Il papa negli Usa c’è andato ad esercitare il suo ruolo
recitandolo essendo perfettamente sé stesso e c’è riuscito perfettamente.
E’ stato applaudito in modo entusiastico dopo che ne aveva
dette abbastanza per scontentare tutti.
Ma questa stiamo apprendendo che è ormai la regola in questa
civiltà dell’immagine : chi appare come il vincitore sui media, non solo viene
percepito, ma diventa il vincitore.
Praticamente tutto quello che ha detto il papa al Congresso degli Usa (in
seduta comune, onore mai tributato prima a nessun altro papa) era il contrario di quello che pensa da sempre
l’americano medio.
Apertura praticamente incondizionata all’immigrazione;
abolizione della pena di morte; cessazione della vendita di armi nel mondo;
economia che non contempli la speculazione.
L’incipit del discorso del papa è stato molto scaltro : io sono un figlio di migranti e voi che i
ascoltate siete tutti figli di migranti.
Ovvio : gli Usa sono un paese di migranti fino “Pellegrins Fathers” e sono da sempre
una società multietnica in senso americano, che ha un significato molto diverso
da quello europeo.
Da noi multietnico significa in pratica città con dei grandi
ghetti dove le diverse etnie sono separate.
Negli Usa il sentire comune, condiviso in modo estremamente
esteso vuole che alla base della cittadinanza ci sia la condivisione.
Il patriottismo negli Usa è richiamato costantemente, per
evitare che qualcuno se lo scordi :
l’alzabandiera prima dell’inizio delle lezioni in qualsiasi
scuola, il ripetersi del “giuramento di fedeltà” “oath of allegiance” in molte
occasioni, il culto della bandiera, delle forze armate, degli eroi di guerra
eccetera, tutte cose che da noi in Italia
non si facevano tutte nemmeno nel periodo fascista che pure aveva
giocato molto sul patriottismo- nazionalistico.
A confermare la natura di paese dalle mille contraddizioni,
l’America è questo, ma questo non le ha impedito di ospitare 14 milioni di immigrati clandestini per lo più
latino- americani provenienti dal Messico da una frontiera che non è chiusa da
un muro, ma da un reticolato robusto,
misure elettroniche adeguate, pattuglie, cani elicotteri, ma i migranti vi sono
passati in massa e continuano a passarci.
Sull’immigrazione (purchè diretta all’integrazione radicale)
il papa quindi in pratica sfondava una porta aperta.
Ben diverso il discorso sulla pena di morte.
Se pure vi è stata negli anni una revisione abbastanza netta
nell’opinione tradizionale una volta favorevole in modo quasi unanime, qui il
sentire comune non è affatto in sintonia con le esortazioni del papa.
Negli Usa i cops, i poliziotti sparano con estrema
disinvoltura, perché la stragrande maggioranza della gente condivide la linea
dura.
L’America ha uno dei più alti tassi del mondo di carcerati.
Non solo, le idee di Cesare Beccaria secondo le quali la
pena deve essere finalizzata al recupero, in America non sono affatto
condivise, in quel paese chi varca le porte del carcere sa che ci va per
scontare una punizione e che la gente
vuole che il secondino “butti via “ la
chiave della sua cella, perché questo
significa che la società lo ha “buttato via”.
Soluzione spartana, ma si ragiona in questo modo dai tempi
dei padri pellegrini e poi del Far West fino ad oggi.
L’esortazione sull’abolizione del commercio delle armi poi,
è ancora più drasticamente rifiutata dalla stragrande maggioranza degli
americani.
Il possesso delle armi in casa e l’”esportazione della
democrazia” con le armi” all’estero, sono considerati principi ovvi a difesa
della libertà individuale e americana.
Non parliamo dell’ “economia speculativa”.
La morale civile americana è basata sul business e il
business è basato sul profitto e la speculazione.
Il sentire comune americano si trovava più in sintonia con
papi come Woytila e Rztzinger che per ragioni diverse avevano dimostrato
vicinanza al modo di pensare americano che in Italia è abbastanza vicino alla
forma mentis dell’Opus Dei o di Comunione e Liberazione : se hai successo e fai
i soldi o acquisti potere questo significa che dio è con tè e che sei “rinato
in Cristo”.
Papa Francesco che si
propone di riproporre il messaggio evangelico originario la pensa al contrario
e non cessa di ripetere le sue convinzioni.
Questo papa, in carica da relativamente poco tempo noi
eravamo ancora incerti su come decifrarlo.
Da questa visita in America è stato più esplicito del solito
e quindi ha fatto in modo che lo conoscessimo meglio.
Per esempio ha dimostrato in modo molto chiaro di avere un
bel caratteraccio.
Ci rimarranno impresse le immagini di quell’ormai anziano
papa con tanto di sciatica che soffriva le pene dell’inferno, ma che con
caparbia determinazione saliva da solo quella infinita scaletta dell’aereo,
incespicando continuamente nella veste, anche per la assurda volontà di tenere una mano occupata da quella
consunta valigetta nera, che avrebbe più sensatamente dovuto portare qualcuno
dei suoi assistenti.
Ma ha prevalso evidentemente l’amore dei simboli e la valigetta
consunta significava molte cose : il possessore si presentava come una persona
comune , dotata di basso reddito, e nell’atto di viaggiare come i migranti.
Il caratteraccio stava nel rifiutare categoricamente e
probabilmente anche con modi bruschi di essere aiutato, quando ne avrebbe avuto
bisogno e la scena si è ripetuta più volte.
Il secondo indizio di
un bel caratteraccio il papa lo ha esternato quanto sull’aereo del ritorno
nell’usuale colloquio a tutto campo coi giornalisti si lasciato andare nella
manifestazione della sua non più nascondibile disistima se non addirittura disprezzo
per il sindaco Marino, guardato con pena e preoccupazione alla vigilia dell’apertura del Giubileo.
Non è stato molto evangelico “uccidere un uomo morto”, come
dicevano gli antichi.
Ma la vera dimostrazione della caparbietà e quasi durezza
del suo carattere è stata proprio nella filosofia che ispirava la visita.
Il papa sapeva di
dire cose del tutto non condivise
dal comune sentire americano, ma lo ha fatto apposta senza usare diplomazie e
imbellettamenti.
Evidentemente voleva con quello manifestare la radicalità
sociale e morale del messaggio evangelico, che si era andato perdendo nei
lunghi decenni dei due pontificati precedenti il suo.
E questo è il senso di tutto quel viaggio.
Vi è stata però anche una stecca evidente, messa abbastanza
poco in evidenza dai media, esaltati dal successo mediatico dell’avvenimento.
Il papa, e qui viene fuori probabilmente ancora il ruolo del
suo carattere forte, che a volte potrebbe essergli di danno, si è intestardito a volere canonizzare un
frate francescano del primo settecento che aveva “evangelizzato” la California
con metodi tutt’altro che limpidi ed ancor meno evangelici.
Lo ha fatto per pure motivazioni politiche , cioè per la volontà
di mettere vicino ai “padri fondatori” della nazione americana, di cultura e di
lingua inglese, un nuovo presunto padre fondatore di cultura e di lingua
spagnola.
Il tutto ovviamente per compiacere la comunità latino-
americana non solo residente negli Usa, ma ormai parte, che potrebbe divenire
addirittura maggioranza fra pochi anni al posto dei “bianchi”.
Comunità, manco a dirlo di religione cattolica- romana.
Junipero Serra, questo il presunto santo, è accreditato per
avere cercato di mitigare un po’ i costumi indegni dei “conquistadores”
spagnoli, nei confronti dei quali le SS apparirebbero degli angioletti, infatti
si legge che avessero il costume di trattare le donne indiane come schiave
sessuali al punto da portarsele in giro al guinzaglio come fossero cani.
Serra stesso nei suoi scritti descrive queste
aberrazioni, ma pare che l’elenco dei
suoi presunti meriti ,che gli hanno valso la canonizzazione consistano proprio
in quello che lui stesso ha scritto di aver fatto.
Risulta però che la sua “missione” californiana di San
Gabriele fosse una specie di campo di concentramento dedicato ai lavori
forzati, dal momento che gli indigeni
più fortunati, che avevano avuto il buon senso di “convertirsi”, non avevano affatto
la libertà di allontanarsi dalla “missione”, pena la fustigazione o la morte.
Però uno dei meriti che Serra si accredita è quello di
essere stato un antesignano della lotta alla pena di morte, dal momento che in
un caso, aveva interceduto presso gli spagnoli perché risparmiassero la vita a
un indigeno fuggito, perché così si potesse “convertire”.
Le associazioni dei nativi americani, pur ridotti numericamente al lumicino hanno
raccolto invano ben 10.000 firme contro
la canonizzazione di Serra, ma il papa aveva già deciso che sarebbero prevalse
considerazioni politiche.
Peccato, tanto più che a questo papa sudamericano sono certo
ben note le gesta , dei gesuiti del Paraguai, che dal 1600 a quegli stessi anni di Serra, hanno costruito quelle “reducciones” del
Guaranì, che sono passate, queste si alla storia, come gli unici tentativi di
applicare i principi evangelici rispettando le culture locali, prima di essere
cacciati dai Portoghesi, perché non difendevano il loro metodi colonialisti in
base ai quali la “conversione” si otteneva con le armi e significava la
riduzione in schiavitù degli indigeni stessi.
Questi gesuiti di ben
altre vedute avrebbero dovuto essere beatificati, non Serra.
E’ sperabile che in futuro papa Francesco rimedi a questa
debolezza, che ha avuto, facendo prevalere
le ragioni della politica, cioè del potere, invece che quelle del
Vangelo.