martedì 20 settembre 2011

Il fallito

La cosa è più penosa per chi è più anziano e si ritrova a constatare che nella sua vita è la seconda volta che aveva dato fiducia a un “uomo della provvidenza”, che alla prova dei fatti ha fallito miseramente.
Dagli altari alla polvere, chi fa politica sa che deve mettere in conto anche questa eventualità, che non è poi così rara.
Ho davanti agli occhi le immagini di “Silvio for ever” il documentario autobiografico messo in onda da la 7 dieci giorni fa.
Il giovane imprenditore di successo impomatato a suo completo agio davanti alle telecamere a proporsi nel ’94 come il grande modernizzatore di un paese ingessato da una politica della “prima repubblica” troppo mediocre.
La sorte gli ha riservato da vivo la pena dantesca del contrappasso ora che si è ritrovato a gestire, senza esserne capace, il governo e la maggioranza più mediocri che l’Italia abbia mai avuto.
La constatazione di un fallimento è una grande tristezza.
Il fallito fa pena, prima che rabbia.
Questo purtroppo per lui e per noi è un fallimento da manuale.

Come rappresentante dell’Italia nei consessi internazionali
Citiamo due esempi.
L’ emergente e pimpante successore dei “Sultani della sublime porta” , come venivano chiamati i capi dell’impero ottomano, il turco Erdogan che dichiara pubblicamente che mai incontrerà un leader moralmente impresentabile come quello italiano.
Il serioso settimanale della intelligenzia tedesca der Spiegel che tenta una divertentissima traduzione nella lingua di Goete , dell’ultimo parto del carattere “gioioso ma elegante” del nostro presidente, che avrebbe qualificato la Kanzlerin come “culona”.
Traduzione divertente se non avesse conseguenze potenzialmente disastrose per il nostro paese.
Il premier naturalmente non avrebbe pensato, come avrebbe dovuto se fosse responsabile del suo ruolo che lui o il suo successore dovrà recarsi dalla medesima Kanzlerin col cappello in mano a supplicare di acquistare i nostri BTP per evitare il fallimento finanziario del nostro paese.
Ma certo per chi ha avuto lo stomaco di baciare la mano a Gheddafi non sarebbe un problema.
Sarebbe invece un grave problema per la sua interlocutrice, molto meno “gioiosa” e invece ben conscia della responsabilità del suo ruolo.

Come leader politico di una coalizione di governo.
Si ritrova a governare con una maggioranza che un tempo sarebbe stata definita “bulgara” , nel senso che numericamente è addirittura strabordante, peccato però che sia formata anche da gentiluomini che dichiarano che quandanche sapessero per certo che il premier avesse stuprato una minorenne, non vedrebbero alcuna ragione per metterlo in minoranza segandosi così la poltrona sulla quale sono indegnamente seduti.
Le vicende della così detta manovra finanziaria hanno fatto ridere il mondo, ma c’è poco da ridere.
Il guaio della situazione è che per definizione il conto del fallimento non lo paga il fallito, ma i suoi creditori, cioè noi.
L’amministratore delegato di Intesasanpaolo, la maggiore banca italiana, e quindi uno degli uomini più qualificati nel campo ha dichiarato l’altro ieri sempre a la 7 che non si può escludere l’ipotesi di un fallimento finanziario del paese.
Peccato che fino a ieri il premier e il suo degno ministro dell’economia ci hanno ripetuto quotidianamente che tutto andava bene, e che l’Italia aveva superato la crisi meglio di qualunque altro paese, per di più ostentando un fastidiosissimo sorriso ebete stampato sul viso.

Come capitano d’industria.
I gruppi industriali che fanno capo al premier hanno registrato nell’ultimo anno una perdita di quotazione dell’ ordine del 60% per cento.
La Mondadori fino a ieri lodata per essere riuscita a tenere fuori dalla porta la politica, ha cambiato rotta facendo fuori uno dei più importanti dirigenti editoriali, persona notissima e di fiducia degli autori a favore di un raccomandato pare dell’ex ministro dei beni culturali.
E’ la fine di un mito.
Ma è proprio il “core business” dell’impero mediatico ad essere in crisi.
La televisione generalista in prospettiva è finita, non ha futuro e quindi gli investimenti andrebbero spostati sulla tv “on demand”, ma non sembra che il gruppo abbia pronta qualche iniziativa tecnologicamente innovativa.

Come capo famiglia.
Chi arriva al secondo divorzio, la si giri come si vuole, è uno che deve riconoscersi al secondo fallimento.
Per di più le famose parole di congedo della Signora Lario hanno sorpreso tutti per la profondità e la sobrietà dell’analisi sulla situazione dell’ex marito.
La dissoluzione di una famiglia è uno dei fatti più dolorosi e chi ha fallito fa ancora più pena perché nel caso specifico è molto probabile che l’ammontare del suo patrimonio gli peserà come un fardello invece di essergli di aiuto.
Alcuni osservatori hanno già pronosticato che verrà azzannato da eredi famelici.

Una grande pena e un grande conto da pagare.
Tutto sommato questo uomo schiacciato dal peso di un pesante fallimento, lo ripeto, fa più pena che rabbia.
Rimane l’immagine di un ricchissimo poveraccio, inseguito da una schiera abnorme di rapaci donnine di facili costumi, di altrettanto rapaci cortigiani politici che gli sono stati amici a libro paga e se questa è l’amicizia…
E infatti l‘uomo pare non abbia amici in senso proprio.
Povero lui, se non dovessimo subito aggiungere poveri noi, perché siamo noi che dovremo pagare il conto salato della bancarotta morale e finanziaria della sua stagione politica.
E siamo onesti, siano onesti quelli che in questi quasi vent’anni hanno fatto finta di non vedere e di non sentire la puzza di oscena volgarità che emanava da questo nuovo che non era nuovo affatto.
Gli eminentissimi in abito porpora e i meno eminenti in veste nera che hanno scambiato il loro appoggio in cambio di esenzioni e finanziamenti non pensino di non dover pagare dazio in termini di caduta di immagine, di prestigio e di credibilità per loro personalmente e per la istituzione che rappresentano.
I politici amici a libro paga che non hanno avuto il coraggio civile e personale di rischiare facendo un passo avanti, facendone fare uno indietro al loro sempre più impresentabile capo, non pensino di poter continuare a galleggiare dopo che il fallito se ne sarà andato.
I semplici cittadini che hanno avuto fiducia nell’uomo della provvidenza non pensino di non dovere fare i conti con il buon senso che morderà il loro animo chiedendo loro perché non avevano fatto lo sforzo di informarsi con fonti attendibili su una realtà che si sono sforzati di non vedere per anni.
E tutti quanti rassegniamoci , la ricreazione è finita, ci hanno raccontato la più gigantesca delle balle, cioè che non avrebbero mai messo le mani nelle nostre tasche.
Ora non faremo altro che dover pagare di tasca nostra profumatamente per aver fatto l’errore di aver messo al potere della gente più mediocre dei mediocri della prima repubblica.
La prossima volta cerchiamo di fare meglio, almeno informandoci meglio.

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