Wikipedia ,aspettandomi di vedere da lui occupata una qualche cattedra, in una delle Università della Ivi League, ma ho dovuto constatare ,che non è un accademico ,anche se scrive, ovviamente ,sulle più prestigiose riviste del settore.

E ho anche dovuto constatare, che i suoi libri non hanno né ricche note esplicative, né bibliografia, come usa nei saggi accademici.

Troppa sicurezza di sé, che arriva fino all’arroganza intellettuale?

Ma potrebbe anche essere, se non , che leggendolo si rimane ammaliati dalla lucidità e dalla profondità della sua analisi.

Lo confesso, alla prima lettura sono rimasto un po’ perplesso dal suo approccio, basato sulla individuazione di due trend fondamentali nella storia americana dalla fondazione in poi.

Uno di carattere istituzionale e di durata intorno a 80 anni e l’altro di carattere socio economico di minore durata (50 anni).

Non dico che sia azzardato, ma certo, ci vuole coraggio a ipotizzare costanti storiche ,così difficili da dimostrare.

I fatti sui quali appoggia il suo ragionamento sono però ,effettivamente convincenti.

Seguendo la procedura sopra indicata, secondo Friedman, le prossime elezioni presidenziali del 2024 (o quelle immediatamente successive) saranno l’inizio della fine del ciclo precedente e l’inizio di quello successivo.

Che l’America sia oggi in una grave crisi di identità, non lo ha certo inventato Friedman.

L’episodio dell’assalto al Congresso ,del 6 gennaio 21, è stato troppo clamoroso ,in tutti i sensi, per far capire a chiunque, che c’è qualcosa di serio che non va, e che la classe politica non sa come venircene a capo.

Do solo un accenno, perché l’argomento è troppo serio per riassumerlo in due righe.

Friedman ipotizza due settori principali nei quali i suoi connazionali debbono intervenire, per frenare la deriva e rimettere in sesto il paese.

La prima, è la gestione delle università, che secondo la sua puntuale e profonda analisi, sono la madre del classismo tecnocratico, che gestisce il potere vero nell’America di oggi.

Leggetelo attentamente questo libro, scoprirete lidi sconosciuti, che però, dopo la lettura, vi risulteranno chiarissimi.

Se volete un assist ,non dico più leggero, ma più accattivante ,sì, vedetevi prima qualcuno dei podcast di Francesco Costa sempre su YouTube, o leggete qualcuno dei suoi libri a cominciare da quello illuminante sulla California (https://gmaldif-pantarei.blogspot.com/2022/11/francesco-costa-la-fine-del-sogno.html).

La tecnocrazia che regge l’impero americano.

Questo è il vero argomento del libro, se non si hanno le idee chiare su questo punto, non si capisce niente del resto.

Altro settore, nel quale occorre intervenire ,per frenare la deriva ,secondo Friedman, è la situazione nella quale si trova la governance (governo federale e Presidente sopratutto).

L’Autore descrive accuratamente l’evolversi nella storia di questi istituti.

Da una presidenza debole ,perché così voluta dai Padri fondatori, a una presidenza strapotente e imperiale, più o meno suo malgrado, senza che nulla sia cambiato nella forma della Costituzione.

Da Pearl Harbor alla distruzione delle torri gemelle è nata e si è sviluppata una miriade di agenzie securitarie , che sono diventate potentissime.

Ora occorre a parere di Friedman un ri- bilanciamento dei poteri, che potrebbe venire da una ridefinizione del rapporto coi poteri locali.

Gli argomenti sono complessi, ma se volete capire l’America questo libro è un must.

In chiusura ,ripeto quello che avevo già osservato, recensendo il libro precedente di Friedman,

(http://gmaldif-pantarei.blogspot.com/2023/08/george-friedman-americas-secret-war.html)

perché mi sembra estremamente significativo.

Quello che trovo estremamente accattivante in questo autore è il suo modo diretto e trasparente di parlare.

Finalmente un americano ,che non ha la minima ritrosia, di parlare apertamente di impero e di colonie, non riferendosi all’impero romano, o a quello di sua maestà britannica dei libri di storia, ma a quello americano di oggi con le sue 7 flotte e i paesi europei, che fanno finta di niente ,per non doversi vergognare.







Nessun commento: