venerdì 21 agosto 2015
La chiesa che ha negato i funerali a Welby e non sa negarli a un “padrino”, può anche chiudere bottega, a meno che non cacci quel parroco Don Abbondio
Leggo dal sito on
line dell’Espresso Repubblica : “La chiesa che ha celebrato le sfarzose esequie
di Vittorio Casamonica, esponente dell'omonimo clan della malavita romana, è la
stessa che nel 2006 negò il rito funebre al simbolo della lotta per l'eutanasia”.
Quel signore è
accusato di usura,racket e traffico di stupefacenti.
Giriamola come
vogliamo, ma se Mons.Galantino, che ha l’autorità di parlare a nome della
chiesa Italiana, evidentemente perché qualcuno quell’autorità gliela ha data,
parla e straparla quotidianamente come un politico fra politici spesso e
volentieri usando un linguaggio da bar sport,
dopo il fatto agghiacciante del mega-funerale religioso di un padrino
esaltato come tale dai suoi accoliti non interviene ora cacciando il parroco
che quei funerali ha celebrato……
Ognuno prosegua la
frase come si sente di fare.
A mio parere però
su questo fatto la chiesa italiana, che proprio oggi, guarda caso, proprio oggi
e nella persona sempre di Mons.Galantino, ritorna a timbrare il cartellino al
Meeting di Rimini, di quella CL, che ritiene evidentemente di poter uscire
immacolata da una breve quaresima, dopo i noti fatti di Formigoni e C., è
attesa a un momento della verità determinante, da giocarsi proprio sulla
reazione o meno a questo fattaccio eclatante del mega -funerale del padrino
romano.
La sociologia della
religione, che studia i fenomeni e il comportamento religioso in Italia e che
misura periodicamente le percentuali di fedeli rimasti alla chiesa cattolica,
ha ricavato dalle sue analisi la conclusione che l’unico legame effettivo fra
la chiesa e la gran parte della popolazione italiana con la chiesa è la
celebrazione dei così detti “riti di passaggio” :battesimo, cresima,
matrimonio, funerale.
Alcuni di questi
sono in forte contrazione, come il matrimonio religioso, soppiantato da quello
civile, ma gli altri e soprattutto il funerale sono stabili, a quanto pare
però, anche perché, non esistono, al momento, alternative civili, che però cominciano a comparire.
Lo stesso rito del
funerale, un tempo tutto incentrato su una severa spiritualità, oggi è stato
parecchio rimaneggiato per renderlo più “moderno” e “appetibile” laicizzandolo
in modo abbastanza radicale e discutibile, con l’inserimento (caso unico fra i
riti cattolici) di un discorsetto preparato da un familiare o da un amico che,
sale all’ambone e tesse, nel modo che crede, le lodi del defunto, parlando,
magari anche esclusivamente, di cose che c’entrano come i cavoli a merenda con
il significato religioso di quella celebrazione.
E’ evidente che
introducendo queste novità non irrilevanti la chiesa si è preoccupata di
appropriarsi e di prevenire oggi si
direbbe quel “format” che si adotterebbe in una cerimonia puramente laica.
Cioè la chiesa ha addirittura voluto riportare
dentro la chiesa quello che prima, nel caso di funerali di cittadini che hanno
avuto un qualche ruolo nella società civile si faceva fuori con un discorsetto
di un qualche notabile sui gradini della
chiesa, per marcare la differenza fra momento religioso e momento civile.
Oggi la evidente
paura di perdere fedeli ha indotto chi poteva farlo non solo a mettere insieme
le due cose, ma ad ampliare il momento del ricordi “civile” al
“fedele qualunque”, dando la parola al familiare o amico che volesse farlo e
naturalmente la cosa è stata interpretata come l’occasione per affermare una
sorta di “status symbol”, come dire, in una famiglia come la nostra è
giocoforza celebrare il defunto con un discorso d’occasione.
Stando così le
cose, risultano ancora più pietose le giustificazioni addotte da quel povero
Don Abbondio che regge oggi la Parrocchia San Giovanni Bosco (come si sono ridotti ultimamente i
Salesiani!) di quel quartiere romano,
dove si sono celebrate le esequie del padrino.
A quanto riferisce
il Messaggero di stamattina, quel parroco avrebbe detto che lui non sapeva
nulla, cioè non sapeva che dietro a quel cognome pesantissimo si celasse un notissimo padrino, ma e qui siamo al
disastro morale, anche se lo avesse saputo, la pietà lo avrebbe costretto a
celebrarlo.
Ecco uscire la
concezione terribile della chiesa come ufficio o come negozio, contro la quale,
tanto per citare un nome, si era scagliato cinque secoli fa l’agostiniano
Martin Lutero, purtroppo senza seguaci in Italia, né allora, né ora, o più
recentemente il teologo Eugen Drewermann.
Chiamo il prete,
gli chiedo di offrirmi il sacramento, lo pago e sono a posto.
Se la chiesa
lasciasse credere di essere questo, tanti saluti, sarebbe una realtà del tutto
irrilevante per l’uomo moderno
scolarizzato, quel tanto che basta per avere acquisito un minimo di
senso critico.
Sono un padrino,
benissimo, allora mi pago un funerale degno di un padrino con carro a sei
cavalli, musica del padrino, elicottero che lancia petali di rosa,
maxi-manifesti sui muri della chiesa, sui quali è ben chiarito, che il paradiso
me lo sono comperato e quindi mi spetta.
Questa è una farsa
non è un funerale religioso. Ma non ha
nessuna importanza che lo dica io, è Galantino e i suoi superiori, in quanti
responsabili di quelle istituzioni religiose, che lo devono dire.
Ma i guai per la
credibilità della chiesa italiana non finiscono qui, se si ricorda che quella
medesima parrocchia romana aveva rifiutato il funerale di Wembly, malato
terminale di sclerosi multipla che dopo anni di inutili e protratte sofferenze
aveva trovato il modo di farsi staccare dai macchinari che lo tenevano
artificialmente in vita, cosa che dovrebbe rientrare fra i diritti umani
elementari in qualsiasi paese civile.
Ma allora non c’era
papa Francesco e il grande capo dei vescovi italiani era il Card. Ruini, che
aveva imposto il divieto di quel funerale.
Vede quindi il
povero “Don Abbondio” di questo caso, che la “pietà” che lui ha citato come
ultima ratio, va e viene come una fisarmonica, secondo la politica che
praticano al momento gli eminentissimi cardinali, come si faceva ai tempi dei
Borgia e buona notte ai Vangeli e a quello che c’è scritto.
Aspettiamo
Galantino e superiori al varco, a loro la parola.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento