mercoledì 24 luglio 2024

Limes Rivista italiana di geopolitica n 6/2024 Germania senza qualità. Viaggio nel paese più spesato d’Europa. Il Modell Deutschland divora sé stesso. Le Germanie che non si amano restano due – recensione

 




Se c’è un paese del quale non possiamo fregarcene questo è la Germania, per ragioni storiche antiche ( il confine fra Ovest ed Est all’Elba risale a Cesare) e moderne (abbiamo perso la guerra insieme e abbiamo gareggiato nella ricostruzione).

Siamo concorrenti nel manifatturiero ,ma nello stesso tempo, a cominciare dalle nostre regioni del Nord, siamo economie talmente interconnesse, da non poter essere sciolte.

Si accenna anche in questo volume al fatto che la tanto decantata Unione Europea (alla quale gli analisti di geopolitica danno ben poco peso) per noi pare abbia una sola ragion d’essere quasi insuperabile, la Germania (che poi non è nientaltro che la ,UE in buona sostanza), garantisce per il nostro debito, che si avvicina pericolosamente a quello che gli americani, esagerati in tutto ,chiamano 3 trilioni.

Il solito Lucio Caracciolo ,Direttore di Limes e della Scuola di Limes, con il suo formidabile stile con poche pennellate, o forse meglio, incisioni da cesello, cerca di inserire nella nostra mente i tratti fondamentali di quel paese.

Spaventa il fatto che non sono le stesse cose che si ripetono vuotamente nei media, né quelle (poche) che apparivano sui nostri manuali di storia.

L’analisi comincia col caratterizzare la Germania, come stato recente (Versailles 1870 dopo la sconfitta francese di Napoleone III a Sedan e la vittoria di Bismark), paese, che non si è mai sentito veramente stato.

Perchè le etnie ,che lo compongono, sono troppo delineate e diverse (Sassoni, Prussiani,Franchi, Turingi, Renani, Bavaresi).

Per identificare i nostri vicini ,noi tendiamo a usare i parametri ai quali siamo abituati,Nord e Sud Italia.

Ma non è la stessa cosa nel caso tedesco, perché da noi l’integrazione veloce e definitiva di un numero enorme di immigrati interni meridionali al centro nord, sopratutto negli anni del boom, ha dimostrato, ammesso che ce ne fosse bisogno, che il nostro paese avrà altri problemi ,ma è un paese nazione coeso, non è diviso in etnie.

Non è così in Germania.

L’Est (brutalmente quello che è oltre la Germania romana e quindi oltre l’Elba) è una entità a sé stante.

Per capirci veramente qualcosa ,buttiamo pure alle ortiche la narrazione romantica della riunificazione ,dopo la caduta del muro, descritta al tempo, come fosse il nostro risorgimento rivisitato.

Non è andata così, è stata ,ci dice Caracciolo, una incorporazione quasi coloniale del malandato Est da parte dello sviluppato Ovest, dove quelli dell’Ovest non nascondevano affatto un atteggiamento di degnazione, condiscendenza e di superiorità, che ha prodotto pesanti conseguenze.

Nel volume si dà una cifra assolutamente illuminante : decenni dopo l’unificazione i tedeschi dell’Est che ricoprono posizioni apicali nella Bundesrepublik sono il 2%, avete letto bene, il due per cento, cioè quasi nessuno.

E beh , allora usare l’aggettivo coloniale per descrivere quella “riunificazione” ,non appare affatto scorretto o esagerato.

Sui salari poi le cose non vanno affatto meglio, c’è un divario elevato.

Di qui cattolici che hanno accettato. anche troppo di buon grado ,l‘imposizione dei vincitori americani di occuparsi solo di economia, di crogiolarsi in un sistema di welfare capace di elevate prestazioni e di lasciare difesa e politica estera agli strateghi d’oltre atlantico.

Di là protestanti, che vengono dalla tradizione prussiana, culturalmente di tutt’altro tenore e di tutt’altri riferimenti culturali ,che con la democrazia non hanno né troppa dimestichezza né particolare entusiasmo.

Passati dal nazismo, che avevano a suo tempo stravotato, a un comunismo nazionalista sui generis.

Questi non smaniano per l’economia e il benessere come stella polare, né per i così detti valori universali, che in realtà ,sono solo quelli dell’Ovest del mondo, che la geopolitica non si stanca di precisare, rappresenta una minoranza, e anche piccola ,del mondo, non l’universale, che è un equivoco, senza base nella realtà.

Ma non bastano due Germanie, che si sentono e sono diverse.

In mezzo ce n’è una terza, la più forte e prospera, ma anche la più trascurata, con la ovvia conseguenza di generare sentimenti di risentimento : la Baviera con il confinante Baden Wuertemberg-

Per diktat del vincitore americano, questa regione è stata bollata a vita dal marchio di aver tenuto a battesimo nelle sue birrerie il nascente nazismo.

Andava punita, sembra una favola demenziale, se ripetuta dopo ottant’anni ,ma è pura realtà.

Se ci chiediamo quanti bavaresi ricoprono posti apicali in Germania, rimaniamo male.

Molto male, in ogni caso nessuno di loro è mai salito al Cancellierato, e solo questo fatto vuol ben dire qualcosa.

Ecco, dette le cose essenziali , Caracciolo non si sottrae ad affrontare per le corna un problema storico, che nel caso della Germania (ma per l’Italia no ?) è il tabù del nazismo come “male assoluto”.

No, non va bene ,se si va avanti col ripeterci questo dogma non ci accorgiamo nemmeno che lo usiamo, non perché siamo buoni e diversi di nostro, ma perché ,volgarmente, ci fa un gran comodo rimuovere il problema.

In altre parole,dire che Hitler era un pazzo e che il nazismo è stato il male assoluto è un espediente per non fare i conti con la storia.

La storia siamo noi, non abbiamo la possibilità di mettere le parentesi ai fatti che non ci fanno comodo e di ignorarli.

Nazisti siamo stati noi, nel senso dei nostri familiari, che se non erano fra coloro che hanno avuto la responsabilità di essere come diceva lo storico Goldhagen : i “volonterosi carnefici di Hitler” ,sono stati almeno la massa grigia, che faceva finta di non vedere e di non sapere.

Onore ai pochi resistenti, ma senza ignorare i loro limiti in senso storico militare e politico.

La storia richiede che con lei si facciano i conti : contestualizzando, cioè mettendosi nei panni di coloro che abitavano quei periodi.

Con battuta efficace, Caraccio dice addirittura, che è necessario che ci mettiamo nei panni del diavolo, se vogliamo capire.

E’ antipatico, molto antipatico prendersi le proprie responsabilità, ma non ha senso dopo ottant’anni cavarcela ancora con i tabù.

Caracciolo impietosamente snocciola gli elementi di nazismo che sono stati molto ampiamente condivisi all’epoca.

Che dire del razzismo e degli atteggiamenti xenofobi, ampiamente diffusi, anche fuori dalla Germania?

La divisione Charlemagne, francese nella Wehrmacht ,ultima difesa del bunker di Hitler a Berlino è spiacevole,la sua memoria è stata rimossa ma c’è stata.

E gli imperialismi coloniali di Spagna,Portogallo,Belgio,Francia, Inghilterra e ultima Italia, non erano portatori di razzismo?

E il militarismo era solo nazista?

E come mai nello studio di Hitler c’era il ritratto di Henry Ford? La classe industriale non era interessata?

E i collaborazionisti del nazismo non è il caso di ricordarli anche in Italia?

Conclusione : no, purtroppo i nazisti non erano marziani, erano uomini come noi, e questo ha delle conseguenze.

Bisogna prenderne atto e ripulirci se qualcosa di quello ci è rimasto addosso, a noi personalmente non ai presunti pazzi ed ai mali assoluti.

Ci cuoledel coraggio fare di questi discorsi, ma per fortuna che c’è chi li fa sapendo cosa rischia allontanandosi dal mainstream di comodo.

E’ inutile che aggiunga che se l’editoriale è un pezzo impagabile, il fascicolo è corposo e riporta

una documentazione notevole, con analisi di studiosi di ottimo livello.















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