martedì 26 luglio 2011

La classe politica è più che mediocre, ma anche i nostri industriali….

Il genio, il mostro, il massimo che abbia prodotto l’Italia il famoso Marchionne l’uomo Fiat- Chrysler, ha salvato la Chrysler a la Fiat, onore al merito.
Ma raccontiamola tutta. Il suo merito è stato in sostanza nell’accettare la maxi offerta di finanziamento di Obama per salvare dal fallimento la Chrysler.
E’ stato un rischio enorme, se lo è preso e ci è riuscito. E’ la tipica success story del capitalismo e infatti piace moltissimo in America.
Ora la Chrysler è salva e la famiglia Agnelli può finalmente (dal suo punto di vista) ritirare gran parte del proprio capitale dall’auto.
Ma la Fiat (fabbrica italiana automobili Torino) è probabile che non ci sarà più.
L’idea di Marchionne di sostenerla cercando di vendere la cinquecento in America e in Italia la suv della Chrysler Freemont con marchio Fiat è una autentica minchiata.
Per di più il gruppo Fiat Alfa Lancia continua ad avere in listino macchine brutte e invendibili (la 4x4 sedici, l’Idea, la Multipla, la Stilo, l’Ulisse, la Seicento).
Non hanno la minima prospettiva di vendere e se la Fiat non riesce a vendere macchine che fa? E i modelli nuovi dell’era Marchionne dove sono?
Il più grande industriale italiano, se pure del settore pubblico Scaroni dell’Eni, abbiamo visto che per parlare con il Presidente del Consiglio degli affari della sua azienda aveva bisogno della mediazione del lobbista –faccendiere Bisignani, quando una volta il suo predecessore Mattei era abbastanza potente da convocare lui il Presidente del Consiglio, se avesse avuto bisogno di parlargli, questa era una anomalia al contrario, ma era così e tutti lo sanno.
Luca di Montezemolo, titolare del più famoso marchio italiano, aspirante politico e uomo dei treni dell’alta velocità ,è stato l’altro grande industriale che ricorreva a Bisignani e questo solo ne diminuisce abbastanza drasticamente la statura.
Di Tronchetti Provera ex Pirelli pneumatici, oggi risuscitati con successo, ed ex tycun della Telecom, poi lasciata in non brillanti condizioni non ci sono molti disposti a spendere parole entusiaste anche a causa dell’affare tutto italiano dei dossiere raccolti dalla sua straripante “sicurezza interna”. Ne è uscito senza che fossero riconosciute responsabilità penali, ma l’affaire non è stato brillante.
Con i Tycun dei media si cade dalla padella nella brace.
Non diciamo neanche una parola su Berlusconi, perché c’è poco da aggiungere.
Il suo arci- rivale De Benedetti, partito da quello storico gioielli italiano che era l’Olivetti e ora lanciato nella produzione di energia verde e nella sanità, suscita anche lui scarse simpatie per le non proprio mirabolanti realizzazioni.
Se andiamo nel settore immobiliaristi, costruzioni, cemento vediamo più scandali che realizzazioni.
I petrolieri sprizzano simpatia da ogni poro con il loro cartello dei prezzi che fanno salire i prezzi alla pompa quando la benzina diminuisce sui mercati,e con i loro impianti non proprio al massimo delle misure anti-infortunistiche e anti- inquinamento.
Il poco acciaio che è rimasto produce in condizioni inquinanti tali da rendere Taranto una icona di città invivibile e che nessuno sa più come bonificare.
Finmeccanica, armamenti è sotto la lente della magistratura.
Grandi opere, Impregilo, grandi appalti internazionali e grande prestigio,è scivolata sulla penosissima buccia di banana del trattamento dei rifiuti di Napoli, che ne ha incrinato gravemente l’immagine.
Le banche, i veri padroni del vapore, si dice che abbiano sopportato meglio dei concorrenti avrebbe tenute al riparo. Non è una lode.
Abbiamo parlato finora solo dei grandi, che statisticamente in Italia semplicemente non ci sono praticamente più in quanto nessuno raggiunge nel proprio settore le dimensioni standard per la grande industria e già questo dice tutto.
La galassia dei piccoli, che costituisce la vera ossatura del capitalismo italiano, dopo i miracoli dei distretti e del Nord-Est ha subito la globalizzazione come se fosse passato un tornado anche a causa della insipienza della classe politica che non è stata capace ci contrattare a livello europeo una rete di protezione temporale per le produzioni italiane.
Il risultato : vent’anni di stagnazione che nessuno sa se veramente è finita.

Nessun commento: