lunedì 27 febbraio 2023

Domino rivista sul mondo che cambia numero 2- 2023 “Affondo russo” Dopo un anno di guerra, la Russia rilancia con mezzo milione di uomini.Presto gli Stati Uniti dovranno decidere se trattare o sparare.E noi con loro - recensione

 




Continua la vincente avventura di Domino ,diretta da Dario Fabbri e sostenuta da Enrico Mentana.

Temevo fosse impossibile fare concorrenza alla corazzata di Limes, diretta da Lucio Caracciolo,che dispone di tutt’altri mezzi e con vent’anni di esperienza alle spalle, ma così non è stato e Domino si è imposta con un “format” decisamente più snello e leggibile mantenendo un alto livello di autorevolezza .

Questo secondo numero del 2023 non poteva evitare di essere dedicato ad un primo bilancio della guerra in Ucraina, data la scadenza del primo anno dall’invasione russa.

Dell’abituale fantasmagorico editoriale di Fabbri mi piace riportarvi questa riga :”Washington fa lo stesso mestiere di Mosca. E’ impero agisce per dominio e terrore”.

Se la becchino in faccia questa doccia fredda di puro linguaggio geopolitico i nostri commentatori tutti schierati con elmetto rigidamente monocolore, dietro a un pensiero unico che aborre anche il minimo approccio ispirato al senso critico.

L’analisi geopolitica non è nè atlantista nè putiniana, è analisi dei fatti non delle opposte propagande.

Anche in questo numero, non avendo personalmente avuto l’opportunità di acquisire alcuna cultura militare, ho molto apprezzato il contributo degli analisti militari, come Gianandrea Gaiani , molto concreti e pragmatici ,ma anche molto attenti a non perdere il senso dell’etica, spesso sorvolato dagli esperti di altre materie.

Mi è molto piaciuto anche l’articolo di Dario Quintavalle che finalmente propone in modo chiaro e credibile quella che appare oggi come la più verosimile via d’uscita alla guerra d’Ucraina e cioè la così detta “soluzione coreana”.

Che altro non è che un puro e semplice cessate il fuoco sulla linea del fronte.

E’ noto infatti che essendo il discorso sull’assetto territoriale, con le relative reciproche rinunce, estremamente difficile da far digerire alle opposte opinione pubbliche, al momento esaltate dalle opposte propagande e narrazioni, probabilmente non rimane altra possibilità di fermare il massacro se non semplicemente fermandosi e rimandando a un tempo ulteriore che ,sempre probabilmente, non verrà mai ,un trattato di pace vero e proprio.

Fra le due Coree la famosa linea del 38° parallelo dura come linea di cessate il fuoco da 70 anni.

Se non è considerata stabilizzata quella situazione ,in un lasso di tempo così lungo, non si vede cosa si possa fare di meglio.

Ultima osservazione ,come Limes, anche Domino è impegnato a cercare di creare uno spiraglio nel muro della nostra informazione, così schierata acriticamente, per smontare il mito dell’autocrate (Putin) che violenterebbe la sua opinione pubblica ,irrealisticamente presunta come tutta favorevole ai valori accidentali, per spingerla ad avventure guerresche, che non sarebbero per niente sentite in patria.

Ma le fonti indipendenti riconoscono che il grado di autocrazia di Putin è sempre relativo e che lo Zar rimane sulla poltrona fino a che una determinata èlite di potere lo ritiene funzionale ai propri interessi ,come avviene anche a casa dell’altro egemone mondiale di oltre atlantico.

Ed è quindi estremamente utile cercare di capire cosa pensa la Russia, che c’è dietro a Putin e che conta più di Putin, perchè senza il consenso del suo popolo, lui non sarebbe più al Cremlino.

Formidabile poi il breve ma densissimo saggio finale del filosofo Zeno Goggi ,proprio sul ruolo delle èlite che nella sostanza non cambia ,qualsiasi sia il regime politico.

giovedì 23 febbraio 2023

Emanuel Pietrobon : L’arte della guerra ibrida . Teoria e prassi della destabilizzazione . Prefazione di Salvatore Santangelo . Editore Castelvecchi - recensione

 



Qualsiasi libro, è ovvio, è per tutti.

Se uno volesse rivolgersi solo a un ristretto numero di persone le raggiungerebbe con report per email ,non perderebbe tempo a scrivere un libro.

Anche questo libro quindi è quindi nato per essere letto da tutti, ma mi ha colpito il fatto che l’autore l’abbia qualificato con precisione come un “manuale”, diretto sopratutto agli analisti ed ai decisori, cioè alla classe politica.

Che significa? Evidentemente l’autore è convinto ,a ragione, che la materia che tratta : guerra ,guerra ibrida ,cioè condotta con mezzi diversi da quelli materiali, destabilizzazione, sia così poco praticata da richiedere la pubblicazione di un manuale in proposito.

Dopo aver letto il libro ho capito perchè.

Ed è una scoperta, nè bella, nè confortante.

Leggendolo scoprirete che non che tutto quello che sapete in proposito è falso, ma quasi.

Non vi nego che il libro è fatto talmente bene come livello di costruzione logica e di documentazione che a un certo momento vi viene la tentazione di guardare tutto. ma veramente tutto ,con sospetto ,temendo di vedere azioni malevole dietro anche alle nostre esperienze quotidiane.

Figuriamoci poi quando ci si rivolge ai rapporti fra stati e peggio ancora ai rapporti fra grandi potenze, globali o regionali.

Si rischia veramente di cadere nella paranoia.

In parte questo è un effetto voluto dall’autore, che ha scritto il libro proprio per toglierci dagli occhi le fette di salame, che il con conformismo e la pigrizia ,che ci vengono purtroppo naturali, e che i media solleticano, ci fanno patire.

Primum vivere e va bene, ma per vivere senza soccombere, primum svegliarsi dal torpore e guardare la realtà negli occhi.

A questo scopo prendiamo conoscenza di tutti gli infiniti trucchi che vengono usati dai poteri più vari per farci il lavaggio del cervello ,necessario a renderci pedine inconsapevoli di giochi che vengono fatti sulla nostra pelle.

Il panorama è aghiacciante,ma Pietrobon, però ,non è affatto un profeta di sventura, è tutto il contrario, ed ha fatto la fatica di mettere insieme questo “manuale” proprio per esortarci a reagire. Perchè evidentemente è convinto che lo sporco gioco di strateghi e influencer, che vogliono addirittura “riprogrammare” a loro uso e consumo i nostri cervelli può essere battuto.

Ma per farlo dobbiamo diventare consapevoli e per diventarlo non basta una fuggevole informazione, occorre dedicare almeno un po 'di tempo a studiarsi la questione.

Leggete questo libro!

Vedrete che poi sarete grati a Pietrobon di avervi fatto un grosso favore.






sabato 11 febbraio 2023

Domino rivista sul mondo che cambia : Enigma Iran.Innescata dalle donne, la rivolta in corso contiene impulsi contraddittori, incompresi in Occidente. E potrebbe produrre scenari inaspettati. n.1 - 2023 - recensione

 





Tutto un fascicolo di analisi geopolitica dedicato all’Iran, cioè agli eredi dell’impero persiano.

Fascicolo essenziale questo perché noi dell’Iran sappiamo pochino e tendiamo a identificarlo coi pretoni dalle lunghe barbe e dai grossi turbanti, che al momento non se la passano molto bene, ma l’Iran è per sua fortuna ben altro e ben di più.

Comiciamo dai fondamentali gli iraniani non sono arabi ,ma sono persiani.

La lingua che usano comprende anche parte dell’alfabeto arabo ma è un’altra lingua che si chiama farsi.

Dopo la rivoluzione Komeinista sono governati da una cricca teocratica di facciata ma in realtà di carattere militar-affaristico.

Praticano la religione musulmana di osservanza sciita, ma sono eredi della ben più antica religione Zoroastriana.

Gli Ayatollah rivendicano un ruolo almeno di potenza egemone regionale senza successo per ora, ma i sommovimenti in corso si rifanno all’antico impero persiano, che aveva sconfitto niente di meno che la Grecia antica.

I lettori sanno bene che la geopolitica non si schifa proprio a usare il termine “impero” che fa parte addirittura della borsa degli attrezzi di questa disciplina, come invece fanno i nostri media, malati di political correctness fino al ridicolo, rischiando così di raccontarci le solite favole invece che presentarci la realtà così com’è.

Visto che siamo in tema ,se vogliamo usare i classici termini della logica aristotelica, l’analisi geopolitica ci presenta i barbuti ayatollah e le pur coraggiose donne iraniane (ma verosimilmente solo quelle delle metropoli iraniane, non quelle del paese profondo) come "accidenti" e le èlites, soprattutto urbane, molto composite che si rifanno all’impero achmenide ed alla cultura e religione Zoroastriana, come dicevamo sopra.

L’Iran è in rivolta ,ma sotto alla battaglia femminile per l’abolizione dell’obbligo del velo, c’è ben altro e ben di più.

Allora giorni contati per i pretoni dai grossi turbanti? Non è detto, ma è certo che il loro potere vacilla abbastanza seriamente, per la prima volta, e che danno l’impressione di non sapere che pesci pigliare.

Non mi dilungo in anticipazioni perchè i saggi sull’argomento sono

di ottimo livello e vanno letti in integrale anche perché hanno il pregio della concisione.

Si tenga conto che questo argomento ha un grande peso anche tenendo conto del ruolo che l’Iran sta giocando praticamente come unico alleato di peso della Russia, nella guerra ucraina.

Troverete quindi nel fascicolo anche un aggiornamento sulla situazione in Ucraina.

Devo citare anche il saggio che chiude il fascicolo come di particolare interesse per il peso geopolitico del paese del quale parla : la Tunisia.

Ridotta penosamente la nostra influenza sulla Libia ,giocare oggi la carta della Tunisia diventa obbligatorio per il nostro paese e fa veramente ben sperare il fatto che la premier Meloni citi apertamente un dossier “Mattei” per chiarire con quel solo nome il significato strategico della nostra possibile e doverosa proiezione nel Mediterraneo e nel Nord-Africa.

Non ho ancora detto nulla, come faccio di solito recensendo Domino, dell’editoriale di Dario Fabbri, ma ribadisco che basterebbe quello per indurre il lettore a procurarsi il fasciolo.


lunedì 6 febbraio 2023

Vittorio Emanuele Parsi : il posto della guerra e il costo della libertà .Il punto non è fermare la guerra,il punto è salvare la democrazia .Editore Bompiani - recensione

 




Se il lettore è sicuro ,senza se e senza ma, che Putin ha invaso l’Ucraina senza averne alcun motivo legittimo, in quanto l’Occidente non avrebbe in alcun modo provocato la Russia, minacciandone la sicurezza, e che il medesimo autocrate da tempo meditava di attentare all’ordine internazionale, decretando la fine di 75 anni ininterrotti di pace in Europa per fermare l’espansione della democrazia all’Est, ecco, allora questo è il libro che fa per lui.

Io ,sinceramente, quando ho letto proprio nella prima pagina tre righe solenni ,che sembrano un proclama, dove si dice che le cose per cui vale la pena di vivere sono anche quelle per le quali vale la pena di morire, e che libertà individuale e possibilità di autodeterminazione come popolo, sono valori “non negoziabili” , mi sono un pochino raggelato.

Semplicemente perché, avendo scelto praticamente da sempre di seguire, come metro di giudizio filosofico le idee dell’illuminismo ,mi sono imposto di diffidare sempre e comunque di chi ti propone qualsiasi affermazione come “valore non negoziabile” e cioè come verità assoluta.

Per carità il Prof.Parsi è una eccellente persona e immagino anche un buon docente di relazioni internazionali ,ma come si evince dalle ultime pagine del libro, deve essersi sconvolto quando ha appurato, che secondo i sondaggi di opinione, si è rilevato che la grande maggioranza degli italiani è contraria all’invio di armi all’Ucraina non tanto per la cosa in sé, ma ancor più per la deduzione che ne deriverebbe logicamente ,e cioè che mai e poi mai la medesima maggioranza riterrebbe di sentirsi moralmente obbligata a partecipare di persona a un conflitto armato.

A questo punto il Professore si deve essere chiesto : e se capitasse a noi quello che è capitato all’Ucraina, chi sarebbe disposto ad andare in guerra?

Questo libro sembra essere stato scritto proprio per contrastare questa eventualità, spiegando perché sarebbe invece necessario e obbligatorio

apprestarsi ad andare a combattere per la libertà e la democrazia, quando queste venissero minacciate, come succede in Ucraina.

In modo un po 'ultimativo ma molto efficace il professore ci dice che non ci sono pasti gratis e che quindi anche libertà e democrazia hanno un costo che può richiedere anche di prendere le armi per defenderle.

OK, ma allora se le cose stanno così non siamo nel capo delle ideee condivisibili?

Che ? Non saremo dei codardi se la pensassimo diversamente?

Dipende.

Ecco ,adesso, dico una cosa che farebbe andare in bestia il medesimo Professore che aborre il ragionamento : una cosa sono i sacri principi ,un’altra è la realtà e l’applicazione pratica, dico questo perchè non vedo come si possa evitare di farlo questo ragionamento tenendo i piedi ben piantati per terra.

OK quei principi sono probabilmente ,voglio sperarlo sinceramente, condivisi da tutti noi.

Il fatto che Putin abbia sbagliato clamorosamente la bracciata al punto da rischiare la sua stessa poltrona se non di più è del tutto evidente.

Poi però in questa materia, a mio avviso ,per capirci qualcosa di concreto che ci aiuti a giudicare occorre rivolgersi a un’analisi di tipo geopolitico e non di politica internazionale per presentare al proprio giudizio una serie di fatti che sono contradditori e che non sono affatto riducibili al bianco o al nero e tanto meno “non negoziabili”.

La faccio breve semplificando molto perché non devo dilungarmi più di tanto.

Il Prof. Parsi insegna relazioni internazionali e sulla base della sua materia si aggrappa forse un po’ troppo dogmaticamente a questo teorema :dopo le due guerre mondiali si è riusciti a fondare un ordine mondiale che è durato 75 anni perché si è riusci a creare una serie di vincoli e istituzioni internazionali che hanno sostituito alle legge della giungla delle regole condivise.

Questo ordine è riuscito a funzionare solo e unicamente perché lo si è fondato sui valori della libertà, dell’autodeterminazione e della democrazia.

Chi non si adegua si deve adeguare pagandone il prezzo, diversamente salta l’ordine e si torna alla giungla.

Ma non c’è solo la visione tipica delle relazioni internazionali, oggi prevale l’interesse per le analisi della geopolitica che non ragionano diciamo sulla storia delle ideologie, ma sulla storia del potere, dei fondamentali e che invece non hanno troppa considerazione per le istituzioni internazionali.

Chi vuole si accosti a “Limes” e a “Domino”, riviste di geopolitica di ottimo livello,più e più volte recensiti sul mio blog per chiarire questi concetti.

Se si usano gli strumenti della geopolitica l’analisi del Prof. Parsi mostrerebbe vistose screpolature, ne elenco alcune:


  • l’indubbio coraggio anche fisico e personale del Pesidente ucraino Zelensky non è sensato che ci faccia perdere di vista il fatto che la libertà e ancor di più la democrazia in Ucraina avevano ,già prima della guerra ,delle declinazioni che non erano propriamente quelle alle quali siamo avvezzi nei paesi fondatori della UE. Quindi non basta dire che se necessario bisogna avevere il coraggio di prendere le armi per difenddre la democrazia, occorre anche chiedersi per “quale” democrazia;

  • la determinazione e la motivazione nel combattere dell’esercito ucraino ci appaiono ammirevoli, ma non trascuriamo il peso che oggi ancor più di ieri ha la propaganda e quella che in geopolitica si definisce la “narrazione della pedagogia nazionale”, queste forme di manipolazione ci sono e vanno valutate da tutte due le parti del fronte;

  • può essere realistico porsi il problema del costo della difesa dei propri principi, che può o dovrebbe in certi casi convincerci a prendere le armi fino a mettere in gioco la propria vita, ma allora, come per qualsiasi altra cosa nella vita, anzi a maggior ragione, occorre mettere in atto un calcolo di costi-benefici e chiarirsi bene a che punto occorre fermarsi;

  • non vedo poi come si possa evitare il confronto con il : “tu non ucciderai!”, biblico, ma presente ben prima del testo biblico nella cultura umana fin dalla notte dei tempi. Nel conflitto ucraino stiamo parlando di decine di miglia di morti, arrivati dopo un anno, verosimilmente ai 100.000 per parte, più il doppio dei feriti, sempre per parte, e decine di milioni di profughi. Lo ripeto sarebbe folle a questo punto non chiedersi fino a che punto giudichiamo ragionevole andare avanti?

  • Spero sinceramente di avere male interpretato, ma mi sembra che Il Professore nel libro sembra sostenere che sarebbe nostro dovere, per fedeltà a quei famosi principi non negoziabili, pretendere che la Russia non solo esca da tutti i territori occupati ma che addirittura si rassegni ad attuare al suo interno quella “decolonizzazione” ,che le vecchie potenze europee hanno già realizzato per tempo, cioè in parole povere che si dissolva.

Ma se questa fosse la visione del Professore, sarebbe  in contrasto netto con praticamente tutte le analisi delle agenzie geopolitiche, che chiunque può consultare ,che mettono   in guardia contro il disfacimento della Russia. Per la semplice ragione che questo disfacimento favorirebbe solo una enorme crescita dell’ influenza della Cina e creerebbe comunque spaventosi momenti di instabilità per di più con migliaia di testate atomiche fuori controllo;

  • Mi meraviglia che il nostro Professore, che tiene a far sapere di essere Capitano di Marina, non prenda in considerazione il fatto che il Pentagono fin da subito ha chiarito di essersi posti dei limiti invalicabili, altro che i “valori non negoziabili”. Ne sono chiarissima sintesi le dichiarazioni assolutamente non equivoche, niente meno, che del Capo di Stato Maggiore della difesa americana Gen.Mark Milley dell’11 novembre scorso : “adesso bisogna trattare” eccetera (d’accordo uscite a libro ancora in stampa, ma ben note nei suoi contenuti ormai da mesi);

  • Mi meraviglia ancora di più che tutto in tutto il libro, ma letteralmente tutto non ci sia il minimo cenno al fatto che il nostro Occidente, che ha generato l’ideologia liberale e gli annessi valori ritenuti “non negoziabili” ,sulla carta geografica del mondo rappresenti con sufficiente approssimazione ⅓ mentre il resto del mondo, che questi valori non condivide con noi almeno nella identica declinazione, rappresenta ⅔ ;

  • come è possibile ignorare che la maggioranza del mondo fondi il proprio pensiero filosofico e politico su “altri” valori ,pure elaborati da civiltà millenarie. Guai se anche questi paesi ritenessero che i loro valori sono “non negoziabili” ,sarebbe una guerra senza fine.

Noi che facciamo riferimento all’ideologia liberale, diamo la priorità all’individuo, il resto del mondo e sopratutto quello asiatico, fa riferimento a un patrimonio culturale-filosofico ,che si basa sulla priorità della società, della comunità rispetto all’individuo.

Forse sarebbe meglio cercare di capirci invece che proclamare l’assoluta verità dei nostri “valori non negoziabili”, anche perchè sia i nostri che i loro sono relativi a qualcosa e quindi non sono verità assolute, che non esistono;

- Mi sembra sorprendente anche che in questo libro si faccia riferimento solo ed esclusivamente a Putin o a Xi ,ignorando il fatto che l’analisi geopolitioca, da tempo ormai, ha chiarito che anche dove il potere politico è concentrato in un “autocrate” ,in reltà il medesimo deve rispondere a un sistema sofisticato , complesso e plurale, che personale è solo di facciata. Non sarebbe più sensato allora degnarci di cercare di capire come la pensano i popoli russi e cinesi invece che i soli Putin e Xi?;

- non posso, per finire, tacere il fatto che rappresentano a mio avviso una seria caduta di stile ,fortunatamente poco comuni fra gli accademici ,le ripetute allusioni a chi propone opinioni diverse ,rispetto a quelle esposte nel libro, come fossero tutti poveri ignoranti e incolti, vittime del loro narcisismo ,quando non anche magari prezzolati da Mosca.




giovedì 26 gennaio 2023

Gherardo Colombo : Il perdono responsabile. Perchè il carcere non serve a nulla - prefazione di Luigi Manconi - Editore Ponte alle Grazie Adriano Salani - recensione

 


Che scherzi che ci combina la vita, contradditoria come l’essere umano.

Appare infatti come uno scherzo del destino che il magistrato che professa la filosofia del diritto più limpidamente garantista, tutta diretta al recupero del reo nella società ,come Gherardo Colombo,sia diventato famoso in quanto membro del pool di Milano nei processi di Tangentopoli ,che sono stati gestiti seguendo la filosofia esattamente contraria ,cioè quella ispirata al giustizialismo (manette facili e sbattere in carcere buttando via la chiave).

Gruppo di magistrati spronati e spinti da una ondata di opinione pubblica, mai vista prima in Italia ,che sembrava ripercorrere gli atteggiamenti delle famose “Tricoteuses” che facevano la maglia fra un’esecuzione e l’altra nella Parigi della Rivoluzione del 1789, come se fossero spettatrici di uno spettacolo di intrattenimento ,si direbbe oggi.

Nel libro del quale parliamo, Colombo non usa una sola volta nè il termine giustizialismo, né quello di garantismo, immagino con l’intento di evitare accuratamente di spingere opposte tifoserie a scontrarsi su argomenti ,che richiedono invece la pacatezza della riflessione dello studio e del discernimento.

Colombo propone un argomento non facile di filosofia del diritto e di etica, ma lo fa in modo assolutamente piano ed evidente.Il discorso è scorrevolissimo e cerco di riassumerlo in quattro parole.


In Italia arrivano mediamente la bellezza di 3 milioni di notizie di reato all’anno all’autorità competente.

Una volta espletate le procedure previste dalla legge si opera una scremature radicale che mediamente porta alla condanna nell’8% dei casi.

La percentuale sembrerebbe piccola ma Il risultato pratico è che ci ritroviamo sempre mediamente con circa 60.000 persone in carcere e leggermente meno dello stesso numero, condannati a misure alternative.

Sono chiaramente numeri considerevoli, che corrispondono alla popolazione di un capoluogo di provincia, per ciascuna categoria.

Ma il numero al quale guardare con la massima attenzione è questo : fra coloro che hanno espletato la pena ,cioè che ,come si dice normalmente, “hanno pagato il loro debito con la società”, ben il 70% torna a delinquere.


Ecco la riflessione non può che partire da qui tenendo conto che questa non è una affermazione ideologica, ma è semplicemente un dato di fatto.

Ora ,a me sembra, che chiunque di fronte a queste cifre non possa che rimanere scioccato e riflettere sul fatto che se, prima di esserne a conoscenza, magari era fra coloro che pensavano, che il reo debba essere allontanato dalla società per pagare a causa del reato commesso, contribuendo così al ristabilimento della sicurezza nella società, ora è costretto a ripensarci.

Se il 70% dei reclusi ,dopo “aver pagato il loro debito” ,tornano a delinquere, è chiaro ed evidente che la galera non è servita a nulla, lo stato ha buttato via soldi ,tempo ed energie per non ottenere proprio un bel nulla e la sicurezza non è stata affatto rafforzata, nè ristabilita.


Al di la di ragionamenti etici o ideologici ,ui è l’aritmetica che impone di fermarsi a ragionare ,cercare di liberarsi di pregiudizi, calmare l’emotività, che suscitano questi argomenti e partire dai numeri , dai fatti per concordare sul fatto che questo modo di procedere ,giusto o sbagliato sbagliato che sia ,non serve affatto a raggiungere il risultato voluto e che quindi risulta ragionevole e doveroso trovare altri sistemi per raggiungere lo scopo che ci si era prefissi.


La parte più alta e sostanziale del libro è quella che mette a confronto due visioni etico-filosofiche opposte della giustizia e della pena.


Quella che ispira da noi l’orientamento prevalente di tipo vendicativo (volgarmente carcere e buttare la chiave) , mirante a escludere il reo dalla società, infliggendogli una sofferenza e “mettendo in pausa” la sua dignità personale ,per tutto il periodo della pena ,nella convinzione che questa sofferenza “retribuisca” la società, per il danno subito e che il ricordo della punizione servirà sia come deterrenza per il reo spingendolo a non delinquere di nuovo, sia ad intimorire gli altri (“beccarne uno per educarne altri cento”).


Contrapposta alla visione sopra descritta sta quell’altra ispirata all’orientamento diretto alla riconciliazione riparativa, cioè diretta alla rieducazione e riabilitazione del reo, per riconciliarlo quanto prima con la società.


Il primo orientamento è basato su una concezione dell’uomo di tipo strumentale (l’uomo vale per quello, che fa e non per quello che è)

Il secondo è basato sul riconoscimento del valore primario dei diritti umani ,per il quale l’uomo vale per quello che è ,cioè ha una dignità inviolabile di per sè e quindi se devia va recuperato quanto prima.

Colombo, è inutile dirlo, sostiene il secondo modello pur riconoscendo che risulta minoritario e bisognoso di un cambiamento culturale non facile.


Se si sposa il secondo modello, allora tutto il sistema della giustizia penale dovrebbe essere ricostruto basandolo su processi di mediazione, operati da una terza , qualificata per mettere in contatto offeso e colpevole dell’offesa in un procedimento diretto a una riconciliazione, da raggiungere, attraverso una forma di riparazione.

Ecco, capisco che questo modo di ragionare non è particolarmente popolare nel nostro paese ,ma forse la descrizione delle reali condizioni della vita carceraria ,che Colombo espone, sono a mio parere sufficienti per aprirci le menti.

Ottimo libro per di più scorrevole e breve.