Vittorio Messori che
tra l'altro aveva usufruito del privilegio di essere spesso ospite a
cena di Papa Woytila in Vaticano, è stato per decenni uno dei più
noti e quotati intellettuali cattolici.
Nato culturalmente
con uno spirito relativamente libero, la sua parabola culturale è
finita poi per impigliarsi irrimediabilmente nelle reti dell'Opus
Dei, quando già aveva una certa età e da lì non si è
praticamente più mosso.
Da allora i suo
contributo al dibattito all'interno del mondo cattolico è diventato
via via più monocorde e senza spessore, perché quando
un'intelligenza fa l'errore di istituzionalizzarsi finisce per
produrre sempre e invariabilmente la ripetizione della stesso copione
e diventa prevedibile come le veline dei partiti.
Da allora i suoi
pezzi avrebbero potuto portare invece della sua ,la firma di uno
qualunque degli altri membri del ristretto salottino intellettuale
del tradizionalismo cattolico, che so io : Socci, Scaraffia,
Amicone, o dei così detti “atei devoti” alla Ferrara, che non
sarebbe cambiato nulla.
La canzone è sempre
quella : “noi” (di CL o dell'Opus Dei eccetera) siamo gli unici
veri cattolici certificati, tutti gli altri, questo Papa compreso,
sono assimilabili a quello che soni i kafir e gli apostati, per gli
islamici più o meno radicali che hanno “tradito” la causa e che
quindi quello che pensano non merita la minima considerazione.
L'articolo che
Messori ha dato al Corriere tre giorni fa per ricordare Umberto Eco
dalla visuale di quel tipo di cattolicesimo, ricalca quindi proprio
quello schema.
In sostanza dice
Messori : Umberto Eco era uno dei nostri, anzi era uno dei nostri
migliori elementi nell'Azione Cattolica Giovanile degli anni 50. poi
di colpo ha tradito.
Non lo dice
formalmente così, ma quello riportato è il senso del discorso.
Il mondi di Messori
è ormai ridotto a questi parametri elementari : noi e loro, i nostri
nemici, perché solo noi tradizionalisti e quindi ortodossi
certificati professiamo di avere ricevuta tutta la verità intera e
definitiva, mentre “loro” anche se si travestono da “cattolici
adulti”, in realtà si sono messi fuori.
Loro osano leggere
e discutere tutto, dogmatica e scrittura compresa con spirito
critico.
Loro cercano delle
ragioni, ma noi le ragioni le abbiamo già trovate tutte e quindi non
abbiamo necessità di ricercare nulla, noi professiamo e basta.
Messori quindi si
chiede più o meno retoricamente come mai, a un certo momento Eco sia
uscito dalla chiesa istituzionale.
La risposta che si
da la trovo di un farisaismo indegno.
Dice infatti Messori
di avere posto quella domanda direttamente a Eco stesso che gli
avrebbe risposto che il suo atteggiamento verso la Chiesa sarebbe
mutato di colpo a un dato momento, senza una ragione particolare.
Sorvoliamo sulla
nebbia culturale che risiede nel mettere insieme Chiesa e Dio, come
fossero la stessa cosa (errorino teologico questo, nel quale quella
componente cattolica cade abitualmente).
Può darsi che Eco
in una conversazione abbia detto a Messori quelle cose, ma mi rifiuto
di credere che il senso della conversazione intera non fosse di ben
più vasto spessore e portata.
E' una terribile
semplificazione affermare che un cattolico qualificato, al punto di
essere stato per anni dirigente di associazioni ufficiali della
Chiesa, decida di lasciare la chiesa istituzionale da un momento
all'altro, lasciando così credere che la cosa fosse avvenuta per
caso o per capriccio.
Formalmente è
comune che una decisione di quel tipo venga presa di colpo, ma a
ragione di una montagna di argomentazioni che uno accumula in anni di
elaborazione personale o anche pubblica.
E' inaccettabile che
Messori metta insieme un “fervorino”, come dicevano i vecchi
parroci, tutta chiaramente finalizzata a dare dell'”ateo” a un
presunto avversario per trovare l'occasione di picchiargli una clava
sulla testa, sapendo di non essere in condizione di dargli la
possibilità di replicare.
Dividere il
“credente” dall'”ateo” con l'accetta è un'operazione indegna
per un intellettuale di un qualche spessore e ancora peggio se la
vittima designata è uno spirito complesso e sottile come era Eco.
Forse che i due
fascinosissimi personaggi, che costituiscono i due frati “eretici”
messi sul rogo dall'inquisitore :Remigio da Voragine e Fra Salvatote,
che si spacciava per scemo, ambedue dolciniani e l'ultimo, descritto
come culturalmente ancora più dotato,anche con simpatie catare
sarebbero qualificabili come “atei” e non come cristiani non
ortodossi?
E lo stesso
raffinato protagonista, il francescano Roberto di Baskerville, che
già una volta era sfuggito dalla condanna dell'Inquisizione a causa
della costante applicazione del suo pensiero critico, che oggi si
definirebbe “metodo scientifico”, si dovrebbe definire “ateo”?
Non credo che si
possa concedere il beneficio della buona fede al tipo di ragionamento
che fa Messori su Eco, perché non è verosimile che un intellettuale
del suo calibro non si ponga seriamente il problema del “perchè”
Eco ha lasciato la chiesa istituzionale andando a cercare
argomentazioni articolate.
E non trovi come
ovvie le risposte che si osno cercate di dare nel post precedente e
cioè che a un giovane dirigente cattolico dotato come era Umberto
Eco non si potevano propinare come buone le idee del cattolicesimo di
Luigi Gedda e del Cardinale Ottaviani.
Forse che Messori è
stato preso da una improvvisa amnesia e non si ricorda più che in
quei tempi oltre ad Eco e Vattimo, avevano lasciato l' Azione
Cattolica in polemica con le direttive della gerarchia personaggi
della statura umana e culturale che pure si sono citate nel post
precedente?
Forse che anche loro
erano diventati “atei”?
E' così difficile
riconoscere che chi decide a un certo momento dopo lunga riflessione
e sulla base di una montagna di solide argomentazioni di lasciare la
chiesa istituzionale non intende affatto proclamarsi “ateo”, ma
semplicemente intende andare “oltre” una teologia ormai vuota e
senza significato per il mondo moderno?
Nella moltitudine di
costoro c'è anche un elevato numero di cristiani che rivendicano di
avere acquisito un livello di spiritualità più solido ed efficace
di quella che frequentavano prima.
Umberto Eco è noto
che non gradiva prendere di petto il discorso :credi o non credi in
Dio?
Non certo perché
avesse difficoltà a rispondere,, come insinua Messori, ma
semplicemnte perché il livello della sua intelligenza e della sua
riflessione culturale lo costringevano a risposte articolate e
complesse.
Forse troppo
complesse per Messori e compagni.
Quando ero un
ragazzino negli Scout, era costume stabilito dalla pedagogia del
fondatore, che il Capo Scout chiedesse a fine giornata ai giovani :
tu hai fatto oggi la tua “buona azione”?
Pare che gli adepti
dell'Opus Dei abbiano girato quella domanda in modo più impegnativo,
secondo il loro modo di vedere nel senso : tu hai praticato la tua
“apologetica” quotidiana?
Se è così Messori
può stare tranquillo, potrà rispondere un bel sì, l'ho fatta.
Peccato che di
questo passo finirà per trovarsi a predicare i suoi articoli di pura
propaganda – apologetica a fianco di Padre Livio Fanzaga.