domenica 9 gennaio 2011

Cosa è cambiato in meglio dai tempi di El Alamein

Ho visto di recente il film di Enzo Monteleone sulla battaglia di El Alamein avvenuta nell’autunno 1942.
Come mai rivedere quel film non certo di cassetta e non certo di intrattenimento?
L’interesse ed il pretesto sono stati di natura prettamente personale per due ragioni.
Per prima cosa nell’autunno del 42 sono nato e quindi in qualche modo mi ritrovo legato a quegli eventi in modo idissolubile.
Poi perché il più anziano dei miei familiari ha avuto la ventura di esserci in quei giorni fra il deserto e la depressione di Al Qattara e la fortuna di potere oggi raccontare quei giorni, che tra l’altro per lui sono stati corroborati dall’esperienza di successivi quattro anni di prigionia in un campo inglese sempre nel deserto egiziano.
Il forte interesse che il film ha suscitato in me però è andato oltre al legame personale e familiare con quegli eventi per focalizzarsi su un problema di fondo sul quale oggi si è portati a riflettere poco per il semplice fatto che fortunatamente da allora abbiamo trascorsi quasi settant’anni costantemente in una situazione di pace.
Mi riferisco a quello che nel campo della scienza politica si definisce il problema del lealismo verso lo stato,
studiato in Italia più sistematicamente, come è noto, da Norberto Bobbio, cioè del vincolo per il quale il cittadino si trova a essere e a sentirsi obbligato ad andare il guerra se richiesto dallo stato al quale apparitene.
Quel film pone questo problema in mille modi ovviamente non in modo diretto e teorico, ma non meno pressante.
Si fa capire chiaramente che sia nella truppa quanto fra gli ufficiali si era ormai diffusa la consapevolezza che l’intera operazione era viziata da errori marchiani di carattere strategico e logistico ,tali da comprometterne l’esito.
Ad esempio il Tenente spiega subito al giovane appena arrivato che la logistica era un disastro dal momento che le basi di rifornimento erano lontane settanta chilometri di piste desertiche e che quindi la posizione di quelle truppe era materialmente impossibile da mantenere.
La questione quindi non era politica né ideologica, come si tenderebbe a pensare ragionando con i parametri oggi usuali.
Non si trattava affatto di essere fascisti o antifascisti, guerrafondai o pacifisti, ma più concretamente di scoprirsi pedine di una partita già persa per una serie di errori proprio di tecnica militare e di conseguenza non solo e non tanto di trovarsi a combattere una guerra sbagliata, ma di essere in costante pericolo di vita a causa di errori altrui e peggio di non essere in condizione di potere fare nulla né per cambiare le sorti di quelle operazioni di guerra, né tanto meno per portare a casa la pelle sana.
Situazione assolutamente tremenda.
L’assoluta drammaticità di quei momenti è evidenziata in modo eclatante dall’episodio del suicidio del generale (episodio tra l’altro realmente avvenuto con l’impatto sul morale dei soldati che si può facilmente immaginare).
Nel film non si parla direttamente di una delle alternative possibili in pura linea teorica, quella del “disertare” solo accennata parlando di uno che si era nascosto per mesi ad Algeri e in qualche modo adombrata quando la pattuglia mandata ad approvvigionarsi di acqua si prende la libertà di cambiare itinerario per concedersi un bagno in mare.
Alternativa, si è detto, possibile in linea teorica ma che al di là dei terribili conflitti fra lealismi diversi ,che tale scelta avrebbe suscitato (quello verso lo stato, ma anche quello verso sé stessi e la propria famiglia, quello verso i compagni d’arme ecc,), non è affatto detto che in mezzo al deserto fra campi minati ed opposti schieramenti fosse realisticamente praticabile con più possibilità di sopravvivenza.
Uno che poteva fare in quelle condizioni?
Chi oggi frequenta gli opinionisti dei così detti “salotti radical chic” sarebbe portato a dire : uno in quella guerra “fascista” non doveva nemmeno andarci ,invece avrebbe dovuto per tempo andare esule in un paese democratico.
Ancora in linea teorica l’obbiezione presenta una sua logica, ma appare anche priva di fondamentali elementi di aggancio alla realtà storica.
Prima di tutto il fatto non casuale che gran parte di quei ragazzi non erano poveracci costretti a tenere la posizione in trincea perché se avessero arretrato sarebbero stati fucilati dai carabinieri come era capitato nella prima guerra mondiale, ma erano volontari fortemente motivati vuoi dal fascismo, vuoi dall’ideologia dannunziana, vuoi semplicemente dal fatto di essere giovani, che volevano fare “grandi cose” come tutti i
giovani.
Poi il cima culturale enormemente diverso rispetto all’attuale.
Paradossalmente nel regime che riconosceva il suo intellettuale di riferimento in quel Gentile teorico dello stato come elemento prioritario rispetto all’individuo, la cultura politica allora diffusa non faceva tanto riferimento al concetto astratto di stato, ma piuttosto al concetto di nazione e di patria, con tutte le implicazioni simboliche ed emozionali che questi concetti evocano.
Sembrano passati secoli talmente i riferimenti culturali allora diffusi e condivisi sono radicalmente cambiati.
Allora ,senza che i protagonisti ne fossero consapevoli, si concludeva una stagione storica ideologica durata secoli nella quale prevaleva il concetto di patria come radice, fattore di appartenenza ad una comunità non scelta, ma naturale.
Prevaleva il concetto di lealismo verso i reggitori della patria come elementi che ricoprivano quelle posizioni per diritto naturale e sostanzialmente anche divino.
Il concetto di potere politico basato su e legittimato da un “contratto sociale”, cioè da una scelta degli individui cittadini e non da un presunto diritto naturale ,anche se presente nella storia e in dottrina da un secolo e mezzo non era allora patrimonio né comune nè tantomeno condiviso.
Per capire quanto sono radicalmente e velocemente cambiate le sensibilità politiche ideologiche con la fine della seconda guerra mondiale è utile ricordare ad esempio che soli tre decenni dopo quei fatti di El Alamein, fra i giovani che in America hanno bruciato la cartolina precetto o sono andati illegalmente all’estero per schivare la guerra del Vietnam c’era quel Bill Clinton che anziché essere riprovato per quei comportamenti, sarebbe diventato addirittura il più popolare Presidente degli Stati Uniti dei tempi recenti.
La risposta alla richiesta di lealismo verso lo stato è radicalmente cambiata.
A cominciare dalle istituzioni.
Oggi l’art 11 della Costituzione italiana ripudia la guerra come “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, è una dizione terribilmente restrittiva.
Fino ai custodi della morale , infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica agli articoli 2265 e seguenti condanna la guerra che non sia per legittima difesa :” i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità”.
Poi al canone 2309 per non lasciare dubbi elenca dettagliatamente i casi nei quali è ravvisabile la legittima difesa con ciò condannando in modo netto ogni altro uso della guerra ed impedendo così interpretazioni estensive di comodo.
Una ultima osservazione che quel film mi ha portato a fare è questa : la democrazia ha una sua superiorità rispetto alle dittature che non è solo ideologica o etica, ma è direi fattuale, “tecnica”.
In una democrazia (si intende che funzioni almeno in una certa misura ) le regole del gioco sono ispirate ad una filosofia per la quale le nomina della classe dirigente devono essere fatte per merito ed in ogni caso le scelte di ogni tipo sono sottoposte al vaglio ed alle critiche della opposizione e di una opinione pubblica avvezza al pluralismo delle informazioni.
E’ lecito quindi dedurre :
- che in un regime democratico la scelta di entrare in guerra avrebbe dovuto essere supportata da argomenti dotati di una loro logica, sottoposta alle contro argomentazioni della opposizione parlamentare e non lasciata ad una propaganda di regime che aveva buon gioco a giocare tutto sulla emotività della gente;
- nel corso di un dibattito con quelle caratteristiche lo stato di preparazione o di impreparazione tecnica delle nostre forze armate avrebbe potuto arrivare a potere essere vagliato dalla opinione pubblica attraverso ai mezzi di informazione, che avrebbero potuto sfornare tabelline con tanti uomini ,aerei, carri, navi ecc da una parte e dall’altra, evitando così brutte sorprese;
- se la scelta della classe dirigente militare fosse stata fatta per merito probabilmente gli approvvigionamenti sarebbero consistiti invece che nel il cavallo di Mussolini e nel lucido da scarpe per una improbabile parata in artiglieria e carri per combattere almeno ad armi pari.

lunedì 20 dicembre 2010

Sono tornati i “comunisti”. Che fantastico regalo di Natale per Berlusconi.

I giovani studenti, dopo anni di apatia, si son messi a manifestare tutto il loro rancore più contro una società che non è loro amica che contro l’obiettivo specifico della riforma universitaria Gelmini.
Se c’è da stupirsi di qualcosa non è tanto del perché manifestino ma perché ci abbiano messo tanto a decidersi a rivoltarsi contro una società che li ignora, cioè che ignora il proprio futuro.
Il guaio è che la rabbia a lungo repressa li ha portati a venire allo scoperto con tempi e modi che non sono certo ispirati dalla raffinatezza politica di un Richelieu, anzi!
Prima di tutto è estremamente infelice la scelta del nemico contro il quale scagliarsi : la riforma Gelmini.
D’accordo che non tutti gli studenti studiano materie giuridiche e che quindi la maggioranza di loro avrebbe necessità che qualche collega spiegasse come funziona il processo di formazione delle leggi, e la differenza in una legge fra la parte normativa e la parte economica, però questo non toglie che sarebbe buona regola conoscere l’argomento del quale si parla.
Se avessero letto il testo della riforma avrebbero visto innanzi tutto che appunto si tratta di una riforma, cioè di un insieme di norme che cambiano in modo abbastanza deciso la struttura attuale dell’università e soprattutto di come viene gestito il potere all’interno dell’università in punti molto sensibili :
- il potere dei baroni nella gestione dei concorsi a livello locale che verrebbe sradicato mettendo in atto graduatorie a livello nazionale sulla base di criteri di merito stilati con procedure riconosciute a livello internazionale;
- il potere dei rettori di rimanere in carica anche a vita, che verrebbe limitato a due mandati;
- il potere di mettere insieme delle parentopoli ( è celebre una facoltà di medicina del Sud nella quale in una stessa materia sono impiegati come docenti otto parenti dell’ordinario) che verrebbe bloccato prevedendo delle incompatibilità tassative;
- una distinzione normativa che possa riportare a distinguere fra ricercatore e docente facendo ritornare in tempi ragionevoli i ricercatori a fare il loro mestiere, che non è quello di fare i docenti tappabuchi;
- il superamento della folle moltiplicazione delle sedi universitarie che ha fatto schizzare alle stelle la spesa abbattendo contemporaneamente il livello della qualità degli atenei;
- il superamento della moltiplicazione irresponsabile degli insegnamenti al solo scopo di aumentare a dismisura i posti della casta dei docenti senza nessun riguardo all’impianto formativo delle facoltà;
E così via. Questa legge ha dei difetti il primo dei quali, macroscopico, è quello della mancanza di finanziamenti adeguati. D’accordo questo governo non è stato capace di fare scelte politiche nella allocazione delle risorse elaborando delle scelte di priorità.
Ma perché essere tanto miopi di buttare via l’uovo oggi per avere domani una gallina che potrebbe venire chissà quando o non venire mai?
Perché non voler vedere la portata realmente riformatrice nella parte normativa di questa legge e tenersi questa università che oggi è tutta in mano alla casta baronale ?
E’ una riforma senza soldi è vero ma i soldi potranno venire con i successivi decreti attuativi o essere stanziati in futuro, magari da successivi governi diversi dall’attuale.
Certo che se questo governo invece di raccontare balle agli italiani dicendo che va tutto bene e che tutto è sotto controllo avesse detto responsabilmente la verità e cioè che il nostro debito pubblico è di tali proporzioni che se continuerà la non crescita del sistema Italia è obiettivamente a rischio bancarotta, si sarebbe potuto far capire perché i soldi non ci sono né per l’università né per niente altro.
Rimane il fatto però che nel merito la scelta del “nemico” contro cui manifestare è sbagliata e approssimativa.
Ma che i giovani si siano svegliati da anni di torpore e manifestino finalmente il loro dissenso da questa società così decaduta nell’etica civile è un’ottima notizia.
Peccato che i modi e i tempi espongano la loro protesta a grandi rischi.
Rischio infiltrazioni di sbandati o mestatori di ogni tipo. I cortei e le manifestazioni vanno studiate bene prima ed il passato dovrebbe insegnare che non si può andare allo sbaraglio se non si dispone di un minimo di servizio d’ordine interno capace di isolare ed estromettere gli infiltrati.
Rischio conseguente di fare a Berlusconi il migliore regalo di Natale possibile facendogli portare da Babbo Natale il ritorno del “comunismo” servito sul piatto d’argento delle citta messe a soqquadro da torme di violenti “casseures” spacca- tutto utilissimi per far schizzare immediatamente in alto i sondaggi favorevoli al Pdl.
L’altro pacco dono ambitissimo glielo ha già preparato la Fiom Cgil con l’affare Pomilgiano, gestito come se fossimo ancora negli anni 60 e non nell’epoca della globalizzazione, ancora perché anche il sindacato, come Berlusconi non ha il coraggio di dire la verità agli italiani e cioè che per avere il lavoro oggi bisogna rinegoziare i diritti e le regolamentazioni che tutto ingessano al ribasso sulla base dei parametri di questo attuale mondo globalizzato e non su quello del passato.
Auguriamoci che i giovani studenti sappiano organizzarsi , evitino di fare regali a chi non ne merita e soprattutto, almeno loro, non si raccontino le favole di vecchie e decrepite ideologie ma si sappiano raccontare prima di tutto la verità anche se sgradevole.

domenica 5 dicembre 2010

Come andrà a finire Berlusconi ? Probabilmente uscirà dalla porta per rientrare dalla finestra

Il Berlusconismo è in crisi davvero? Questa volta forse sì, ma gli anti- Berlusconiani più radicali aspettino a preparare lo champagne, non ci sarà troppo da brindare.
Il terzo polo moderato è nato,questo è vero.
E’ nata una alternativa al centro destra, che vuole rimanere nell’area politica del centro destra,
che però non accetta più la leadership di Berlusconi come si è presentata fin’ora
E’ una formazione politica composita e variegata, accreditata dai sondaggi a un potenziale fra il 15 e il 20% e quindi è una forza politica di tutto rispetto.
Però non è minimamente in grado di esprimere quello che, purtroppo per loro, è essenziale in un sistema bipolare, cioè una leadership univoca e non si può fare una alternativa politica a Berlusconi se non si è in grado di opporgli un leader unico e credibile.
Se gli elettori continuano a bastonare il PD perché non è in grado di esprimere una leadership unica e si presenta immancabilmente con il volto di sette o otto capetti, non si vede perché dovrebbero dare credito a questa nuova formazione se si presenta con gli stessi difetti.
Attenzione perché questo non è un particolare secondario,ma è il problema dei problemi, perché è schiacciando ripetitivamente questo tasto che il Berlusconismo ha campato per quasi vent’anni.
Il Terzo Polo ora esiste ma non è in grado di esprimere un leader unico antagonista a Berlusconi.
In ogni caso con il 20% non si può pretendere di essere da soli alternativi a Berlusconi, bisogna allearsi con qualcuno per raggiungere una maggioranza.
Cosa vorrà fare il terzo polo?
Ve li immaginate Casini e Rutelli alleati con Vendola con l’orecchino? E con DiPietro? Già sarebbe un problema.
Alleati col PD ? Dovrebbero passare prima mesi di trattative per imbastire un programma di venti mila pagine senza alcuna probabilità di andare da nessuna parte.
Tra l‘altro loro per adesso dicono che non vogliono andare alle elezioni anticipate e che vogliono solo trattare con Berlusconi per fare le riforme in un nuovo quadro politico, che tenga conto del loro peso che in realtà non sarebbe altro che formalizzare un contrappeso molto robusto alla Lega, con tutti i problemi di stabilità che ne deriverebbero.
Ed allora ?
Allora ,mi spiace per loro ma si dovranno tenere Berlusconi e probabilmente lo sanno benissimo.
Ancora come leader e presidente del consiglio potrebbe essere possibile nel quadro di un Berlusconi bis dopo una ridiscussione di tutto, organigramma governativo e programma.
Rimarrebbe per il terzo polo un problema non marginale di credibilità, dato che con Berlusconi c’erano già e da lui si sono staccati in tempi diversi contestandone appunto la leadership soprattutto perché lo ritenevano succube della Lega.
Tutto questo subbuglio allora per che cosa?
E’ più che verosimile e probabile che Fini Casini e Rutelli sappiano benissimo quale terribile rospo si dovranno ingoiare,solo che non hanno il coraggio di dirlo alla loro gente per non prendersi le uova in faccia.
Di che si tratta è presto detto. Berlusconi è sempre più che verosimile e probabile che sia disposto a mollare il mazzo solo per uscire dalla porta con la garanzia firmata dal notaio che rientrerà quasi immediatamente dalla finestra, e non da una finestra qualunque, ma dalla finestra dalla quale appena prima dell’Unità d’Italia si affacciavano benedicenti i papa- re, quella del Quirinale.
Un governo Letta o di questo stesso tipo o un Berlusconi bis per la seconda parte della legislatura con Berlusconi indebolito e ridimensionato, ma sempre dominus della situazione in una nuova posizione di capo padrone del partito di maggioranza relativa in attesa di trasferirsi al Quirinale alla scadenza del mandato di Napoletano.
Fini, Casini e Rutelli nella maggioranza in manovra costante cercando di allargarsi magari a qualche sostanziosa fetta del PD di matrice cattolico moderata.
Tutto questo non è particolarmente entusiasmante.
Forse era meglio che si tenessero il Berlusconismo così com’era, per la semplice ragione che almeno garantiva una stabilità mediocre e quasi immobile però sufficiente a tenere il paese al di fuori da rischi di disastri finanziari in una situazione internazionale nervosa e imprevedibile.
Che si vada o non si vada alle elezioni anticipate il problema penoso da digerire è che comunque si va incontro a un periodo non si sa quanto lungo di instabilità e che per ora comunque si rigirino le carte sembra proprio che solo con Berlusconi sia possibile garantire quel minimo di stabilità utile per non farci scatenare contro i mercati finanziari.
Allegra,allegria!

domenica 24 ottobre 2010

Il prossimo Concistoro di Papa Ratzinger : un altro duro colpo alla credibilità della gerarchia cattolica

Papa Ratzinger su questo blog lo abbiamo trattato tutto sommato bene nel senso che non ostante la poca simpatia che ispira lo abbiamo lodato quando ha fatto cose condivisibili (condanna ferma dei preti pedofili e dei vertici dei Legionari di Cristo; inizio di una stagione forse più pulita per lo Ior) e lo abbiamo castigato proprio quando non ne faceva una giusta dal famoso discorso sull’Islam in avanti.
Ora però ci ricasca.
Fanno tenerezza quei peraltro validi vaticanisti che da tempo fanno di tutto per difendere questo papa e sempre da tempo andavano dicendo : aspettate a parlare, vedrete che appena farà le sue scelte chissà che rivoluzione questo Papa farà nella curia romana,che non ha mai amato.
Purtroppo però è andata al contrario nel senso che nel prossimo Concistoro del 20 novembre verranno nominati cardinali tutti gli altri burocrati della Curia Romana.
Peggio di così non si poteva fare.
Già prima il così detto Sacro Collegio rappresentava un’istituzione che non sta né in cielo né in terra, essendo oltre che del tutto anacronistico, anche istituzionalmente lontano dalla chiesa vera quella di base, quella al servizio dei fedeli e non del potere.
Con in aggiunta queste nomine si ha la pratica certezza che il successore di Ratzinger sarà peggiore di Ratzinger stesso.
Lo Spirito Santo che secondo il Catechismo dovrebbe ispirare e guidare i Cardinali nella scelta del nuovo papa è stato messo in gabbia in modo che non potrà fare danni rischiando di fare eleggere papa uno che non sia interessato al potere prima di tutto.
L’istituzione è salva e rafforzata, la chiesa vera è fatta affondare ancora un po’.
Come sempre c’è l’eccezione che conferma la regola ed è quella di Ravasi.
Ravasi, biblista insigne, è troppo intelligente per poter essere qualificato, è sopra al teatrino progressisti- conservatori.
Il papa nel suo primo libro su Gesù dice senza mezzi termini di non dare alcun perso alla critica storica o all’esegesi troppo spinta dei testi, perché il lavoro scientifico in questo campo non avrebbe alcuna importanza dal momento che la gente crede nel Gesù come lo ha definito nei secoli la tradizione e di quello si accontenta ed anche questo papa a questa visione della tradizione si conforma.
Questo significa che se anche la critica e l’esegesi storica effettuate con criteri scientifici , come fa Ravasi, dovessero dimostrare che questa visione tradizionale non avesse in realtà alcun fondamento nulla cambierebbe, gli studiosi avrebbero speso le loro vite di ricerca per nulla.
E allora perché Ravasi viene promosso? Mistero.
L’uomo pur essendo estremamente preparato ed estremamente intelligente (tra l’altro parla e legge un numero incredibile di lingue moderne ed antiche) ha imparato negli anni che vestendo l’abito talare, a causa dei vincoli imposti ai chierici dal diritto canonico sulla libertà di ricerca, deve selezionare bene quella parte dei suoi studi che rende pubblica.
Tanto per fare un esempio pochi anni fa le sue ricerche lo hanno portato (come tutti gli studiosi che si occupano di critica e di esegesi storica) a mettere in dubbio il fondamento scritturale del dogma della divinità di Cristo e così ha avuto modo di rendersi conto che doveva scegliere o ritrattare in qualche modo e fare un periodo di ritiro penitenziale per rimanere a galla, o finire miseramente affondato non ostante tutta la sua scienza.
Se oggi stiamo parlando di galero rosso per lui è ovvio quale scelta allora ha fatto, ma è comunque sorprendente che fra tanto grigiore e torpore di porpore ci debba essere anche la sua.
Questo però non cambia nulla purtroppo.
Ai pochi fedeli del Gratosoglio a Milano o di Torre della Monica a Roma o di Scampia a Napoli, tanto per citare qualche periferia metropolitana questa cose interessano meno di niente.
Però tutti costoro si sono accorti che quel poco di chiesa che è rimasta ,perché qualcuno in abito talare o meno si è sperso per loro nel nome di Gesù Cristo, non ha nulla a che fare con porpore e palazzi vaticani, è un’altra chiesa, che un momento o l’altro forse deciderà di darsi la dovuta visibilità.

sabato 23 ottobre 2010

Ora B&B si giocano la faccia sulla spazzatura Questa grottesca commedia è l’icona della decadenza del paese Italia

Chiunque conosca l’ abc del trattamento dei rifiuti, cioè tutti noi , perché tutti noi dobbiamo esibirci nel rito quotidiano di portare la nostra spazzatura negli appositi cassonetti, sa che tutto il sistema si basa sulla separazione dell’umido dagli imballaggi.
Questo è il minimo per realizzare la così detta “raccolta differenziata”, però è un minimo che riduce la quantità di rifiuti da “sversare” in discarica fra il 60 e l’80 per cento del totale dei rifiuti, per la semplice ragione che gli imballaggi non si bruciano ma si riciclano con appositi processi economicamente vantaggiosi per la comunità.
Oddio nei paesi più evoluti in (vedasi Amburgo o i paesi nordici) in discarica non ci va più nulla perché anche l’umido viene usato non per essere bruciato negli inceneritori, ma per trarne combustibili alternativi.
Ma rimaniamo coi piedi per terra.
Per capire cosa succede a Napoli e quale indegna commedia politici corrotti o solo incapaci o corrotti e incapaci insieme stiano recitando a Napoli da qualche decennio bisogna partire obbligatoriamente da qui.
A Napoli va praticamente tutto in discarica perché le lobby monopolistiche che controllano le discariche e gli inceneritori hanno coalizzato i loro privati interessi per impedire la raccolta differenziata che ridurrebbe drasticamente il loro business.
Tutto qui.
Per risolvere il problema di Napoli non servono né san Gennaro né san Bertolaso, serve fare quello che si fa dappertutto nel mondo moderno e che noi tutti facciamo da decenni cioè mettere l’umido (meglio da solo o accompagnato il meno possibile) in un cassonetto e gli imballaggi (cioè carta e plastica) da un’altra parte (meglio se ognuno in un apposito cassonetto) il vetro in un’altra ancora.
Ma dove si è rimasti all’età della pietra e si mette tutto in un solo cassonetto .l’essenziale è almeno separare la raccolta dell’umido da quella degli imballaggi (che vengono calcolati nel 60 % del totale dei rifiuti).
Che significa tutto questo ? Significa che occorre cominciare dal posizionare cassonetti separati e per raccoglierli con due circuiti diversi e non dalle discariche, non dalle discariche che mescolando umido e imballaggi son comunque fonte di odori nauseabondi e della diffusione delle peggiori malattie.
Quando si faranno le dovute indagini epidemiologiche qualcuno dovrà pure rispondere delle orribili malattie che ha causato lo sversamento di veleni di ogni genere per alcuni dei terreni più fertili d’Italia.
Mettere la spazzatura sotto il tappeto del salotto non serve a nulla.
Degli esperti hanno sostenuto che basterebbe una ordinanza amministrativa per autorizzare o precettare da subito i commercianti a portare gli imballaggi in discariche apposite (individuate in aree esistenti e fruibili subito come quelle delle industrie dismesse che sono dotate quindi di strade e di illuminazione) incentivandoli con l’abolizione totale o parziale sulla tassa dei rifiuti, che pagano quegli esercizi commerciali per risolvere il 60% del problema.
Bella anche questa! Napoli sta sputtanando l’intero sistema Italia in tutto il mondo con le immagini dei mucchi di rifiuti per le strade e della guerriglia urbana, che ne deriva e contemporaneamente i cittadini di Napoli pagano pare la più alta tassa sui rifiuti del globo.
A questo punto attenzione a cosa faranno o non faranno B&B.
Bertolaso, ma soprattutto Berlusconi se falliscono questa è ben difficile che possano sopravvivere come personaggi pubblici.