L’autore è un
brillante e giovane politologo ,ora della John Hopkins University
,già autore di diversi libri dedicati alla crisi della democrazia
rappresentativa, come eravamo abituata a vederla nel nostro
sviluppato Occidente.
Mounk si chiede :
come mai la gente ha perso talmente fiducia nella politica e quindi
nelle sue istituzioni e cioè ,in ultima analisi, nel funzionamento
della democrazia ,al punto di rinunciare ad andare a votare?
E come mai ,quelli
che a votare ci vanno ancora, si lasciano sempre più ammaliare dalle
sirene dei politici più “populisti”?
E cos’è il
populismo ?
Appare come la
politica terra a terra, quella del bar sport o delle curve di calcio,
perché basa la sue fortune sulla semplificazione assoluta, ma
,attenzione a non sottovalutare le basi oggettive ,che ne favoriscono
la diffusione.
Ecco, il punto di
forza di questo libro sta proprio nella lucidità dell’analisi
politologica di Mounk nell’analizzare lo sgretolarsi della fiducia
negli istituti democratici e quindi il diffondersi della politica
populista.
Del resto ,il
contrario del populismo ,che è il pensiero filosofico,ha da tempo
elaborato una critica molto preoccupata circa lo sviluppo della
tecnica, che avrebbe raggiunto oramai una tale potenza, da essere
ormai oltre le possibilità di controllo da parte della politica per
eccesso di complessità.
E qui arriviamo al
cuore del problema ,perché a quanto pare, il nostro inconscio
percepisce questa difficoltà di capire e di padroneggiare questo
nuovo mondo, come una fonte di ansia, di spaesamento, di paura, di
non sapere più a che santo votarsi, perdendo la fiducia in un futuro
migliore.
Questo è il primo
terreno di cultura del populismo.
Per uscire dal
panico ,ci si affida al pifferaio magico ,che promette di avere la
soluzione semplice e comprensibile da tutti, per risolvere problemi
più che complessi.
Magari la soluzione
non ce l’ha proprio, ma ha di sicuro l’abilità di farci credere
di averla ,andando a prendere argomenti convincenti, che pongano un
freno alle nostre paure.
La carta più
semplice e quasi sempre vincente, che si giocano i populisti ,è
quella dell’individuare un nemico a cui addebitare tutto quello che
non va.
Una volta ,per
nemico, come sappiamo, si sono scelti gli ebrei e sappiamo quanto
quel gioco sia tragicamente riuscito.
Oggi il nemico
numero uno sarebbero le élites tecnocratiche e plutocratiche.
Poi l’invasione
degli immigrati.
Poi la
globalizzazione stessa.
Infine
multiculturalismo e la modernità ,che ferisce le consolidate e
rassicuranti tradizioni.
Secondo i populisti
,i nemici ci manipolano usando spregiudicatamente i media e i social,
(anche se ovviamente noi facciamo lo stesso ai loro danni).
Ecco, il libro di
Mounk ,del quale stiamo parlando, è un saggio molto ben riuscito nel
presentare una analisi precisa e dettagliata di queste paure, che ci
costringono ad una navigazione a vista in lidi sconosciuti.
L’autore è un
politologo e quindi è molto bravo nell’andare ad analizzare i
meccanismi della democrazia rappresentativa che si sono inceppati.
Riporto solo qualche
accenno, per mostrare al lettore che il libro si occupa di cose molto
concrete e non di fumose teorie.
L’argomento primo
della polemica politica ,sostenuta dal populismo ,è che le élites,
che ci governano ,sarebbero corrotte e ci governerebbero con un
sistema fraudolento ,che nel tempo avrebbe spogliato la democrazia
delle sue reali funzioni.
Cioè il sistema
sarebbe diventato una messa in scena, che lascia le formalità delle
elezioni ,ma di fatto priva il popolo di qualsiasi influenza nelle
decisioni.
Del resto, l’idea
del popolo che governa è sempre stata un’approssimazione un po
ingenua, se si pensa, che già la prima realizzazione della
democrazia, nell’Atene di Pericle, escludeva larghe fette della
popolazione come donne,schiavi ecc.
Mounk addirittura,
porta esempi molto gustosi ,mostrando come la realtà sia spiacevole
e contro-intuitiva, nel senso ,che i monarchi erano quelli che, di
fatto, erano più portati a fare il bel gesto, aprendo la
partecipazione a più categorie, ben sapendo, che il potere si
esercitava altrove e che quindi non correvano alcun rischio.
La verità è che da
sempre le istituzioni che ,non a caso, si chiamano rappresentative,
sono fortemente mediate, lasciando al popolo una fetta di potere
molto ristretta.
Molto puntuale è
l’analisi di Mounk ,che ci mostra come il potere dei parlamenti
elettivi sia fortemente limitato da quello degli apparati
professionali o tecnocratici ,non eletti.
Gli apparati sono
ben di più di quello che si definisce sbrigativamente burocrazia.
Mounk li analizza
uno per uno :
-Banche Centrali che
sono arrivate anche formalmente a detenere poteri di indirizzo
politico ,pur non essendo i loro board eletti da nessuno;
-Corti Supreme.
Mounk si sofferma su
quella americana ,citando i settori nei quali di fatto ha determinato
l’indirizzo politico (finanziamenti alla politica,armi, pena di
morte, segregazione razziale, sanità, aborto ,diritti Lgb. etc.) pur
non essendo i suoi membri eletti dal popolo;
-trattati
internazionali, che una volta firmati, limitano fortemente le scelte
politiche dei singoli parlamenti.
Tradotti questi
vincoli, nella nostra realtà europea, si pensi per esempio al famoso
citatissimo trattato di Dublino, che regola l’immigrazione o
l’estremamente pervasivo “sistema di stabilità” ,che impedisce
di fare debiti oltre certi limiti;
-il potere delle
lobby ,che in America ha già superato qualsiasi linea rossa, facendo
chiedere alla gente chi comanda veramente ,se i lobbisti delle grandi
corporations ,o gli eletti dal popolo;
-Mounk ,quasi non ne
accenna, perché è un politologo e non un geopolitico, ma oggi fra
gli apparati che sono arrivati a gestire un potere enorme sono quelli
“securitari”;
-l’alta
burocrazia, che si trova, per esempio, a stilare materialmente i
regolamenti di attuazione delle leggi ,che oggi sono sempre più
nella forma di decreti.
Stabilire come la
norma giuridica ,astratta per definizione, si deve applicare nel caso
concreto dà a questi apparati un potere, anche discrezionale, molto
elevato.
Mounk fa riferimento
al sistema americano e quindi vede queste funzioni affidate a
commissioni apposite, quando da noi si tratta semplicemente degli
occupanti dei piani alti dei ministeri;
-Mounk cita anche il
potere, che si sono assunti molti sistemi giudiziari, sulla
“revisione giudiziale” delle leggi, approvate dai parlamenti,
cioè interventi di organi della magistratura ,che interpretando la
legge bloccano atti di governo;
Tutte queste
situazioni limitano e molto nella realtà il potere del popolo ,tanto
che l’indirizzo populista, preme per il ricorso agli istituti della
“democrazia diretta” ad esempio col ricorso al referendum più
ampio possibile.
Come si è arrivati
a questa crescente sfiducia nella democrazia liberale, al punto da
portare alcuni dei più noti leader ,di orientamento populista ,come
l’ungherese Orban a dire apertamente di voler promuovere una nuova
forma di “democrazia illiberale”?
Una causa scatenate,
secondo Mounk ,è stata l’entrata dell’economia mondiale in una
fase di stagnazione dopo decenni di forte sviluppo a partire dalla
crisi del 2008.
A promuovere
l’atteggiamento populista è in ultima analisi la perdurante
percezione di un clima di instabilità.
Trump ,per esempio,
è nato politicamente ,come il campione non dei poveri e degli
emarginati, ci dice Mounk, ma delle classi sociali, che percepiscono
una forte paura di essere incamminati a peggiorare nel futuro il
proprio status economico e sociale.
La percezione è
ancora più importante della situazione reale.
La seconda
principale causa scatenante del populismo è stata ,secondo Mounk ,lo
sconvolgimento portato dallo sviluppo così veloce della tecnica.
La stabilità
politica di un tempo era garantita ,tra l’altro ,dal potere che le
classi dominanti avevano sulle fonti di informazione ,facendo passare
la loro narrativa come l’unica veritiera e condivisa.
Oggi ,con media
digitali e i social, chiunque, anche con pochi soldi e poca o nulla
organizzazione, può diffondere messaggi ,capaci ,in certe
circostanze, di diventare virali e di fare traballare il potere.
Lo sviluppo della
tecnica quindi ha portato enormi benefici ,ma per il principio
dell’eterogenesi dei fini ,anche autentici disastri.
Già Gutenberg, ha
consentito tra l’altro a Lutero di scalzare il potere millenario
della Chiesa Cattolica , ma ha anche reso possibili le guerre di
religione.
La diffusione dei
telefonini in Africa, hanno dimostrato analisi, citate da Mounk,
hanno migliorato enormemente le possibilità di sviluppo di quelle
popolazioni ,ma contemporaneamente ha aumentato grandemente la
conflittualità fra etnie e sette religiose.
Un progresso troppo
radicale e troppo veloce porta opportunità ,ma scalfendo la
precedente stabilità, porta anche instabilità ,paure e infelicità.
Anche il crescente
fenomeno migratorio ha causato problemi non tanto per il numero dei
migranti, ma per la velocità degli eventi ,che non hanno lasciato il
tempo per metabolizzare.
L’ultima parte del
libro di Mounk si propone di prospettare rimedi razionali ai problemi
evidenziati dalle politiche populiste.
Rimedi di puro
buonsenso, assolutamente condivisibili, probabilmente anche dai
populisti, ma mi sembra di poter dire, che la forza e il valore di
questo saggio ,stanno nell’analisi dei fenomeni in atto , più che
nelle soluzioni accennate.
Data l’importanza
del tema, ritengo che sia estremamente utile leggere attentamente
questo libro.