mercoledì 5 giugno 2024

Carlo Sini : E avvertirono il cielo La Nascita della cultura. Telmo Pievani Ed Jaca Book – recensione

 



La paleoantropologia è una materia che non appare certo frequentemente sui media, a meno che non si verifichi qualche scoperta archeologica di particolare rilievo.

Purtroppo nel nostro paese lo studio della storia è caduto in disgrazia da tempo, figuriamoci quello del lunghissimo periodo precedente la storia.

Per una convenzione del tutto arbitraria, la storia ,come è noto, la si fa partire dalla scoperta della scrittura.

Quel lunghissimo periodo è coperto dalle nebbie in tutti i sensi.

Ma a proposito di storia si è fatta una piacevole scoperta.

E cioè che se spunta un autore brillante, che si incarichi di parlare alla gente in modo comprensibile e possibilmente anche piacevole, la percezione pubblica cambia improvvisamente.

Per fortuna nostra è infatti comparso un Barbero, che quando si reca in un teatro o in una sala di conferenze ormai viene accolto col medesimo entusiasmo riservato alle star televisive.

E l’interesse per la storia è improvvisamente rinato.

Della stessa “missione” di Barbero, si è fatto carico Telmo Pievani, nel campo della pre-storia che viene ormai definita come paleo-antropologia.

Oltre che scrivere libri di successo su una materia così di nicchia, rendendola viva e interessante, Pievani ha capito che per arrivare al pubblico era necessario ancora qualcosa di più del solito giro di conferenze e si è fatto organizzatore di mostre, ricordo in particolare quelle tenute a Roma e Milano, che hanno avuto un grande successo, attirando anche vaste scolaresche e lasciando il segno.

Inutile tentare di incasellare Pievani in una delle tipologie canoniche delle materie universitarie.

Oltre a farlo molto irritare, lui alfiere da tempo della inter- disciplinarietà, come carta vincente per fare progredire la scienza moderna, non servirebbe a niente.

Diciamo solo che il professore è partito dall’epistemologia (filosofia della scienza) ma poi imbattendosi nello sconfinato genio di Charles Darwin e nella sua creatura dell’evoluzione, ha rilevato la necessità di integrare la base culturale di un filosofo con quelle di alcune materie scientifiche come la biologia.

In questo percorso ha poi avuto la fortuna di imbattersi in un altro genio, come il fondatore della genetica moderna non solo nel nostro paese : Luca Cavalli Sforza, che ,guarda caso ,è stato un’ altro convintissimo sostenitore della necessità di aprire le università alla prassi dell’analisi interdisciplinare.

Questo libro Pievani l’ha firmato con un filosofo come Carlo Sini, che condivide la gran parte delle sue impostazioni scientifiche.

Come dice il titolo interno, il volumetto costituisce un dialogo fra i due personaggi.

Devo dire sinceramente che per chi ha letto i libri di Pievani questo lavoro può essere niente di più che un simpatico sintetico richiamo alla sua opera.

Per chi si avvicina per la prima volta a questo approccio scientifico invece è di grande utilità perché lo fa riflettere su dimensioni e approcci che con tutta probabilità gli erano sconosciuti.

Si comincia dalla grande emigrazione dall’altipiano eritreo 70/60.000 anni fa.

Eravamo tutti africani infatti.

Avevo citato sopra ,non a caso, Luca Cavalli Sforza perché è stato fondamentale il suo lavoro per acquisire la prova scientifica di questa migrazione ,acquisita analizzando il Dna delle varie popolazioni.

A questo proposito mi è molto piaciuto l’accostamento della mutazione genetica col processo ben più noto, costituito dagli errori di scrittura degli amanuensi medioevali nel lavoro che hanno compiuto per secoli nello scriptorium dei loro conventi.

Si ribadisce poi nel libro il concetto che per Pievani è stato usato addirittura come titolo di un suo saggio : l’imperfezione ,per dire che in natura non esiste alcuna realtà né perfetta né definita una volta per tutte, ma che tutto è in costante mutazione per realizzare la quale il caso gioca un ruolo importante.

Altro che disegno creazionista mirabile per la sua presunta perfezione!

Molto importante l’osservazione in base alla quale, le mutazioni sono osservabili con più facilità nei gruppi piccoli e con pochi interscambi.

Bellissimo il ricordo a questo proposito dello scartabellare di Cavalli Sforza negli archivi parrocchiali dei piccoli paesi ,per rilevare le strette similitudini fra la varianza o meno dei cognomi e le variazioni genetiche per le medesime ragioni.

Ancora interessantissimo l’accostamento fra le variazioni genetiche e quelle delle lingue.

Tutto avveniva per spostamenti di piccoli gruppi ,che avevano conseguenze sul numero dei fonemi usati.

Si arriva poi a delineare per approssimazione il concetto di cultura. a un certo punto acquisto solo dalla nostra specie.

Posizione eretta, uso della mano, che ne amplifica le potenzialità, impiego degli utensili, adattamenti di labbra muscoli e lingua per arrivare alla fonazione articolata.

Acquisizione della conoscenza dei materiali, coordinamento dei movimenti, manifestazione di capacità di progettazione attraverso un processo per la prima volta incrementale e diretto alla trasmissione alle giovani generazioni.

Lo scimpanzè usa un ramo per per risolvere un problema, ma quando il medesimo problema gli si ripresenta, deve di nuovo reinventarsi l’utilità di usare un ramo, ripartendo da zero.

E il tutto procede niente affatto in modo lineare ,seguendo una presunta spinta verso il progresso, ma assolutamente per caso e fra mille errori di percorso.

Mi fermo qui, sperando di avere offerto al possibile lettore elementi per incoraggiarlo alla lettura.





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