mercoledì 18 ottobre 2023

Yashka Mounk : Popolo vs democrazia .Dalla cittadinanza alla dittatura elettorale - Universale economica Feltrinelli. - recensione

 


L’autore è un brillante e giovane politologo ,ora della John Hopkins University ,già autore di diversi libri dedicati alla crisi della democrazia rappresentativa, come eravamo abituata a vederla nel nostro sviluppato Occidente.

Mounk si chiede : come mai la gente ha perso talmente fiducia nella politica e quindi nelle sue istituzioni e cioè ,in ultima analisi, nel funzionamento della democrazia ,al punto di rinunciare ad andare a votare?

E come mai ,quelli che a votare ci vanno ancora, si lasciano sempre più ammaliare dalle sirene dei politici più “populisti”?

E cos’è il populismo ?

Appare come la politica terra a terra, quella del bar sport o delle curve di calcio, perché basa la sue fortune sulla semplificazione assoluta, ma ,attenzione a non sottovalutare le basi oggettive ,che ne favoriscono la diffusione.

Ecco, il punto di forza di questo libro sta proprio nella lucidità dell’analisi politologica di Mounk nell’analizzare lo sgretolarsi della fiducia negli istituti democratici e quindi il diffondersi della politica populista.

Del resto ,il contrario del populismo ,che è il pensiero filosofico,ha da tempo elaborato una critica molto preoccupata circa lo sviluppo della tecnica, che avrebbe raggiunto oramai una tale potenza, da essere ormai oltre le possibilità di controllo da parte della politica per eccesso di complessità.

E qui arriviamo al cuore del problema ,perché a quanto pare, il nostro inconscio percepisce questa difficoltà di capire e di padroneggiare questo nuovo mondo, come una fonte di ansia, di spaesamento, di paura, di non sapere più a che santo votarsi, perdendo la fiducia in un futuro migliore.

Questo è il primo terreno di cultura del populismo.

Per uscire dal panico ,ci si affida al pifferaio magico ,che promette di avere la soluzione semplice e comprensibile da tutti, per risolvere problemi più che complessi.

Magari la soluzione non ce l’ha proprio, ma ha di sicuro l’abilità di farci credere di averla ,andando a prendere argomenti convincenti, che pongano un freno alle nostre paure.

La carta più semplice e quasi sempre vincente, che si giocano i populisti ,è quella dell’individuare un nemico a cui addebitare tutto quello che non va.

Una volta ,per nemico, come sappiamo, si sono scelti gli ebrei e sappiamo quanto quel gioco sia tragicamente riuscito.

Oggi il nemico numero uno sarebbero le élites tecnocratiche e plutocratiche.

Poi l’invasione degli immigrati.

Poi la globalizzazione stessa.

Infine multiculturalismo e la modernità ,che ferisce le consolidate e rassicuranti tradizioni.

Secondo i populisti ,i nemici ci manipolano usando spregiudicatamente i media e i social, (anche se ovviamente noi facciamo lo stesso ai loro danni).

Ecco, il libro di Mounk ,del quale stiamo parlando, è un saggio molto ben riuscito nel presentare una analisi precisa e dettagliata di queste paure, che ci costringono ad una navigazione a vista in lidi sconosciuti.

L’autore è un politologo e quindi è molto bravo nell’andare ad analizzare i meccanismi della democrazia rappresentativa che si sono inceppati.

Riporto solo qualche accenno, per mostrare al lettore che il libro si occupa di cose molto concrete e non di fumose teorie.

L’argomento primo della polemica politica ,sostenuta dal populismo ,è che le élites, che ci governano ,sarebbero corrotte e ci governerebbero con un sistema fraudolento ,che nel tempo avrebbe spogliato la democrazia delle sue reali funzioni.

Cioè il sistema sarebbe diventato una messa in scena, che lascia le formalità delle elezioni ,ma di fatto priva il popolo di qualsiasi influenza nelle decisioni.

Del resto, l’idea del popolo che governa è sempre stata un’approssimazione un po ingenua, se si pensa, che già la prima realizzazione della democrazia, nell’Atene di Pericle, escludeva larghe fette della popolazione come donne,schiavi ecc.

Mounk addirittura, porta esempi molto gustosi ,mostrando come la realtà sia spiacevole e contro-intuitiva, nel senso ,che i monarchi erano quelli che, di fatto, erano più portati a fare il bel gesto, aprendo la partecipazione a più categorie, ben sapendo, che il potere si esercitava altrove e che quindi non correvano alcun rischio.

La verità è che da sempre le istituzioni che ,non a caso, si chiamano rappresentative, sono fortemente mediate, lasciando al popolo una fetta di potere molto ristretta.

Molto puntuale è l’analisi di Mounk ,che ci mostra come il potere dei parlamenti elettivi sia fortemente limitato da quello degli apparati professionali o tecnocratici ,non eletti.

Gli apparati sono ben di più di quello che si definisce sbrigativamente burocrazia.

Mounk li analizza uno per uno :

-Banche Centrali che sono arrivate anche formalmente a detenere poteri di indirizzo politico ,pur non essendo i loro board eletti da nessuno;

-Corti Supreme.

Mounk si sofferma su quella americana ,citando i settori nei quali di fatto ha determinato l’indirizzo politico (finanziamenti alla politica,armi, pena di morte, segregazione razziale, sanità, aborto ,diritti Lgb. etc.) pur non essendo i suoi membri eletti dal popolo;

-trattati internazionali, che una volta firmati, limitano fortemente le scelte politiche dei singoli parlamenti.

Tradotti questi vincoli, nella nostra realtà europea, si pensi per esempio al famoso citatissimo trattato di Dublino, che regola l’immigrazione o l’estremamente pervasivo “sistema di stabilità” ,che impedisce di fare debiti oltre certi limiti;

-il potere delle lobby ,che in America ha già superato qualsiasi linea rossa, facendo chiedere alla gente chi comanda veramente ,se i lobbisti delle grandi corporations ,o gli eletti dal popolo;

-Mounk ,quasi non ne accenna, perché è un politologo e non un geopolitico, ma oggi fra gli apparati che sono arrivati a gestire un potere enorme sono quelli “securitari”;

-l’alta burocrazia, che si trova, per esempio, a stilare materialmente i regolamenti di attuazione delle leggi ,che oggi sono sempre più nella forma di decreti.

Stabilire come la norma giuridica ,astratta per definizione, si deve applicare nel caso concreto dà a questi apparati un potere, anche discrezionale, molto elevato.

Mounk fa riferimento al sistema americano e quindi vede queste funzioni affidate a commissioni apposite, quando da noi si tratta semplicemente degli occupanti dei piani alti dei ministeri;

-Mounk cita anche il potere, che si sono assunti molti sistemi giudiziari, sulla “revisione giudiziale” delle leggi, approvate dai parlamenti, cioè interventi di organi della magistratura ,che interpretando la legge bloccano atti di governo;

Tutte queste situazioni limitano e molto nella realtà il potere del popolo ,tanto che l’indirizzo populista, preme per il ricorso agli istituti della “democrazia diretta” ad esempio col ricorso al referendum più ampio possibile.

Come si è arrivati a questa crescente sfiducia nella democrazia liberale, al punto da portare alcuni dei più noti leader ,di orientamento populista ,come l’ungherese Orban a dire apertamente di voler promuovere una nuova forma di “democrazia illiberale”?

Una causa scatenate, secondo Mounk ,è stata l’entrata dell’economia mondiale in una fase di stagnazione dopo decenni di forte sviluppo a partire dalla crisi del 2008.

A promuovere l’atteggiamento populista è in ultima analisi la perdurante percezione di un clima di instabilità.

Trump ,per esempio, è nato politicamente ,come il campione non dei poveri e degli emarginati, ci dice Mounk, ma delle classi sociali, che percepiscono una forte paura di essere incamminati a peggiorare nel futuro il proprio status economico e sociale.

La percezione è ancora più importante della situazione reale.

La seconda principale causa scatenante del populismo è stata ,secondo Mounk ,lo sconvolgimento portato dallo sviluppo così veloce della tecnica.

La stabilità politica di un tempo era garantita ,tra l’altro ,dal potere che le classi dominanti avevano sulle fonti di informazione ,facendo passare la loro narrativa come l’unica veritiera e condivisa.

Oggi ,con media digitali e i social, chiunque, anche con pochi soldi e poca o nulla organizzazione, può diffondere messaggi ,capaci ,in certe circostanze, di diventare virali e di fare traballare il potere.

Lo sviluppo della tecnica quindi ha portato enormi benefici ,ma per il principio dell’eterogenesi dei fini ,anche autentici disastri.

Già Gutenberg, ha consentito tra l’altro a Lutero di scalzare il potere millenario della Chiesa Cattolica , ma ha anche reso possibili le guerre di religione.

La diffusione dei telefonini in Africa, hanno dimostrato analisi, citate da Mounk, hanno migliorato enormemente le possibilità di sviluppo di quelle popolazioni ,ma contemporaneamente ha aumentato grandemente la conflittualità fra etnie e sette religiose.

Un progresso troppo radicale e troppo veloce porta opportunità ,ma scalfendo la precedente stabilità, porta anche instabilità ,paure e infelicità.

Anche il crescente fenomeno migratorio ha causato problemi non tanto per il numero dei migranti, ma per la velocità degli eventi ,che non hanno lasciato il tempo per metabolizzare.

L’ultima parte del libro di Mounk si propone di prospettare rimedi razionali ai problemi evidenziati dalle politiche populiste.

Rimedi di puro buonsenso, assolutamente condivisibili, probabilmente anche dai populisti, ma mi sembra di poter dire, che la forza e il valore di questo saggio ,stanno nell’analisi dei fenomeni in atto , più che nelle soluzioni accennate.

Data l’importanza del tema, ritengo che sia estremamente utile leggere attentamente questo libro.



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