mercoledì 28 maggio 2014

Hanno avuto paura di cambiare con Grillo e hanno creduto a Renzi



Nel mondo degli affari si da per scontato il principio che il cliente ha sempre  ragione, ma in politica questo medesimo principio vale solo perchè siamo in democrazia e quindi dei risultati delle elezioni c'è da prendere atto comunque, ma non nel senso che il voto abbia il potere di fare diventare sensato ciò che sensato non è.
Anzi l'atteggiamento di molta stampa, secondo la quale chi vince ha sempre ragione e va quindi osannato è un atteggiamento piuttosto servile, non degno di un paese evoluto.
Detto questo però va subito aggiunto in modo altrettanto chiaro che chi ha perso e per di più ha perso male, come hanno fatto i 5stelle, deve meditare sulle cause della sconfitta e proporsi quindi di cambiare in modo deciso la propria offerta politica, se non vuole il suicidio.
Nei  post precedenti  con l’etichetta “politica italiana”, si erano elencate le  ragioni per le quali i conti  con Renzi ,a mio avviso, non tornano proprio.
Ora che ha stravinto le elezioni , continuano a non tornare.
L’alleanza innaturale delle  “larghe intese” non stava in piedi prima  e non sta in piedi adesso.
Il fatto che Berlusconi risulti il più perdente, fra i perdenti di queste elezioni,  sarà anche un fatto positivo, ma non cambia nulla nella sostanza, anzi il governo  Renzi che si sostiene coi voti determinanti di Berlusconi  fin dal primo giorno, sarebbe più in salute se l’ex tutto fosse riuscito meglio.
Ma vediamo di capirci qualche cosa.
Innanzitutto la vittoria di Renzi non è stata una vittoria qualunque, ma si merita la definizione di vittoria storica, per il fatto che mai prima una formazione di centro- sinistra era arrivata a quel livello.
I politologi indicano da decenni nel 35% il tetto massimo raggiungibile da una tale formazione politica.
Se Renzi è andato oltre e anche di parecchio, questo significa che gli è riuscito quello che era auspicato dai commentatori moderati, ma che mai era riuscito prima a nessun altro e cioè andare a pescare con successo nelle terre berlusconiane e tornarne con buona preda.
Questa comprovata capacità di Renzi di pescare un po da tutte le parti ha indotto molti commentatori a paragonare il suo successo a quello di Fanfani nel 1958.
Come numeri ci saremmo, poi ci sono altre analogie evidenti : toscani tutti e due , tutti e due decisionisti al limite dell'autoritarismo, tutti e due sempre di fretta, tutti e due molto determinati.
A Renzi però manca terribilmente il retroterra culturale, che aveva fatto di Fanfani quello che era.
La preparazione alla vita politica negli anni di esilio, come rifugiato antifascista in Svizzera e poi, tornata la libertà, l'intensissimo periodo di austera e rigorosa vita comunitaria con altri tre giganti del cattolicesimo sociale : Dossetti , Lazzati e La Pira, in un mini appartamento a due passi dal Senato.
La linea della Costituente e della ricostruzione era stata elaborata da questi allora giovani leoni in un modo molto serio , condividendo una ispirazione ideale elevata.
Renzi, purtroppo per lui e per noi, non ha nulla di tutto questo, in lui tutto è vago e generico.
Gioca a sua discolpa, il fatto che la politica, oggi ,vive nella stagione del tramonto delle vecchie ideologie, in una società definita “liquida”, fluida, sempre in movimento.
Ma senza una stella polare ideale, si gira a vuoto, oggi, come ieri, si veda a titolo di esempio il vuoto trotterellare a casaccio, per carenza di idee forti, del berlusconismo, per lunghi vent'anni, senza combinare nulla, pur fruendo di un larghissimo mandato popolare.
La vittoria di Renzi è stata massiccia, però oggi occorre tenere conto che in una società liquida, che, ha fatto diventare liquida anche la politica, come ha duramente, ma efficacemente commentato Marco Travaglio, oggi la distanza fra Piazza Venezia e Piazzale Loreto si è fatta molto, molto ridotta.
Si va su, ma si va anche giù a gran velocità, se non si convincono gli elettori.
Grillo ne sa qualche cosa.
Sui perchè del tonfo di Grillo i commenti sono stati, se non unanimi, molto vicini.
L'errore capitale è stato il non capire che la strategia del proporre una rivoluzione non era supportata da un reale consenso popolare.
L'offerta politica di Grillo e Casaleggio è stata giudicata troppo radicale.
Mani pulitissime per un ritorno immediato alla legalità, con processo, almeno politico, alla vecchia casta è stato giudicato chiedere troppo.
Un commentatore sarcasticamente ha scritto ; chiedete agli italiani di fare la rivoluzione e quelli, terrorizzati, si inventeranno immediatamente una bella balena bianca per evitare la rivoluzione.
Sostanzialmente è quello che è successo.
I due più noti e forse anche più autorevoli statistici italiani, Luca Ricolfi e Ilvo Diamanti hanno concordemente commentato i numeri usciti dalle urne interpretandoli come la volontà dell'elettorato di avere un governo efficiente, qui e subito, non una rivoluzione, per sua natura imprevedibile.
Grillo, per altro bravissimo come capo popolo, chiaramente non aveva percepito, che da sotto il suo palco, nelle piazze sempre gremite, era questa e non altra la domanda politica che veniva in superficie.
E' duro doverlo ammettere, ma quel vecchio volpone di Berlusconi, anche se ferito e sul viale del tramonto, invece, lo aveva capito benissimo, tanto che nell'ultima settimana ha scatenato tutti i suoi potenti mezzi di comunicazione per ripetere continuamente un messaggio semplice e chiaro : Grillo è come Hitler e Pol Pot, attenti, sarebbe un dittatore, che vuole raddrizzarvi la schiena.
Berlusconi aveva capito e interpretato esattamente il sentire della gente, che aveva cominciato ad avere paura .
Grillo grida , inveisce , insulta e minaccia ,si diceva.
Gli altri facevano anche di peggio, ma Grillo, evidentemente, è stato giudicato credibile, troppo credibile, fino a spaventare.
La gente ha recepito in sostanza questo messaggio : wheilà!, questo non scherza, altro che comico, se vince ,questo, la rivoluzione la fa per davvero.
Tutti in galera.
Il tintinnar di manette spaventa.
Il livello di corruzione, malaffare, clientelismo, vantaggi di casta o di corporazione, molteplici forme di sussidi e privilegi sono talmente generalizzati, che la prospettiva di una rivoluzione legalitaria imminente non è una prospettiva benvista o allettante per molti o moltissimi.
Poi c'è la disinformazione di altrettanti moltissimi, che non sono solo anziani e casalinghe teledipendenti.
C'è poi il calcolo elementare e forse un po' gretto e di stretto orizzonte sempre di moltissimi, per i quali c'è la crisi, che è evidente, ma il proprio stipendio o pensione, più quello della moglie, consente un livello di vita, giudicato adeguato e tutto sommato soddisfacente e quindi per tutti costoro la prospettiva di una rivoluzione va oltre le proprie aspettative e interesse immediato.
Il famoso ceto medio, se pure impoverito e disceso dalla scala sociale di qualche gradino, evidentemente non prende abbastanza sul serio il fatto che lo stipendio o pensione, che arriva puntuale tutti mesi, potrebbe non arrivare più di colpo o essere drasticamente ridimensionato, come è capitato ai Greci, se il governo non cambierà radicalmente la sua politica economica.
Guardare lontano o fare un ragionamento sulla politica economica non è mai stata un'attitudine della gran parte dell'elettorato.
Per farlo bisogna studiare qualcosa o per lo meno informarsi bene.
La stragrande maggioranza della gente non lo fa.
Poi nella sconfitta di Grillo non può non entrarci proprio il modo scelto per fare passare il messaggio, gridato e arrabbiato.
I sopracitati Ricolfi e Diamanti hanno osservato che la gente aveva recepito la reazione contro la casta politica e la necessità di rottamarla nelle elezioni del 2013, ma che oggi voleva un governo qui e subito.
L'offerta politica di Grillo è quindi stata completamente fuori tema, perché il discorso della rabbia anti- casta era già stato archiviato dall'elettorato.
Oggi le cose vanno terribilmente in fretta.
Grillo, come nessun altro, intendiamoci, l'aveva capito, ma le legnate dagli elettori le ha prese lui.
Forse il fiuto dell'uomo di spettacolo , abituato a carpire i movimenti della platea qualcosa aveva intuito se ha sentito la necessità di andare all'ultimo momento nel salotto di Vespa in TV, in doppio petto , per presentarsi con toni moderati.
Non a caso il vecchio Vespa, imperituro democristiano di fiuto volpino, lo aveva accolto dicendogli : allora sei venuto qui per far vedere alla gente che sei un bravo ragazzo.
Era evidente, ma è stato anche evidentemente troppo tardi.
Ora, dopo avere incassato la scoppola, il 5stelle è seriamente in crisi di identità, non ostante rappresenti ancora la ragguardevole fetta di oltre il 20% di elettorato, è di fronte a scelte difficilissime.
L' architrave sul quale poggia fin dalla nascita e fino a oggi ha per base due colonne, una di queste è il principio : o noi o loro, o tutto, o niente, non ci interessa negoziare, non ci interessa fare alleanze.
Se le urne hanno detto che l'offerta politica del movimento ha un bacino non superiore al 20/25%, la prima colonna dell'architrave casca, perché rappresenta la filosofia più elementare del movimento.
Non so dire di Grillo, ma Casaleggio sicuramente non mi sembra che possa rinunciare a quest'impostazione, e già questo è un problema serio.
La seconda colonna sulla quale si regge l'architrave del movimento consiste nel ruolo sovraesposto, che il movimento stesso assegna alla rete.
L'ho già detto in precedenza, la rete, il web è il futuro della politica, che lo si voglia o no, anche per gli altri partiti, ma la tempistica in politica è importantissima, la cosa giusta, ma proposta al momento sbagliato, viene percepita come sbagliata.
Giocare la propria esistenza politica prevalentemente sulla presenza nel web , in un paese che ha una percentuale di persone in rete ( 53% ) , sensibilmente più basso degli altri paesi europei (63%), è stato un azzardo che non ha pagato.
In Italia , è noto, la percentuale di over 60 è più elevata che altrove, e si assesta oltre il 20%, ma i simpatizzanti dei 5stelle in questa fascia sono solo il 10%.
Lo stesso ragionamento si può fare per le donne che non lavorano (53%) e per le fasce, che si informano esclusivamente dall'ascolto dei telegiornali, senza leggere giornali o usare il web (29%).
la controprova viene dalle analisi approfondite sui flussi relativi al voto secondo i quali il 53% di pensionati e casalinghe avrebbe votato Renzi, come il 47,3% delle donne,
Se si ignorano questi dati, come si è fatto, si perde irrimediabilmente.
La vedo veramente dura per il movimento, se le due colonne dell'architrave richiedono cambiamenti radicali.
I 5stelle tutt'ora rappresentano l'unica opposizione istituzionale ed hanno ancora un patrimonio di consensi più che ragguardevole al 21%.
Hanno perso, perché le aspirazioni erano fuori misura, ma nulla di più.
Hanno perso per il catastrofico errore di comunicazione, per il quale hanno adottato una linea eccessivamente aggressiva e radicale, sopratutto nell'ultima settimana, ma che si eviti l'errore di considerare i 5stelle un partito estremista.
Come dice Diamanti, un partito che ha una base sociale per 1/3 di centro-sinistra , per 1/3 di centro -destra e per il restante 1/3 qualificabile come anti- politica non può assolutamente essere inteso come estremista.
Per i 5stelle lo spazio c'era e c'è, basterebbe che si scuotessero da sogni utopici e mettessero i piedi per terra.
Un'ultima osservazione, che però mi sembra illumini le cause vere della sconfitta dei 5stelle.
Proprio ieri, hanno pubblicato i risultati dell'ultimo aggiornamento relativo all'indice di fiducia dei consumatori che è in netto aumento.
Il dato conferma l'orientamento attuale dell'elettorato : della rabbia per tutte le nostre strutture e brutture abbiamo già parlato, ora dateci un governo appena decente qui e subito.
La rivoluzione è stata vista come lontana, vaga e troppo pesante, Renzi invece è stato visto come buono per governare alla meno peggio.

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