venerdì 9 settembre 2011

Silvio for ever trasmesso sulla 7

Ieri sera la 7 ha trasmesso il film prodotto su testo dei ben noti giornalisti del Corriere ,autori del libro di successo sulla “casta” dei politici , Stella e Rizzo.
Si trattava più di un documentario, costruito con materiale originario, che di un film come “il caimano” ad esempio e questo ha dato agli autori un notevole vantaggio, perché non potendo nessuno contestare la veridicità di materiale originale (video o registrazioni), il film riesce digeribile sia ai bersusconiani che si esaltano, come agli anti-berlusconiani che si schifano.
L’assemblaggio, fatto per mettere insieme una biografia veritiera del personaggio,sembra nettamente riuscito.
La prima inpressione che si ricava è la distanza scioccante fra il volto terreo del Berlusconi di oggi, che assomiglia sempre di più al Mussolini del Gran Sasso e di Salò, e il Berlusconi giovane e rampantissimo degli inizi.
La seconda impressione è che dal materiale video sul quale è basata la biografia, esce in modo prepotente la maschera seduttrice dell’uomo, che recita sempre è vero, ma è chiaro che nel personaggio non c’è e forse non c’è mai stata alcuna distinzione fra l’uomo e l’attore.
Berlusconi non ha bisogno di mettersi in posa, è così, è un attore nato.
Quel che quasi sconvolge è che questi tratti del suo carattere, oggi ormai noti a tutti, li aveva netti anche quando era un ragazzino : venditore - seduttore irresistibile che nulla faceva se non per portare alle sue tasche qualche lira.
Uomo determinato e baciato dal successo, ma con una autostima che è sempre stata talmente ipertrofica da rasentare il ridicolo.
E’ stata la molla che lo ha portato dove è arrivato, ma era ed è anche il suo limite, che lo fa così spesso straparlare e gli far ritenere di potersi sistematicamente permettere di dire e contraddire nel giro di un minuto.
Dal film é uscita chiarissima la dimensione fondamentale della sua personalità, che tanti commentatori hanno individuato nella sua identificazione con la così detta “pancia” degli italiani.
Il personaggio,dai filmati che si sono visti è sempre stato convinto di questo assioma : se io sono l’arci-italiano, è chiaro che sono simpatico ai più, che quindi mi amano e mi seguono perché non possono fare diversamente, dato che io sono loro.
Io debordo, io aggiro, io mi tolgo tutti i capricci, io mi faccio beffe di regole e quant’altro perché mi diverto a farlo, faccio un sacco di soldi e loro sognano di essere me.
I sudditi hanno trovato il loro imperatore.
Punto, il cerchio è chiuso.
Il guaio, l’enorme guaio è che l’equazione di cui sopra è verosimile e addirittura veritiera.
Il problema ovviamente è che questo tipo di adesione e di scelta di una classe politica per sentimento, per emozione e non per ragione era quello in vigore ai tempi dell’assolutismo.
Oggi è una terribile anomalia, è un non senso, è qualcosa che scuote la democrazia alla radice, perché si muove nelle forme delle istituzioni democratiche senza alcun vulnus, ma è cultura politica estranea e contraria alla democrazia moderna.
La democrazia, la modernità, non è questione di votare o non votare, se non in parte.
E’ soprattutto questione di capire quello che si fa come cittadini responsabili per partecipare, per dare costantemente il proprio contributo per fare si che la cosa pubblica sia gestita sulla base di scelte razionali efficaci e per controllare l’operato dei propri rappresentanti.
Il capo che con le elezioni diventa unto del signore non ha senso nel mondo moderno.
Il commento al film, è stato un dibattito moderato con molta professionalità da Enrico Mentana ed affidato a Giuliano Ferrara, Eugenio Scalfari e Paolo Mieli e quindi di ottimo livello.
Quello che ha scosso profondamente penso non solo me, ma penso la gran parte degli spettatori è che mentre Mieli teneva il punto commentando con il suo ormai consolidato ruolo di terzista anti-berlusconiano razionale e Scalfari ripeteva la sua condanna radicale al berlusconismo, Ferrara non riusciva a prodursi nemmeno in un tentativo di analisi storica, ma recitava convintissimo e senza turbamento alcuno nel suo ruolo di cortigiano convinto.
Berlusconi passerebbe alla storia come colui che, continuando l’eredità di Craxi, avrebbe saputo dare uno scossone a un paese ingessato, rimettendolo in moto.
Prove, esempi, naturalmente nulla.
Le sue pagliacciate e la malattia di sesso che lo hanno reso ormai impresentabile e fonte di imbarazzo in qualsiasi consesso nazionale o internazionale sarebbero niente altro che la manifestazione del lato “gioioso” del suo carattere.
Il personaggio Berlusconi probabilmente non può più separarsi dalla maschera che ha recitato fino a qui e non cambierà mai.
Questo renderà la sua uscita di scena sempre più penosa e gravosa per il prestigio del paese.
Non è piacevole, ma realisticamente sembra che lo si debba dare per scontato.
Spaventa però che il berlusconismo si sia tanto radicato da convincere tanti suoi ciambellieri e cortigiani come Ferrara che sostenere le tesi citate sopra, sarebbe cosa ovvia che tutti capiscono e non invece vuota adulazione ormai fuori tempo e per niente utile al capo.
E qui veniamo al nocciolo, tutto questo succede perché per i Ferrara, Berlusconi non è il capo, il duce.
E’ l’idolo, il totalmente diverso , il più che umano, che è insostituibile come capo politico, proprio perché avrebbe queste caratteristiche ultra.
Nemmeno il fascismo era riuscito a instillare simili vaneggiamenti, nella testa della gente, né tanto meno dei gerarchi ed è spiacevole, che sia così, ma occorre dirlo.
Mussolini era più sobrio e non faceva troppo ridere, né aveva mai tenuto a farlo.

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