Erano anni che il PD faceva veramente pena, un
partito dalla identità dubbia, governato malamente da una accozzaglia di
galletti in perenne bisticcio fra di loro.
Ve li ricordate i Franceschini, Letta, Bindi,
Fioroni, D’Alema, Veltroni con una spruzzatina di sindacalisti che sgomitavano
per acquisire visibilità presentandosi davanti a tutte le telecamere
disponibili a sciorinare le loro banalità inconcludenti?
Poi Bersani, bisogna dargliene atto, è riuscito,
non si sa come, se non a metterli in riga, almeno a farli stare zitti, che era
già tanto.
Finalmente la gente ha percepito che il PD aveva
un segretario che era appunto Bersani e che la linea al partito la dava lui e
non gli altri.
E’ stato un passaggio fondamentale anche se non
sufficiente, perché occorre dire anche questo, Bersani non ha la stoffa di un
grande leader.
E’ totalmente privo di carisma, non sa
praticamente parlare, si trova a disagio nell’uso dei moderni mezzi di
comunicazione, in poche parole è quello che nei tempi della guerra fredda
veniva definito sprezzantemente e usando approssimativamente il russo un “apparitichky”
un uomo di apparato.
E infatti questa è stata al ballottaggio la sua
carta vincente.
Quando c’è da contare i voti chi controlla
l’apparato (quadri di partito, clientele soprattutto negli enti pubblici
statali, comunali, provinciali, regionali, società di servizi ecc.) guida una
macchina potentissima.
Sfidando l’apparato in uno scontro frontale Renzi
ha fatto un’impresa eccezionale quando è arrivato al primo colpo a soli otto
punti dal segretario.
Renzi è stato capace di farsi percepire come
l’uomo nuovo e non era difficile per il semplice fatto che lo era nella realtà.
E’ stato bravissimo, tenace, dotato di un fair play
anglosassone del tutto sconosciuto nella politica italiana, ma si è fatto
prendere la mano calcando troppo quasi solamente su tutti gli elementi che lo
facevano diverso da Bersani.
Ha recitato la parte talmente bene da costruire
un’icona di sé stesso.
Giovane pimpante con jeans e camicia invece che ingessato in giacca e
cravatta, col telefonino, naturalmente smartphone di ultima generazione, sempre
in mano e ben in vista, non fermo davanti al palco, ma sempre in movimento da
una parte all’altra in perfetto stile
Tony Blaire prima maniera, linguaggio diretto e stringato accompagnato da
snocciolamento di cifre per avvalorare le proprie affermazioni, di tanto in
tanto brevi inserti filmati per non pesare troppo sull’uditorio, ogni tanto
proiezione di slides, cioè di grafici o fotografie, come si fa a scuola o fra
persone che vogliono informarsi seriamente.
Molto americano questo Renzi che non per niente
vorrebbe essere percepito come un possibile Obama italiano.
Nessuna concessione al populismo imperante, cioè
nessuna promessa mirabolante, anzi parecchie riconferme su rigore e sobrietà, cose piuttosto pericolose per un uomo del
centro-sinistra.
E molto fair play, cioè assenza totale di colpi
bassi o attacchi di tipo personale diretti all’avversario, non so come abbia
fatto a resisterci dato che sarebbe stato facilissimo buttare addosso a Bersani qualcuno degli ingombranti
scheletri del suo armadio politico : Penati ,braccio destro di Bersani, sotto
processo per fatti ignominiosi, la storiaccia della sua segretaria storica, che
pare sia a carico della Regione Emilia Romagna, i soldi dei padroni dell’Ilva
per le sue campagne elettorali eccetera, eccetera, la disastrosa vicenda del
Montepaschi ecc.
Appena dopo la sua qualifica di rottamatore, Renzi
voleva giocare un’altra carta giudicata vincente : dare la percezione che solo
lui sarebbe stato in grado di parlare a una parte consistente dell’elettorato moderato
e berlusconiano rimasto incerto e senza riferimenti, perché col suo programma
molto sfumato ma modernizzatore e tanto per bene nessuno avrebbe mai potuto
dargli del comunista e in fatti nessuno l’ha fatto.
Nel carnet di Renzi insomma c’erano quasi tutti
gli ingredienti necessari per giocarsi la partita alla grande.
C’è riuscito e realisticamente non poteva fare di
più.
I commentatori giustamente hanno rilevato che ha
commesso un errore madornale quando esaltato dal successo nel primo turno ha
calcato ancora di più la mano su certe caratteristiche seguendo troppo alla
lettera le indicazioni dei suoi super esperti di comunicazione, ma arrivando
così ad irritare troppo la base tradizionale del PD.
Cioè andava benissimo fare il discorso del
rottamatore, ma questo lo ha portato direttamente a segnarsi un autogol quando
prima Veltroni e poi D’Alema si sono fatti da parte e lui è rimasto senza
argomenti.
Andava benissimo fare un discorso capace di
attirare una parte dell’elettorato moderato e di provenienza berlusconiana, ma
di fronte a una base di partito in gran parte accesamente anti – berlusconiana
qualche stoccata contro la destra e Berlusconi stesso bisognava pure tirarla e
non lo ha fatto quasi mai.
Era comprensibile che non si sbilanciasse troppo
nel programma per poter pescare un po’ da tutte le parti, del resto lo fanno
tutti e da tutte le parti del mondo, ma qualcosa di sinistra occorreva proprio
dirlo e non lo ha detto praticamente mai.
Ora comunque è fatta e a detta di tutti ha vinto
il PD, nel senso che con un confronto molto civile e moderno ha dimostrato di
esserci, di saper rinnovarsi e di essere in grado di parlare al paese e di
potere più che legittimamente aspirare al governo del paese.
Ora però comincia la parte meno piacevole della
politica.
Bersani dovrà invitare la vecchia guardia ad accomodarsi
fuori, con tutti gli onori e i ringraziamenti, ma fuori e questo è un compito
ingrato tutt’altro che facile e con esiti tutti da verificare.
Renzi dovrà rendersi conto che il popolo del PD lo
ha inconfutabilmente incoronato numero due del partito e numero uno nella lista
di successione a Bersani.
Non potrà sottrarsi ad assumere questo ruolo che
la sua gente ha scelto per lui.
E tutti e due dovranno far valere con i denti l’investitura
popolare che hanno ricevuta.
Ora non sono più due avversari ma sono la squadra.
In politica la gente ti mette sugli altari, ma non
esita a gettarti nella polvere se non rispondi ai suoi desideri e quindi guai a
loro ed al PD se non saranno capaci di fare squadra al più presto possibile, perché
ora occorre fare bene attenzione al caimano B. ferito e pronto a tutto,
letteralmente a tutto.
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