mercoledì 30 settembre 2015

Il viaggio di Papa Francesco negli USA grande successo mediatico e sostanziale ma con una stecca clamorosa



Il papa negli Usa c’è andato ad esercitare il suo ruolo recitandolo essendo perfettamente sé stesso e c’è riuscito perfettamente.
E’ stato applaudito in modo entusiastico dopo che ne aveva dette abbastanza per scontentare tutti.
Ma questa stiamo apprendendo che è ormai la regola in questa civiltà dell’immagine : chi appare come il vincitore sui media, non solo viene percepito, ma diventa il vincitore.
Praticamente tutto quello che  ha detto il papa al Congresso degli Usa (in seduta comune, onore mai tributato prima a nessun altro papa) era il  contrario di quello che pensa da sempre l’americano medio.
Apertura praticamente incondizionata all’immigrazione; abolizione della pena di morte; cessazione della vendita di armi nel mondo; economia che non contempli la speculazione.
L’incipit del discorso del papa è stato molto scaltro  : io sono un figlio di migranti e voi che i ascoltate siete tutti figli di migranti.
Ovvio : gli Usa sono un paese di migranti  fino “Pellegrins Fathers” e sono da sempre una società multietnica in senso americano, che ha un significato molto diverso da quello europeo.
Da noi multietnico significa in pratica città con dei grandi ghetti dove le diverse etnie sono separate.
Negli Usa il sentire comune, condiviso in modo estremamente esteso vuole che alla base della cittadinanza ci sia la condivisione.
Il patriottismo negli Usa è richiamato costantemente, per evitare che qualcuno se lo scordi :
l’alzabandiera prima dell’inizio delle lezioni in qualsiasi scuola, il ripetersi del “giuramento di fedeltà” “oath of allegiance” in molte occasioni, il culto della bandiera, delle forze armate, degli eroi di guerra eccetera, tutte cose che da noi in Italia  non si facevano tutte nemmeno nel periodo fascista che pure aveva giocato molto sul patriottismo- nazionalistico.
A confermare la natura di paese dalle mille contraddizioni, l’America è questo, ma questo non le ha impedito di ospitare 14  milioni di immigrati clandestini per lo più latino- americani provenienti dal Messico da una frontiera che non è chiusa da un muro, ma da un reticolato  robusto, misure elettroniche adeguate, pattuglie, cani elicotteri, ma i migranti vi sono passati in massa e continuano a passarci.
Sull’immigrazione (purchè diretta all’integrazione radicale) il papa quindi in pratica sfondava una porta aperta.
Ben diverso il discorso sulla pena di morte.
Se pure vi è stata negli anni una revisione abbastanza netta nell’opinione tradizionale una volta favorevole in modo quasi unanime, qui il sentire comune non è affatto in sintonia con le esortazioni del papa.
Negli Usa i cops, i poliziotti sparano con estrema disinvoltura, perché la stragrande maggioranza della gente condivide la linea dura.
L’America ha uno dei più alti tassi del mondo di carcerati.
Non solo, le idee di Cesare Beccaria secondo le quali la pena deve essere finalizzata al recupero, in America non sono affatto condivise, in quel paese chi varca le porte del carcere sa che ci va per scontare una punizione e che la  gente vuole che il secondino  “butti via “ la chiave della sua cella, perché  questo significa che la società lo ha “buttato via”.
Soluzione spartana, ma si ragiona in questo modo dai tempi dei padri pellegrini e poi del Far West fino ad oggi.
L’esortazione sull’abolizione del commercio delle armi poi, è ancora più drasticamente rifiutata dalla stragrande maggioranza degli americani.
Il possesso delle armi in casa e l’”esportazione della democrazia” con le armi” all’estero, sono considerati principi ovvi a difesa della libertà individuale e americana.
Non parliamo dell’ “economia speculativa”.
La morale civile americana è basata sul business e il business è basato sul profitto e la speculazione.
Il sentire comune americano si trovava più in sintonia con papi come Woytila e Rztzinger che per ragioni diverse avevano dimostrato vicinanza al modo di pensare americano che in Italia è abbastanza vicino alla forma mentis dell’Opus Dei o di Comunione e Liberazione : se hai successo e fai i soldi o acquisti potere questo significa che dio è con tè e che sei “rinato in Cristo”.
Papa  Francesco che si propone di riproporre il messaggio evangelico originario la pensa al contrario e non cessa di ripetere le sue convinzioni.
Questo papa, in carica da relativamente poco tempo noi eravamo ancora incerti su come decifrarlo.
Da questa visita in America è stato più esplicito del solito e quindi ha fatto in modo che lo conoscessimo meglio.
Per esempio ha dimostrato in modo molto chiaro di avere un bel caratteraccio.
Ci rimarranno impresse le immagini di quell’ormai anziano papa con tanto di sciatica che soffriva le pene dell’inferno, ma che con caparbia determinazione saliva da solo quella infinita scaletta dell’aereo, incespicando continuamente nella veste, anche per la assurda volontà  di tenere una mano occupata da quella consunta valigetta nera, che avrebbe più sensatamente dovuto portare qualcuno dei suoi assistenti.
Ma ha prevalso evidentemente l’amore dei simboli e la valigetta consunta significava molte cose : il possessore si presentava come una persona comune , dotata di basso reddito, e nell’atto di viaggiare come i migranti.
Il caratteraccio stava nel rifiutare categoricamente e probabilmente anche con modi bruschi di essere aiutato, quando ne avrebbe avuto bisogno e la scena si è ripetuta più volte.
Il  secondo indizio di un bel caratteraccio il papa lo ha esternato quanto sull’aereo del ritorno nell’usuale colloquio a tutto campo coi giornalisti si lasciato andare nella manifestazione della sua non più nascondibile disistima se non addirittura disprezzo per il sindaco Marino, guardato con pena e preoccupazione alla  vigilia dell’apertura del Giubileo.
Non è stato molto evangelico “uccidere un uomo morto”, come dicevano gli antichi.
Ma la vera dimostrazione della caparbietà e quasi durezza del suo carattere è stata proprio nella filosofia che ispirava la visita.
Il papa sapeva di  dire cose del  tutto non condivise dal comune sentire americano, ma lo ha fatto apposta senza usare diplomazie e imbellettamenti.
Evidentemente voleva con quello manifestare la radicalità sociale e morale del messaggio evangelico, che si era andato perdendo nei lunghi decenni dei due pontificati precedenti il suo.
E questo è il senso di tutto quel viaggio.
Vi è stata però anche una stecca evidente, messa abbastanza poco in evidenza dai media, esaltati dal successo mediatico dell’avvenimento.
Il papa, e qui viene fuori probabilmente ancora il ruolo del suo carattere forte, che a volte potrebbe essergli di danno,  si è intestardito a volere canonizzare un frate francescano del primo settecento che aveva “evangelizzato” la California con metodi tutt’altro che limpidi ed ancor meno evangelici.
Lo ha fatto per pure motivazioni politiche , cioè per la volontà di mettere vicino ai “padri fondatori” della nazione americana, di cultura e di lingua inglese, un nuovo presunto padre fondatore di cultura e di lingua spagnola.
Il tutto ovviamente per compiacere la comunità latino- americana non solo residente negli Usa, ma ormai parte, che potrebbe divenire addirittura maggioranza fra pochi anni al posto dei “bianchi”.
Comunità, manco a dirlo di religione cattolica- romana.
Junipero Serra, questo il presunto santo, è accreditato per avere cercato di mitigare un po’ i costumi indegni dei “conquistadores” spagnoli, nei confronti dei quali le SS apparirebbero degli angioletti, infatti si legge che avessero il costume di trattare le donne indiane come schiave sessuali al punto da portarsele in giro al guinzaglio come fossero cani.
Serra stesso nei suoi scritti descrive queste aberrazioni,  ma pare che l’elenco dei suoi presunti meriti ,che gli hanno valso la canonizzazione consistano proprio in quello che lui stesso ha scritto di aver fatto.
Risulta però che la sua “missione” californiana di San Gabriele fosse una specie di campo di concentramento dedicato ai lavori forzati, dal momento che  gli indigeni più fortunati, che avevano avuto il buon senso di “convertirsi”, non avevano affatto la libertà di allontanarsi dalla “missione”, pena la fustigazione o la morte.
Però uno dei meriti che Serra si accredita è quello di essere stato un antesignano della lotta alla pena di morte, dal momento che in un caso, aveva interceduto presso gli spagnoli perché risparmiassero la vita a un indigeno fuggito, perché così si potesse “convertire”.
Le associazioni dei nativi americani, pur  ridotti numericamente al lumicino hanno raccolto invano ben 10.000  firme contro la canonizzazione di Serra, ma il papa aveva già deciso che sarebbero prevalse considerazioni politiche.
Peccato, tanto più che a questo papa sudamericano sono certo ben note le gesta , dei gesuiti del Paraguai, che dal 1600 a  quegli stessi anni di Serra,  hanno costruito quelle “reducciones” del Guaranì, che sono passate, queste si alla storia, come gli unici tentativi di applicare i principi evangelici rispettando le culture locali, prima di essere cacciati dai Portoghesi, perché non difendevano il loro metodi colonialisti in base ai quali la “conversione” si otteneva con le armi e significava la riduzione in schiavitù degli indigeni stessi.
Questi gesuiti  di ben altre vedute avrebbero dovuto essere beatificati, non Serra.
E’ sperabile che in futuro papa Francesco rimedi a questa debolezza, che ha avuto, facendo prevalere  le ragioni della politica, cioè del potere, invece che quelle del Vangelo.





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