lunedì 21 marzo 2022

La riscoperta del futuro . Prevedere l’avvenire non si può,si deve. Noi nel mondo 2051. Progetti e vincoli strategici dei Grandi . LIMES rivista italiana di geopolitica n.10/2021 – Editore Gedi


 





E’ antipatico da dire ma ci è voluta una guerra per farci sapere che esiste la geopolitica e a che cosa serve, cioè appunto per cercare di capire con cognizione di causa cosa sta succedendo e perché al di fuori e al di sopra del tifo che si sviluppa subito sui media fra i tifosi delle due parti che si sono messi prematuramente l’elmetto in testa scegliendo per chi parteggiare sulla base delle fortissime emozioni che scatenano dentro di noi le guerre con le relative immagini.

C’è anche un altro modo di disporsi di fronte a una guerra, più razionale e meno emotivo, che però richiede un minimo di studio, perché le nozioni sulle quali lavorano gli analisti di geopolitica spesso non si trovano nemmeno sui giornali, nemmeno quelli più seri e celebrati.

Faccio un esempio ovvio : quelli fra noi e sono molti che almeno per curiosità ogni tanto vanno ad esplorare qualche giornale o sito straniero si sono accorti che in quelli lo spazio dedicato agli avvenimenti esteri è molto ma molto maggiore di quello che vi dedicano i nostri giornali e televisioni.

Questo fa sì che quando ci troviamo a cercare di capire ad esempio perché gli americani sono quasi scappati da Kabul o perché Putin ha invaso l’Ucraina ci troviamo piuttosto impreparati e siamo costretti a sorbirci gli spesso pomposi editoriali dei nostri columnist che avendo poca dimestichezza con gli esteri sono sicuramente bravi a parlare di altri campi ma se sono costretti a pensare su scala geopolitica non fanno altro che somministraci le notizie più facili a incrementare le nostre paure e a rafforzare i nostri pregiudizi acritici, che poi spesso sono anche i loro.

Ne viene fuori uno spettacolo per niente bello perché finisce per prevalere a grandissima maggioranza un pensiero unico da bar sport bsato su affermazioni tipo :quello è pazzo come era Hitler. Quell’altro è un criminale sanguinario; e quell’altro ancora è un eroe senza se e senza ma.

Per fortuna però c’è chi alla geopolitica si dedica da un punto di vista professionale da decenni, non molti perché la disciplina è piuttosto recente, come appunto il team di analisti di Limes guidati da Lucio Caracciolo, che è ormai divenuto per fortuna nostra e dell’obiettività un volto noto al pubblico televisivo.

Ma di cosa si occupa con precisione la geopolitica?

Ebbene leggetevi questo recente quaderno di Limes che è uscito casualmente alla vigila dell’invasione dell’Ucraina e ne verrete a sapere parecchio e comunque di sicuro acquisirete le linee fondamentali.

Tanto per cominciare soffermiamoci magari su uno dei sottotitoli in prima pagina che recita :”Prevedere l’avvenire non si può .Si deve”.

Ottima sintesi.

La geopolitica apprendiamo che non è la scienza politica o la politologia che pretendono di studiare in modo scientifico le “leggi” della politica.

Non è nemmeno la storia che consiste nel ricavare dallo studio delle fonti la narrazione più verosimile di un avvenimento o di un periodo.

E’ una materia empirica ci dicono gli analisti, che studia i momenti lunghi della storia per poter ad esempio distinguere fra paesi destinati a rimanere gregari di potenze egemoni regionali o planetarie e invece paesi che hanno le carte per diventare loro potenze egemoni.

Quindi individuiamo un primo elemento decisivo : occorre studiare sul lungo periodo le costanti che rimangono vitali.

Si tratta di elementi molto reali : perché questi sono innanzi tutto le condizioni geografiche.

Si pensi alla natura che ha dotato gli Stati Uniti di una rendita di posizione geografica assolutamente unica perché sono difesi da ben due oceani dal resto del mondo e quindi eventuali nemici non riescono fisicamente a colpirla facendola franca.

O alle dimensioni della Russia, che come stato più steso del mondo è di fatto chiamato a porsi in una condizione egemone.

Secondo elemento fondamentale delle analisi geopolitiche si rivela poi lo studio della popolazione come quantità che rende rilevanti in particolare la Cina, l’India eccetera.

Vedrete però dalla lettura di questo quaderno di Limes che la demografia, cioè la composizione della popolazione per classi di età è ancora più rilevante del dato globale (numero totale di abitanti) nel senso che un paese con una popolazione mediana più giovane solo per questo ha un potenziale fattore di crescita notevole e quindi più di altri può aspirare ad essere egemone.

Altro aspetto fondamentale legato allo studio della demografia è questo : la popolazione può essere molto numerosa come in India ma a giudizio dei geopolitici questo paese non è verosimilmente destinato a diventare una potenza egemone regionale perché la pur enorme popolazione non è omogenea perché è divisa da un numero abnorme di lingue, etnie, religioni eccetera.

Conta poi moltissimo il fattore umano, la qualità della popolazione.

Conta moltissimo cioè se questa popolazione si sente unita da qualcosa, magari da un glorioso passato imperiale e ci tiene a onorare gli antenati che l’avevano costruito, pensiamo alla Cina ,tanto per fare un esempio, o alla Russia per farne un altro.

Questo è un fattore fondamentale di potenza.

Gli analisti di geopolitica si soffermano parecchio sulla analisi di questo punto e si chiedono a questo proposito andando più a fondo : qual’ è la cifra pedagogica che il singolo paese tende a costruire nel formare la propria popolazione relativamente alla sua più o meno lontana storia alla quale si sente fortemente legato?

Vi stupirà rilevare che questo tipo di analisi porta ad arrivare a conclusioni spesso contro-intuitive,

Per esempio gli analisti di Limes ritengono che siano avviate a diventare potenze regionali egemoni ad esempio la Turchia che guarda con insistenza all’eredità dell’impero bizantino e che sempre a giudizio dei geopolitici ha buone ragioni per farlo (storia comune, glorioso passato imperiale, popolazione considerevole ,mediana giovane, pedagogia nazionale impostata nel medesimo senso, relativa omogeneità della popolazione e consenso elevato al richiamo verso il passato imperiale).

Come potrà stupirvi altresì vedere elencato fra le probabili potenze regionali egemoni il solo Messico nell’America Latina e non il Brasile, che è tanto per dire enormemente più grosso e dotato di ricchezze notevoli.

Ma la popolazione non è omogenea : troppe etnie, religioni,diseguaglianze troppo accentuate eccetera.

Ma se penso che inevitabilmente la mente del lettore di un testo del genere con la guerra in Ucraina ancora in corso andrà inevitabilmente con particolare interesse all’analisi sulla Russia, devo fare riferimento a un altro elemento che gli analisti ritengono fondamentale e che si attaglia particolarmente bene alla Russia.

Ed è questo : lo “spirito di rivalsa” che gli analisti vedono particolarmente sviluppato ad esempio sia in Russia che in Cina.

Che vuol dire ? E’ abbastanza semplice chiarirci le idee.

I Cinesi non riescono a studiare la loro storia dell’800 senza alimentare in sé un forte sentimento di rivalsa .

Stiamo parlando del periodo nel quale a causa dei così detti “trattati ineguali” l’Occidente aveva fatto delle località costiere più produttive della Cina dei sostanziali protettorati dove nei giardinetti capeggiava il famoso cartello che recitava : “è vietato l’ingresso ai cani e ai Cinesi”.

Quando si semina odio in modo così inumano, diventa poi difficile sanare le ferite che si sono provocate.

Ecco cos’è il sentimento di rivalsa : pensare : eravamo un enorme impero bimillenario, a quei tempi eravamo la civiltà più avanzata in molti settori e ci hanno umiliati in quel modo, ebbene noi vogliamo riacquistare la dignità che ci hanno tolta.

Attenzione però a non fraintendere la Cina è stata un enorme impero ma non è mai stata imperialista nel senso che non ha mai occupato paesi altrui.

Quindi parliamo di rivalsa non di revanscismo.

Qualcosa di analogo si può riproporre per la Russia.

I Russi, attenzione ancora che stiamo parlando dei Russi ,non di Putin, pensano di essere stati umiliati dal modo come è avvenuta la dissoluzione dell’URSS nel 1991, senza stipulare alcun trattato che stabilisse lo status preciso di quegli stati e senza che quelli che apparivano i vincitori, cioè l’Occidente guidato dagli Usa mettesse nero su bianco delle garanzie per la neonata Federazione Russa.

E adesso nutrono un sentimento di rivalsa (che ovviamente non giustifica affatto l’invasione dell’Ucraina), ma è un sentimento che gli analisti rilevano presente nella grande maggioranza della popolazione.

Consentitemi un ultima notazione : fare geopolitica significa fra l’altro ma forse sopratutto cercare di capire come la pensano “gli altri”.

Se pensiamo che “gli altri” siano obbligati a omologarsi fino a ragionare come noi temo che non abbiamo capito una cosa assolutamente fondamentale che è questa : il nostro Occidente rappresenta nel planisfero una piccola porzione importante ma del tutto minoritaria.

L’Asia rappresenta la maggioranza assoluta e l’Africa rappresenta da solo molto più di noi.

Non siamo i padroni del mondo, prima lo capiremo e meglio sarà.

Chiudiamo con un ultimo elemento di analisi ancora più conturbante nella sua concretezza.

Per l’analisi geopolitica per dire che un paese ha le carte per diventare una potenza egemone non basta avere tutti i fattori che sopra abbiamo elencato (vasto territorio, vasta popolazione, mediana bassa di età, omogeneità nella popolazione , didattica impostata per ricordare le vecchie glorie) ma occorre anche che la popolazione giovane abbia se necessario la volontà di gare la guerra.

Ecco che lo sconcerto raggiunge il massimo.

Bisogna allora disporsi in questo punto di vista : la geopolitica serve sopratutto a cercare di individuare il punto di vista anche “degli altri”.

Può lasciare sconcertati nel primo approccio alla geopolitica il fatto che si parla prevalentemente di fattori di potenza e non di diritti umani e di visioni etiche.

Perchè ? Perché sono discorsi diversi, i fattori di potenza di per sé non sono né buoni né cattivi, ci sono, sono reali al punto che possono essere misurati con assoluta obiettività.

I giudizi etici appartengono ad altre discipline e si faranno dopo, ma due più due fa quattro per tutti e non sarebbe sensato discutere sull’eticità o sul rispetto dei diritti umani praticato dall’aritmetica.

Sul volume troverete molti esempi concreti e leggendolo acquisirete i fondamentali della geopolitica.






giovedì 10 marzo 2022

Massimo Gaggi : la scommessa Biden - Editore Laterza – recensione

 



Editorialista del Corriere e corrispondente dagli Usa per lungo tempo l’autore è ben qualificato per parlare con cognizione di causa della politica di quel paese.

Il libro che propongo alla lettura non è una biografia vera e propria dell’attuale presidente USA da poco più di un anno Joe Biden.

Piuttosto è un piccolo saggio su quel personaggio dicendo di lui quanto basta per cercare di rispondere alla domanda implicitamente traspare fino dal titolo titolo : ce la farà un politico come Biden, di modesta caratura se pure ultra-navigato e per di più anziano a tenere il timone della super-potenza americana in un momento di crisi fortissima del suo sistema democratico ?

Essendo Gaggi un analista serio e il libro un saggio di buon livello è ovvio che il lettore non può pretendere di trovare per risposta un si o un no deciso, ma solo degli strumenti di informazione per farsi un giudizio personale.

E’ evidente che quando bisogna sviluppare un equazione a più incognite la risposta più sensata non può essere che : “dipende”.

E’ passato solo un anno di mandato, ne devono passare ancora tre e di questi tempi può succedere di tutto,come in effetti sta succedendo con la sorpresa della guerra in Ucraina.

Ma come sempre ci sono dati di fatto e di analisi che sono estremamente utili per chiarirsi le idee e individuare le linee di sviluppo di fondo.

Gaggi è aiutato nel suo lavoro dai dati caratteriali più evidenti nel del personaggio Biden.

Tutti quelli che l’hanno conosciuto infatti non hanno dubbi nel descriverlo come empatico, estroverso, portato per natura a cercare il dialogo ed a rendersi simpatico con l’interlocutore.

Tutto il contrario del carattere scorbutico del suo predecessore Donald Trump.

Ma Joe Biden sarà un simpaticone ma non è certo una mammoletta, perché se lo fosse stato non avrebbe potuto calcare la scena della politica americana ai vertici per tre decenni abbondanti.

Una seconda caratteristica che gli viene universalmente riconosciuta, sta nel fatto che questo personaggio ha sempre ricorso nelle sue scelte politiche a un pragmatismo lontano da schemi e dogmi ideologici.

E’ chiaro che per un politico questo modo di ragionare comporta vantaggi e svantaggi.

L’elasticità oggi viene valutata molto positivamente, ma bisogna saperne fare uso con discernimento perché diversamente può essere presa per leggerezza ,mancanza di principi o attitudine a fare il volta gabbana.

In effetti Gaggi non esita a elencare i casi nei quali nella sua lunga carriera politica Biden si è contraddetto clamorosamente anche su questioni estremamente pesanti come l’essere a favore o contrario all’entrata in guerra del proprio paese.

Stesse contraddizioni si registrano in un altro argomento caldissimo negli Usa, quello razziale.

All’inizio di carriera Biden è stato contrario a certe aperture come l’uso del pulmini scolastici per gli scolari di colore nelle scuole pubbliche, poi invece ha fatto scelte molto apprezzate dalla comunità afro-americana, che lo ha premiato nell’ultima elezione presidenziale.

Un terzo dato di fondo che si può riscontrare nel suo agire politico è ritrovabile nella decisione niente affatto scontata di stipulare una alleanza di ferro con il battitore libero della sinistra liberal americana Bernie Sanders alla vigilia delle ultime presidenziali spostando quindi la barra della sua politica decisamente a sinistra, dato quel singolare personaggio è ritenuto il più “socialisra” dei politici americani.

Se esistono gli dei questi non gli hanno risparmiato autentiche sciagure familiari, ma l’hanno baciato quasi sempre in fronte nella carriera politica.

Anche proprio nel momento cruciale dell’elezione alla Presidenza l’andamento della pandemia e la politica praticata dal candidato uscente l’hanno favorito in modo praticamente decisivo.

Sembra quasi che un cinico destino abbia spinto Trump a fare cose abbastanza folli da costringere gli elettori a votare per forza il suo rivale, per salvarsi la pelle.

Ancora lo stesso The Donald col suo atteggiamento autoritario da capo di un partito ormai personale ha imposto cose incredibili al Partito Repubblicano autorizzando l’intervento dello stato in economia in un modo ancora più massiccio di come avrebbero fatto dei socialisti europei non i suoi avversari democratici americani.

E questi comportamenti hanno spianato la strada a Biden consentendogli di proporre e far passare piani di investimenti pubblici di dimensioni semplicemente colossali nei primi mesi del suo mandato.

Poi come spesso capita è finita la serie fortunata e sono cominciate le grane.

Nel senso che i Repubblicani hanno avuto bisogno qualche mese per ricomporsi dopo lo shock del tifone Trump ed hanno cominciato a far valere la forza dei numeri di quello che è diventato un disciplinatissimo partito personale come dicevamo sopra di Donald Trump per mettere i bastoni nelle ruote ai piano faraonici dell’amministrazione Biden facendo passare solo una piccola parte delle riforme proposte dai democratici.

E come se questo non bastasse lo stesso Biden per la prima volta si è trovato a essere stoppato da due terribili parlamentari del suo stesso partito che sono stati eletti in stati dove predomina un elettorato fortemente conservatore e che quindi temendo di passare per “socialisti” che in America è decisamente una parolaccia, difendono il loro seggio bloccando i provvedimenti più costosi : Joe Manchin e Kyrsten Sinema.

Ma non basta ancora Biden deve fare i conti anche con la agguerritissima pattuglia dei giovani leoni della sinistra del suo partito che con la guida di Alexandria Ocasio Cortez si fanno portatori di idee per noi europei non rivoluzionarie ma che per la mentalità americana sono ancora tabù.

Ecco quindi che per Biden la vita è diventata difficilissima.

Se poi ci mettiamo dentro anche la disastrosa ritirata dall’Afganistan ,il ritorno dell’inflazione e la ragionevole ma non gloriosa posizione americana nella crisi Russo-Ucraina povero Biden.

Ma l’uomo ha risorse e carattere.

Nel complesso quindi direi che quello che propongo alla lettura è un buon libro che dispone anche della virtù della leggibilità scorrevole che dà lo stile giornalistico e di una mole leggera (134 pagine) che non spaventa nessuno.







martedì 1 marzo 2022

Alessandra Paola Ghisleri : La repubblica dei sondaggi – L’Italia raccontata attraverso i numeri – Piemme Editore – recensione

 




L’autrice si presenta nella introduzione del libro come fondatrice di Euromedia Research, e come “nota sondaggista di Porta a Porta” da anni.

Ma forse si rivela veramente quando poche righe dopo dice di descrivere il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica attraverso le strategie e gli errori dei leader – da Berlusconi (che dice di conosce molto bene) a Renzi eccetera.

Ecco siamo sinceri immagino che la maggior parte dei lettori siano portati ad associare il nome della Ghisleri proprio a Berlusconi, perché tutti l’abbiamo conosciuta appunto come la “sondaggista di Berlusconi”.

E Berlusconi è un mondo a sé, fatto di tante cose.

Fra le tante cose buone o meno buone riferibili alla sua esperienza politica che ha diviso l’Italia per anni fra suoi tifosi e suoi feroci detrattori, c’è proprio per la prima volta l’esplodere dell’uso delle moderne tecnologie come potentissimo strumento di comunicazione.

La Ghisleri tiene a precisare di avere lavorato per pressoché tutto la schieramento politico italiano e per molti personaggi stranieri, ma non nasconde affatto di essersi fatte le ossa professionalmente con quel personaggio dalla prorompente personalità che dell’uso degli strumenti di comunicazione è sempre stato riconosciuto come un grande ed abile esperto lui stesso.

Il compito dell’autrice di conseguenza non deve essere stato facile, ma se Berlusconi l’ha confermata nel suo incarico per decenni è ovviamente perché ne aveva avuto modo di apprezzarne la professionalità.

Mi è capitato di sentire in una tavola rotonda la Ghisleri che parlava di questo argomento dicendo in sostanza : non dovete pensare che Berlusconi fosse ossessionato dai sondaggi, come si diceva comunemente, dovete invece capire che un personaggio come lui non aveva praticamente mai preso un autobus né era mai salito su un treno della metropolitana, non era mai andato al supermercato,insomma non avendo avuto modo di fare quello che fa quotidianamente l’elettore medio, quando era “sceso in politica” aveva la assoluta necessità di conoscere chi era questo elettore, cosa pensava e cosa sentiva, per capire come parlargli.

Ecco perché aveva assoluto bisogno dei servizi di una società di sondaggi.

Berlusconi nella sua attività viene descritto come un meticoloso, un precisino, che non lascia molto al caso, ma che prepara tutto con cura, il resto è ovviamente teatro.

Per poter dire quel famoso “sono uno di voi”, aveva assoluto bisogno di conoscere bene quei “voi”.

Ecco ben spiegato a cosa servono i sondaggi.

Andando più a fondo la Ghisleri spiega che il suo lavoro è ben più complesso dal presentare che so io la percentuale dei favorevoli e dei contrari a una dato provvedimento.

Le percentuali riassuntive di un lavoro sono quel poco che compare sui giornali, ma un “report” medio confezionato da una società e consegnato al cliente consiste in un fascicolo di circa 50 pagine di statistiche organizzate per dettagli progressivi.

Tanto per dare un idea qualsiasi rapporto per descrivere l’opinione degli elettori su un dato argomento analizza la situazione disaggregando i dati generali riferendoli ai simpatizzanti dei diversi partiti ,ai vari settori geografici,alle fasce per titolo di studio, per professioni, per orientamento ideologico ,per classe di reddito eccetera eccetera.

Magari anche si analizzano i flussi di opinione nella loro variazione temporale mettendo in evidenza i passaggi nel tempo da un opinione a un’altra.

Si dà una valutazione di quanto avvenimenti recenti abbiano potuto influire sull’orientamento che emerge dal sondaggio.

L’abilità di chi fa il sondaggio sta poi anche nel verificare per quanto possibile l’attendibilità delle risposte magari con domande trabocchetto atte a individuare contraddizioni che non dovrebbero esserci nelle risposte degli intervistati.

Infatti uno degli ostacoli che incontrano i sondaggisti sta nella reticenza del pubblico a parlare di certi argomenti o di certi personaggi, rischiando quindi di fornire risposte non veritiere.

Proprio a proposito di Berlusconi i lettori ricorderanno che nel periodo in cui quel personaggio ha avuto il massimo successo i sondaggi tendevano a sottostimare la percentuale di consenso, segno che parecchi intervistati non ci tenevano a far sapere che erano fan di Berlusconi ,anche se i sondaggi sono ovviamente anonimi per definizione.

Dal libro l’elevata professionalità della Ghisleri trova una forte conferma.

Devo dire che nel libro si parla parecchio di Berlusconi della sua ascesa politica del suo entourage politico e inevitabilmente da questo viene fuori una qualche forma di ritratto di quel personaggio.

Ecco, da come lo descrive la Ghisleri che indubbiamente ha avuto modo di conoscerlo bene proprio nei momenti in cui questi “studiava” il suo elettorato ed elaborava le sue mosse mi è venuto da pensare che probabilmente l’atteggiamento di violento rifiuto preconcetto che gli era stato opposto dallo schieramento di centro-sinistra ,passati ormai decenni, si possa considerare un errore di valutazione come in questi giorni sta emergendo un ampio riconoscimento di quanto sia stato erroneamente esaltato il Pool di Mani Pulite che a conti fatti ha lasciato più danni (la distruzione del sistema politico-partitico) che risultati positivi.

Voglio dire che Berlusconi non era il male assoluto come veniva descritto.

Non avrà combinato poi molto per modernizzare e sviluppare l’Italia, ma non ne ha neanche minato la dignità e i riferimenti valoriali come si diceva allora.

Questa mia osservazione dimostra che il libro è utile per capire nei dettagli a cosa servono le società di sondaggi, che la Ghisleri in quel campo è una pietra miliare e magari anche che Berlusconi è un personaggio che ha molto lavorato e qualcosa ha anche portato a casa.

Purtroppo lui stesso con le sue chiamiamole stravaganze nel gestire le serate di un riccone e le sue impuntature ideologiche anticomuniste, quando il comunismo era ormai scomparso dal pianeta ha contribuito ad alimentare la narrativa a lui avversa ,come del resto è ben noto.

Questo libro è senz’altro una lettura utile e interessante, anche per richiamarci alla memoria gli anni del passaggio dalla prima alla seconda Repubblica.






domenica 20 febbraio 2022

Rita Cucchiara : L’intelligenza non è artificiale – La rivoluzione tecnologica che sta già cambiando il mondo – Mondadori Editore – recensione

 


Alexa, Inter Milan, qual’è il punteggio in questo momento?

Chi non si è abituato a farsi aiutare dai vari Alexa, Siri, Google eccetera per avere notizie che potrebbe benissimo cercare digitando nel rettangolino di ricerca di Google, ma che è obiettivamente più comodo e veloce acquisire interagendo col nostro smartphone tablet o PC dialogando con lui come si fa tra umani.

Ecco che tutti o quasi siamo ormai abituati a servirci dell’intelligenza artificiale.

E se siamo abituati a interagire con le varie Alexa da più tempo ci siamo di sicuro resi conto che l’intelligenza artificiale fa progressi stupefacenti.

Per esempio chi di noi per lavoro ,svago o interesse personale non si è cimentato anni fa con le traduzioni di Google anche al solo scopo di farsi grasse risate per il tipo di traduzione elementare o per gli svarioni nei quali il software ancora agli inizi cadeva regolarmente.

Oggi le cose sono cambiate in modo clamoroso sia nella qualità della traduzione, sia nel numero inverosimile di lingue disponibili.

Non parliamo della velocità di elaborazione, ma questo è merito di processori diventati oggi incredibilmente potenti.

Alla base comunque di questi traduttori anche parlanti c’è l’intelligenza artificiale.

Non nego che l’argomento è di grandissimo interesse perché la sua utilità è assolutamente indiscussa, ma contemporaneamente la gran parte di noi sopratutto fra chi non ha una preparazione scolastico professionale di tipo oggi si dice Stem (scienza,tecnologia,ingegneria e matematica),per affrontare seriamente l’argomento teme di dover entrare in materie di tipo esoterico, che so io come il sanscrito, bella lingua, importante, ma chi ci capisce?

Effettivamente se si dovesse prendere in mano un testo universitario sarebbe veramente, ma veramente dura.

Questa è la ragione per la quale una docente di Intelligenza artificiale di lungo corso e con un curriculum accademico di assoluta eccellenza, come la Prof. Cucchiara ha voluto fare la fatica di cercare di spiegare di cosa si parla quando si tira in ballo l’intelligenza artificiale, in modo accurato ma con un linguaggio tale da non far scappare il lettore dopo poche pagine.

Nel libro ci sono puntualmente anche accenni alle teorie che si ritrovano nei manuali universitari, quanto basta per rendere il lavoro serio da un punto di vista scientifico ma il lavoro ha un taglio di carattere volutamente divulgativo anche se spesso didattico.

Ce n’era bisogno perché la materia è abbastanza ostica e il grande pubblico ne sa veramente poco o nulla.

Una cosa è assolutamente certa,volenti o nolenti con l’intelligenza artificiale dovremo convivere e quindi tanto vale cominciare a farci amicizia.

L’autrice non si nasconde il fatto che la attuale scarsa conoscenza della materia fa si che nel nostro paese, ma anche in Europa in generale la gente quando si parla di qualche applicazione dell’AI come si dice comunemente oggi ricorrendo all’acronimo inglese invece di cercare di farsi almeno una cultura sull’argomento per il minimo sindacale, va subito a impantanarsi nei pregiudizi e nelle paure anti-moderne .

Ma! dovremmo prima studiare bene le conseguenze!Rimuginano in molti.

Comprensibile la paura del nuovo, ma fino a un certo punto.

Se l’umanità non si fosse data una mossa tutte le volte che il progresso scientifico cambiava le carte in tavola oggi saremmo tutti “terrapiattisti” o cose del genere.

Va bene il discernimento non la paura generica.

Attenzione ci dice la Prof. Cucchiara, perché Stati Uniti e Cina sono talmente avanti che se non ci aggiorniamo andiamo in serie B e non è una bella cosa, perché non ostante il ricorrente masochismo nazionale il nostro paese non sta affatto così male.

Abbiamo in Italia i due più potenti auper-calcolatori d’Europa e ne abbiamo un terzo in costruzione

Non dimentichiamoci che il primo Pc se pure a schede perforate e senza schermo per la semplice ragione che i pixel nemmeno erano conosciuti allora è nato a Ivrea all’Olivetti, Piemonte e non a Silicon Valley, California.

Sui robot pure non stiamo affatto male, l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova diretto fino a poco tempo fa da quel Prof Cingolani oggi ministro della transizione ecologica ha costruito il robot umanoide iCube ,con le sembianze di un bambino che per dare un idea nel maggio scorso ha sfilato per Dolce e Gabbana.

L’autrice nel campo dell’AI si occupa sopratutto della sotto-branca della Visione Artificiale e di questo parla nel libro in modo approfondito ovviamente senza trascurare nessun’ altra delle altre sotto specie di AI.

I lettori che seguono questo blog e che avranno dato un’occhiata alle recensioni dei numerosi libri sulla Cina che sono stati recensiti di recente, avranno un’idea dei livelli incredibilmente avanzati ai quali sono arrivati i sistemi di riconoscimento facciale diffusi capillarmente in quel paese.

Questo ovviamente è un esempio di applicazione dell AI alla visione.

Dal costruire programmi perché le macchine possano vedere il mondo , si è arrivati all’estrema sofisticazione che è necessaria per fare riconoscere quel volto particolare fra altri milioni di volti.

Alla macchina va insegnato a leggere o vedere un numero enorme di dati ed a processarli poi passando per filtri successivi per classificarli e individuare solo le caratteristiche che si vogliono che apprenda.

Le macchine quindi apprendono, consultando un’enormità di dati facendo le operazioni necessarie per sparare fuori i risultati che si richiedono loro.

Sbagliano anche è ovvio, ma il lavoro che si fa con loro sta proprio nel ripetere le operazioni con le correzioni necessarie per non ricadere in quegli errori usando super computer.

L’autrice pur conoscendo bene la grandissima sofisticazione insita nelle operazioni sopra descritte a braccio, si sforza addirittura di dare un’idea del sistema a strati usato per arrivare da un’enormità di dati a concentrarsi solo sui risultati richiesti.

Quando si leggono libri di questo genere, scritti dalle eccellenze che queste scoperte le portano avanti si coglie la sensazione che il futuro ormai è penetrato profondamente nell’oggi, che è già qui.

Dalle auto a guida autonoma, ai robot che vanno dalla automazione dei processi industriali alla cura della persone anziane, all’eseguire operazioni chirurgiche con più accuratezza del chirurgo umano, dal riconoscimento facciale, alle diagnosi mediche a distanza basate su una data base di portata enormemente superiore all’esperienza del migliore medico diagnostico, eccetera eccetera.

Uno degli ultimi capitoli del libro porta il titolo : io non ho paura.

E ci voleva, perché l’autrice si sforza continuamente e ripetutamente a far capire che l’intelligenza artificiale non l’ha inventata qualche spirito santo o qualche alieno, e tanto meno le macchine stesse, ma che è assolutamente opera dell’uomo, che la può e la deve controllare.

Niente paura quindi, dice l’autrice con garbo ma anche con decisione se volete avere paura di qualche cosa, abbiate paura prima di tutto dell’ignoranza.

Leggiamoli i libri come questo, anche se richiedono la dovuta attenzione.

Un po di fatica bisogna farla, ma ne vale veramente la pena.


martedì 8 febbraio 2022

Simona Colarizi : Passatopresente . All’origine dell’ oggi 1989-1994 – Editore Laterza - recensione


 

L’autrice dal suo profilo su Wikipedia è professoressa di storia (del sindacalismo e del movimento operaio e poi storia dei partiti e dei movimenti politici) presso l’Università di Camerino, poi alla Federico II di Napoli e quindi alla Sapienza a Roma.

Ha al suo attivo oltre alle pubblicazioni scientifiche una ventina di saggi pubblicati per lo più da Laterza.

Siamo di fronte quindi al lavoro di una storica e politologa con qualifica accademica indiscutibile.

I lettori ricorderanno il libro di Goffredo Buccini : il tempo delle mani pulite (http://gmaldif-pantarei.blogspot.com/2021/11/goffredo-buccini-il-tempo-delle-mani.html) recensito in novembre su questo stesso blog.

Buccini firma di primo piano del Corriere della Sera faceva la storia dettagliata degli anni di mani pulite nei quali aveva avuto la ventura di godere della fiducia del capo del Pool di Milano, che in pratica gli aveva fornito in esclusiva una serie di notizie da scoop.

Non ostante questo però Buccini, con molta obiettività non aveva potuto non rilevare le incongruenze e le scorrettezze a carico del Pool che la lettura della storia ex post ha consentito di esprimere a quasi tutti gli osservatori che si sono poi cimentati nel tentativo di elaborare un giudizio critico su quegli eventi.

Diciamo pure subito che il saggio della Colarizi del quale stiamo ora trattando assesta una mazzata pressoché definitiva sull’operato di quel pool di pubblici ministeri.

La sua ricostruzione storica ,se vogliamo (scorrettamente) ridurre in pillole il giudizio che si trova ben articolato nel libro, in sostanza ci dice che Mani Pulite ha distrutto il sistema politico italiano, unico caso in Europa,in cambio di che cosa?

Un pugno di mosche che consiste nel mantra fasullo che tutto il sistema politico e della pubblica amministrazione sarebbe stato insanabilmente corrotto, di fronte a una società civile invece presunta moderna colta e sana e moralmente elevata.

Pura fantasia che non trova alcun supporto nell’analisi storica e sociologica di quel periodo, dato che invece è facile dimostrare che il sempre relativo livello di corruzione della classe politica non era altro che lo specchio di una società civile che non era meno inadeguata, preparata e onesta dei suoi governanti che non a caso lei stessa aveva scelto e confermato col voto.

Pura fantasia anche se il battage pubblicitario dei media della carta stampata e delle TV voleva far passare come verità assoluta e che purtroppo la società nel suo complesso si era allegramente bevuta per anni come se fosse stata tale.

L’illusione di sostituire la classe politica presunta insanabilmente corrotta con la supplenza della magistratura inquirente che era arrivata a dilagare ampiamente nella sera politica mandando a farsi benedire l’elementare principio della divisione dei poteri ha causato dei danni ancora da riparare nel tessuto politico e sociale del paese.

Per la semplice ragione che dal qualunquismo moralista si è facilmente arrivati all’anti -politica tout -couret ed al populismo spesso oscurantista che affligge il paese ancora oggi.

E’ stato tutto un movimento in fase “destruens” senza il seguito di nessun movimento “costruens” o propositivo.

Oggi abbiamo dei partiti tanto liquidi che nemmeno loro sanno più come definirsi.

E’ tragicamente ridicolo vedere delle forze politiche che si definiscono sovraniste e identitarie che non hanno la minima capacità di esplicitare in modo articolato in cosa consista il nucleo di valori sovranisti e identitari che vorrebbero difendere.

Se poi parliamo di classe politica il senso di vuoto fa girare la testa.

Queste forze politiche dimostrano tutti i giorni di non avere una classe politica né coesa né minimamente spendibile per governare.

A sostegno delle tesi della Colarizi mi permetto di osservare che dai semplici editorialisti ai politologi e storici di professione oggi i giornali sono quotidianamente pieni di articoli che bollano con un marchio di infamia questa classe politica, con una virulenza come non era mai accaduto in passato.

E questo è pericoloso, fortemente pericoloso perché va bene che la storia non insegna nulla, ma stiamo osservando che a pochi decenni di distanza si rischia di ripetere gli errori marchiani commessi da tutti società civile compresa ai tempi di Tangentopoli e di Mani Pulite, cioè distruggere la credibilità del sistema per ritrovarsi con in mano un pugno di mosche (che non sono adatte per governare alcunchè).

Riferita a quegli anni la Colarizi con lucida analisi formula una condanna pesante sopratutto rivolta alla classe dirigente del Pci. poi Pds, poi Pd che ha scioccamente flirtato con quei pubblici ministeri ,approfittando del fato che furbamente il pool aveva deciso di fare tabula rasa della classe politica di allora lasciando in vita appunto solo quella forza politica della sinistra.

Ochetto, che pare non avesse capito pressoché nulla delle coordinate politiche e sociali che si agitavano allora si trastullava nella beata illusione che lasciando che i pubblici ministeri gli distruggedssero il Psa ed il suo leader, l’odiato Craxi, avrebbero in pratica lavorato per lui aprendogli le porte per un lungo periodo di governo.

Purtoppo per lui e per i suoi seguaci Ochetto non era Togliatti e quindi non era sufficiente aspettare sulla riva del fiume che il tempo lavorasse per lui.

Per la verità la magistratura inquirente allora si è tenuta anche alla larga dalla grande imprenditoria, evidentemente valutando vitale per portare avanti la sua opera di “moralizzazione” il costante sostegno della grande stampa guarda caso posseduta da quella grande industria.

Memorabile nel libro la descrizione del passaggio di Romiti ,capo operativo della Fiat che si trattiene non più di tre ore nella Questura di Milano per una dichiarazione spontanea dopo essere arrivato in elicottero, mentre una folla di piccoli imprenditori languiva nelle patrie galere fino a “confessione completa” secondo le collaudate procedure del metodo Di Pietro.

Noto ora che la Colarizi nemmeno fa menzione della componente cattolico sociale del PDS e poi Pd.

Questa esclusione è ancora peggio di una condanna, significa che per l’analisi politologica questa componente era del tutto insignificante.

Ottimo libro ben argomentato e lontanissimo da pregiudizi ideologici come si conviene a un autore di provenienza accademica.