Fino a una o due settimane fa Silvio era dato politicamente per morto (per l’ennesima volta) a causa della palese incapacità dimostrata nel produrre atti di governo in qualsiasi materia di rilievo uscendo dalla politica degli annunci rimasti regolarmente senza seguito.
- Lo spettacolo indegno dei così detti responsabili provenienti da ogni angolo politico che hanno cambiato targa con arrogante spudoratezza;
- accompagnato dall’eco delle notti di Arcore definite dall’interessato “eleganti” ,non si vede con quale costrutto;
- gli ondeggiamenti in politica estera talmente vistosi da far discutere anche il popolo dei bar sport per definizione non interessato alla politica estera;
- la situazione economica di lungo stallo per il miglioramento della quale si avverte una completa mancanza di qualsiasi iniziativa;
- le sempre più evidenti prese di distanza della Lega;
- l’attivismo delle correnti all’interno del Pdl quasi universalmente interpretate come preparazione e posizionamento per il dopo Silvio;
- la rissa fra i poteri dello stato e l’insistenza nella delegittimazione di qualsiasi altro potere che non sia quello del Presidente del Consiglio, ignorando il fatto che le istituzioni sono democratiche solo se sono in posizione di equilibrio fra pesi e contrappesi fra di loro in modo che nessun potere travalichi sugli altri;
- la stanchezza anche negli ambienti del Centro Destra nel vedere l’inattività e la mancanza di iniziativa del governo accompagnate dal ripresentarsi di leggi ad personam.
La leadership berlusconiana sembrava arrivata al capolinea per logoramento.
Invece come è già capitato un’infinità di volte a due passi dal baratro il gatto dalle sette vite quando trova l’occasione di mettere gli italiani di fronte a un referendum o con me o contro di me ha visto nelle amministrative di domenica prossima il suo terreno preferito , ci si è buttato a capofitto e forse è riuscito a salvarsi ancora la poltrona.
Che vinca o che perda il fatto è che per l’ennesima volta i suoi avversari non hanno capito che se il furbacchione nazionale riesce a trascinare gli altri a giocare questo tipo di gioco : il referendum pro o contro: non c’è partita, come è moda dire oggi , perché per fare una partita bisogna assolutamente essere in due e invece tutt’oggi Berlusconi sa come tutti che il suo avversario visibile e accettato dalla coalizione avversaria non c’è.
Berlusconi non ha bisogno di agitarsi troppo né di fare particolare propaganda, basta che dia segni di esistere con pochi interventi che il gioco è fatto : i media per asserviti che siano alle rispettive corazzate editoriali non possono fare altro che trasmettere non tanto il “messaggio” che a questo punto appare irrilevante, quanto il “fatto” che Berlusconi c’è e parla come leader riconosciuto di uno schieramento e che invece l’altro schieramento ha cinque o sei volti e discorsi diversi e comunque non ha un leader. Fine del gioco.
Ho scritto una banalità che tutti sanno di già?
Forse, però proviamo a pensare perché gli italiani, che non sono fessi, da questa apparente banalità finora hanno continuato a dedurre degli atteggiamenti sostanziali, compreso il loto voto.
Proviamo a pensare cosa succederebbe o sarebbe successo se Silvio non ci fosse o se non ci sarà più.
- ve la immaginate la politica estera verso il conflitto in Libia di Bersani o di chi per lui, condizionati dall’8% dei pacifisti per ideologia Vendoliani più gli altri pacifisti trasversali nell’area del centro-sinistra ?
Darebbero ai piloti delle direttive talmente contorte e contradditorie che questi per non rischiare di sbagliare andrebbero a sganciare missili in pieno deserto cercando di evitare di far male anche ai cammelli;
- politica economica e del lavoro.
Resisterebbe Bersani o chi per lui a introdurre una bella patrimoniale a carico soprattutto di quello che è rimasto del ceto medio?
Saprebbero smarcarsi dalla linea della Fiom diretta a difendere tutti i diritti acquisiti anche a costo di perdere le fabbriche e il lavoro?
- sicurezza e immigrazione.
Sarebbero più severi ed efficaci nel limitare il flusso immigratorio ? Andrebbero avanti a chiudere i campi rom?
Non ci crede praticamente nessuno.
- gli italiani, anche gli elettori del centro destra, si sono rotti delle leggi ad personam e delle invettive contro la magistratura, ma sono disposti a digerire il giustizialismo senza se e senza ma alla Di Pietro e a non poter criticare la vistosa incapacità della magistratura a organizzarsi in modo da celebrare processi in tempi sensati?
- il ricordo del povero Prodi ,tanto Pierino bravo bambino che poteva vantare addirittura una cattedra alla prestigiosa London Scool of Economics, una Presidenza della Commissione Europea, condotta dignitosamente e tanta altre cose, ma che tutto era meno che un leader, che sapesse mettere in riga almeno i suoi ministri, è stato causa di uno shock ancora non metabolizzato dalla memoria collettiva.
Gli italiani finora hanno dato prova di non volerci ricadere e hanno premiato Berlusconi che non ha nulla dei titoli nobiliari in senso culturale di Prodi, anzi che ne fa di tutti i colori, ma che i suoi ministri ha sempre saputo metterli in riga.
Quando sarà possibile parlare con obiettività del Berlusconismo si vedrà che ha combinato ben poco, probabilmente meno della sufficienza.
Ma forse è proprio quello che gli italiani medesimi volevano, non essere troppo disturbati in attesa di trovare in sé stessi le energie per rifare correre l’economia e tutto il resto.
giovedì 12 maggio 2011
martedì 19 aprile 2011
Ma che democrazia è mai questa
Ci stiamo abituando a cose che avremmo invece dovuto condannare subito contrastandole con decisione.
E’ antipatico dirlo ma ci stiamo abituando non al fascismo ma a un sistema soft che contempla una serie di elementi che sono il contrario della democrazia, e quindi occorre riconoscere che con questi elementi presenti in Italia ed oggi la democrazia è a rischio.
1 - il partito di maggioranza relativa il PDL non fa congressi nei quali si eleggano i dirigenti sulla base di liste contrapposte, peggio che nel partito comunista cinese dove almeno periodicamente e cioè ogni pochi anni si produce un ricambio anche della figura di vertice.
2 - il maggiore alleato del partito di maggioranza la Lega pure non fa congressi nei quali si eleggano i dirigenti sulla base di liste contrapposte e tanto meno si presentano concorrenti in contrapposizione al capo storico.
3 - Ci sono organizzazioni come CL e la sua consociata Compagnia delle Opere divenute tanto potenti da spartirsi i posti di potere a tutti i livelli senza essere partiti e quindi senza avere ricevuto alcuna investitura popolare e di conseguenza senza averne alcun titolo, ma nessuno, opposizione parlamentare compresa ha niente da ridire.
4 – Il sistema politico italiano è bloccato fra un governo che ha i numeri per governare ma che non governa un bel nulla e una opposizione divisa e inconcludente,incapace di fare decorosamente il proprio mestiere.
5- Continua una contrapposizione frontale fra berlusconiani e antiberlusconiani incapaci di dialogare e di rispettare le istituzioni ,spinti sempre più all’odio reciproco col rischio tutt’altro che inverosimile di far sboccare il paese in una guerra civile.
6 – La pretesa del premier di risolvere la propria posizione processuale modificando la legge e la procedura penale a proprio favore o ancora peggio facendo passare l’idea che sarebbe vittima di una persecuzione di magistrati politicizzati, con i potentissimi mezzi di propaganda dei quali dispone, sta portando al collasso le istituzioni.
Non è ancora successo ma siamo alla vigilia di quello che non può non avvenire, perché a questo punto di delegittimazione della magistratura è giocoforza che un altro politico indagato (e ce ne sono tanti) e poi un cittadino qualunque invocheranno il fumus persecuzionis per svicolare dal giudice naturale e dalle norme di procedura valide per tutti e a questo punto potremmo dire addio allo stato di diritto.
7 – Poi, come se non bastasse ci sono i mali classici e ben noti del sistema Italia che per ora trascuriamo : criminalità organizzata sempre più potente e capace di controllare il territorio,come se lo stato non ci fosse, un solo padrone che controlla i due terzi dei media e quindi in grado di manipolare a suo piacimento la gran parte dell’informazione, evasione fiscale abnorme, corruzione fuori controllo,debito pubblico doppio rispetto al parametro europeo, disoccupazione giovanile più che preoccupante, scuola ricerca e cultura in pessime condizioni, posizione internazionale del paese al limite della farsa, ecc, ecc.
La situazione è obiettivamente molto seria , tanto che i così detti poteri forti (a partire da Chiesa , Confindustria e massoneria) di fronte alla debolezza ed alla incapacità dei poteri istituzionali di bloccare il degrado del paese cominciano a dare segnali espliciti di disagio e di dissenso,chiaramente studiando e progettando in proprio possibili soluzioni e questo ovviamente oltre a non essere un buon segno è obiettivamente un ulteriore elemento di patologia della democrazia.
Il fatto che l’unico finora che ha osato invocare apertamente la necessità di un golpe sia stato un anziano esponente della sinistra comunista, ma pur sempre anche illustre accademico come Asor Rosa, quindi l’ultima persona al mondo che per la logica politica avrebbe potuto farlo è un segno della pericolosa confusione di idee che occupa ormai tutti i settori di ogni opinione politica.
Per chi ha vissuto gli anni di piombo e ne ha conservato il ricordo, come chi scrive, preoccupa moltissimo la sensazione di avvertire la stessa spiacevole sensazione che si avvertiva allora, cioè un crescente sentimento di rabbia di fronte a un sistema istituzionale che sembra non realizzare il fatto, che la gente ha capito che gli uni e gli altri non sono più all’altezza del loro ruolo istituzionale e che quindi la situazione richiederebbe un radicale ricambio di classe dirigente, che invece non è affatto all’ordine del giorno, al contrario.
Quando molti hanno avvertito questa sensazione negli anni poi detti di piombo, di fronte alla sordità delle forze politiche istituzionali , hanno cercato di modificare la situazione per vie esterne ed estranee dalle vie istituzionali ed è nato il terrorismo politico.
C’è una legge inderogabile della politica che vuole che il vuoto di potere sia comunque riempito e in tempo praticamente reale.
E allora che succederà se i berlusconiani al governo andranno avanti a fare finta di governare ma in realtà senza riuscire a fare neanche la minima “riforma” di un qualche impegno e l’opposizione andrà avanti a non esistere su un piano di capacità di fatto di raccogliere i consensi degli antiberlusconiani per indirizzarli ad una alternativa di governo, il potere passerà ad altre forze, è inutile illudersi e dormirci sopra.
Lo stesso Asor Rosa ha detto sconsolato che non si aspetta di vedere cortei per le strade di giovani capaci di abbattere un potere che non rappresenta più nulla perché ritiene che non ci siano le condizioni per una rivoluzione dal basso e quindi ne ha ipotizzata una dall’alto.
I due poteri forti abbastanza visibili e trasparenti dei quali potere interpretare e prevedere le mosse, Chiesa e Confindustria sono in movimento da tempo ed a loro sembra risalire la possibile candidatura di Montezemolo. La Chiesa può avere in serbo altri personaggi di riserva provenienti dal mondo cattolico primo fra tutti Andrea Riccardi o l’anziano banchiere Bazoli, oppure,secondo le circostanze potrebbe appoggiare candidati di altra provenienza o di caratura tecnica, si vedrà.
Ci sono anche altri poteri forti dalla Massoneria che però è divisa e non è in grado di far blocco, alle mafie che sono potenti ma non sono mai state interessate a scoprirsi per un gioco a livello nazionale anche perché non ne hanno interesse, ci sono purtroppo le mille consorterie di faccendieri le varie P3 ecc. che si spera però non siano tanto potenti da aspirare a un gioco.
Militari che coltivino sogni golpisti? Non sembra per ora, dipende da come evolveranno le cose.
In conclusione per bene che vada non sarà una passeggiata.
Ma quello che manca soprattutto è la scarsa o assente conoscenza e coscienza da parte della maggioranza dei nostri concittadini dei meccanismi della democrazia.
A sessantacinque anni dalla caduta del fascismo sembra che gli italiani non abbiano ancora capito che andare a votare ogni quattro anni non basta assolutamente per vivere in un regime democratico.
Ricordiamo che Hitler Mussolini hanno goduto di una maggioranza parlamentare che ne ha formalmente legittimato il potere, ma erano democrazie?
Lo sarebbero state se i due duci fossero stati eletti in congressi dei loro partiti celebrati confrontando liste di candidati (dal capo agli altri dirigenti) con programmi contrapposti e questi congressi si fossero ripetuti periodicamente con le stesse garanzie di pluralismo.
Questo non è un dettaglio di tecnica politica, questo è tutto, è il vero nocciolo del problema insieme ad una opinione pubblica in grado di partecipare al gioco politico perché informata da mezzi di comunicazione non solo molteplici e liberi, ma in mano a padroni diversi e con nessuno in grado di possederne più che una piccola percentuale.
E’ antipatico dirlo ma ci stiamo abituando non al fascismo ma a un sistema soft che contempla una serie di elementi che sono il contrario della democrazia, e quindi occorre riconoscere che con questi elementi presenti in Italia ed oggi la democrazia è a rischio.
1 - il partito di maggioranza relativa il PDL non fa congressi nei quali si eleggano i dirigenti sulla base di liste contrapposte, peggio che nel partito comunista cinese dove almeno periodicamente e cioè ogni pochi anni si produce un ricambio anche della figura di vertice.
2 - il maggiore alleato del partito di maggioranza la Lega pure non fa congressi nei quali si eleggano i dirigenti sulla base di liste contrapposte e tanto meno si presentano concorrenti in contrapposizione al capo storico.
3 - Ci sono organizzazioni come CL e la sua consociata Compagnia delle Opere divenute tanto potenti da spartirsi i posti di potere a tutti i livelli senza essere partiti e quindi senza avere ricevuto alcuna investitura popolare e di conseguenza senza averne alcun titolo, ma nessuno, opposizione parlamentare compresa ha niente da ridire.
4 – Il sistema politico italiano è bloccato fra un governo che ha i numeri per governare ma che non governa un bel nulla e una opposizione divisa e inconcludente,incapace di fare decorosamente il proprio mestiere.
5- Continua una contrapposizione frontale fra berlusconiani e antiberlusconiani incapaci di dialogare e di rispettare le istituzioni ,spinti sempre più all’odio reciproco col rischio tutt’altro che inverosimile di far sboccare il paese in una guerra civile.
6 – La pretesa del premier di risolvere la propria posizione processuale modificando la legge e la procedura penale a proprio favore o ancora peggio facendo passare l’idea che sarebbe vittima di una persecuzione di magistrati politicizzati, con i potentissimi mezzi di propaganda dei quali dispone, sta portando al collasso le istituzioni.
Non è ancora successo ma siamo alla vigilia di quello che non può non avvenire, perché a questo punto di delegittimazione della magistratura è giocoforza che un altro politico indagato (e ce ne sono tanti) e poi un cittadino qualunque invocheranno il fumus persecuzionis per svicolare dal giudice naturale e dalle norme di procedura valide per tutti e a questo punto potremmo dire addio allo stato di diritto.
7 – Poi, come se non bastasse ci sono i mali classici e ben noti del sistema Italia che per ora trascuriamo : criminalità organizzata sempre più potente e capace di controllare il territorio,come se lo stato non ci fosse, un solo padrone che controlla i due terzi dei media e quindi in grado di manipolare a suo piacimento la gran parte dell’informazione, evasione fiscale abnorme, corruzione fuori controllo,debito pubblico doppio rispetto al parametro europeo, disoccupazione giovanile più che preoccupante, scuola ricerca e cultura in pessime condizioni, posizione internazionale del paese al limite della farsa, ecc, ecc.
La situazione è obiettivamente molto seria , tanto che i così detti poteri forti (a partire da Chiesa , Confindustria e massoneria) di fronte alla debolezza ed alla incapacità dei poteri istituzionali di bloccare il degrado del paese cominciano a dare segnali espliciti di disagio e di dissenso,chiaramente studiando e progettando in proprio possibili soluzioni e questo ovviamente oltre a non essere un buon segno è obiettivamente un ulteriore elemento di patologia della democrazia.
Il fatto che l’unico finora che ha osato invocare apertamente la necessità di un golpe sia stato un anziano esponente della sinistra comunista, ma pur sempre anche illustre accademico come Asor Rosa, quindi l’ultima persona al mondo che per la logica politica avrebbe potuto farlo è un segno della pericolosa confusione di idee che occupa ormai tutti i settori di ogni opinione politica.
Per chi ha vissuto gli anni di piombo e ne ha conservato il ricordo, come chi scrive, preoccupa moltissimo la sensazione di avvertire la stessa spiacevole sensazione che si avvertiva allora, cioè un crescente sentimento di rabbia di fronte a un sistema istituzionale che sembra non realizzare il fatto, che la gente ha capito che gli uni e gli altri non sono più all’altezza del loro ruolo istituzionale e che quindi la situazione richiederebbe un radicale ricambio di classe dirigente, che invece non è affatto all’ordine del giorno, al contrario.
Quando molti hanno avvertito questa sensazione negli anni poi detti di piombo, di fronte alla sordità delle forze politiche istituzionali , hanno cercato di modificare la situazione per vie esterne ed estranee dalle vie istituzionali ed è nato il terrorismo politico.
C’è una legge inderogabile della politica che vuole che il vuoto di potere sia comunque riempito e in tempo praticamente reale.
E allora che succederà se i berlusconiani al governo andranno avanti a fare finta di governare ma in realtà senza riuscire a fare neanche la minima “riforma” di un qualche impegno e l’opposizione andrà avanti a non esistere su un piano di capacità di fatto di raccogliere i consensi degli antiberlusconiani per indirizzarli ad una alternativa di governo, il potere passerà ad altre forze, è inutile illudersi e dormirci sopra.
Lo stesso Asor Rosa ha detto sconsolato che non si aspetta di vedere cortei per le strade di giovani capaci di abbattere un potere che non rappresenta più nulla perché ritiene che non ci siano le condizioni per una rivoluzione dal basso e quindi ne ha ipotizzata una dall’alto.
I due poteri forti abbastanza visibili e trasparenti dei quali potere interpretare e prevedere le mosse, Chiesa e Confindustria sono in movimento da tempo ed a loro sembra risalire la possibile candidatura di Montezemolo. La Chiesa può avere in serbo altri personaggi di riserva provenienti dal mondo cattolico primo fra tutti Andrea Riccardi o l’anziano banchiere Bazoli, oppure,secondo le circostanze potrebbe appoggiare candidati di altra provenienza o di caratura tecnica, si vedrà.
Ci sono anche altri poteri forti dalla Massoneria che però è divisa e non è in grado di far blocco, alle mafie che sono potenti ma non sono mai state interessate a scoprirsi per un gioco a livello nazionale anche perché non ne hanno interesse, ci sono purtroppo le mille consorterie di faccendieri le varie P3 ecc. che si spera però non siano tanto potenti da aspirare a un gioco.
Militari che coltivino sogni golpisti? Non sembra per ora, dipende da come evolveranno le cose.
In conclusione per bene che vada non sarà una passeggiata.
Ma quello che manca soprattutto è la scarsa o assente conoscenza e coscienza da parte della maggioranza dei nostri concittadini dei meccanismi della democrazia.
A sessantacinque anni dalla caduta del fascismo sembra che gli italiani non abbiano ancora capito che andare a votare ogni quattro anni non basta assolutamente per vivere in un regime democratico.
Ricordiamo che Hitler Mussolini hanno goduto di una maggioranza parlamentare che ne ha formalmente legittimato il potere, ma erano democrazie?
Lo sarebbero state se i due duci fossero stati eletti in congressi dei loro partiti celebrati confrontando liste di candidati (dal capo agli altri dirigenti) con programmi contrapposti e questi congressi si fossero ripetuti periodicamente con le stesse garanzie di pluralismo.
Questo non è un dettaglio di tecnica politica, questo è tutto, è il vero nocciolo del problema insieme ad una opinione pubblica in grado di partecipare al gioco politico perché informata da mezzi di comunicazione non solo molteplici e liberi, ma in mano a padroni diversi e con nessuno in grado di possederne più che una piccola percentuale.
lunedì 21 marzo 2011
Garibaldi sarebbe già partito per Bengasi
Dai tempi di Garibaldi non sono passate tante generazioni da rendere incomprensibili quegli anni, basta tornare al bisnonno.
E’ vero che nel frattempo di cose ne sono successe veramente tante, ma con un po’ di senso storico non è poi così difficile cercare di immedesimarsi in quei tempi.
Proviamoci. La differenza più vistosa, lo vediamo subito non è che allora non c’era la televisione e la gente era più povera e meno istruita, la differenza fondamentale è nel modo di sentire le cose.
Probabilmente oggi abbiamo tanto di più ma è abbastanza evidente che non siamo all’altezza di Garibaldi.
Che di fronte alle rivoluzioni odierne in Medio Oriente un Garibaldi sarebbe già partito con altri volenterosi per andare ad aiutare chi sta combattendo per conquistare la libertà del suo popolo ci sono pochi dubbi.
Oggi al massimo si trova qualche giovane disposto a partire per qualche organizzazione umanitaria, ma non è concepibile ritrovare lo spirito dei Garibaldi.
Eppure fino alla guerra di Spagna (1936), non un secolo fa, c’erano gli Hemingway pronti a partire per combattere a favore della Repubblica Spagnola o sul fronte opposto giovani convinti degli ideali propagandati dal fascismo che sono partiti per sostenere i Franchisti.
Poco dopo ci sono stati i giovanissimi volontari arruolatisi per la seconda guerra mondiale e poi il fenomeno tutt’altro che marginale della Resistenza da una parte e dei giovani di Salò dall’altra.
In tutti questi casi si andava a mettere in gioco la propria vita per ideali sentiti e vissuti come alti, si era quindi pienamente nel solco dello spirito dei Garibaldi.
Ora quello spirito pare scomparso dalla faccia della terra.
Fatta questa constatazione non è facile giudicare fino a che punto è un bene e fino a che punto è un male, che oggi le cose stiano in questi termini.
Oggi i diritti umani sono molto ma molto più diffusi e difesi rispetto ad allora.
In pura teoria quindi dovrebbe essere più sviluppato lo spirito garibaldino del quale si parlava e invece questo oggi è scomparso.
Va anche detto che certi elementi dello spirito garibaldino nel senso di slancio dannunziano, di culto dell’atto eroico là dove tendono a rasentare il fanatismo, portano con sé anche elementi tutt’altro che positivi.
Ed allora la riprovazione che oggi comportano gli atti ad esempio dei fanatici religiosi è da accogliere come un fatto positivo.
Nello spirito di allora vi era anche un forte, forse troppo forte senso dell’onore.
Pensiamo ad esempio lo scherzo che questo senso dell’onore, nobile se razionalmente confortato da verifiche sulla situazione alla quale applicarlo, ha giocato a tanti “ragazzi di Salò” che sulla spinta di questo sentimento non hanno saputo valutare quanto quel regime fosse nato privo di ogni legittimazione e fosse fuori dalla realtà.
E’ nobile essere fedeli ai patti ed ai giuramenti di fedeltà, ma attenzione, patti e giuramenti hanno come controparte l’istituzione stato, nazione , patria ecc.questa solo permane nel tempo, non la persona fisica che pro-tempore e solo pro- tempore li rappresenta se e fin quando ne ha la legittimità.
Garibaldi , bisogna dargliene atto, era stato ancora più moderno di questi nobili giovani del nostro passato recente, e suoi posteri, che in parte ne avevano ereditato lo spirito.
Era stato ancora più moderno perché il suo spirito era sì animato dagli stessi ideali di difesa dell’onore della patria , ma aveva saputo andare anche oltre, ponendo questi ideali e sentimenti al servizio di principi razionali e filosofici universali molto vicini per intenderci a quelli dell’illuminismo, che poi sono diventati il fondamento delle dichiarazioni universali dei diritti dell’uomo.
Garibaldi è spesso ricordato superficialmente come un leader carismatico facile ad infiammarsi, perfino un po folcloristico, ma questo contrasta con le solide basi filosofiche che ne hanno ispirato l’azione.
Garibaldi non era stato facile preda dei sentimenti giovanili, perché aveva saputo i sentimenti metterli al vaglio di una valutazione razionale legata ai suo principi.
L’enorme modernità delle idee che hanno ispirato la Repubblica Romana del 49 ne sono testimonianza.
Oggi quei principi sono dati per acquisiti in tutto l’Occidente (un po meno solo in Italia dove imperversa ancora ma forse per poco uno residuo di clericalismo altrove del tutto scomparso).
Qualcosa dello spirito garibaldino lo si può trovare nel coraggio civile di chi si spende in difficili e pericolose trincee per puro spirito umanitario, che sia animato da ideali religiosi ,come un Don Ciotti e molti altri “preti da strada”, o del tutto laici come un Gino Strada.
Oggi ha preso piede un forte spirito pacifista, ben giustificato dagli immani disastri vissuti nel secolo scorso.
Questo è senza dubbio un fatto positivo, perché essendo questo sentimento largamente diffuso a nessun governante può venire in mente di trascinare il paese in guerre di conquista come è capitato in passato.
A volte mi chiedo però cosa succederebbe nella eventualità di dover andare alle armi per fronteggiare una aggressione esterna.
L’eventualità è fortunatamente molto remota, ma non è certo inverosimile.
Garibaldi è stato per lunghi anni adottato dalle parti politiche di sinistra.
Oggi queste stesse forze politiche versano in una crisi senza precedenti che coinvolge la confusione delle idee sulla loro stessa identità culturale, che da tempo nelle espressioni più radicali, contempla un pacifismo assoluto, che tra l’altro è in contrasto stridente con il loro passato.
Ancora oggi facendo passare i commenti sulle vicende libiche che vede la sinistra radicale compattamente schierata contro l’intervento militare, viene da pensare cosa avrebbe fatto questa sinistra da salotto ai tempi della resistenza, avrebbe combattuto i repubblichini con le postole ad acqua?
Lo spirito di Garibaldi non è sopravvissuto nelle sue forme originarie lo abbiamo visto , è durato nel tempo poi si è trasformato in spirito umanitario perdendo del tutto la disponibilità di menar le mani, se necessario.
Per molti versi è un fatto positivo, purchè non vengano tempi che richiedano azioni più estreme.
E’ vero che nel frattempo di cose ne sono successe veramente tante, ma con un po’ di senso storico non è poi così difficile cercare di immedesimarsi in quei tempi.
Proviamoci. La differenza più vistosa, lo vediamo subito non è che allora non c’era la televisione e la gente era più povera e meno istruita, la differenza fondamentale è nel modo di sentire le cose.
Probabilmente oggi abbiamo tanto di più ma è abbastanza evidente che non siamo all’altezza di Garibaldi.
Che di fronte alle rivoluzioni odierne in Medio Oriente un Garibaldi sarebbe già partito con altri volenterosi per andare ad aiutare chi sta combattendo per conquistare la libertà del suo popolo ci sono pochi dubbi.
Oggi al massimo si trova qualche giovane disposto a partire per qualche organizzazione umanitaria, ma non è concepibile ritrovare lo spirito dei Garibaldi.
Eppure fino alla guerra di Spagna (1936), non un secolo fa, c’erano gli Hemingway pronti a partire per combattere a favore della Repubblica Spagnola o sul fronte opposto giovani convinti degli ideali propagandati dal fascismo che sono partiti per sostenere i Franchisti.
Poco dopo ci sono stati i giovanissimi volontari arruolatisi per la seconda guerra mondiale e poi il fenomeno tutt’altro che marginale della Resistenza da una parte e dei giovani di Salò dall’altra.
In tutti questi casi si andava a mettere in gioco la propria vita per ideali sentiti e vissuti come alti, si era quindi pienamente nel solco dello spirito dei Garibaldi.
Ora quello spirito pare scomparso dalla faccia della terra.
Fatta questa constatazione non è facile giudicare fino a che punto è un bene e fino a che punto è un male, che oggi le cose stiano in questi termini.
Oggi i diritti umani sono molto ma molto più diffusi e difesi rispetto ad allora.
In pura teoria quindi dovrebbe essere più sviluppato lo spirito garibaldino del quale si parlava e invece questo oggi è scomparso.
Va anche detto che certi elementi dello spirito garibaldino nel senso di slancio dannunziano, di culto dell’atto eroico là dove tendono a rasentare il fanatismo, portano con sé anche elementi tutt’altro che positivi.
Ed allora la riprovazione che oggi comportano gli atti ad esempio dei fanatici religiosi è da accogliere come un fatto positivo.
Nello spirito di allora vi era anche un forte, forse troppo forte senso dell’onore.
Pensiamo ad esempio lo scherzo che questo senso dell’onore, nobile se razionalmente confortato da verifiche sulla situazione alla quale applicarlo, ha giocato a tanti “ragazzi di Salò” che sulla spinta di questo sentimento non hanno saputo valutare quanto quel regime fosse nato privo di ogni legittimazione e fosse fuori dalla realtà.
E’ nobile essere fedeli ai patti ed ai giuramenti di fedeltà, ma attenzione, patti e giuramenti hanno come controparte l’istituzione stato, nazione , patria ecc.questa solo permane nel tempo, non la persona fisica che pro-tempore e solo pro- tempore li rappresenta se e fin quando ne ha la legittimità.
Garibaldi , bisogna dargliene atto, era stato ancora più moderno di questi nobili giovani del nostro passato recente, e suoi posteri, che in parte ne avevano ereditato lo spirito.
Era stato ancora più moderno perché il suo spirito era sì animato dagli stessi ideali di difesa dell’onore della patria , ma aveva saputo andare anche oltre, ponendo questi ideali e sentimenti al servizio di principi razionali e filosofici universali molto vicini per intenderci a quelli dell’illuminismo, che poi sono diventati il fondamento delle dichiarazioni universali dei diritti dell’uomo.
Garibaldi è spesso ricordato superficialmente come un leader carismatico facile ad infiammarsi, perfino un po folcloristico, ma questo contrasta con le solide basi filosofiche che ne hanno ispirato l’azione.
Garibaldi non era stato facile preda dei sentimenti giovanili, perché aveva saputo i sentimenti metterli al vaglio di una valutazione razionale legata ai suo principi.
L’enorme modernità delle idee che hanno ispirato la Repubblica Romana del 49 ne sono testimonianza.
Oggi quei principi sono dati per acquisiti in tutto l’Occidente (un po meno solo in Italia dove imperversa ancora ma forse per poco uno residuo di clericalismo altrove del tutto scomparso).
Qualcosa dello spirito garibaldino lo si può trovare nel coraggio civile di chi si spende in difficili e pericolose trincee per puro spirito umanitario, che sia animato da ideali religiosi ,come un Don Ciotti e molti altri “preti da strada”, o del tutto laici come un Gino Strada.
Oggi ha preso piede un forte spirito pacifista, ben giustificato dagli immani disastri vissuti nel secolo scorso.
Questo è senza dubbio un fatto positivo, perché essendo questo sentimento largamente diffuso a nessun governante può venire in mente di trascinare il paese in guerre di conquista come è capitato in passato.
A volte mi chiedo però cosa succederebbe nella eventualità di dover andare alle armi per fronteggiare una aggressione esterna.
L’eventualità è fortunatamente molto remota, ma non è certo inverosimile.
Garibaldi è stato per lunghi anni adottato dalle parti politiche di sinistra.
Oggi queste stesse forze politiche versano in una crisi senza precedenti che coinvolge la confusione delle idee sulla loro stessa identità culturale, che da tempo nelle espressioni più radicali, contempla un pacifismo assoluto, che tra l’altro è in contrasto stridente con il loro passato.
Ancora oggi facendo passare i commenti sulle vicende libiche che vede la sinistra radicale compattamente schierata contro l’intervento militare, viene da pensare cosa avrebbe fatto questa sinistra da salotto ai tempi della resistenza, avrebbe combattuto i repubblichini con le postole ad acqua?
Lo spirito di Garibaldi non è sopravvissuto nelle sue forme originarie lo abbiamo visto , è durato nel tempo poi si è trasformato in spirito umanitario perdendo del tutto la disponibilità di menar le mani, se necessario.
Per molti versi è un fatto positivo, purchè non vengano tempi che richiedano azioni più estreme.
venerdì 4 marzo 2011
Finalmente qualcosa comincia a muoversi all’interno del Berlusconismo
Il giornale Libero diretto da Feltri e Belpietro, che ne hanno acquisito recentemente la proprietà, sta da qualche tempo, prima cautamente, ora in modo più diretto preparando la base a un Berlusconismo senza Berlusconi.
E’ cominciata con una inusuale libertà di linguaggio nei riguardi del premier che negli editoriali di Belpietro è stato indicato ormai senza complessi di inferiorità come “il vecchio porco”, corroborata dalla pubblicazione integrale sul sito e quasi sul giornale delle famose 350 pagine della procura di Milano sul caso Ruby.
Poi con l’espicita richiesta fatta con il titolone di prima pagina : “via tutti” di andare subito alle urne, richiesta corredata da una elencazione impietosa di tutti i recenti interventi di Berlusconi per pretendere le elezioni, subito seguite dai più recenti :“contr’ordine compagni” “ il voto sarebbe pericoloso per il paese, ora bisogna governare”.
Poi sono cominciate le frecciatine a “quegli sciocchini del Giornale”, che devono suonare per forza la campana padronale.
Bossi e Tremonti sempre messi in buona luce anche se con discrezione.
Le procure criticate per la loro tendenza a debordare, ma senza più difendere l’indifendibile posizione del premier sul piano della credibilità.
Poi Belpietro ha scelto l’espediente mediaticamente riuscito di fare una specie di gioco delle parti mettendo in prima pagina diverse volte un editoriale doppio , uno firmato da Pansa abbastanza apertamente critico nei riguardi di Berlusconi , affiancato da uno dello stesso Belpietro, che ribadiva la fiducia in Berlusconi, però riconoscendo quello che la propaganda del Pdl voleva non fosse mai riconosciuto cioè che le serate di Arcore erano tutt’altro che eleganti, che le leggi ad personam, erano leggi ad personam, che le balle raccontate dal capo erano realmente balle ecc.
Infine trascorsi i tre mesi di sospensione, comminati a Feltri dall’Ordine dei Giornalisti per i suoi articoli sul caso Boffo è venuto ieri il suo lungo editoriale per riprendere il timone del giornale, che non lascia dubbi ed indica esplicitamente in punti articolati la linea del giornale.
Riporto titolo e sottotitoli perché riassumono il discorso : Gli errori del Cav Silvio, è ancora in sella ma è all’ultima spiaggia. Le sue colpe:
non ha ripristinato l’immunità parlamentare,
non ha gestito bene la nascita del Pdl e
non ha tagliato la spesa pubblica.
Poco dopo l’incipit il discorso diventa una impietosa requisitoria :
perché il Cavaliere avendone la possibilità non ha risolto neanche uno dei problemi che gli impediscono di lavorare?
Così facendo “prende schiaffoni anche dai suoi amici” e non riesce a governare. “Non cede ma agonizza”.
Poi arrivano le contestazioni precise e articolate :
1- perché invece di architettare assurde leggi ad personam per difendersi dai processi non ha reintrodotto l’immunità parlamentare ? Ora invocando il conflitto di attribuzione fra poteri dello stato si è messo in mano alla Consulta che è una pura follia.
2- perché pur essendo stato più volte parlamentare europeo non ha di nuovo seguito quella strada che gli avrebbe garantito una immunità a prova di bomba del resto già sperimentata da D’Alema, Di Pietro e DeMagistris?
E qui dietro a una argomentazione apparentemente tecnica, viene la prima bomba : non avrebbe potuto fare il Presidente del Consiglio per incompatibilità fra le due cariche, ma che problema è?
Sarebbe stato ugualmente il dominus della politica italiana come capo del suo partito, che ne avrebbe tratto solo vantaggio diventando così un vero partito invece che un comitato elettorale, non in grado di competere con la Lega che è invece un vero partito e per questo è radicata territorialmente come il Pdl non si sogna nemmeno.
A Palazzo Chigi ci sarebbe stato benissimo Gianni Letta come suo delegato.
3- Quando fu fondato il Pdl fra i due cofondatori avrebbe dovuto sorgere un patto chiaro e un progetto articolato, che invece non ci furono e quindi la rottura è venuta per responsabilità di tutte e due le parti.
4- non ostante tutto il governo non ha fallito e il paese ha retto, non ha fatto la fine di Grecia e Irlanda, ma le dimensioni del suo debito fanno sì che giri da tempo la voce che la Ue imporrà all’Italia una patrimoniale per rientrare in una dimensione più accettabile per i partner più virtuosi.
E qui viene la seconda bomba, ancora più micidiale della prima : nessuno è riuscito a ridurre il deficit nemmeno in tempo di ripresa, immaginiamoci adesso, ci vuole altro che la “sferzata” annunciata.
Questo governo ha perso la sua occasione storica di cavalcare lo shock della crisi per attuare riforme sistemiche:
-dall’aumento dell’età pensionabile ;
-alla riduzione degli sprechi della sanità (2/3 dei pazienti non ritirano i referti degli esami dimostrando che i medici se ne fregano dei conti);
-alla drastica riduzione di chi vive di politica (1 milione e trecentomila persone);
-al blocco dei finanziamenti a pioggia dati a imprese che esistono solo sulla carta;
-alla cancellazione degli enti inutili;
-alle liberalizzazioni vere.
Se si dimostrasse che si fa veramente sul serio la gente sarebbe disposta a fare dei sacrifici in via straordinaria, ma in mancanza (terza bomba e questa è un’atomiaca) Tremonti sarà costretto fra un anno a portare i libri in tribunale e Berlusconi perderebbe il consenso, se ne rende conto?
Fantastico! Dopo anni di delusioni e di pure “balle” agli elettori del centro- destra viene presentata la verità nuda e cruda.
Peccato che non esista una opposizione come in tutti paesi civili e che il partito di maggioranza, esattamente come era capitato a suo tempo con la Dc, sia costretto a fare anche la parte dell’opposizione di fronte a una situazione politica incartata.
Non lo si dice apertamente ma da tutto il discorso di Feltri traspare una evidente sfiducia sul fatto che possa essere lo stesso Berlusconi a raddrizzare la baracca.
Non lo si dice apertamente ma il senso del discorso appare diretto al centro destra nel suo insieme, esortando chi nel suo ambito ha responsabilità politica a tirare fuori quegli attributi che finora il timore reverenziale per il capo-padrone ha impedito che ne fosse notata l’esistenza.
Finora l’hanno fatto solo due persone : la ex moglie dello stesso Berlusconi e Vittorio Feltri, complimenti a tutti e due, ma ora sotto a chi tocca, o vogliono morire politicamente sotterrati dalla loro mediocrità?
E’ cominciata con una inusuale libertà di linguaggio nei riguardi del premier che negli editoriali di Belpietro è stato indicato ormai senza complessi di inferiorità come “il vecchio porco”, corroborata dalla pubblicazione integrale sul sito e quasi sul giornale delle famose 350 pagine della procura di Milano sul caso Ruby.
Poi con l’espicita richiesta fatta con il titolone di prima pagina : “via tutti” di andare subito alle urne, richiesta corredata da una elencazione impietosa di tutti i recenti interventi di Berlusconi per pretendere le elezioni, subito seguite dai più recenti :“contr’ordine compagni” “ il voto sarebbe pericoloso per il paese, ora bisogna governare”.
Poi sono cominciate le frecciatine a “quegli sciocchini del Giornale”, che devono suonare per forza la campana padronale.
Bossi e Tremonti sempre messi in buona luce anche se con discrezione.
Le procure criticate per la loro tendenza a debordare, ma senza più difendere l’indifendibile posizione del premier sul piano della credibilità.
Poi Belpietro ha scelto l’espediente mediaticamente riuscito di fare una specie di gioco delle parti mettendo in prima pagina diverse volte un editoriale doppio , uno firmato da Pansa abbastanza apertamente critico nei riguardi di Berlusconi , affiancato da uno dello stesso Belpietro, che ribadiva la fiducia in Berlusconi, però riconoscendo quello che la propaganda del Pdl voleva non fosse mai riconosciuto cioè che le serate di Arcore erano tutt’altro che eleganti, che le leggi ad personam, erano leggi ad personam, che le balle raccontate dal capo erano realmente balle ecc.
Infine trascorsi i tre mesi di sospensione, comminati a Feltri dall’Ordine dei Giornalisti per i suoi articoli sul caso Boffo è venuto ieri il suo lungo editoriale per riprendere il timone del giornale, che non lascia dubbi ed indica esplicitamente in punti articolati la linea del giornale.
Riporto titolo e sottotitoli perché riassumono il discorso : Gli errori del Cav Silvio, è ancora in sella ma è all’ultima spiaggia. Le sue colpe:
non ha ripristinato l’immunità parlamentare,
non ha gestito bene la nascita del Pdl e
non ha tagliato la spesa pubblica.
Poco dopo l’incipit il discorso diventa una impietosa requisitoria :
perché il Cavaliere avendone la possibilità non ha risolto neanche uno dei problemi che gli impediscono di lavorare?
Così facendo “prende schiaffoni anche dai suoi amici” e non riesce a governare. “Non cede ma agonizza”.
Poi arrivano le contestazioni precise e articolate :
1- perché invece di architettare assurde leggi ad personam per difendersi dai processi non ha reintrodotto l’immunità parlamentare ? Ora invocando il conflitto di attribuzione fra poteri dello stato si è messo in mano alla Consulta che è una pura follia.
2- perché pur essendo stato più volte parlamentare europeo non ha di nuovo seguito quella strada che gli avrebbe garantito una immunità a prova di bomba del resto già sperimentata da D’Alema, Di Pietro e DeMagistris?
E qui dietro a una argomentazione apparentemente tecnica, viene la prima bomba : non avrebbe potuto fare il Presidente del Consiglio per incompatibilità fra le due cariche, ma che problema è?
Sarebbe stato ugualmente il dominus della politica italiana come capo del suo partito, che ne avrebbe tratto solo vantaggio diventando così un vero partito invece che un comitato elettorale, non in grado di competere con la Lega che è invece un vero partito e per questo è radicata territorialmente come il Pdl non si sogna nemmeno.
A Palazzo Chigi ci sarebbe stato benissimo Gianni Letta come suo delegato.
3- Quando fu fondato il Pdl fra i due cofondatori avrebbe dovuto sorgere un patto chiaro e un progetto articolato, che invece non ci furono e quindi la rottura è venuta per responsabilità di tutte e due le parti.
4- non ostante tutto il governo non ha fallito e il paese ha retto, non ha fatto la fine di Grecia e Irlanda, ma le dimensioni del suo debito fanno sì che giri da tempo la voce che la Ue imporrà all’Italia una patrimoniale per rientrare in una dimensione più accettabile per i partner più virtuosi.
E qui viene la seconda bomba, ancora più micidiale della prima : nessuno è riuscito a ridurre il deficit nemmeno in tempo di ripresa, immaginiamoci adesso, ci vuole altro che la “sferzata” annunciata.
Questo governo ha perso la sua occasione storica di cavalcare lo shock della crisi per attuare riforme sistemiche:
-dall’aumento dell’età pensionabile ;
-alla riduzione degli sprechi della sanità (2/3 dei pazienti non ritirano i referti degli esami dimostrando che i medici se ne fregano dei conti);
-alla drastica riduzione di chi vive di politica (1 milione e trecentomila persone);
-al blocco dei finanziamenti a pioggia dati a imprese che esistono solo sulla carta;
-alla cancellazione degli enti inutili;
-alle liberalizzazioni vere.
Se si dimostrasse che si fa veramente sul serio la gente sarebbe disposta a fare dei sacrifici in via straordinaria, ma in mancanza (terza bomba e questa è un’atomiaca) Tremonti sarà costretto fra un anno a portare i libri in tribunale e Berlusconi perderebbe il consenso, se ne rende conto?
Fantastico! Dopo anni di delusioni e di pure “balle” agli elettori del centro- destra viene presentata la verità nuda e cruda.
Peccato che non esista una opposizione come in tutti paesi civili e che il partito di maggioranza, esattamente come era capitato a suo tempo con la Dc, sia costretto a fare anche la parte dell’opposizione di fronte a una situazione politica incartata.
Non lo si dice apertamente ma da tutto il discorso di Feltri traspare una evidente sfiducia sul fatto che possa essere lo stesso Berlusconi a raddrizzare la baracca.
Non lo si dice apertamente ma il senso del discorso appare diretto al centro destra nel suo insieme, esortando chi nel suo ambito ha responsabilità politica a tirare fuori quegli attributi che finora il timore reverenziale per il capo-padrone ha impedito che ne fosse notata l’esistenza.
Finora l’hanno fatto solo due persone : la ex moglie dello stesso Berlusconi e Vittorio Feltri, complimenti a tutti e due, ma ora sotto a chi tocca, o vogliono morire politicamente sotterrati dalla loro mediocrità?
mercoledì 2 marzo 2011
La rivoluzione in Libia la stanno facendo i giovani ma il paese ha una struttura sociale arcaica
In Libia è in corso una rivoluzione vera e propria animata dal popolo dei giovani come è successo in Tunisia in Egitto e in altri stati arabi e islamici , ma la situazione libica è del tutto particolare, perché la Libia ha avuto una storia diversa da quella dei suoi vicini.
Gheddafi, dopo aver preso il potere 41 anni fa, ha fatto una scelta particolare inventandosi un sistema politico che avrebbe dovuto essere di democrazia diretta ben delineato nel famoso (non Italia dove non ne esiste una traduzione italiana) Libretto Verde.
Il sistema politico descritto nel Libretto Verde ha una sua coerenza logica e una sua consistenza e quindi ritengo che meriti di essere trattato in un apposito post, però per farla breve è necessario dare almeno un cenno su di che cosa si tratta altrimenti risulta praticamente impossibile capire cosa è la Libia.
Secondo il Libretto Verde il sistema liberale rappresentativo, nato in Europa, sarebbe tutto un inganno che in realtà non consentirebbe affatto al popolo di governarsi.
Lo stesso sistema europeo si fonda sull’idea di rappresentanza gestita poi in pratica da diversi partiti, che dovrebbero fare gli interessi degli elettori, ma che in realtà non lo farebbero affatto ed anzi essendo in continuo litigio fra di loro impedirebbero di governare.
Ed allora che fare? L’idea del Colonnello è stata quella di costruire un sistema di democrazia diretta fondata non sulla elezione di rappresentanti del popolo, ma di assemblee popolari che a livello di base (villaggio, paese, quartiere di città) designano un Comitato Popolare, che non deve essere un rappresentante ma solo un organismo che presieda ai lavori dell’assemblea, la quale prende direttamente le decisioni.
Il Comitato Popolare, dice il Libretto Verde, una volta prese le decisioni dall’assemblea popolare deve solo far le funzioni di “postino” e portare quelle decisioni ad analoghi organi di livello territorialmente superiori.
Per fare un esempio, il Comitato Popolare di Municipio coordina le decisioni prese dalle varie assemblee popolari suddividendosi in Comitato popolare per l’Istruzione, per la Sanità ecc.
Le assemblee, denominate Congressi del Popolo, alle quali ogni cittadino partecipa in quanto “socio” si riuniscono a scadenza annuale.
Salendo di livello territoriale il Segretario Generale del Congresso Generale del Popolo corrisponde al capo dello stato ; il Comitato Popolare per le varie sezioni esecutive corrisponde al governo.
Attenzione però perché corrisponde solo vagamente se si tiene conto che non dovrebbe fare altro che coordinare decisioni che non prende lui, ma che sono già state prese e definite dai vari Congressi del popolo.
Questo è il sistema come avrebbe dovuto essere.
Limitiamoci a constatare non tanto quello che è a tutti evidente e cioè che quel sistema ambizioso è miseramente fallito, ma soprattutto che la pretesa di mettere in atto quel particolare sistema ha di fatto consentito a Gheddafi di costruirsi un sistema di potere personale unico al mondo per il semplice fatto che in Libia non esistono strutture statali come le intendiamo comunemente, parlamento, governo ecc., perché le strutture corrispondenti per analogia non sono la stessa cosa.
Quando il colonnello dichiara di non essere il presidente di nessuno stato non sta vaneggiando, come si è portati a credere ,stante anche il ben noto carattere eccentrico del personaggio, ma esprime quello che dovrebbe essere formalmente.
Di fatto il sistema politico, il regime è stato qualcosa di non facilmente definibile.
E’ stato una dittatura personale fondata su un clan familiare, ma non solo.
Uno degli inviati del Sole 24 ore ha osservato ieri che per capire qualcosa della Libia sarebbe utile rimettere mano a quell’aureo libretto (aureo per ricchezza di informazioni) che il Reale Touring Club aveva redatto all’epoca fascista e andare a ripassarsi la struttura tribale della società libica, perché la consistenza reale di chi detiene il potere in Libia si misura soprattutto usando questo metro, di quale gruppo tribale è espressione e come questo gruppo è schierato al momento, con quali alleanze.
Il medesimo giornalista, per rendere l’idea, faceva osservare che essere generale in Libia oggi non significa pressoché nulla se non si tiene conto del rango della tribù di appartenenza, essendo questo particolare che determina il reale livello del potere detenuto.
Le tribù hanno diversa consistenza numerica ,i Warfala sono i più numerosi pare un milione su cinque, altre meno Zintan, Rojahan, Orfella, Riaina, al Farjane, al Zuwayya, Tuareg Maqariha ,i Qadhadhifa sono la tribù di Gheddafi.
I Qadhadhfia sono poco numerosi, ma con i Maqariha pare che detengano tutti i posti di potere più importanti.
Gheddafi all’inizio pare che avesse inventato il suo singolare sistema politico proprio pensando di poter così emarginare i notabili delle tribù, ma poi a poco a poco ha dovuto prendere atto che la società libica era fondata prima di tutto sulla struttura tribale e da buon medio orientale si è giocato le tribù mettendole una contro l’altra o comprandone la fedeltà, con una complicata rete di alleanze.
La situazione oggi sul campo però delinea una importante linea di demarcazione fra le tribù più vicine a Gheddafi e quelle storicamente avversarie, perché legate alla confraternita senussita, che aveva espresso il precedente regime del re Idris territorialmente proveniente dalla Cirenaica.
Non è certamente un caso che oggi i “territori liberati” dal regime di Gheddafi in Cirenaica abbiano issato la precedente bandiera monarchica.
Il nostro ministro degli esteri si è lasciato scappare l’osservazione che il nostro governo in Libia conosce praticamente solo Gheddafi, se fosse così sarebbe un bel guaio, si spera che la diplomazia parallela dell’Eni sia più forte di quella ufficiale.
Non risulta però che nemmeno gli altri governi si siano preoccupati di tenere i contatti con le tribù libiche e questo sarà un problema.
In Libia non esistono partiti, nemmeno clandestini, non esistono giornali o altri media indipendenti, non esiste per ora una figura di anti-Gheddafi.
In queste condizioni è difficile capirci qualcosa.
Se vogliamo essere sinceri l’impressione che si trae dalla lettura dei giornali anche specializzati è che della Libia non se sappia abbastanza praticamente in nessun settore e questo è veramente sorprendente se si pensa che geograficamente con la Libia praticamente confiniamo.
Bisognerà umilmente fare dei corsi serali di aggiornamento per evitare di prendere delle cantonate macroscopiche, tenendo comunque presente che le caratteristiche pariticolari della Libia fanno sì che la soluzione del problema richederà comunuque tempi lunghi,anche per evidenti problemi logistici (da Tripoli a Bengasi c'è più o meno la distanza Milano- Palermo).
Gheddafi, dopo aver preso il potere 41 anni fa, ha fatto una scelta particolare inventandosi un sistema politico che avrebbe dovuto essere di democrazia diretta ben delineato nel famoso (non Italia dove non ne esiste una traduzione italiana) Libretto Verde.
Il sistema politico descritto nel Libretto Verde ha una sua coerenza logica e una sua consistenza e quindi ritengo che meriti di essere trattato in un apposito post, però per farla breve è necessario dare almeno un cenno su di che cosa si tratta altrimenti risulta praticamente impossibile capire cosa è la Libia.
Secondo il Libretto Verde il sistema liberale rappresentativo, nato in Europa, sarebbe tutto un inganno che in realtà non consentirebbe affatto al popolo di governarsi.
Lo stesso sistema europeo si fonda sull’idea di rappresentanza gestita poi in pratica da diversi partiti, che dovrebbero fare gli interessi degli elettori, ma che in realtà non lo farebbero affatto ed anzi essendo in continuo litigio fra di loro impedirebbero di governare.
Ed allora che fare? L’idea del Colonnello è stata quella di costruire un sistema di democrazia diretta fondata non sulla elezione di rappresentanti del popolo, ma di assemblee popolari che a livello di base (villaggio, paese, quartiere di città) designano un Comitato Popolare, che non deve essere un rappresentante ma solo un organismo che presieda ai lavori dell’assemblea, la quale prende direttamente le decisioni.
Il Comitato Popolare, dice il Libretto Verde, una volta prese le decisioni dall’assemblea popolare deve solo far le funzioni di “postino” e portare quelle decisioni ad analoghi organi di livello territorialmente superiori.
Per fare un esempio, il Comitato Popolare di Municipio coordina le decisioni prese dalle varie assemblee popolari suddividendosi in Comitato popolare per l’Istruzione, per la Sanità ecc.
Le assemblee, denominate Congressi del Popolo, alle quali ogni cittadino partecipa in quanto “socio” si riuniscono a scadenza annuale.
Salendo di livello territoriale il Segretario Generale del Congresso Generale del Popolo corrisponde al capo dello stato ; il Comitato Popolare per le varie sezioni esecutive corrisponde al governo.
Attenzione però perché corrisponde solo vagamente se si tiene conto che non dovrebbe fare altro che coordinare decisioni che non prende lui, ma che sono già state prese e definite dai vari Congressi del popolo.
Questo è il sistema come avrebbe dovuto essere.
Limitiamoci a constatare non tanto quello che è a tutti evidente e cioè che quel sistema ambizioso è miseramente fallito, ma soprattutto che la pretesa di mettere in atto quel particolare sistema ha di fatto consentito a Gheddafi di costruirsi un sistema di potere personale unico al mondo per il semplice fatto che in Libia non esistono strutture statali come le intendiamo comunemente, parlamento, governo ecc., perché le strutture corrispondenti per analogia non sono la stessa cosa.
Quando il colonnello dichiara di non essere il presidente di nessuno stato non sta vaneggiando, come si è portati a credere ,stante anche il ben noto carattere eccentrico del personaggio, ma esprime quello che dovrebbe essere formalmente.
Di fatto il sistema politico, il regime è stato qualcosa di non facilmente definibile.
E’ stato una dittatura personale fondata su un clan familiare, ma non solo.
Uno degli inviati del Sole 24 ore ha osservato ieri che per capire qualcosa della Libia sarebbe utile rimettere mano a quell’aureo libretto (aureo per ricchezza di informazioni) che il Reale Touring Club aveva redatto all’epoca fascista e andare a ripassarsi la struttura tribale della società libica, perché la consistenza reale di chi detiene il potere in Libia si misura soprattutto usando questo metro, di quale gruppo tribale è espressione e come questo gruppo è schierato al momento, con quali alleanze.
Il medesimo giornalista, per rendere l’idea, faceva osservare che essere generale in Libia oggi non significa pressoché nulla se non si tiene conto del rango della tribù di appartenenza, essendo questo particolare che determina il reale livello del potere detenuto.
Le tribù hanno diversa consistenza numerica ,i Warfala sono i più numerosi pare un milione su cinque, altre meno Zintan, Rojahan, Orfella, Riaina, al Farjane, al Zuwayya, Tuareg Maqariha ,i Qadhadhifa sono la tribù di Gheddafi.
I Qadhadhfia sono poco numerosi, ma con i Maqariha pare che detengano tutti i posti di potere più importanti.
Gheddafi all’inizio pare che avesse inventato il suo singolare sistema politico proprio pensando di poter così emarginare i notabili delle tribù, ma poi a poco a poco ha dovuto prendere atto che la società libica era fondata prima di tutto sulla struttura tribale e da buon medio orientale si è giocato le tribù mettendole una contro l’altra o comprandone la fedeltà, con una complicata rete di alleanze.
La situazione oggi sul campo però delinea una importante linea di demarcazione fra le tribù più vicine a Gheddafi e quelle storicamente avversarie, perché legate alla confraternita senussita, che aveva espresso il precedente regime del re Idris territorialmente proveniente dalla Cirenaica.
Non è certamente un caso che oggi i “territori liberati” dal regime di Gheddafi in Cirenaica abbiano issato la precedente bandiera monarchica.
Il nostro ministro degli esteri si è lasciato scappare l’osservazione che il nostro governo in Libia conosce praticamente solo Gheddafi, se fosse così sarebbe un bel guaio, si spera che la diplomazia parallela dell’Eni sia più forte di quella ufficiale.
Non risulta però che nemmeno gli altri governi si siano preoccupati di tenere i contatti con le tribù libiche e questo sarà un problema.
In Libia non esistono partiti, nemmeno clandestini, non esistono giornali o altri media indipendenti, non esiste per ora una figura di anti-Gheddafi.
In queste condizioni è difficile capirci qualcosa.
Se vogliamo essere sinceri l’impressione che si trae dalla lettura dei giornali anche specializzati è che della Libia non se sappia abbastanza praticamente in nessun settore e questo è veramente sorprendente se si pensa che geograficamente con la Libia praticamente confiniamo.
Bisognerà umilmente fare dei corsi serali di aggiornamento per evitare di prendere delle cantonate macroscopiche, tenendo comunque presente che le caratteristiche pariticolari della Libia fanno sì che la soluzione del problema richederà comunuque tempi lunghi,anche per evidenti problemi logistici (da Tripoli a Bengasi c'è più o meno la distanza Milano- Palermo).
Iscriviti a:
Post (Atom)