domenica 27 maggio 2018

Il Presidente Mattarella prima si dimette e meglio è, per noi e per lui






Facciamola breve, la Germania fa i suoi interessi come qualsiasi paese è giusto che faccia nei confronti dei propri cittadini.
Quali sono i suoi interessi? Rimanere il primo paese manifatturiero d’Europa, con meno concorrenza possibile.
Il caso vuole che l’Italia sia il secondo paese manifatturiero d’Europa e quindi il principale concorrente della Germania medesima.
E allora? E allora la Germania fa e farà di tutto per “fare le scarpe” come si suol dire all’Italia, mettendola in difficoltà in tutti i modi per cercare di ridurre la sua economia a turismo ed agricoltura, esattamente come già fatto con la Grecia.
Noi siamo molto più grossi, ma la politica tedesca è la stessa.
Poi per ragioni sue, complici pare un complesso quasi paranoico di terrore per l’inflazione incontrollabile al tempo della Repubblica di Weimar, è portata a sostenere qualsiasi politica che minimizzi l’inflazione , da qui : il rigore,il rigore, naturalmente per gli altri, più che per sé, tanto che le loro Sparkassen, che sarebbero le casse di risparmio locali sono da sempre tenute in una zona grigia nella quale nessuno sia in grado di capire bene quale sia la loro reale situazione, ma sono essenziali per finanziare il diffuso clientelismo tutto all’italiana a vantaggio dei due principali partiti.
L’Europa in realtà in tutti questi anni è stata la Germania che imponeva i suoi interessi nazionali.
C’erano diversi modi per consentire all’Italia di “ridiventare normale” liberandosi di una parte del suo assurdo pesantissimo debito pubblico.
Per esempio emettendo bond europei, o calcolando debito pubblico sommato al debito privato (molto più alto in Germania) per far quadrare i nostri conti, ma anche quelli francesi e spagnoli, per esempio.
La la Germania si è sempre tenacemente opposta.
In questi giorni di trattative di governo in Italia, nelle quali l’atteggiamento verso l’Europa era l’argomento principale, tutto l’establishment guidato dalle banche, piene di BTP e quindi sensibilissime allo spread, erano rigidamente schierati contro al nascente governo perché questi era chiaramente in posizione critica verso questa finta Europa.
Basta un piccolo aumento dello spread che aumenta il tasso dei BTP e corrispondemente diminuisce il valore dei medesimi BTP che di conseguenza porta le nostre banche ad essere meno ricche.
I media italiani sono tutti grossi debitori delle banche che in alcuni casi sono addirittura loro azioniste e quindi la musica che suonano è obbligatoriamente quella che è in consonanza con le banche.
Ma guarda un po’ nelle elezioni di marzo il popolo italiano si è espresso a maggioranza bulgara in favore di partiti “euroscettici”.
Non si può hanno detto le banche e quindi immediatamente non si può hanno detto i media dipendenti dalle banche per le ragioni elementari elencate sopra.
Va bene, comprendiamo il loro punto di vista, cioè l’interesse economico elementare delle aziende-banche che tengono giustamente a fare i loro profitti.
Ma noi cosa siamo andati a votare a fare?
La stragrande maggioranza degli italiani si è espressa. Punto, questo è incontestabile.
Nessuno è tanto ingenuo da pensare che si possa andare a Bruxelles a “picchiare i pugni sul tavolo”, perché non siampo abbastanza su posizioni di forza per poterlo fare, ma almeno che non si vada a sparare con pistole ad acqua.
In altre parole se chi è “euroscettico”, pur lavorando per rimanere in Europa non è in grado di minacciare : o accettate almeno in parte quello che vi chiediamo o ce ne andiamo, è chiaro che non otterremo mai nulla.
Ma allora com’è che il Presidente della Repubblica si mette per traverso e dice che quelle che gli hanno proposto i due partiti che insieme passano abbondantemente la maggioranza ,ma ai quali sarebbe corretto e doveroso aggiungere anche i partiti della Meloni e di Berlusconi pure euroscettici, raggiungendo una maggioranza bulgara sono idee contrarie all’interesse degli italiani?
Ma da quando in qua il Presidente si mette a esternare sue idee di politica economica?
Lui è il garante della Costituzione.
Per chi non lo sapesse la Costituzione gli vieta espressamente di fare politica per ragioni ovvie.
Il garante è l’arbitro e quindi se si mette a enunciare delle sue politiche è come se in una partita un arbitro si mettesse a tirare il pallone dove gli pare.
Tanto che l’art.90 della medesima Costituzione prevede che in caso di alto tradimento o di sconfinamento del Presidente in politica, la maggioranza assoluta del Parlamento lo può mettere in stato d’accusa.
Come mai una personalità navigata come Mattarella si sia messo in questo guaio è inverosimile.
Forse i politici della vecchia guardia non riescono proprio a realizzare che da tempo è cambiato tutto e che le meline formali delle consultazioni non sono il meglio per esprimere il proprio ruolo istituzionale.
Adesso che fa? Non starà ad aspettare che gli venga comunicato ufficialmente da un voto del parlamento che non gode più della fiducia degli eletti dal popolo?
Francamente mi sarei aspettato che invece di nominare un nuovo presidente incaricato questa sera, avrebbe capito che l’unico modo per uscirne con meno danni per lui e per noi sarebbe stato di dimettersi subito.
Non l’ha capito e si è lasciato trascinare in una crisi istituzionale senza precedenti, con danni e rischi che avrebbe potuto e dovuto evitare.
Ma a questo punto è comunque bruciato.



giovedì 24 maggio 2018

Finalmente habemus presidentem!…. si spera che ne valga la pena di tanta attesa






Fa quasi tenerezza questo giovane professore (si noti ordinario ed alla sua età questo conta)
che cura una impeccabile eleganza e modi pacati.
Non a caso un commentatore attento si è lasciato scappare che richiama Gentiloni nel modo di porsi e di muoversi.

Le sue prime parole ufficiali sono state molto misurate: per 1/3 ha detto quello che si aspettava che dicesse il Quirinale, per 1/3 quello che volevano i 5 Stelle, per 1/3 quello che voleva Salvini.
Però, però…..tutti i giornaloni che già l’avevano dipinto come il signor nessuno, debolissima figura in mano ai due manovratori Salvini e DiMaio, sono stati subito disillusi.

Il presunto debolissimo signor nessuno ha pensato con la sua testa e si è qualificato con l’espressione :sono avvocato e quindi d’ora in poi sarò l’avvocato del popolo.
E qui un brivido è sceso lungo la schiena dei gestori dei media e dei poteri forti, perché quella espressione è altamente simbolica ed appartiene in modo inconfutabile a un universo culturale che si chiama illuminismo e infatti oggi i giornali nei commenti praticamente tutti riportano la parola “giacobino” o Robesperre, appiccicata al nuovo Premier incaricato.
Quell’espressione è rimasta ormai nella storia inscindibilmente legata alla stessa iconografia della Rivoluzione del 1789, perché riconduce non a Robespierre, ma a Jean Paul Marat, direttore dell’Amie du poeple, finito nel mito anche a causa dell’assassinio subìto, immortalato dal celeberrimo quadro di David.

Questo professorino sarà oscuro ed alle prime armi, ma se voleva cercarsi un’etichetta politica assolutamente decisa c’è riuscito benissimo.
Ho detto sopra che fa quasi tenerezza questo nuovo personaggio perché per sapere qualcosa di lui ho fatto quello che facciamo tutti oggi: ho digitato il suo nome e cognome su Google, ma con mia grande sorpresa ho dovuto constatare che su Wikipedia non esisteva ancora una pagina a lui dedicata.
L’avvio della sua carriera istituzionale ha visto tra l’altro arrivo e partenza davanti alla maestoso portone della ex residenza dei papi, che è palazzo Quirinale in taxi bianco.
Bella mossa anche questa.

Il professorino mi intriga , prima di tutto per il voluto riferimento al movimento filosofico al quale rivendico l’appartenenza dai tempi del liceo, poi, in palese contrasto con questa prima sua caratteristica, per la sua storia personale che lo ha visto giovane studente universitario in un collegio romano-vaticano nel quale erano passati alcuni dei migliori cervelli del mondo cattolico e della politica italiana Elia,Paolo Prodi,Scoppola ed erano di casa, Scalfaro , Aldo Moro e lo stesso attuale Presidente Mattarella.
Curioso come il caso dipinga le circostanze della vita, il rettore di quel collegio ai tempi del Prof Conte dicono le cronache che fosse un certo Don Pietro Parolin, oggi nientemeno che segretario di stato Vaticano.

Il professorino quindi non è solo giacobino ma è anche uno uscito dalle poderose covate del mondo cattolico ai suoi livelli migliori.
Mi viene la tentazione di ripensare a quelli che la storia del dopoguerra aveva definito “i professorini” alludendo a Fanfani,La Pira e Lazzati e Dossetti, giganti dell’intellighentia e della politica cattolica, perché anche loro si sono ritrovati a Roma, con occupazioni accademiche alle prime armi, votati a prestare le loro intelligenze a elaborare una visione politica per la ricostruzione del paese, che saltasse e innovasse completamente rispetto alle tradizioni politiche precedenti: la fascista e la risorgimentale.
Sapevano che dovevano inventarsi tutto.
Il legame fra i personaggi è forse tenue, ma se lo è o non lo è lo dirà il tempo, non i pregiudizi.
Ecco questo va sottolineato, se questo governo nascente ha contro tutti è perché è veramente il nuovo che avanza, piaccia o non piaccia.
All’establishment non piace chiaramente, basta pensare al discorso violentemente contrario pronunciato ieri da un peraltro grigio presidente di Confindustria.
Al di là delle argomentazioni più o meno economiche, non piace prima di tutto perché è il nuovo e disporsi per vivere in un quadro di riferimenti nuovi esige un forte movimento dei nostri neuroni alla ricerca di sinapsi nuove e questo cozza contro l’atteggiamento di atavica pigrizia sul quale è calibrato il nostro cervello come testimoniano le neuroscienze, non perché siamo buoni o cattivi, ma perché l’evoluzione ci ha fatti così.

Un giornalista che probabilmente ha una marcia in più rispetto alla media dei suoi colleghi, come è probabilmente Enrico Mentana, negli infiniti speciali di questi giorni mi pare abbia colto il nocciolo del problema quando ha detto candidamente : perché c’è tanta ostilità nei confronti di questo governo che tenta faticosamente di nascere fra la pressochè totale avversione di noi commentatori?, perché praticamente nessuno di noi ha votato per le forze politiche che questo governo sostengono.
Credo proprio che le cose stiano in questo modo.
Nel mondo dei media 5Stelle e Lega salviniana non sono amati.
Oddio!, sappiamo bene quanto siano capaci di mettersi a 45 gradi di fronte ai potenti i nostri stessi media e quindi quando il nuovo governo comincerà a lavorare comincerà anche la corsa a salire sull’autobus del momento.
Ma per ora c’è al più un più o meno disgustato distacco.
E loro, i veri protagonisti, i giovani e nuovi leader, come ne sono usciti?
Non credo proprio di essere il solo a vedere le debolezze manifestate da Di Maio, se è arrivato in porto è stato fortunato, ma ha sbagliato troppe mosse.
Forse non poteva fare altrimenti perché doveva tener conto della assolutamente anomale presenza ingombrante dei due così detti garanti fondatori Grillo e Casaleggio,che non sono stati eletti da nessuno, ma che non si sa fino a che punto condizionino le scelte più importanti.
Per esempio Casaleggio dicono le cronache che fosse impuntato sul fare di tutto per formare un’alleanza col PDI.
Grillo è ancora più visionario di Casaleggio e sul programma si immagina che fosse un ostacolo forte su grandi opere da bloccare e reddito di cittadinanza visto come tendenzialmente universale.
Poi c’erano i duri e puri legati alle parole d’ordine dei primi tempi, ripetute come passi del vangelo, che però erano e rimangono pure scempiaggini alla partito non partito,statuto non statuto,portavoce e non rappresentanti e via di seguito.
Povero Di Maio.
Su Berlusconi l’avevo già rilevato a mio parere è stato veramente con la vista corta, perché Berlusconi è comunque a fine corsa e da sempre pensa solo a sé stesso cioè ad aziende e processi.
Penso che si potesse accontentarlo concedendogli poco e ricavandone una maggioranza a prova di bomba.
Poi ha insistito insensatamente sul suo nome che non poteva passare, perché avrebbe umiliato la Lega.

Salvini invece ne è uscito alla grande, concedendo il Presidente terzo, ma formalmente targato 5Stelle si prenderà per compensazione praticamente tutto quello che conta in materia di ministeri e gli interni che contano più di tutto per il suo elettorato.
Contemporaneamente ha messo nell’angolo un Berlusca in costante discesa, e non è cosa da poco, anche se i suoi voti non avrebbero fatto schifo.
E’ lui l’astro in ascesa e come doti personali-caratteriali è visto come l’uomo forte.
La politica come le liturgie ecclesiastiche è basata su simboli antichi fortissimi.
Non è un mistero che in tutto il mondo la gente comincia ad essere scocciata dal girare a vuoto dei riti democratici e che guarda con sempre maggior favore ai politici che sappiano rappresentare l’uomo forte e decisionista, pur rimanendo nell’alveo della democrazia rappresentativa.
Salvini in questo quadro sembra fatto apposta.
Di Maio purtroppo per lui non ha nessuna delle caratteristiche necessarie.






sabato 5 maggio 2018

Che delusione i giovani leader Di Maio e Salvini alla prova dei fatti






Come mi ero scervellato per vent’anni, dal ‘94 in avanti, per riuscire a capire come mai tante persone perbene si fossero incapricciate del fascino seduttivo di un Berlusconi, che ovviamente non era il mio tipo, per la qual cosa non riuscivo proprio a trovare in lui nulla di attraente, mi sono poi ritrovato a ri- scervellarmi per cercare di capire come mai altrettante persone per bene avessero preso per buone le vuote promesse le misere riforme e i pessimi ministri del rampantissimo e arrogante fiorentino Matteo Renzi.

Finita finalmente l’era del buon Napolitano che ha impedito al popolo italiano di andare a votare le più volte che sarebbero state necessarie in nome della stabilità del nulla eretta a supremo paradigma,quando finalmente ci è stato concesso di votare, due mesi fa, ho ritenuto ragionevole sostenere l’idea di dare fiducia ai due giovani leader Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che parevano essere l’incarnazione di un vero rinnovamento della politica italiana.
Chiaramente la stessa idea l’ha avuta la maggioranza degli italiani che hanno largamente dato fiducia ai due giovani leader.
I suddetti giovani leader hanno avuto la bellezza di due mesi di tempo per mettersi d’ accordo, ma non c’è stato verso, ambedue sono andati a sbattere contro difficoltà largamente prevedibili che non sono stati capaci di superare e che hanno tradotto in veti che ne avrebbero tarpato le possibili scelte.
Che delusione!

Che pena quel Di Maio che ha scoperto improvvisamente che Salvini era inserito nello schieramento di centro-destra e che in quello schieramento c’era anche la vistosa presenza di un Silvio Berlusconi che ormai non è niente di più di una ruota di scorta, ma che rimarrà dov’è per chissà quanto tempo ancora.
Era il caso di sorprendersi e di farne un elemento di rottura insanabile con la Lega?
Era il caso di dimostrare a tutti quanti che il giovane aspirante statista non aveva alcuna idea di come superare l’ostacolo se non dicendo che lui, Berlusconi che schifo, il pregiudicato, non l’avrebbe mai preso come compagno di viaggio e che il problema avrebbe dovuto risolverlo Salvini abbandonando Berlusconi a sé stesso?
Non riusciva il sunnominato Di Maio a pensare a quasi tutte le regioni del Nord governate da Lega-Forza Italia?

Santo cielo, ma questa gente sembra che non sia mai stata sui banchi di una qualche scuola, viene da chiedersi?
Va bene che la storia si dice che non riesca ad essere maestra di vita, ma un minimo di riflessione come mai non riescono a farla questi giovani politici alla Di Maio?
Per esempio questa : la più solida e duratura istituzione di potere e di governo che esiste sulla faccia della terra è la chiesa cattolica,che proprio in ragione di questa sua solidità nel tempo dovrebbe essere studiata per capire come si fa a fare politica.

Ebbene,tanto per fare un esempio,piccolo ma estremamente significativo all’ultimo Concilio Ecumenico del 1964 i padri conciliari per votare sulle varie proposte non avevano solo la possibilità di esprimere un volgare si o no, come succede nei parlamenti laici, ma avevano se non ricordo male la possibilità di scegliere fra cinque modi di esprimere approvazione ed altrettanti per esprimere contrarietà.
Questo fanno ed hanno sempre fatto coloro che sanno fare politica.
In politica il bianco e il nero sono per gli incapaci, gli statisti si giocano la loro carriera scegliendo fra le migliaia di gradazioni di grigio.

Ma quanti modi c’erano per fare un governo fra 5Stelle e centro-destra prendendosi beninteso la fiducia da Forza Italia ma facendo la fatica di contrattare il minimo possibile da dare al vecchietto Berlusca per salvargli la faccia ?
E’ così che fanno politica quelli che sono capaci di farla.
Quando Andreotti dopo avere fatto il Presidente del Consiglioper un po di anni, scivolava su una delle innumerevoli bucce di banana che si incontrano nel cammino di qualsiasi politico, che faceva? andava sull’Aventino, si ritirava a fare il Cincinnato, o proclamava veti e fulmini dicendo o io o nessuno?
Mai e poi mai, lui che la politica l’aveva appresa frequentando assiduamente gli istruttivi corridoi del Vaticano, trattava da posizioni di debolezza e piuttosto che niente entrava tranquillo nel governo successivo accontentandosi del Ministero della Marina Mercantile, anche se nella lista questo occupava l’ultimo o il penultimo posto.
La politica si sa è l’arte del possibile e comunque del compromesso non dei proclami e dei veti.

J.F.Kennedy la persistente icona numero uno dei “liberal” di qualsiasi parte del mondo, uomo di grande visione ed emblema di moralità politica (donne come sempre a parte) diceva che in politica i rapporti anche con il peggiore degli avversari e con il più antipatico degli oppositori, devono sempre essere cortesi e sfumati, perché nessuno può escludere che per realizzare la propria visione politica, in un domani quell’avversario feroce si potrebbe essere costretti a prenderselo come indispensabile alleato.

Ecco un’altra pagina di storia politica che il giovane Di Maio si dovrebbe studiare.
E’ chiaro però che tutti questi ragionamenti valgono solo se uno la visione ce l’ha.
Se invece un leader politico ha il potere, ingrediente necessario, ma non sufficiente, manca però di una strategia, cioè diun progetto di paese da costruire a lungo periodo,allora meglio sarebbe che si dedicasse all’ippica come si diceva un tempo.
Come i lettori di questo blog ben sanno chi scrive pensa da tempo che l’icona del politico che ha il potere ma non ha alcuna visione e che quindi meglio sarebbe che si dedicasse all’ippica è Matteo Renzi.
Ci sarebbe ovviamente affiancato con lui Silvio Berlusconi, ma ormai l’anagrafe e i voti calanti hanno già risolto il problema, anche se il buon Di Maio non l’ha ancora capito.
Che dire di Salvini?
Il sociologo Di Masi, che in frequenti apparizioni nei talk show televisivi ha sostenuto spesso idee molto simili alle mie, ha provato come me una forte delusione nel vedere che i due giovani leader Di Maio e Salvini sembrano avviati a sprecare un incredibile occasione storica per dimostrare di essere capaci di far politica ed ha cercato di spiegarsi come mai alla prova del fatti i due stiano andando a sbattere senza combinare nulla.
Ha trovato una sua spiegazione dicendo che i due giovani hanno il difetto di non avere dietro un adeguato background, una storia politica che avevano invece i “cavalli di razza” della prima repubblica ed ha fatto l’esempio di Adreotti che a suo dire aveva dietro addirittura due millenni di cristianesimo.
Vero, ma fino a un certo punto.
Come non ricordare infatti la singolare e scioccante apparizione di Salvini sul palco in un luogo simbolo e cioè davanti al duomo di Milano,in chiusura di campagna elettorale, agitante un rosario e un Vangelo ?
E Di Maio insistentemente sostenuto con paterne ed affettuose parole dal parroco del suo paese di origine, che diceva di stravedere per lui?
Ma torniamo a Salvini.

Personalmente avrei preferito vedere emergere Di Maio, perché la folla di popolo che sta dietro a Di Maio la sento più simile alle mie radici culturali , cioè per farla breve Di Maio sembrava destinato a guidare il popolo dei giovani dei lavoratori dei pensionati che una volta avevano per riferimento il cattolicesimo sociale e la parte più pulita del socialismo e che il PDI renziano a tradito.
Salvini mi va bene in quanto, sempre per farla breve, rappresenta decisamente quell’”uomo forte” del quale la palude politica italiana non può fare a meno di ricorrere per non affondare.
Si porta dietro però un sacco di ciarpame di incultura.

Fosse solo Berlusconi andrebbe ancora bene, ma dietro alla Lega c’è quel disastro culturale dell’ oscurantismo cattolico , Radio Maria e i vaneggiamenti di Padre Livio Falzaga, tanto per intendersi, madonne che appaiono ovunque e via di questo passo.
Le corazzate della sanità privata che spingono per il restringimento del welfare pubblico e spero non ci siano anche i palazzinari, ma non sono sicuro.

Temo però che la mala prova di capacità e fantasia politica evidenziata da Di Maio abbia contribuito a incoronare Salvini come l’unico leader affidabile per il futuro.
Non ha mollato Berlusconi?
E’ un peccato mortale?
Ne dubito.
Berlusconi può essere ridimensionato usufruendo dei suoi voti rimasti ma sopratutto dei suoi soldi e se Salvini ha pensato a questo forse è stato molto più furbo di Di Maio, non mi sento di condannarlo per questo.
Fare accettare a Berlusconi di non essere più i lleader del centro-destra era già un grosso risultato che Salvini ha conseguito pienamente.
Era il caso di accontentarsi, tanto elezione per elezioni i voti degli ex berlusconiani si travaseranno nella Lega inevitabilmente.
Perchè Di Maio si è incaponito ad uccidere un uomo politicamente niente affatto morto, ma nemmeno in grado più di correre, come l’odierno Berlusconi?
La sorte gli offrirà un’altra chance?
Forse si, ma forse anche no.
La gente non perdona i perditempo e coloro che non parlano di cose concrete.

Che gliene fregherebbe all’operaio dell’Italsider se al governo ci fossero un paio di ministri fra i berlusconiani più seri e meno mondaioli?
Non parliamo nemmeno di Renzi che con la sua chiusura contemporaneamente ai 5 Stelle ed al centro-destra diventa un inclassificabile caso da neuropsichiatra.


giovedì 19 aprile 2018

Passa troppo tempo senza che i due vincitori delle elezioni dimostrino di avere un progetto politico realizzabile






Spero che sia presto per definirli dilettanti allo sbaraglio, ma certo non hanno proprio dimostrato di essere politici di un qualche livello.

Due forze politiche i 5Stelle e la rinnovata Lega di Salvini prendono la maggioranza dei voti perché la maggioranza degli elettori ha voluto scegliere il cambiamento e non la conservazione dell’esistente.
Passa il tempo, troppo tempo e i giovani leaders dei sue partiti sono li’ bloccati da veti reciproci a quanto pare pronti a dissipare il patrimonio di fiducia del quale sono stati investiti.
Difficile capire perché questi giovani sembrano dimostrare di essere nati vecchi, cioè appesantiti da vecchi schemi.
Si dice che cadere nelle teorie dietrologiche sia un vecchio vizio italico, ma come si fa in questa situazione a non chiedersi per quale recondita ragione quello stesso Salvini il giovane leader che ha rinnovato radicalmente la lega raccattandola dalla ininfluenza nella quale l’aveva portata la gestione del fondatore Bossi, finto nel tritacarne degli scandali sulla gestione allegra delle finanze del partito e ancor peggio dei suoi rampolli per portarla a raccogliere il doppio dei consensi di Forza Italia, voglia testardamente dimostrare di essere prigioniero del cadente Berlusconi.
Ne è ricattato come purtroppo succede da sempre in politica magari tanto per cambiare per questioni di soldi?
Non è inverosimile se ci si guarda intorno e si mettono insieme certi indizi dei quali il più eclatante è lo scoop dell’Espresso che improvvisamente, proprio quando Salvini sembrava una settimana fa sul punto di dare il ben servito al vecchio leader di Forza Italia, pubblica un servizio su presunti vorticosi giri di danaro, di molto danaro, che qualifica come afferente alla Lega fra vari paradisi fiscali.

D’accordo che la logica in politica non è mai stata troppo di casa, ma gli argomenti che lo stesso Salvini ripete a macchinetta per difendere Berlusconi ,sono talmente poveri che sicuramente non convincono nemmeno lui.
E’ lapalissiano che se il suo popolo lo ha inondato di consensi facendo fuori la vecchia classe dirigente di quel partito-movimento è perché da lui voleva un cambiamento e cambiamento è ancora lapalissiano che data la precedente collocazione della Lega significava e significa fine della leadership di Berlusconi, da realizzarsi proprio dal nuovo leader della Lega che è stato investito dall’elettorato della precisa “mission” di fare un nuovo partito della destra mettendoci dentro gli elettori di Forza Italia mandando Berlusconi alla Baggina, dorata perché se lo può permettere ma politicamente sempre Baggina.
Se l’elettorato avesse voluto conservare la Lega di bossiana memoria relegata al solo nord per non intralciare il berlusconismo o quella dell’ultimo Maroni che era ormai divenuto il portavoce di Berlusconi, avrebbe votato per loro non per Salvini.
Quanto al programma comune si tratta di una affermazione talmente ridicola da non stare veramente in piedi, e lo si vede tutti i giorni.
Salvini con Berlusconi non può stare insieme oltre, se non vuole contraddire sé stesso.
Che ci piaccia o non ci piaccia abbiamo dovuto imparare che in politica è più importante quello che appare del reale.

Ebbene, Salvini si è costruito l’immagine dell’uomo forte senza remore assumendo questo atteggiamento in modo chiaro senza usare alcun paravento per nascondere la sua vicinanza al lepenismo in Francia al neozarismo di Putin, agli atteggiamenti neo-autoritari dei vari Orban e soci.
E dopo i recentissimi avvenimenti in Siria è stato l’unico leader italiano che ha contestato frontalmente l’intervento Usa-Francia-Inghilterra, ponendo con questo atteggiamento in modo problematico sia l’adesione alla Nato, sia l’asse, per gli altri, scontato con gli Usa, sia l’altrettanto scontato asse con la Comunità Europea.
Una presa di posizione del genere in politica estera, che non ha precedenti, lo qualifica veramente come nuovo “uomo forte”.

E vi sembra che questo atteggiamento abbia qualcosa a che fare con le posizioni in politica estera sempre portate avanti da Berlusconi che cinguettava con Bush e i repubblicani americani?
Che baciava la mano a Gheddafi, ma che poi aderiva prontamente all’operazione anti-Gheddafi?
Che mostrava la sua personale amicizia con Putin, ma che nulla di concreto aveva mai fatto per perseguire una politica meno succube di quella americana e più vicina a quella russa?
E in Europa?
D’accordo, Berlusconi di fatto è stato cacciato dal potere dalla Comunità Europea o meglio da chi comandava politicamente in Europa Sarkozy e la Merkel, ma dopo aver firmato, tutto, assolutamente tutto quello che significava “austerità” iper liberismo, indegno sfruttamento del lavoro venduto per flessibilità eccetera eccetera, tutto il peggio l’ha sottoscritto e senza discutere.
Salvini tramite il suo guru economico, ora deputato, Claudio Borghi Aquilini sull’Europa è polemicissimo, si vedano su Facebook i post quotidiani dello stesso Aquilini.
Sulle flat tax tutti hanno capito che è farina del sacco della Lega salviniana e che Berlusca si è accodato al ribasso.
Non parliamo dell’argomento principe della Lega che è come tutti sanno il blocco dell’immigrazione e il sostegno a qualsiasi normativa a favore di un incremento della sicurezza.
Qui Berlusca nemmeno parla, perché è troppo evidente che il campo è già completamente occupato da un’altro.

E allora che senso ha per Salvini trascinarsi dietro quel vecchietto ormai per niente arzillo?
Si presume che l’accordo pre-elettorale fra Di Maio e Salvini prevedesse un copione con una serie di passi successivi volti ad arrivare a un Presidente del Consiglio terzo, che fosse Giorgetti o una personalità di fiducia dei 5Stelle e che questa scelta fosse combinata in modo da bilanciare il “sacrificio” dei due leader vincitori, proprio per coprire la contestuale “ritirata” di Berlusca, che in tal modo sarebbe apparsa onorevole.
Ma è chiaro che qualcosa è andato storto.

C’è sotto qualcosa di sporco e di innominabile, come molti commentatori politici di primo piano dicono sussurrando che “notoriamente la voce circola”, ma si guardano bene di accennare ad alcunché di meno esoterico?
Oppure la frittata l’ha fatta l’incorreggibile arrogante sopravvalutazione del proprio modesto ego da parte del leader di quel che rimane di Forza Italia?
Non escluderei la cosa, perché Berlusca è talmente fuori dalla realtà da essere probabilmente convinto che comunque vadano le cose a lui spetterebbe il posto di ministro degli esteri, appena gli dovesse venire la famosa sentenza favorevole che aspetta da Strasburgo.
Un evidente indizio di queste sue elucubrazioni sta nel fatto che fa continuamente ripetere dai suoi che in politica estera occorre tornare allo “spirito di Pratica di Mare” quando lui avrebbe condotto un improbabile mediazione fra Est ed Ovest da Presidente del Consiglio (vertice Nato 28 maggio 2002) .

Ma se Salvini ha esagerato nel trascinare avanti nel tempo un rapporto politico con Berlusconi che non ha basi reali e che come immagine gli può creare solo danni, come mai Di Maio ha dimostrato una capacità manovriera così a livello zero?
Possibile che non realizzi che le sue possibilità di essere presidente del consigliuo non ci sono mai state anche se ha vinto le elezioni, perché la legge elettorale è stata fatta apposta dagli incoscienti del PDI proprio per rendergli la vita impossibile?
E adesso cosa aspetta per fare il pur tardivo bel gesto? Che il Presidente Mattarella ,scocciato dalla sua dimostrata pochezza, gli dia davvero l’incarico per “segarlo” definitivamente?
Quasi se lo meriterebbe.
Insomma, non credo di essere il solo che si aspettava molto di più dai due giovani leader vincitori delle elezioni.

Spero solo che non siano tanto sciocchi e mediocri da fare il gioco di Renzi che sta aspettando dietro al sipario, che loro ci caschino.
Ci mancherebbe solo questa Berlusconi Mentore e Renzi delfino protegè , i due perdenti alle elezioni al governo coi 5Stelle presenti a loro insaputa.


mercoledì 11 aprile 2018

Di Maio e Salvini, due dilettanti allo sbaraglio o due emuli del Card. Richelieu ?







La prima reazione del sistema o all’inglese dell’establishment alla vittoria dei due principali movimenti anti- sistema è stata di sorpresa di sconcerto, proprio non ci volevano credere.
Poi se ne sono fatta una ragione e hanno cominciato a vedere meno fosco, anche perché in questo atteggiamento erano favoriti dalla evidente volontà dei due giovani politici vincitori Di Maio e Salvini di far capire che finite le elezioni nessuno voleva realmente gli sfracelli promessi o ventilati in campagna elettorale.
Tutti e due si sono ben presto presentati nella veste più istituzionale possibile.
Tutti e due sapevano di essere condannati ad accordarsi sulla base della più elementare delle leggi della politica, che non ammette vuoti di potere, legge che potrebbero essere tradotta in : non si tollerano mancanze di presa di responsabilità in chi è stato designato dagli elettori per governare.
Tutti e due sapevano però altrettanto bene di avere dei grossi problemi a far digerire alla loro base
aspetti tutt’altro che marginali del bagaglio politico dell’altro.

Non c’è dubbio che Berlusconi costituisca “il bagaglio” più ingombrante e più scomodo che Salvini si porta dietro e che non può sconfessarlo apertamente, né far finta che non ci sia.
Se è un dilettante sul problema Berlusconi rompe e spinge per riandare al voto.
Se è un aspirante Richelieu tira la corda vicino al limite di rottura fino a spingere il povero Berlusca a mettere a nudo la sua ormai acquisita irrilevanza costringendolo ad accettare di dare la fiducia a un governo a trazione Di Maio- Salvini naturalmente guidato da una tera persona magari il prode Giorgetti, vice di Salvini, contribuendo a un governo con qualche esponente di Forza Italia il più scolorito possibile e il più lontano possibile dal cerchio magico dell’uomo di Arcore,tanto per salvare la faccia.
Ho l’impressione che Berlusca sia disposto a digerire ormai qualsiasi cosa pur di tenere almeno una scarpa nelle stanze del potere sia per salvaguardare i suoi interessi aziendali come sempre, sia per essere un po meno alla mercè della polizia giudiziaria se i suoi processi in corso dovessero prendere una cattiva piega, tenuto conto che i capi di imputazione sulla presunta corruzione delle olgettine per indurle alla falsa testimonianza sono molto più pesanti di quelli per i quali era stato a suo tempo condannato in via definitiva per evasione fiscale.

Ma per condurre un’operazione del genere Salvini dovrebbe dimostrarsi un politico di furbizia andreottiana e proprio non so se ne è diciamo all’altezza.
Perchè Berlusca è ferito ma non è affatto morto e può usare contro Savini la spada, che ha in mano per il manico costituita dal ruolo determinante di Forza Italia nelle giunte regionali più importanti del Nord : Lombardia, Veneto e Liguria.
E’ chiaro che questa se riuscisse a Salvini sarebbe la mossa giusta e determinante per fare franare Forza Italia facendo cadere nelle braccia della Lega tutti quelli che Berlusconi dimostrerebbe di non essere più nelle condizioni di accontentare.
E’ veramente una bella partita, ancora tutta da giocare, ma Salvini può farcela, anche se lo ripeto, Berlusconi non è un ostacolo da poco , non è mai stato uno statista, ma la politica, sempre nel deteriore stile andreottiano la sa fare senza troppi scrupoli.

Sull’altro versante, Di Maio sta conducendo non meno brillantemente e pericolosamente la sua battaglia che avrebbe conseguenze non meno storiche di quella di Salvini.
Salvini si muove per mangrasi Forza Italia, boccone dopo boccone cercando di dare il meno nell’occhio possibile.
E Di Maio si muove per mangiarsi il PD boccone per boccone cercando di dare nell’occhio il meno possibile vedi i pazienti e ripetuti rispettosissimi appelli a tutto il PD, cioè a Renzi per sedersi a un tavolo insieme, naturalmente desiderando di ottenere risultati ben diversi da quelli dichiarati.
Molto abile e sottile anche la strategia di Di Maio.
Perchè tutto il sistema rimanente e i media ragionano così : i 5Stelle si sono beccati i voti tradizionalmente di competenza del PD, statali e ceti medi e quindi è ovvio che dovrebbe prioritariamente cercare di verificare la possibilità di fare un governo con la forza politica che ha più vicino nel senso di elettorato di riferimento.
Persino il polemicissimo Travaglio ha fatto il tifo in questi giorni per indurre i 5Stelle a insistere per tentare di trovare un accordo prioritariamente col PD.
Benissimo ha quindi fatto Di Maio a giocare questo gioco che gli viene veramente a fagiolo per portare avanti la sua strategia di scompaginamento del PD per mangiarsi il suo elettorato.

Se Di Maio riesce a far passare del tempo per far vedere la situazione di crescente irrilevanza del PD dopo la cura Renzi, fa in realtà un gioco di squadra con Salvini che sta facendo lo stesso gioco con Forza Italia.
Ce la faranno?
Sta a loro dimostrare di saper emulare Richelieu.
Se invece precipiteranno il paese a nuove elezioni, allora li giudicheremo come dilettanti che non meritano un futuro.
Si è detto sopra che quasi tutti i media invocano un incontro fra 5Stelle e PDI in via prioritaria presumibilmente per via del fatto che tutti e due pescano nel medesimo elettorato e i 5Stelle fanno riferimento a valori che correntemente vengono definiti di sinistra, piuttosto che di destra.
Capisco il senso di questo ragionamento però il fatto di razzolare nello stesso tipo sociologico di elettorato non può nascondere il fatto che questo sia un elemento di concorrenza, che non favorisce affatto una alleanza.

Viceversa il fatto che la Lega rappresenti un universo socio-economico diverso :partite Iva, anziani etc. rispetto a quello dei 5Stelle giovani precari etc. rende più funzionale un’alleanza fra forze diverse, ma fondamentali nella società.
Ricordiamoci che la preoccupazione di quello che è stato i più grande statista italiano nel dopoguerra ,Alcide De Gasperi era quella di portare al governo le forze più rappresentative della società,anche quando disponeva della maggioranza assoluta e avrebbe potuto farne a meno.
Già ma lui uno statista lo era veramente, e statista è colui che non vive alla giornata ma che ha un disegno strategico da realizzare.
Di Maio e Salvini sono alla loro prima prova, vedremo.
Del resto quelli prima di lui hanno fatto abbastanza schifo, l’Italia non è governata da uno statista appena appena da decenni.