lunedì 3 giugno 2024

Sigfrido Ranucci La scelta – Bompiani Editore – recensione


 


Confesso di essere stato un fan di “Report” ,la trasmissione televisiva di Ranucci, fin dai tempi della conduzione della Gabanelli , quando praticamente non mi perdevo mai una puntata.

E fin da allora mi veniva da chiedere : ma chi glielo fa fare?

Sapevo infatti dalle cronache dei giornali, che si tirava dietro un numero folle di querele, che di per sé sono una cosa pesante da sostenere, ma che coi tempi e le procedure della giustizia italiana sono una vera tortura.

Il giornalismo d’inchiesta ,se fatto cercando di essere obiettivi, rende veramente un sevizio alla collettività perché costringe ad aprire gli occhi, è quindi lo strumento per far capire alla gente che “il re è nudo” più spesso di quando sembri.

Va bene, però, ci sono dei però.

E’ utile alla collettività se fatto appunto,cercando di essere obiettivi e con la consapevolezza dei propri limiti, si è detto sopra.

Voglio dire, uno scoop megagalattico ,come quello del Watergate, che costò la presidenza a uno dei più autorevoli presidenti americani nel 1972, se ne può fare uno ogni alcuni decenni.

La trasmissione di Ranucci ,però, va in onda tutte le settimane e questa incombente presenza forse è un po' sproporzionata rispetto al tipo di trasmissione.

A scadenza così ravvicinata ,c’è il rischio di lasciare il cittadino spettatore nel più assoluto sconforto, persuadendolo che la società della quale fa pure parte, sia insanabilmente marcia e malata di corruzione.

Non parliamo della politica.

La Gabanelli aveva intuito il rischio di questa deriva apocalittica della sua trasmissione e aveva introdotto, dopo “la parte destruens” ,anche una parte “construens” ,che andasse a verificare se le inchieste precedenti avevano prodotto una reazione positiva da parte dei responsabili politici e quindi se tutta la sua fatica era servita a qualcosa.

Lo stesso Iacona, praticamente unico altro conduttore di una trasmissione di inchiesta alla Rai, messo in onda nei periodi quando Report è in pausa per non fargli concorrenza diretta, si cura di dedicare almeno qualche inchiesta anche alle “eccellenze” italiane in positivo, che ci sono eccome.

La gestione di Ranucci mi ha invece spinto a vedere la sua trasmissione solo saltuariamente ,perché finisce per lasciarmi in una situazione spiacevole di angoscia a causa della ricerca a senso unico del marcio e solo del marcio.

Ed è anche per questa ragione che ho letto con interesse il suo libro, per cercare di capire chi è il personaggio, cioè chi è l’uomo che c’è dietro al giornalista.

Il libro infatti riporta anche frequenti richiami alla vita privata del conduttore che sono utili a comprenderne la personalità.

L’architettura del libro è combinata in modo da integrare alcune delle più scioccanti inchieste di Report con le vicende personali del conduttore nei medesimi periodi.

Ne viene indubbiamente fuori uno strumento per comprendere quanto costa a un professionista fare il giornalista di inchiesta.

Costa carissimo, diciamolo pure.

Non ti salta solo la possibilità di gestirti una vita privata tranquilla.

E’ abbastanza ovvio che questa perdita è da mettere nel conto.

C’è anche il tempo dilatato che ti prende tutto.

Ma poi può sopravvenire, come è successo a Ranucci ,di ritrovarsi da un giorno all’altro assegnatario di una scorta, perché gli inquirenti hanno raccolto prove documentali che sei nel mirino dei killer della mafia.

Se poi nel conto ci mettiamo anche una bella fila di querele penali, con relative richieste di risarcimenti civili milionari, la maggior parte della gente, sceglierebbe di cambiare mestiere.

E’ opportuno ricordare queste situazioni quando personaggi come Ranucci tendono un po a sentirsi nei panni di Robespierre, rischiando a volte di sbracare un poco e di sopravvalutare il proprio ruolo.

Ecco, posti i dovuti limiti, devo dire che la lettura di questo libro è utilissima perché anche per chi segue le vicende nazionali, cercando di informarsi e di documentarsi quotidianamente è una fonte di notizie e dati di prima mano.

Alla fin fine si può perdonare quasi del tutto l’eccesso di giustizialismo se si conosce quanto costa fare quel mestiere.









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