venerdì 28 novembre 2014

Col discorso al Parlamento Europeo di Strasburgo il 25 novembre scorso   papa Francesco ha dato il meglio di sé




Papa Francesco al Parlamento Europeo è stato accolto, come al solito, in modo quasi entusiastico se si guarda al numero degli applausi ed alle standing ovation che gli sono state tributate.
E'al momento il leader mondiale di maggior prestigio e questo in qualche modo gli consente di sfruttare il sua vantaggio competitivo, ovunque vada.
La mia impressione però è che questo papa renda al massimo quando incide mettendo in atto dei comportamenti che tutti riconoscono come contro corrente o quando lancia  delle battute con prospettive nuove, o meglio ancora, quando il suo discorso si connette direttamente e senza intermediazioni teologiche al puro messaggio evangelico, come ha fatto in una parte di questo discorso.
E' papa da un anno e mezzo abbondante (dal marzo 2013) e ormai ha lasciato il segno e si è fatto conoscere.
Ha il suo stile, che direi è più lieve di quello dei suoi predecessori e questo è il suo punto di forza.
La chiesa che guida è già troppo ingessata da dogmi, precetti e astrazioni teoriche e quindi un papa oggi potrebbe benissimo fare a meno di encicliche e di dichiarazioni corpose.
Non credo che sia un peccato o un segno di superficialità affrontare alcuni problemi senza dare risposte articolate, ma solo accennare a delle proposte di soluzione, perché il mondo di oggi non è più quello di ieri, è molto più complicato e sopratutto va troppo veloce per stargli dietro con una adeguata conoscenza.
Di conseguenza, l'arroganza che dimostravano i papi precedenti nel voler sempre  vendere come verità oracolari,  delle loro pure  supposizioni,che spesso si rivelavano  del tutto infondate, era un errore, che probabilmente, ha   contribuito non poco  a condurre la chiesa nel cattivo stato di salute nel quale si trova tuttora.
E' molto meglio che papa Francesco continui a fare tesoro della virtù  dell'umiltà, che è così trascurata nel costume della chiesa, tanto che, non per niente, non è elencata né fra le virtù teologali, né fra le virtù cardinali dai vecchi catechismi, pur essendo considerata una virtù importante, anche dalla tradizione cattolica  e dal senso comune.
Forse i teologi si sono resi conto che il mondo clericale proprio non ci sarebbe riuscito a praticarla e han lasciato perdere.
Si pensi, però, al fatto significativo, che i cattolicissimi e potentissimi Cardinali Carlo e Federigo   Borromeo avevano scelto per il loro stemma di famiglia proprio la parola "humilitas" e non altre.
"Chi sono io per giudicare?".
Quando ha detto questa frase papa Francesco è stato grandissimo, nella sua professione di umiltà.
E poi è giusto riconoscere che ognuno ha un suo stile e una sua formazione e con quelle è opportuno che si presenti, senza travestirsi con abiti diversi, secondo le circostanze.
Da quello che abbiamo visto fino ad oggi, appare chiaro che papa Francesco non avrà  magari del tutto, per esempio, la profondità culturale che induceva  un Paolo VI a definire e  pesare col bilancino ogni parola, ma questo, lo ripeto, potrebbe ai nostri tempi, giocare a suo favore, costringendolo ad essere più diretto e più "umano".
Al Parlamento di Strasburgo il papa ha detto molte cose, bene accolte a volte dalla intera assemblea, a volte solo dalla, pur corposa, minoranza (di centro-sinistra), perché di "cose di sinistra" ne ha dette veramente molte.
Il discorso è stato quindi molto diretto, come è nel suo stile, ma è stato anche corposo (sette pagine) e ben congegnato.
Per chi si occupa di queste cose, si poteva vederci dentro chiaramente il riferimento costante alla parte migliore della dottrina sociale contenuta nelle encicliche di Paolo VI.
- Ha lodato l'Europa come paladina della difesa della dignità della persona umana e questo nel modo di oggi risponde chiaramente alla realtà delle cose.
L'Europa sarà anche vecchia e acciaccata, come lui l'ha definita, in modo quasi scanzonato, ma è pur sempre il più visibile baluardo nella difesa dei diritti umani.
 Andando anche oltre Paolo VI, papa Francesco ha   ancorato il concetto della dignità della persona, da lui definita trascendente e quindi in un universo non riconoscibile per i laici, ai diritti umani, come si sono formati nella loro evoluzione storica e qui si è felicemente unito alla cultura filosofia e laica.
Non ha citato l'illuminismo, parola che i papi fanno ancora così fatica a pronunciare, sentendola in concorrenza col cattolicesimo, ma ne ha enunciato implicitamente il senso e questo è già tanto, superando
così le fisime dei suoi predecessori.
- ha invocato la difesa della dignità della persona nella necessità di trovare posti di lavoro e poi di difendere la loro stabilità, indispensabile per consentire ai lavoratori medesimi di programmare la vita della propria famiglia.
Come si è detto sopra, ho avuto l'impressione che i suoi collaboratori che, gli avranno verosimilmente fornito il materiale, per trattare questa particolare materia, siano stati molto abili a confezionare un efficace e fedele riassunto della dottrina sociale di Paolo VI;
- ha invocato maggiore attenzione e solidarietà per i migranti che attraversano il Mediterraneo;
- ha finalmente accennato il dramma delle comunità cattoliche perseguitate in modo sistematico in certe parti del mondo.
Finalmente, perché, e anche con qualche ragione, molti suoi critici si sono fortemente attaccati ai suoi precedenti preoccupanti silenzi in materia;
- è entrato, addirittura a testa bassa, nella critica corrente della natura eccessivamente tecnocratica e burocratica dell'Unione Europea, che sembra avere perso una visione strategica di più lungo respiro, ispirata ai valori originari;
- ha fatto perfino un accenno all'Europa, maestra di scienza, ma non solo, nell'elencare le materie nelle quali l'Europa è stata maestra ha elencato addirittura scienza arte e musica, prima della fede.
C'è veramente da trasalire pensando all'arrogante pretesa di egemonia culturale, che, in confronto, predicavano in materia i suoi predecessori.
E' solo un accenno, ma è meglio di niente.
Che peccato che i papi predecessori di Francesco abbiano un rapporto in genere , così cattivo e limitato da vecchi pregiudizi sulla scienza, della quale sembrano vedere solo i presunti pericoli, ma trascurano contemporaneamente le enormi conquiste fatte della scienza moderna, che hanno migliorato la vita del genere umano in modo  impressionante, come è sotto gli occhi di tutti.
Non posso a questo proposito non citare ancora Paolo VI, che nelle sue encicliche sociali, è stato l'unico papa, capace di  manifestare addirittura  genuino entusiasmo per le conquiste della scienza e della tecnica.
Ma dopo di lui era stato il vuoto e si erano visti e segnalati solo pericoli, dai quali mettere in guardia con ingiustificata paura.
- c'è stato l'accenno di prammatica alle radici cristiane dell'Europa, ma fatto senza calcare troppo la mano, cioè non citandole  come le uniche radici, come avevano fatto Wojtyla e Ratzinger, ma   come punto di partenza sul quale costruire il futuro e non come punto di arrivo, e non senza avere correttamente elencato il valore della tradizione greca e romana e addirittura di  quelle celtica e germanica, oltre a quella cattolica.
Va bene, non ha citato Voltaire, ma poco ci mancava.
Non dimentichiamoci ,poi, del  fatto che papa Francesco non è un europeo ,ma è un sudamericano e questo conta moltissimo.
Essere abituati a vedere l'Europa dal di fuori e non dal di dentro, è un punti di vista molto differente dal nostro.
Chi si informa su casa pensano e come ragionano le diverse componenti di questo nostro mondo globalizzato, sa che nel così detto mondo in via si sviluppo, al quale appartiene anche l'America Latina, non solo non c'è più da tempo il vecchio timore reverenziale verso la vecchia Europa, ma c'è invece un senso di fastidio ed anche un qualche rancore e papa Francesco nel suo discorso ne ha fatto un breve cenno : l'Europa ha cessato di essere un riferimento invidiato, perché ha perso la spinta e l'ispirazione dei suoi ideali.
Questo spiega la disinvoltura con la quale il papa non ha esitato ad entrare nel merito dei temi politici più caldi della politica europea del momento : sviluppo, occupazione , flessibilità e stabilità del lavoro, visione a lungo periodo e non arroccamento su limitanti orizzonti burocratici- tecnocratici, emigranti.
Come detto sopra, questo papa sui temi internazionali è molto criticato dai suoi oppositori interni  che gli rinfacciano la "colpa" :
- di non reagire con determinazione nei confronti di chi perseguita le comunità cattoliche;
- di dimostrare di non avere una linea per contrastare in particolare l'islamismo violento dei tagliagole dell'Isis e compagni;
- di essere troppo "buonista" nel predicare l'accoglienza degli emigrati che cercano rifugio in Europa.
E in effetti è stato visto con sorpresa il lungo silenzio di papa Francesco su questi temi.
Lo si era detto anche su questo blog,  sembra che abbia paura di parlare male dell'Islam perché, se lo facesse, sarebbe costretto a parlare di "guerra di religione".
E se nominasse quelle due parole, rischierebbe l'autogol,  perché la gente non potrebbe non pensare subito alle crociate ed alle stragi di presunti eretici praticati dalla chiesa cattolica nei secoli, con non meno ferocia di quanto fanno oggi i Jihadisti.
E infatti molto gesuiticamente, papa Bergoglio si è difeso attaccando, quando ,con !" un'excusatio non petita", accennava agli errori e addirittura ai peccati commessi dalla chiesa in passato nei rapporti con i non cattolici o con i cattolici di altre confessioni, e bene ha fatto a mettere le mani avanti.
Nessuno degli oppositori di Papa Begoglio ha ancora invocato la chiamata a una nuova crociata, ma certo l'argomento è delicatissimo, anche perché gli animi della gente si stanno sempre più scaldando a questo proposito e la posizione attuale del papa appare obiettivamente ancor un po' troppo debole, ma forse si sta evolvendo.
La sua linea in proposito che ha ribadito non nel discorso, ma durante il viaggio in aereo al ritorno in  Vaticano, è che per difendersi da un attacco ingiusto non sarebbe lecito agire usando la forza direttamente, ma occorrerebbe sempre cercare la copertura dell'Onu.
Ineccepibile sul piano teorico, ma nella realtà di un Onu, lentissimo a muoversi, con una "governance" macchinosa e bloccata dai veti, e sopratutto senza disporre di una forza militare sua propria, è un po' come lasciare le vittime in balia di sé stessi, cosa che risulta intollerabile.
Si tratta di una linea, che va sicuramente rivista e rielaborata con una maggiore dote di realismo.
Non è che gli altri papi abbiano fatto di meglio in una materia così delicata e per sua natura divisiva, ma fin quando con cambierà, questa linea  è  veramente un grosso punto di debolezza di papa Francesco, che sarà usato e amplificato dai suoi critici interni, con l'abituale cattiveria.
Ma dove questo il papa dà il meglio di sé stesso e diventa convincente a tutti è quando si limita al discorso evangelico puro.
E quindi il cuore vero del suo discorso è stata la parte sulla solitudine dell'uomo moderno, che viene sofferta in modo più pesante,  sopratutto nel mondo più sviluppato, come nella nostra Europa, perché qui la famiglia è spesso meno attrezzata a fornire assistenza, presenza e copertura.
Contemporaneamente ha  stigmatizzato la connessa "mentalità dello scarto" che papa Francesco cita spesso.
E' un'espressione talmente diretta, da poter essere considerata inopportuna, o addirittura volgare, se usata anche nei riguardi dei più deboli e bisognosi degli uomini, come fa appunto regolarmente questo papa.
Quando usa queste espressioni dà delle autentiche frustate, ma questa è la sua vera forza.
E' questo suo essere diretto, senza preoccuparsi di poter ferire delle suscettibilità particolari,  che la gente ama di più.
E lo amano perché, quando parla in questo modo, evoca, nell'immaginario della gente medesima, direttamente il fondatore del cristianesimo, senza invischiarsi nelle costruzioni e prescrizioni astratte della teologia , e quindi, come papa, non potrebbe fare nulla di più e di meglio.



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