Non è una
novità. In qualsiasi parte del mondo quando si chiede ai cittadini – elettori quali sono i settori nei quali vogliono vedere
il loro governo più impegnato, immancabilmente rispondono : lavoro, economia,
sicurezza e la politica estera rimane in coda o molto in coda.
Questo
perché le implicazioni delle scelte di politica estera sulla vita di tutti
giorni non si percepiscono con immediatezza, ma in realtà influenzano
moltissimo i settori sopra elencati.
I politici
queste cose le sanno e se ne approfittano, lasciando poco del loro tempo
dedicato alla politica estera.
In Italia
questo succede si direbbe per lunga tradizione, tanto che i politici arrivati a
gestire le cariche più elevate, raramente hanno speso il tempo necessario per
imparare l’inglese, senza la padronanza del quale non si fa proprio politica
estera e al giorno d’oggi si potrebbe dire che è ben difficile fare politica in
generale se non si ha lo strumento principe per ricavare informazioni dal Web.
Per loro e
nostra fortuna il paese ha sempre potuto contare su un apparato tecnico, il
corpo diplomatico, di grande qualità, secondo solo a quello della Banca
d’Italia, che ha saputo coprire le falle della propria classe politica.
Matteo
Renzi, come tutti sappiamo, disgraziatamente assomiglia a Berlusconi anche per
il fatto di essere come politico praticamente figlio di nessuno.
Non è nato
politicamente in una sezione di partito, non ha assimilato una ideologia, o la
storia di una componente politica radicata nel paese, non ha condiviso i miti,
ma anche le grandi speranze di qualcuno
dei padri della patria con le loro ben definite visioni strategiche per
costruire il futuro.
Come
Berlusconi si è dato qualche dritta molto generica e sembra più che altro
vivere alla giornata.
Ero andato a
sentirlo nei suoi giri in camper per l’Italia quando ha voluto concorrere alle
primarie del PD.
Su due ore di show, ci aveva propinato lunghi
filmati di discorsi di Obama, evidentemente il suo modello di riferimento, con
qualche accenno anche a Tony Blair, il suo
secondo modello di riferimento.
Curiosamente
quei filmati erano proposti nella lingua originale e quindi gli spettatori si
erano convinti del fatto che Renzi con l’inglese fosse a livello di dieci e
lode e non di un misero sei, come si è
verificato dopo.
Un’altra
illusione sulla visione in politica sociale ed estera l’aveva data, quando
appena eletto sindaco di Firenze si era recato al Convento di San Marco a
meditare nella cella occupata a suo tempo da quel visionario della politica che
era stato il suo predecessore Giorgio La Pira.
La Pira era
proprio il contrario di Renzi, tanto la sua vita e non solo quella politica era
quasi dedotta dalle grandi visioni ideali alle quali si ispirava e nelle quali
credeva con estrema determinazione.
Degli anni
di “preparazione alla politica” di Renzi si cita solo una militanza negli
Scout.
Meglio che
niente, ma non certo niente di determinante, dato che il giovane pare non sia
mai andato oltre diciamo allo scout semplice e non sia mai pervenuto nemmeno
alla responsabilità di guidare un gruppo.
Peccato
perché vista l’estrema difficoltà che sembra incontrare nel rapportarsi ai
compagni di partito che la pensano diversamente da lui, gli avrebbe fatto un
gran bene vivere il confronto coi militanti che si svolgeva nelle sezioni, dove
il modello dell’”uomo solo al comando”, che oggi lui impersona, avrebbe
suscitato un istintivo fastidio per l’inevitabile richiamo ai rituali del ventennio fascista.
Avrebbe
capito che non si può essere di centro- sinistra legnando continuamente tutte
le icone della sinistra e della sua storia politica.
Avrebbe
capito che si possono perdonare alleanze spurie con le destre solo se molto
delimitate e per raggiungere obiettivi importanti.
Avrebbe
capito che è “nel sociale”, cioè in mezzo
alla propria gente che si trova la carica e la giustificazione per fare
le proprie battaglie, non trescando continuamente con finanzieri e industriali
di dubbia apertura e comprensione verso la
classe lavoratrice.
Avrebbe
capito che in politica estera non basta essere amici del Presidente Usa, di
turno.
Amico degli
Usa “certificato” era stato in primis Giulio Andreotti , che però non ha lasciato un gran ricordo di sé né a livello popolare, né
nei libri di storia.
Se Renzi
avesse mai riflettuto seriamente su quali erano stati i principi ispiratori di
Giorgi La Pira in materia di “politica mediterranea”, invece di stare a Roma,
al ritorno dal Giappone, avrebbe immediatamente volato al Cairo per sedersi
vicino ad Al Sissi all’inaugurazione del raddoppio del Canale di Suez la
settimana scorsa.
Al fianco di
Al Sissi ed al posto d’onore c’era Hollande e non poteva essere diversamente,
stante il fatto che storicamente l’Egitto è entrato nella conoscenza
approfondita dell’Occidente solo dopo la ben nota spedizione di Napoleone e il
canale porta sempre storicamente la firma della Francia prima di ogni alta.
Ma al suo
fianco avrebbero dovuto assolutamente esserci i primo ministri di Italia,
Spagna e Grecia.
E’ la
geografia e la geopolitica che lo impone.
Ma non
c’erano ed hanno perso un’occasione storica, perché in politica i simboli
contano più della realtà.
Al Sissi
aveva bisogno di celebrare un momento solenne per rilegittimarsi nei confronti del mondo e del
suo popolo.
Al Sissi,
politicamente rappresenta l’unica grande nazione araba che rifiuta e combatte
fattivamente l’Islam estremista[GM1] .
E’ l’unico
capo di governo che si è permesso di parlare di necessità di attuare una
riforma radicale della religione islamica.
Nelle
celebrazioni della settimana scorsa ha avuto l’accortezza di introdurre nella
scenografia alcuni richiami alla storia antica del suo popolo risalenti al
tempo dei faraoni.
Lunghe
antiche trombe erano suonate da figuranti vestiti in costume egizio- antico.
Come si fa a
non capire l’estremo coraggio di un capo arabo che osa fare una cosa
considerata estremamente blasfema dall’interpretazione corrente dell’Islam
politico, cioè presentare implicitamente come riferimenti politici epoche che
non sono musulmane.
Questo
coraggio di Al Sissi andava supportato da statisti appena appena competenti e
dotati di una qualche visione.
Ma cosa
parliamo a fare di Europa che non funziona e di Germania che sta sottomettendo
ai suoi diktat i paesi dell’Europa meridionale, noi compresi, se quando c’è
l’occasione di dimostrare al mondo che l’Europa mediterranea esiste, noi non ci
siamo proprio.
Hollande,
non solo era andato a sedersi al fianco di Al Sissi, ed anche questo conta, ma
gli aveva appena venduto alcuni Rafales, cioè aeri caccia di ultima generazione.
Noi avevamo
dato il nostro fattivo contributo alla lotta all’Isis mandando ai Kurdi nel
nord dell’Iran delle casse di fucili tecnicamente scaduti, dei quali non
avevano nessun bisogno, dal momento che avevano chiesto armi pesanti anti
carro, e neanche glieli abbiamo dati direttamente, ma abbiamo soggiaciuto alla
sceneggiata di inviarli direttamente al governo inesistente dell’Iraq perché li
distribuisse benignamente lui, altro che caccia-bombardieri di ultima
generazione.
Beffa nella
beffa, Renzi ha mandato alla cerimonia sul Canale a rappresentarlo la Ministra
della Difesa, naturalmente a mani vuote, nemmeno il Ministro degli Esteri.
Questa è
politica estera da dilettanti.
Al Sissi,
rappresenta oggi l’unica scelta sensata per combattere fattivamente
l’estremismo islamico e diciamolo pure, per poter conservarci un qualche posto
al sole in Libia, perché Al Sissi foraggia e arma l’unica forza militare di una
qualche consistenza in Libia, quella del generale Kalifa Aftar.
Ma se Renzi
è incapace di scegliere, non ci sarà posto per noi e per l’Eni, ma piuttosto
per la Francia e per la Total.
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