mercoledì 26 novembre 2014

Il film televisivo su Altiero Spinelli ha reso un ottimo servizio



La Rai, dopo avere inseguito per vent’anni Mediaset sul terreno dei “programmi di evasione”, ci aveva da un pezzo disabituati a vedere qualcosa di culturalmente consistente.
Per la verità la trasmissione, qualche mese fa, del film televisivo sulla figura di Adriano Olivetti, aveva aperto uno spiraglio, che la trasmissione sulla vita di Altiero Spinello dell’altro giorno ha confermato.
Non sembra vero, perché programmi di questo tipo rispondono chiaramente  a quella che era stata, nella prima repubblica, la filosofia di Amintore Fanfani e di Bernabei, il suo uomo alla Rai, direttore generale per un lungo periodo.
Filosofia che, constatando il fatto che gli italiani non erano un popolo coltissimo e soprattutto non avevano troppi strumenti per coltivare la cultura e arricchire il proprio bagaglio di conoscenze, individuarono nella Rai un potentissimo mezzo per fare anche didattica.
Il berlusconismo, e prima di lui il craxismo, si sono preoccupati di snobbare la televisione di quegli anni, descrivendola come grigia e oscurantista, ma si sono sbagliati di grosso e infatti vediamo quale deserto culturale si sia abbattuto sulla Rai dopo la cura da loro imposta.
Altiero Spinelli, geniale utopista, è riconosciuto universalmente come il padre fondatore dell’Europa come federazione, che superi gli egoismi degli stati nazionali, tanto che l’ala principale del palazzo di Strasburgo, dove ha sede il parlamento europeo, è a lui dedicata (l’altra è giustamente intitolata ad onorare Henri Spaak, il politico belga altro padre dell’ ideale europeo).
Spinelli non è difficile accostarlo ad Olivetti, perché ambedue sono personaggi di sovrabbondante intelligenza, con una visione del futuro, che andava di gran lunga al di là della visone dei loro tempi.
Un’altra caratteristica li accomuna : geni visionari, ma allergici all’arruolamento nei partiti , quindi considerati di fatto “figli di nessuno” e per questa “colpa”,di fatto, abbandonati a sé stessi dalle istituzioni e dalle forze politiche.
Ambedue con saldi radici e riferimenti alla filosofia illuminista.
Ambedue intellettuali di grande spessore, ma nello stesso tempo tenaci uomini di azione.
Ambedue, non dico dimenticati, perché almeno nei programmi scolastici ci sono oggi accenni ad entrambi, e ci mancherebbe che non fosse così, ma certo quasi mai citati dalla nostra, poco colta,  e inconcludente classe politica.
E’ abbastanza penoso vedere sulle pagine dell’Enciclopedia digitale Wikipedia,oggi ultraconsultata, qualificare grossolanamente Altiero Spinelli come comunista, anche se nella biografia si dice chiaramente, che al Partito Comunista si era iscritto da ragazzo, ma che fu ben presto espulso, perché in quel partito non erano graditi i liberi pensatori.
E’ vero che fu eletto a Strasburgo col concorso del Pci, ma come indipendente di sinistra, per il semplice fatto, che le regole del gioco in politica non contemplano l’esistenza di “figli di nessuno”.
Bella la descrizione dell’ambiente dei confinati antifascisti sull’isola di Ventotene, dove Spinelli passò gli anni, che vanno dalla sua uscita dal carcere, dove aveva trascorso dieci anni, per reati di opinione in quanto antifascista, alla caduta di Mussolini il 25 luglio ’43.
Bella perché gli autori sono riusciti a privilegiare gli aspetti umani di quelle persone, resistendo alla tentazione di esaltare figure, ivi presenti, poi assurte quasi al livello di “padri della patria” ,come ad esempio Sandro Pertini.
Buona, anche perché inevitabilmente corrispondente alla realtà storica, la presentazione della figura di Ernesto Rossi, come l’amico del cuore di Altiero Spinelli.
I due erano fatti per intendersi, proprio perché battitori liberi tutti e due.
A Ventotene , a parte i socialisti, del calibro di Pertini, c’erano diversi personaggi, che pochi anni dopo, avrebbero occupato le poltrone di mezza direzione nazionale del Pci, e di conseguenza si era in un ambiente, nel quale la voglia di accentuare la propria identità politica era una tentazione continua, anche a causa della congenita volontà egemonica dei comunisti ortodossi.
E quindi bene hanno fatto gli autori a mettere in evidenza questo, che era stato  un dei guai quotidiani per chi si univa alla Resistenza senza essere comunista.
La durezza della vita nella resistenza militante e pericoli corsi quotidianamente, alla fine, faceva prevalere  le ragioni dell’insieme, sull’arroganza dei fondamentalismi comunisti.
Come avvenne puntualmente a Ventotene, dove il “commissario del popolo” in carica non poté fare a meno di comunicare a Spinelli, che essendo lui uno che non si conformava alla linea del partito, doveva considerarsi buttato fuori.
Ma la tenacia della gente come Spinelli e la loro fiducia nella superiorità assoluta del pensiero critico su quello dogmatico, fu fondamentale per spingere quei  deportati a non aver paura di criticare in pubblico il punto di vista dei vari “commissari del popolo” contribuendo così a trovare un indispensabile terreno di intesa e a riflettere sulla insensatezza dei dogmi imposti dall’alto, anche quando erano senza fondamento logico.
Ma torniamo al sopra citato Ernesto Rossi, anche lui intellettuale di grande calibro, ma poco noto al grande pubblico, perché con Spinelli condivideva il peccato originale di essere tenacemente “figlio di nessuno”.
Radicale e illuminista liberale, efficacissimo e bruciante polemista.
I libri di Ernesto Rossi, che dimostravano la collusione del Vaticano col fascismo e poi i pamphlet contro alcuni personaggi celebri della finanza e dell’industria italiana, gli hanno creato nel dopoguerra una montagna di nemici.
Per la verità, la tv di Bernabei, che all’inizio abbiamo esaltato, era in quegli anni di stretta osservanza vaticana, e quindi mai e poi mai avrebbe dedicato tanto spazio a un personaggio come Ernesto Rossi.
Ma oggi per fortuna tanta acqua è passata sotto i ponti del Tevere e il Vaticano non fa più tanta paura, anche se, va detto, in questo caso a suo onore, la Signora Tarantola, attuale presidente della Rai, si ritiene, che avrebbe ottenuto a suo tempo quella carica sulla spinta della segreteria di stato vaticana.
Quindi i tempi sono si cambiati, ma siamo pur sempre in Italia e certe cose cambiano lentamente.
Spinelli, abbiamo detto, è il padre dell’idea di Europa come federazione e padre rimane, perché come è ben noto le idee non può ucciderle nessuno.
Ma l’Europa, sua figlia, come la voleva lui , purtroppo, non è mai nata,perché gli stati hanno avuto paura di fare la federazione, rinunciando agli egoismi nazionali.
Ed è notorio che è a causa proprio di questo, che ora l’Europa rischia di dissolversi.
La gente ha perso fiducia in un Europa, che arriva nella vita delle singole persone, prima di tutto, come esattore di tasse sempre più esose, come banca, che non concede crediti, come un potente fantasma, che vuole privarci del Welfare.
Di buono l'Europa ci lascia solo l’Euro, che fa molto comodo avere in comune con gli altri partner dell’Unione Europea ,che hanno aderito alla moneta unica, perché è l’unica cosa importante, che ci fa sentire allo stesso livello degli altri.
Ma in pratica non può esistere una moneta comune fra stati che non vogliono mettersi in comune, perché non sopportano l’idea elementare di condividere i debiti degli altri.
Come si fa a fare una comunità, basata sull’idea : quello che guadagno io me lo tengo io, e chi guadagna meno del necessario, si aggiusti?
Spinelli aveva concepito una figlia ideale un po’ più intelligente e lungimirante.





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