mercoledì 8 gennaio 2025

Alfonso Lucifredi :Troppi .Conversazoni sulla sovrappopolazione umana e sul futuro del pianeta - Codice Edizioni – recensione

 




Nel sito dell’autore vediamo che si definisce : naturalista,giornalista scientifico ,fotografo, videomaker,scrittore e traduttore, musicista genovese.

In termini sintetici, ci troviamo di fronte a un giovane ma qualificato divulgatore scientifico, che lavora servendosi di diversi media, compresi anche i tradizionali libri veri e propri.

Devo dire che sono stato colpito dalla foto di copertina di questo libro ,che riporta ,credo, una scena consueta della metropolitana di Tokyio, dove ,nelle ore di punta, compaiono dei singolari “butta-dentro” che prestano il loro servizio per stipare come sardine i passeggeri ,al fine di permettere la chiusura delle porte.

Certo l’autore non poteva scegliere un immagine migliore per dare una visione iconica della sua analisi.

Appena ho visto il titolo e l’immagine di copertina mi sono subito ripromesso di leggere questo libro, quanto prima, perché ho sempre avuto il sospetto ,che abbiamo sovrappopolato il mondo.

Ma non si può dirlo, è un tabù, è politicamente scorretto e per di più, essendo l‘esatto contrario del precetto biblico risultante in Genesi 9:1-17, una volta ,se questa opinione veniva espressa in pubblico, avrebbe aperto al malcapitato libero pensatore le porte della santa Inquisizione.

Ma anche oggi i professionisti dei media si auto -censurano sull’argomento.

Non bastasse, il pregiudizio che alberga in ciascuno di noi probabilmente acquisizione dalla cultura cattolica, che sull’argomento si è mutata ben poco, è rinforzato e molto da un pregiudizio parallelo sostenuto dall’altro gigante egemone nel pensiero dominante : il capitalismo.

Ma, purtroppo per Lucifredi ,non basta ancora ,perchè se ragionate in termini di “troppi non va bene”, farete sobbalzare sulla sedia i guru della geo-politica, che siano Lucio Caracciolo o Dario Fabbri.

Ne consegue che usare il pensiero critico contro questi pesi massimi è un’impresa obiettivamente difficile.

Lucifredi ci prova e direi che ci riesce, argomentando con garbo e con rispetto verso chi la pensa diversamente da lui.

Letto il libro, mi sembra che la posizione dell’autore rimanga equilibrata, non aspettatevi quindi un fondamentalista del Malthusianesimo.

Uno con le idee chiare per difendere la posizione però si.

Parliamo di questo : siamo oggi 8 miliardi e ci avviamo, secondo le proiezioni degli esperti, ad arrivare ai 10 miliardi, prima che il trend di crescita rallenti e giri, con un tasso di fertilità del 2,3 figli per donna.

Contemporaneamente, si registra un prodotto interno lordo a livello mondiale di 100 trilioni di $.

Di fronte a queste cifre grezze ,Lucifredi argomenta giustamente, che la prima osservazione che viene spontanea è che l’umanità non è mai stata meglio nella storia ,perché queste cifre significano anche accesso a cure mediche,cibo,acqua eccetera,come mai era stato prima.

Bene, rallegriamoci, ma subito dopo prendiamo ad analizzare l’altra faccia della medaglia e cioè che per sfamare 8 miliardi di persone tendenti a 10 ,occorre coltivare un disastro di terreni, disboscando eccetera.

Lucifredi ci dice che oggi, sempre per la prima volta nella storia, metà delle aree abitabili è destinata all’agricoltura e che addirittura il 94% dei mammiferi non umani sono animali da allevamento.

Che il consumo di suolo sia ormai oltre i limiti è quindi una constatazione abbastanza pacifica.

L’equazione dell’abate Malthus, come è noto, era sostanzialmente questa : le esigenze di mano d’opera, generate dalla rivoluzione industriale, fanno si che la popolazione aumenti in proporzione geometrica, mentre le risorse per alimentare la medesima popolazione, aumentano in proporzione aritmetica.

Di conseguenza, se si procedesse con questo passo, argomentava Malthus, si andrebbe al disastro.

E’ vero che il medesimo Malthus non aveva preso in considerazione la possibilità del forte progresso nelle tecnologie applicate all’agricoltura, che in realtà è avvenuto nel frattempo, progresso straordinario che ha consentito di raggiungere una situazione di equilibrio usando : mezzi meccanici, fitofarmaci, fertilizzanti, uso programmato delle risorse idriche eccetera, come ai tempi di Malthus non era facile immaginare.

Visto che il mondo non si è suicidato ma anzi è di molto progredito usando quei nuovi metodi, molto bene ha fatto Lucifredi, ad usare la sua competenza specifica per sottolineare il fatto inconfutabile, che per evitare che il disastro previsto dall’equazione malthusiana si verificasse, si sono usati e in abbondanza , anche quei mezzi “chimici” biologici,genetici etc. che oggi sono demonizzati in modo acritico da un approccio non corretto di una parte almeno dell’ambientalismo, che fa di ogni erba un fascio e trascura l’estrema diversità delle situazioni nelle diverse aree del pianeta.

Per esempio demonizzare l’uso di agenti chimici nei paesi dell’Africa ,dove da decenni esistono addirittura appositi ministeri dedicati al “Locust control” ,cioè per limitare i danni degli sciami di cavallette,è indice semplicemente di non conoscenza del problema.

Ma il danno maggiore per l’ambiente e la salute umana, è il consumo abnorme della carne, sopratutto rossa, infatti negli Usa si consumano ben 150 kg per capite e in Europa 70 Kg per capite.

E’ evidente a tutti che non è pensabile che una volta che si verificheranno sempre migliori condizioni di vita nei paesi ora in sviluppo, le popolazioni ivi residenti possano pretendere di adottare i medesimi libelli di alimentazione di carne.

Perchè questo non è sostenibile? Perchè ,forse non ci facciamo caso ,ma i nostri campi non sono pieni di colture per arrivare direttamente sulle nostre tavole, ma sono dirette per la gran parte a coltivare mangimi per gli animali che divoriamo.

Quindi dei mezzi per evitare che la natura ci si rivolti contro frenando e diminuendo i consumi più impattanti di risorse ci sono e consistono sopratutto in un più equilibrato consumo di carni rosse.

Ma, come abbiamo visto riflettendo sui consumi di carne il problema demografico non è sensato che venga oscurato, ma va comunque affrontato anche direttamente.

Siamo troppi per le risorse disponibili.

Come venirne fuori?

Mi sembra che Lucifredi, alla fin fine, dica che la soluzione vera, risieda principalmente nel perseguire ovunque un deciso miglioramento della condizione femminile a livello di istruzione e di lavoro, perché il problema demografico è essenzialmente culturale.

Lascio la trattazione di questo argomento di base alla lettura del libro.







giovedì 2 gennaio 2025

Domino rivista sul mondo che cambia n 12 2024L’ultimo giubileo. Tra scismi non dichiarati,assenza di missione, assalto dei protestanti,il prossimo potrebbe essere l’ultimo anno santo della Chiesa per come la conosciamo.

 




Non mi perdo praticamente un numero di Domino da quando è nato, ma quando ho visto l’argomento dell’ultimo sulle sorti del Vaticano mi sono chiesto se il team di Dario Fabbri fosse in grado di avventurarsi in quell’universo singolarissimo.

Forse perché siamo stati abituati per decenni a considerare i “vaticanisti” dei vari quotidiani se non gli unici autorizzati a scrivere di Vaticano, quasi.

Le abitudini mentali sono dure da superare.

Ma la ben nota verve di Fabbri, ha bucato il muro dei pregiudizi ancora una volta, producendo un numero fra i più brillanti della rivista da lui diretta.

E in effetti riflettendoci anche solo un momento non si può non rilevare che l’approccio tipico della geopolitica è particolarmente adatto ad analizzare le mosse e lo stato del Vaticano.

La disciplina, non disciplina, direbbe Fabbri, che si occupa in controtendenza al mainstream mediatico con particolare attitudine allo studio degli “imperi” passati e presenti senza il minimo scrupolo, sembra fatta apposta per occuparsi dell’ultima istituzione che addirittura si veste con paramenti imperiali per sottolineare la sua continuità con la prima Roma.

Il ritratto della Chiesa oggi, ma sopratutto quello del vivente romano Pontefice è lucidissima.

D’accoro che l’analisi di Domino ci parla di un fenomeno sotto gli occhi di tutti, ma se c’è un argomento che imbarazza la capacità di giudicare serenamente e in modo critico, questo è quello della “fede”, anche perché ,se un intervistatore ,dopo aver chiesto all’interlocutore se è o no fedele di una religione, avesse la sfrontataggine di andare un filino oltre e chiedesse in cosa crede ,allora sono guai.

Per la semplice ragione che come ha appurato da tempo la sociologia religiosa, per una singolare contraddizione, la religione, che come quella cattolica, è fondata su una montagna di dogmi non generici ma rigorosamente scritti e definiti ,dai documenti che li hanno sanciti ,ha generato una fede ,vissuta oggi, ma forse non soltanto oggi ,molto “a la carte”, nel senso che ogni fedele rimasto se li ridefinisce e se li adatta a suo criterio.

Questa semplice constatazione da sola fa capire come siano gravosi il compito e la pretesa di governare quasi un miliardo e mezzo di cattolici, da parte del romano pontefice.

Ma Papa Francesco non è persona avvezza a perdersi d’animo, anzi ha un carattere anche troppo forte, si legge nel fascicolo di Domino.

Credo che ognuno di noi sia abituato a considerare papa Woytila come il pontefice contemporaneo dotato di più carattere, ma non risulta che quel papa, del quale tra l’altro non ci dimenticheremo mai il piglio, che ha tirato fuori per pronunciare quella storica invettiva contro i mafiosi, degna di una tragedia greca, non ha mai “destituito” un cardinale, togliendoli ogni privilegio come ha fatto Francesco col potentissimo Cardinale statunitense Raymond Burke .

Né ha scomunicato il Nunzio ,sempre negli Stati Uniti, come ha fatto Francesco con l’Arcivescovo Carlo Maria Viganò.

Nè ha mai dimostrato platealmente il poco peso ,da lui accordato, a due delle più importanti diocesi del mondo come Milano e Parigi, che tutt’oggi sono guidate da un Arcivescovo e non da un Cardinale, perche avrebbero il solo peccato di trovarsi geograficamente in Europa.

Francesco, se deve amministrare paternamente delle legnate ai suoi sottoposti, non si turba più di tanto, vedesi anche l’aver spedito il povero Arcivescovo Georg Gaenswein (ben noto segretario di papa Ratzinger ) a fare il nunzio fra le renne della Lapponia, per pagare la sua poca sintonia per la linea del papa attuale.

Ecco dunque, la capacità di papa Francesco di azzoppare il potere della Curia romana è ormai comprovata da fatti perfino clamorosi e con pochi esempi nel passato.

Un punto ,e che punto a suo favore quindi, ma l’acuta analisi di Fabbri ,si spinge a chiedersi, se a volte il forte carattere non spinga Francesco all’avventatezza o alla non sufficiente ponderazione.

Nel senso che ,va bene perché coerente alla sua strategia, imbrigliare e diminuire il potere della, una volta onnipotente, Segreteria di Stato, ma attenzione a sottovalutare le capacità e le competenze delle tonache colte, preparate ed esperienziate, che dei faldoni della diplomazia vaticana sanno tutto, per sostituirle con i servizi di “commissari ad hoc” ,che hanno nella sua fiducia l’elemento più forte del curriculum.

Come è capitato col tentativo di proporre una mediazione con Putin, inviando a Mosca il volenteroso Card Zuppi, che a suo tempo aveva partecipato al migliore successo diplomatico del Sant’Egidio in Mozambico, ma del tutto privo degli elementi tecnici necessari in un incarico così delicato, che infatti ha praticamente fallito, anche se qualche porta l’avrà lasciata utilmente aperta per il futuro.

Rimanendo sulla Russia, il solo fatto che tutta la narrazione didattica e propagandistica di uno che dà grandissima importanza alla storia, come Putin e che mira a presentare il suo paese come vocato a rappresentare la Terza Roma, fa da solo capire che il Vaticano ha tuttora un prestigio unico e tutt’altro che trascurabile nella geopolitica.

Non facciamoci ingannare nel giudizio generale ,dalla valutazione che porta a ritenere ormai”ininfluente” il cattolicesimo nei principali paesi d’Europa,, che una volta ne erano la culla.

Il Vaticano e sopratutto il Vaticano di Papa Francesco va ben oltre la vecchia Europa.

Sono il Papa che viene dall’altra parte del mondo aveva dichiarato Francesco dal balcone di San Pietro ,dopo l’elezione avvenuta ormai undici anni fa.

Allora poteva sembrare una notazione quasi di colore.

Ma si è rivelata invece una costante strategia politica, portata avanti con tutta la cocciutaggine che incarna Papa Francesco.

Basti vedere a come ha orientato i numerosi concistori che ha fatto per formare un Sacro Collegio a sua immagine e somiglianza.

Non guarda all’Europa scristianizzata e in crisi demografica, ma al resto del mondo, che non scherza con l’espansione demografica, sopratutto in Africa e qui i numeri dei nuovi fedeli e dei nuovi preti gli danno assoluta ragione.

Francesco guarda con l’acutezza sottile dei Gesuiti a quella Cina che corteggia da sempre anche se produce un gregge cattolico da guardare col microscopio ma che offre un terreno di cultura semplicemente immenso.

Guarda all’America del Sud, che prometteva bene, ma che è stata colonizzata da un sempre più invadente protestantesimo, spinto politicamente, culturalmente e finanziariamente dagli egemoni Stati Uniti, che con la loro teologia dell’abbondanza e della ricchezza, come segno visibile della benedizione divina, sono evidentemente apparsi più attrattivi del più austero cattolicesimo.

Qual’è allora la visione strategica di Francesco ?

Lui guarda prima di tutto al “pueblo” con tutto quello che significa.

Mentre l’Occidente guarda invece all’individuo e bolla come populista chi guarda al pueblo.

Sono due visioni che non stanno insieme.

Francesco si ritiene un papa progressista aperto alle riforme non di facciata (e cioè almeno diaconato femminile come passo verso l’ordinazione estesa alle donne, eccetera eccetera) e ci ha anche provato a portare avanti queste riforme nel Sinodo da poco concluso, ma proprio in quel Sinodo ,l’unione delle conferenze episcopali africane si è messa di traverso, minacciando addirittura lo scisma.

Uguale e contraria l’azione portata avanti della conferenza episcopale tedesca, che tiene aperto “sine die” un suo sinodo al quale ha attribuito con prerogative deliberative ,che per la sua stessa esistenza in quella forma è prodromo di una Chiesa autocefala, staccata da Roma, e quindi anche qui minaccia di scisma per affermare valori filo occidentali.

In questa situazione il papa ha ovvie difficoltà di manovra.

Fabbri giustamente però, pur riconoscendo, anzi sottolineando tutto quello sopra ricordato afferma che Francesco per andare avanti dovrebbe indicare chiaramente delle mete da indicare a un gregge confuso e scoraggiato e che per di più viene sfidato nelle terre oggi ancora aperte al cattolicesimo da un proselitismo muscolare mai visto prima da parte delle varie confessioni protestanti dotate di mezzi sovrabbondanti.

E dovrebbe altresì chiedersi se non sia giunto il momento, dopo avere quasi umiliato il potere della Curia dimostrando urbi et orbi chi comanda, di discernere meglio e di avvalersi delle competenze che in quella Curia ci sono e che potrebbero essergli molto utili.

Fabbri con la solita arguzia chiosa proprio su questo termine, invitando il papa a non illudersi di poter capovolgere l’Urbi et orbi in orbi et urbe.