Ovvero come mai il cattolicesimo politico di centro- destra è risultato vincente e quello di centro-sinistra perdente.
E’ oramai un ventennio che il cattolicesimo politico progressista ha perso ogni visibilità.
E’ oramai dallo stesso periodo che il cattolicesimo politico conservator-moderato-tradizionalista confluito nel Berlusconismo gode di ottima salute, ampia visibilità e sostanziale potere.
Tutti sanno che il merito di questo periodo col vento in poppa di questa branca del cattolicesimo politico sta nella forza “politica” di CL e delle scelte che ha fatto appoggiando il Berlusconismo.
Il cattolicesimo progressista in politica, finita la fallimentare esperienza di Prodi e amici è talmente in crisi che le comparsate televisive della Bindi e C suscitano ormai una malinconica pena.
Non ci sono né idee né uomini credibili per andare avanti, tanto varrebbe riconoscere senza indugi il fallimento del progetto politico del PD e pensare ad altro.
Di questo però ce ne occuperemo in un altro post, qui interessa invece interrogarsi per vedere se si tratta di mera buona o cattiva sorte, oppure se dietro il successo della componente moderata e l’insuccesso di quella progressista non ci sia qualcosa di serio e di sostanziale che hanno determinato le fortune di una e la sfortuna dell’altra.
A mio parere, come vedremo, la risposta è positiva, cioè ritengo che non si tratti né di causalità, né di buona o cattiva sorte ma di scelte politiche ideologiche che hanno prodotto i risultati dei quali stiamo parlando.
Per cominciare mettiamo subito da parte gli opposti fanatismi pro o contro il Berlusconismo , cioè cerchiamo di mettere da parte i pregiudizi e di analizzare invece alcuni fatti e le loro radici culturali.
Tutti sappiamo che Cl da decenni sta dietro a una tale occupazione di posti di potere nella politica , nella società e nell’economia da avere acquisito una visibilità ormai perfino imbarazzante per un movimento nato come ecclesiale e che oggi al di là della volontà dei suoi dirigenti viene percepita di conseguenza come una grossa forza di potere.
C’è da scandalizzarsi? Obiettivamente si e no, nel senso che se andiamo indietro di non moltissimi anni cioè dagli anni dal 60 agli 80 le Acli ,altro movimento ecclesiale, forse ancora più strutturato di CL quanto a dipendenza ecclesiale, avevano un gruppo parlamentare nella Dc che ha veleggiato per decenni fra i 20 e i 30 deputati e senatori, cioè nettamente più consistente di quello che hanno oggi i ciellini nel Pdl.
Non parliamo della Coldiretti, ancora più potente, anche se meno consistente sul piano ecclesiale.
Per intenderci : troverei giusto scandalizzarsi nei casi nei quali l’analisi portasse a individuare movimenti nati come ecclesiali trasformati in consorterie per l’ occupazione di posti di potere e basta, non troverei nulla da scandalizzarsi ove l’analisi portasse a individuare dietro a questi movimenti delle solide motivazioni culturali o dottrinali.
Veniamo quindi a CL.
Il Berlusconismo vissuto in modo fanatico dagli opposti schieramenti ha causato dei danni nel mondo cattolico nel senso che ha arruolato nelle opposte curve di fans ambedue le principali anime del cattolicesimo italiano.
E’ quindi diventato assiomatico per chi sente di appartenere alla componente progressista dipingere acriticamente il Berlusconismo come la fonte del decadimento della società italiana e assolvere il proprio schieramento diventato sempre più invisibile e inconsistente nella politica come vittima dello strapotere del Berlusconismo e non della propria sopravvenuta incapacità di proporre una linea politica coerente.
Gran parte del mondo cattolico progressista vede quindi Cl con l’irritazione di chi di si è visto ridotto all’angolo e tende a giudicare questo movimento con la stessa acredine con la quale sono stati redatti gli ultimi libri- inchiesta sul potere di Cl in Lombardia e nella sanità lombarda.
Mi riferisco ad esempio ai lavori di Ferruccio Pinotti : la lobby di dio e di Enrico De Alessandri : Cl assalto al potere in Lombardia, che riportano i dati utili per evidenziare la consistenza del potere politico occupato dai ciellini ma che non sanno fare alcuna analisi sulla cultura politica e l’ispirazione dottrinale che hanno portato questo movimento a divenire potente, abbiamo detto, in modo perfino imbarazzante.
Consiglierei il lettore che volesse aggiornarsi su Cl per capire se dietro a tanto successo c’è solo sete di potere o qualcosa di più consistente a seguire ad esempio Luigi Amicone direttore di Tempi il settimanale di Cl sul suo settimanale o nelle sue comparsate televisive.
Si accorgerebbe di un fatto fondamentale che vedremo di analizzare.
Cl ha scoperto il capitalismo e dopo averlo sperimentato ha concluso che può essere buono e virtuoso.
Per essere chiaro sono stato probabilmente troppo semplicista, ma questa è quella che vedo come la chiave di tutto il ragionamento.
Qualcuno potrebbe dire tutto qui?
E va bene, nella società italiana di oggi queste asserzioni sono condivise se non dalla totalità, presumo, da almeno i due terzi degli italiani e allora, cosa c’è di rilevante nel fatto che Cl abbia scoperto il capitalismo e lo abbia trovato sostanzialmente buono?
E invece c’è molto di più di quello che possa sembrare a prima vista per il semplice fatto che il rapporto fra la dottrina sociale della Chiesa e il capitalismo i rapporti non sono mai stati particolarmente buoni.
Sono stati pessimi fin dai tempi del fondatore del cristianesimo quel Gesù Cristo descritto dai Vangeli colme un figlio di lavoratore e lavoratore lui stesso che chiama ad esser suoi discepoli una turba di dodici apostoli provenienti nella quasi totalità dai ceti popolari più minuti.
L’interpretazione letterale dei vangeli porterebbe perfino a dover rilevare un pregiudizio del Cristo contro i ricchi.
La monumentale costruzione teologico-dottrinale che la Chiesa nei secoli ha sovrapposto al nudo messaggio evangelico non è stata da meno.
Difficile trovare nella Patristica e poi nella teologia medioevale delle paroline dolci per i ricchi.
Nei tempi moderni le cose non sono cambiate in modo sostanziale.
La reazione dei papi al capitalismo da quando hanno cominciato, se pure parecchio in ritardo ,ad occuparsi direttamente del problema i cioè da Leone XIII in poi non ha certo migliorato il rapporto.
Anzi, al contrario, al punto che quel poco che hanno detto in difesa dei capitalisti era stato quasi strappato loro non dalla convinzione ma dalla paura del social-comunismo che avevano individuato come il più terribile fattore di convulsione sociale, che volevano evitare a tutti i costi.
Il più progressista di tutti i papi in campo sociale che è stato Paolo VI tutto quello che ha scritto era chiaramente ispirato diciamo da una non simpatia ed ancora minore stima per le virtù del capitalismo.
Non parliamo del quasi Santo Papa Woytila, il primo papa quasi sindacalista, pervicacemente tradizionalista in dottrina, ma che non ha mai visto il capitalismo come la giusta alternativa al comunismo.
Papa Ratzinger uomo di altri interessi e di altre esperienze se ne è occupato ma senza dire nulla di nuovo o di originale.
Questo striminzito riassunto della dottrina sociale per dire che se cercassimo qui la base dottrinale per appoggiarvi la propria simpatia per il capitalismo avremmo sbagliato indirizzo.
E allora Cl che si presenta come il movimento più ossequioso della tradizione e della ortodossia dove è andata a prendere le se idee sul capitalismo?
Ovvio da Don Giussani.
Don Giussani, per chi sa di chi stiamo parlando realmente e non solo del suo mito, era una figura singolare.
Era l’ultra tradizionalista che si era precipitato dal vecchio e malato Paolo VI esortandolo di bloccare l’attuazione di alcune parti e interpretazioni del Vaticano II ,ma era anche uno dei pochissimi esponenti del cattolicesimo italiano che fosse curioso e interessato del cattolicesimo e soprattutto del cristianesimo riformato anglosassone ed in particolare dell’evangelismo americano.
Lo aveva studiato ed aveva anche fatto un serio viaggio di studio negli States, dal quale era tornato entusiasta.
Ecco da dove viene l’interesse e la sostanziale benedizione del capitalismo, che resta invece sostanzialmente indigesto alla dottrina sociale non ostante gli sforzi del banchiere Gotti Tedeschi, oggi posto dal papa a “risanare” lo Ior, che del capitalismo è un aperto difensore, portando però le argomentazioni di scuola Opus Dei più elitarie e quindi meno adatte a trovare ampi consensi.
Quando si sente un ciellino convinto parlare del suo incontro personale con Cristo sembra di sentire le confessioni a raffica che si possono seguire anche da noi dai siti satellitari televisivi evangelici statunitensi.
Allo stesso modo è inevitabile individuare nei discorsi dei dirigenti della Compagnia delle Opere l’eco della concezione calvinista della fortuna negli affari come segno della benedizione divina per il proprio buon operare, anche se questa osservazione li irriterebbe parecchio.
E in parte avrebbero ragione perché effettivamente nel bagaglio dottrinale culturale che Cl ha preso dall’evangelismo americano per “benedire” il capitalismo, manca quasi del tutto il rapporto con il liberalismo, nato illuminista e laico e quindi di difficile digestione per l’opinione tradizionalista del cattolicesimo soprattutto nostrano.
Pur con questo limite, che non è a poco, il fatto che abbiamo rilevato è di grande rilevanza perché mette in evidenza che una parte consistente, anche se non maggioritaria dell’opinione cattolica tradizionalista in Italia ha portato una sostanziale innovazione al pensiero sociale cattolico, andando oltre alla dottrina sociale della Chiesa.
Questa accettazione del capitalismo potrebbe per alcuni versi essere anche considerata una accettazione, se pure parziale, della modernità.
Cl pervenuta a queste posizioni a causa della sequela del pensiero del suo fondatore ha obiettivamente operato una innovazione nel pensiero sociale cattolico che la ha messa in sintonia con alcuni dei dati ritenuti acquisiti dalla gran parte della gente e questa è stata una e non ultima delle ragioni del suo successo nel campo della politica.
Sarà un caso ma la diffusione a macchia d’olio della Compagnia delle Opere sul terreno della piccola e media impresa la ha saldamente posizionata nel cuore del capitalismo italiano, che non è notoriamente basato sulla grande impresa.
Sull’altro versante, quello dei cattolici progressisti ,cosa è stato elaborato di innovativo nel corso di questi ultimi vent’anni?
Vedremo di rispondere a questa domanda nel corso di un successivo post.
Anticipo che non mi sembra che sia stato elaborato nulla di innovativo e che di conseguenza il loro riferimento culturale-dottrinale, pur essendo paradossalmente più aderente al corpus della attuale dottrina sociale della Chiesa, rispetto alla “innovazione” della “benedizione “ del capitalismo operato da parte di Cl, li fa percepire dall’opinione pubblica non come realmente progressisti, ma come i conservatori dello status quo e questa è precisamente la ragione del successo degli uni e dell’insuccesso degli altri.
Con tutto questo non si vuole affatto distribuire pagelle e tanto meno dire che Cl abbia dato un contributo essenziale all’evoluzione della dottrina sociale, ma si riconosce semplicemente che Cl ha messo in circolo una innovazione rispetto al corpus della dottrina sociale e questo fatto è risultato premiato a livello di società e di politica.
Allo stesso modo non si è voluto dare alcun giudizio su Cl giudicando se questo movimento ha ancora una sua valenza ecclesiale o se si è ridotto a una lobby di potere.
Si è solo detto in prima approssimazione che sembra di rilevare che la gente lo percepisca oggi più come lobby politica potente che non come movimento ecclesiale.
Come movimento ecclesiale fermamente tradizionalista non sembra che possa avere un roseo futuro se si guarda al resto d’Europa dove questa interpretazione del cattolicesimo ha ridotto il cattolicesimo stesso all’irrilevanza pressoché ovunque.
Come background culturale di orientamento cattolico moderato, nell’ambito di quel movimento politico che è il Berlusconismo è risultato finora vincente per le ragioni che abbiamo cercato di mettere sopra in evidenza e cioè sostanzialmente per il fatto che è percepito come innovativo rispetto alla tradizionale dottrina sociale delle chiesa e vicino al modo di sentire di quella fetta considerevole della società che proviene dal mondo delle libere professioni e del lavoro autonomo, che, guarda caso, coincide con la base elettorale del Berlusconismo.
L’altra faccia della luna del mondo cattolico paradossalmente più vicina di Cl alla tradizionale formulazione della dottrina sociale non avendo innovato né prodotto nulla di originale finisce per portare su di sé il peso dei limiti e dei pregiudizi storici che appesantiscono ancora quella dottrina e in particolare l’orientamento di fondo più favorevole agli interventi dello stato in economia che non all’iniziativa privata e tutto quello che ne deriva.
E’ vero che la dottrina sociale elenca il principio di sussidiarietà come cosa propria, ma questo principio è molto generico e può essere declinato in tanti modi.
Cl non solo lo ha declinato in modo molto estensivo ma si è dotata anche delle strutture per metterlo in atto.
E’ chiaro che se passiamo dalla teoria alla pratica e andiamo a vedere la galassia delle cooperative aderenti alla Compagnia delle Opere alle quali per esempio gli ospedali pubblici hanno fatto come si dice oggi “outsourcing” esternalizzando tutta la logistica e i servizi avremmo più che qualche interrogativo da porci sulla opportunità che siano proprio i cattolici ad ispirare le forme di lavoro più precarie che esistono nella realtà attuale, ma questo è un altro discorso.
martedì 25 gennaio 2011
venerdì 21 gennaio 2011
La volgarità fa schifo ancora a molti per fortuna ma non è un reato
Le quasi quattrocento pagine redatte dalla Procura di Milano per con vocare Berlusconi in Tribunale sono state la manna per giornali e notiziari che sulle notizie pruriginose realizzano il massimo della loro diffusione pur essendo ma solo in teoria un reato la diffusione dei medesimi atti.
Il contenuto degli indizi di reato, costituito per lo più da intercettazioni telefoniche di una ventina di giovani ragazze di varia umanità sembra fatto apposta per causare una deflagrazione impressionante di voyerismo e di indignazione.
Lo spaccato di società che ne viene fuori è assolutamente orribile.
Almeno le nigeriane o le slave che battono i marciapiedi sono lì perché costrette dal debito che hanno contratto inconsapevolmente con i loschi mercanti che le hanno fatte espatriare e quindi non sono affatto consenzienti, trovandosi in condizione sostanziale di schiavitù.
Le giovani che compaiono nelle intercettazioni sembrano essere invece assolutamente al corrente di cosa siano andate lì a fare e soprattutto hanno le idee chiarissime su una cosa sola : spillare più soldi possibili al vecchio anfitrione.
C’è perfino il caso limite del padre che sgrida la figlia per non essersi spinta avanti abbastanza.
Con un capolavoro di cinismo uno dei migliori giornalisti di Libero ha scritto che quelle non sono escort perché le escort di alto bordo sono professioniste che sanno fare il loro mestiere e che quindi sanno bene che in Italia non conviene andare a “sputtanarsi” con i politici, ci si rovinerebbe la carriera.
Il ponderoso faldone ”prova” almeno alcune cose:
- le ragazze erano state introdotte, allettate e invitate alle “cene” da intermediari, alcuni dei quali famosi nel mondo, diciamo, dello spettacolo leggero e della TV o direttamente dal premier;
- il premier medesimo di conseguenza doveva avere nel suo telefonino una rubrica con i numeri di un numero più che cospicuo di ragazze di questo tipo, cosa alquanto insolita e curiosa per un uomo di governo;
- costoro non si accontentavano affatto dell’onore di pranzare con il presidente del consiglio , cosa che capivano benissimo essere del tutto inusuale dato il loro, potremmo dire, non “alto lignaggio” o comunque data la loro totale irrilevanza sia come consigliere su problemi attinenti al governo del paese, sia come eventuali talenti per il mondo dello spettacolo per quanto leggero.
Costoro miravano all’immediato donativo in danaro contante ,apprendiamo versato in numerose banconote da 500 €, (ricordiamo che una sola costituisce lo stipendio di un cassintegrato) rafforzato per lo più da regalini in piccoli monili in oro o sotto forma di comodato d’uso di appartamenti in un quartiere bene di Milano o da promesse di comparsa in programmi di TV spazzatura;
- l’interesse del premier per loro arrivava fino a spendersi in prima persona per prestare loro favori:
- nella migliore delle ipotesi quindi il premier si faceva organizzare cene con la presenza abbastanza stravagante di personaggi importanti e di queste ragazze. Apprendiamo allietati da una cucina di buon tono, apprezzata dai commensali e con esibizioni canoro musicali a volte interpretate direttamente dall’anfitrione che non si risparmiava nemmeno le immancabili barzellette.
- solo questo ? Forse sì se ascoltiamo il premier e la sua corte. Forse no se ascoltiamo le giovani che nelle intercettazioni ne hanno raccontate di tutti i colori comprese le tariffe relative al tipo di prestazione.
- sconcertante il fatto che un personaggio del rango e dal brillante passato imprenditoriale del premier non abbia usato la minima accortezza per salvaguardare la propria privacy e per mettersi al riparo da possibili ricatti, dato il tipo di ospiti alle quali apriva le porte, se è vero che di alcune non si conosceva nemmeno il nome.
Oltre tutto oggi esistono i telefonini che se sono di qualità anche solo medio-alta sono in grado di riprendere filmati addirittura in HD. Pare che almeno sull’uso dei telefonini ci fosse stata sì un minimo di attenzione vietandone l’uso, ma non ostante questo pare che la prossima tornata di fuochi artificiali preveda una serie di foto e filmati.
In conseguenza di tutto questo, la botta è stata forte e sembra che sia solo l’inizio di una serie, compariranno poi probabilmente storie analoghe relative alle abitazioni romane e forse anche filmati come si è detto.
Allora per Berlusconi è finita? Il personaggio affonderà col suo governo a seguito dell’indignazione generale in Italia ed all’estero?
Estremamente improbabile per tre ragioni.
1- Se seguiamo la chiave di lettura che ha dato Severgnini e che è condivisa da molti, secondo la quale Berlusconi sarebbe l’interprete dell’Italia profonda che lo segue perché lui ne condivide e ne perdona i vizi, non succederà un bel nulla e il consenso al Berlusconismo rimarrà così com’era prima;
2- La volgarità fa ancora schifo a un sacco di gente ma non è un reato.
La consistenza delle argomentazioni giuridiche della Procura di Milano appare veramente debole sul piano strettamente giuridico.
I reati ipotizzati sono due : quello previsto dall’art 600 bis del CP (induzione alla prostituzione giovanile) che prevede una pena tutt’altro che pesante (da 6 mesi a 3 anni) e la fattispecie non è facile da dimostrare;
la concussione per avere abusato della posizione di Presidente del Consiglio per premere su un ufficiale di polizia (questa ipotesi di reato è ancora più tirata e difficile da dimostrare).
Facilissimo poi sollevare la contestazione sulla competenza territoriale o del tribunale ordinario o dei Ministri.
Per due reati molto difficili da dimostrare si dice che la Procura abbia impiegato la bellezza di 150 uomini per un periodo di oltre un anno. C’è una evidente sproporzione.
Sembra poi sconcertante che una procura del livello di quella di Milano si senta sicura basando tutte le sue carte sulle conversazioni telefoniche di ragazze ” senza né arte né parte”, come quelle, ben sapendo che anche un avvocaticchio di provincia quando si trova al dibattimento la prima cosa che fa è quella di cercare di mettere in cattiva luce l’affidabilità del teste.
La gente forse non è ancora consapevole del fatto che in Italia dopo l’ultima riforma della procedura penale (giudicata infausta dai più) la difesa ha assunto praticamente poteri paralleli a quelli della polizia giudiziaria e quindi può agire alla Perry Mason, per acquisire testimonianze etc e che quindi tutta la selva di ragazze che compaiono nelle intercettazioni arriveranno al dibattimento (se mai ci sarà) accompagnate dagli atti che avrà acquisito il formidabile staff di Ghedini e C.
Riflettiamo un istante : gente che va nelle famose residenze del premier con il solo scopo di spillargli soldi o entrature nella Tv spazzatura, se poste di fronte alla scelta fra il timore per una procura che purtroppo visti i risultati dei processi contro Berlusconi non fa più paura a nessuno e la promessa di particine in programmini televisivi cosa sceglieranno? Ma è ovvio ritratteranno e sottoscriveranno qualsiasi cosa e l’inchiesta andrà a farsi benedire come le precedenti 30.
3- Berlusconi cadrà quando ci sarà visibile e credibile un competitore.
Una opposizione credibile non c’è da anni.
Molti ritengono che ci vogliano altro che Fini, Casini , Bersani e compagnia per far fuori Berlusconi.
L’alternativa più verosimile si potrà presentare quando la Lega deciderà di ringraziare Berlusconi per avere portato in porto le leggi sul federalismo e gli consiglierà di concedersi un meritato riposo per fare gestire l’attuazione delle medesime leggi dal più affidabile Tremonti.
E allora viva Berlusconi l’inaffondabile? Rassegniamoci a tenere la volgarità al governo?
Ma neanche per idea, al contrario è venuto il momento che la gente a tutti i livelli impari finalmente a “stare con la schiena dritta” perché, non facciamoci illusioni , quando Berlusconi sarà costretto a lascare (abbiamo detto non dall’opposizione che non c’è) questa società volgare e degradata rimarrà così com’è volgare e degradata anche senza Berlusconi.
La figura del premier, comunque vada a finire, non c’è dubbio che da questa vicenda ne esca più che ammaccata in Italia e peggio ancora all’estero.
Un anziano premier con un passato da brillante imprenditore che però dopo quasi vent’anni dalla discesa in politica non ha da presentare che un bilancio di realizzazioni molto striminzito che viene svillaneggiato per non sapere controllare nemmeno le proprie pulsioni non è certo più fonte di esaltazione nemmeno per chi l’aveva scelto.
Questo uomo ha ancora l’autorevolezza necessaria al ruolo che ricopre?
Faccio il primo esempio che mi viene in mente : quando per le funzioni del suo ufficio dovrà andare a stringere la mano delle vedove dei nostri caduti in Afghanistan, non c’è il rischio che qualcuna di quelle mani si ritragga per istinto?
Se i suoi fossero gente di maggiore statura politica e morale avrebbero il buon senso di proporgli un ruolo da “padre nobile” del Berlusconismo ma non più operativo.
E’ inverosimile pensare che la magistratura stia orchestrando un golpe antidemocratico telecomandata dai “comunisti” dall’entrata in politica di Berlusconi ad oggi per il semplice fatto che i “comunisti” sono ridotti come tutti sappiamo e tutti vediamo.
Piuttosto è ed è stata la loro inconsistenza politica la vera forza del Berlusconismo.
La magistratura se ha mai avuto qualche pensiero insano di sconfinamento in politica lo possiamo situare nel periodo di gloria del pool contro tangentopoli, non certo oggi, quasi vent’anni dopo da quei tempi.
Però la magistratura inquirente con queste inchieste orchestrate in questo modo mediatico e volutamente pirotecnico sembra mostrare la convinzione che la società sia talmente degradata da esigere una sua missione di supplenza.
Se ha questa convinzione occorre sottolineare che questo atteggiamento è erroneo.
E’ erroneo che la magistratura inquirente possa pensare di supplire a chi una volta formava alla moralità e poi la tutelava cioè in campo confessionale una chiesa che ha lasciato andare la società a ramengo perché occupata a fare altro ,o in campo laico una casta di intellettuali che una volta si sentivano responsabili della formazione dell’ethos civico e che oggi si sono ritirati a vita privata.
Tanto meno è ragionevole che possa pensare di supplire a una classe politica volgare e inefficiente sferzandola per mettere alla berlina la sua pochezza.
Non è il suo ruolo.
La magistratura pensi a fare funzionare la scassatissima macchina della giustizia.
Da parte loro però occorre anche che preti, intellettuali, politici e cittadini non si limitino a schifarsi dei festini notturni nei palazzi del potere ma guardino in casa propria e vi mettano l’ordine e la moralità che non ci sono più, perché di questo degrado sociale e morale siamo responsabili tutti noi.
Schifarsi della volgarità dei politici e andare avanti come prima è un modo per non risolvere nessun problema e autoassolversi dei vizi propri.
Vendere Berlusconi come il diavolo corruttore e andare avanti ognuno a fare i fatti propri fregandosene dei doveri sociali e del bene comune è troppo comodo.
Il contenuto degli indizi di reato, costituito per lo più da intercettazioni telefoniche di una ventina di giovani ragazze di varia umanità sembra fatto apposta per causare una deflagrazione impressionante di voyerismo e di indignazione.
Lo spaccato di società che ne viene fuori è assolutamente orribile.
Almeno le nigeriane o le slave che battono i marciapiedi sono lì perché costrette dal debito che hanno contratto inconsapevolmente con i loschi mercanti che le hanno fatte espatriare e quindi non sono affatto consenzienti, trovandosi in condizione sostanziale di schiavitù.
Le giovani che compaiono nelle intercettazioni sembrano essere invece assolutamente al corrente di cosa siano andate lì a fare e soprattutto hanno le idee chiarissime su una cosa sola : spillare più soldi possibili al vecchio anfitrione.
C’è perfino il caso limite del padre che sgrida la figlia per non essersi spinta avanti abbastanza.
Con un capolavoro di cinismo uno dei migliori giornalisti di Libero ha scritto che quelle non sono escort perché le escort di alto bordo sono professioniste che sanno fare il loro mestiere e che quindi sanno bene che in Italia non conviene andare a “sputtanarsi” con i politici, ci si rovinerebbe la carriera.
Il ponderoso faldone ”prova” almeno alcune cose:
- le ragazze erano state introdotte, allettate e invitate alle “cene” da intermediari, alcuni dei quali famosi nel mondo, diciamo, dello spettacolo leggero e della TV o direttamente dal premier;
- il premier medesimo di conseguenza doveva avere nel suo telefonino una rubrica con i numeri di un numero più che cospicuo di ragazze di questo tipo, cosa alquanto insolita e curiosa per un uomo di governo;
- costoro non si accontentavano affatto dell’onore di pranzare con il presidente del consiglio , cosa che capivano benissimo essere del tutto inusuale dato il loro, potremmo dire, non “alto lignaggio” o comunque data la loro totale irrilevanza sia come consigliere su problemi attinenti al governo del paese, sia come eventuali talenti per il mondo dello spettacolo per quanto leggero.
Costoro miravano all’immediato donativo in danaro contante ,apprendiamo versato in numerose banconote da 500 €, (ricordiamo che una sola costituisce lo stipendio di un cassintegrato) rafforzato per lo più da regalini in piccoli monili in oro o sotto forma di comodato d’uso di appartamenti in un quartiere bene di Milano o da promesse di comparsa in programmi di TV spazzatura;
- l’interesse del premier per loro arrivava fino a spendersi in prima persona per prestare loro favori:
- nella migliore delle ipotesi quindi il premier si faceva organizzare cene con la presenza abbastanza stravagante di personaggi importanti e di queste ragazze. Apprendiamo allietati da una cucina di buon tono, apprezzata dai commensali e con esibizioni canoro musicali a volte interpretate direttamente dall’anfitrione che non si risparmiava nemmeno le immancabili barzellette.
- solo questo ? Forse sì se ascoltiamo il premier e la sua corte. Forse no se ascoltiamo le giovani che nelle intercettazioni ne hanno raccontate di tutti i colori comprese le tariffe relative al tipo di prestazione.
- sconcertante il fatto che un personaggio del rango e dal brillante passato imprenditoriale del premier non abbia usato la minima accortezza per salvaguardare la propria privacy e per mettersi al riparo da possibili ricatti, dato il tipo di ospiti alle quali apriva le porte, se è vero che di alcune non si conosceva nemmeno il nome.
Oltre tutto oggi esistono i telefonini che se sono di qualità anche solo medio-alta sono in grado di riprendere filmati addirittura in HD. Pare che almeno sull’uso dei telefonini ci fosse stata sì un minimo di attenzione vietandone l’uso, ma non ostante questo pare che la prossima tornata di fuochi artificiali preveda una serie di foto e filmati.
In conseguenza di tutto questo, la botta è stata forte e sembra che sia solo l’inizio di una serie, compariranno poi probabilmente storie analoghe relative alle abitazioni romane e forse anche filmati come si è detto.
Allora per Berlusconi è finita? Il personaggio affonderà col suo governo a seguito dell’indignazione generale in Italia ed all’estero?
Estremamente improbabile per tre ragioni.
1- Se seguiamo la chiave di lettura che ha dato Severgnini e che è condivisa da molti, secondo la quale Berlusconi sarebbe l’interprete dell’Italia profonda che lo segue perché lui ne condivide e ne perdona i vizi, non succederà un bel nulla e il consenso al Berlusconismo rimarrà così com’era prima;
2- La volgarità fa ancora schifo a un sacco di gente ma non è un reato.
La consistenza delle argomentazioni giuridiche della Procura di Milano appare veramente debole sul piano strettamente giuridico.
I reati ipotizzati sono due : quello previsto dall’art 600 bis del CP (induzione alla prostituzione giovanile) che prevede una pena tutt’altro che pesante (da 6 mesi a 3 anni) e la fattispecie non è facile da dimostrare;
la concussione per avere abusato della posizione di Presidente del Consiglio per premere su un ufficiale di polizia (questa ipotesi di reato è ancora più tirata e difficile da dimostrare).
Facilissimo poi sollevare la contestazione sulla competenza territoriale o del tribunale ordinario o dei Ministri.
Per due reati molto difficili da dimostrare si dice che la Procura abbia impiegato la bellezza di 150 uomini per un periodo di oltre un anno. C’è una evidente sproporzione.
Sembra poi sconcertante che una procura del livello di quella di Milano si senta sicura basando tutte le sue carte sulle conversazioni telefoniche di ragazze ” senza né arte né parte”, come quelle, ben sapendo che anche un avvocaticchio di provincia quando si trova al dibattimento la prima cosa che fa è quella di cercare di mettere in cattiva luce l’affidabilità del teste.
La gente forse non è ancora consapevole del fatto che in Italia dopo l’ultima riforma della procedura penale (giudicata infausta dai più) la difesa ha assunto praticamente poteri paralleli a quelli della polizia giudiziaria e quindi può agire alla Perry Mason, per acquisire testimonianze etc e che quindi tutta la selva di ragazze che compaiono nelle intercettazioni arriveranno al dibattimento (se mai ci sarà) accompagnate dagli atti che avrà acquisito il formidabile staff di Ghedini e C.
Riflettiamo un istante : gente che va nelle famose residenze del premier con il solo scopo di spillargli soldi o entrature nella Tv spazzatura, se poste di fronte alla scelta fra il timore per una procura che purtroppo visti i risultati dei processi contro Berlusconi non fa più paura a nessuno e la promessa di particine in programmini televisivi cosa sceglieranno? Ma è ovvio ritratteranno e sottoscriveranno qualsiasi cosa e l’inchiesta andrà a farsi benedire come le precedenti 30.
3- Berlusconi cadrà quando ci sarà visibile e credibile un competitore.
Una opposizione credibile non c’è da anni.
Molti ritengono che ci vogliano altro che Fini, Casini , Bersani e compagnia per far fuori Berlusconi.
L’alternativa più verosimile si potrà presentare quando la Lega deciderà di ringraziare Berlusconi per avere portato in porto le leggi sul federalismo e gli consiglierà di concedersi un meritato riposo per fare gestire l’attuazione delle medesime leggi dal più affidabile Tremonti.
E allora viva Berlusconi l’inaffondabile? Rassegniamoci a tenere la volgarità al governo?
Ma neanche per idea, al contrario è venuto il momento che la gente a tutti i livelli impari finalmente a “stare con la schiena dritta” perché, non facciamoci illusioni , quando Berlusconi sarà costretto a lascare (abbiamo detto non dall’opposizione che non c’è) questa società volgare e degradata rimarrà così com’è volgare e degradata anche senza Berlusconi.
La figura del premier, comunque vada a finire, non c’è dubbio che da questa vicenda ne esca più che ammaccata in Italia e peggio ancora all’estero.
Un anziano premier con un passato da brillante imprenditore che però dopo quasi vent’anni dalla discesa in politica non ha da presentare che un bilancio di realizzazioni molto striminzito che viene svillaneggiato per non sapere controllare nemmeno le proprie pulsioni non è certo più fonte di esaltazione nemmeno per chi l’aveva scelto.
Questo uomo ha ancora l’autorevolezza necessaria al ruolo che ricopre?
Faccio il primo esempio che mi viene in mente : quando per le funzioni del suo ufficio dovrà andare a stringere la mano delle vedove dei nostri caduti in Afghanistan, non c’è il rischio che qualcuna di quelle mani si ritragga per istinto?
Se i suoi fossero gente di maggiore statura politica e morale avrebbero il buon senso di proporgli un ruolo da “padre nobile” del Berlusconismo ma non più operativo.
E’ inverosimile pensare che la magistratura stia orchestrando un golpe antidemocratico telecomandata dai “comunisti” dall’entrata in politica di Berlusconi ad oggi per il semplice fatto che i “comunisti” sono ridotti come tutti sappiamo e tutti vediamo.
Piuttosto è ed è stata la loro inconsistenza politica la vera forza del Berlusconismo.
La magistratura se ha mai avuto qualche pensiero insano di sconfinamento in politica lo possiamo situare nel periodo di gloria del pool contro tangentopoli, non certo oggi, quasi vent’anni dopo da quei tempi.
Però la magistratura inquirente con queste inchieste orchestrate in questo modo mediatico e volutamente pirotecnico sembra mostrare la convinzione che la società sia talmente degradata da esigere una sua missione di supplenza.
Se ha questa convinzione occorre sottolineare che questo atteggiamento è erroneo.
E’ erroneo che la magistratura inquirente possa pensare di supplire a chi una volta formava alla moralità e poi la tutelava cioè in campo confessionale una chiesa che ha lasciato andare la società a ramengo perché occupata a fare altro ,o in campo laico una casta di intellettuali che una volta si sentivano responsabili della formazione dell’ethos civico e che oggi si sono ritirati a vita privata.
Tanto meno è ragionevole che possa pensare di supplire a una classe politica volgare e inefficiente sferzandola per mettere alla berlina la sua pochezza.
Non è il suo ruolo.
La magistratura pensi a fare funzionare la scassatissima macchina della giustizia.
Da parte loro però occorre anche che preti, intellettuali, politici e cittadini non si limitino a schifarsi dei festini notturni nei palazzi del potere ma guardino in casa propria e vi mettano l’ordine e la moralità che non ci sono più, perché di questo degrado sociale e morale siamo responsabili tutti noi.
Schifarsi della volgarità dei politici e andare avanti come prima è un modo per non risolvere nessun problema e autoassolversi dei vizi propri.
Vendere Berlusconi come il diavolo corruttore e andare avanti ognuno a fare i fatti propri fregandosene dei doveri sociali e del bene comune è troppo comodo.
domenica 9 gennaio 2011
Cosa è cambiato in meglio dai tempi di El Alamein
Ho visto di recente il film di Enzo Monteleone sulla battaglia di El Alamein avvenuta nell’autunno 1942.
Come mai rivedere quel film non certo di cassetta e non certo di intrattenimento?
L’interesse ed il pretesto sono stati di natura prettamente personale per due ragioni.
Per prima cosa nell’autunno del 42 sono nato e quindi in qualche modo mi ritrovo legato a quegli eventi in modo idissolubile.
Poi perché il più anziano dei miei familiari ha avuto la ventura di esserci in quei giorni fra il deserto e la depressione di Al Qattara e la fortuna di potere oggi raccontare quei giorni, che tra l’altro per lui sono stati corroborati dall’esperienza di successivi quattro anni di prigionia in un campo inglese sempre nel deserto egiziano.
Il forte interesse che il film ha suscitato in me però è andato oltre al legame personale e familiare con quegli eventi per focalizzarsi su un problema di fondo sul quale oggi si è portati a riflettere poco per il semplice fatto che fortunatamente da allora abbiamo trascorsi quasi settant’anni costantemente in una situazione di pace.
Mi riferisco a quello che nel campo della scienza politica si definisce il problema del lealismo verso lo stato,
studiato in Italia più sistematicamente, come è noto, da Norberto Bobbio, cioè del vincolo per il quale il cittadino si trova a essere e a sentirsi obbligato ad andare il guerra se richiesto dallo stato al quale apparitene.
Quel film pone questo problema in mille modi ovviamente non in modo diretto e teorico, ma non meno pressante.
Si fa capire chiaramente che sia nella truppa quanto fra gli ufficiali si era ormai diffusa la consapevolezza che l’intera operazione era viziata da errori marchiani di carattere strategico e logistico ,tali da comprometterne l’esito.
Ad esempio il Tenente spiega subito al giovane appena arrivato che la logistica era un disastro dal momento che le basi di rifornimento erano lontane settanta chilometri di piste desertiche e che quindi la posizione di quelle truppe era materialmente impossibile da mantenere.
La questione quindi non era politica né ideologica, come si tenderebbe a pensare ragionando con i parametri oggi usuali.
Non si trattava affatto di essere fascisti o antifascisti, guerrafondai o pacifisti, ma più concretamente di scoprirsi pedine di una partita già persa per una serie di errori proprio di tecnica militare e di conseguenza non solo e non tanto di trovarsi a combattere una guerra sbagliata, ma di essere in costante pericolo di vita a causa di errori altrui e peggio di non essere in condizione di potere fare nulla né per cambiare le sorti di quelle operazioni di guerra, né tanto meno per portare a casa la pelle sana.
Situazione assolutamente tremenda.
L’assoluta drammaticità di quei momenti è evidenziata in modo eclatante dall’episodio del suicidio del generale (episodio tra l’altro realmente avvenuto con l’impatto sul morale dei soldati che si può facilmente immaginare).
Nel film non si parla direttamente di una delle alternative possibili in pura linea teorica, quella del “disertare” solo accennata parlando di uno che si era nascosto per mesi ad Algeri e in qualche modo adombrata quando la pattuglia mandata ad approvvigionarsi di acqua si prende la libertà di cambiare itinerario per concedersi un bagno in mare.
Alternativa, si è detto, possibile in linea teorica ma che al di là dei terribili conflitti fra lealismi diversi ,che tale scelta avrebbe suscitato (quello verso lo stato, ma anche quello verso sé stessi e la propria famiglia, quello verso i compagni d’arme ecc,), non è affatto detto che in mezzo al deserto fra campi minati ed opposti schieramenti fosse realisticamente praticabile con più possibilità di sopravvivenza.
Uno che poteva fare in quelle condizioni?
Chi oggi frequenta gli opinionisti dei così detti “salotti radical chic” sarebbe portato a dire : uno in quella guerra “fascista” non doveva nemmeno andarci ,invece avrebbe dovuto per tempo andare esule in un paese democratico.
Ancora in linea teorica l’obbiezione presenta una sua logica, ma appare anche priva di fondamentali elementi di aggancio alla realtà storica.
Prima di tutto il fatto non casuale che gran parte di quei ragazzi non erano poveracci costretti a tenere la posizione in trincea perché se avessero arretrato sarebbero stati fucilati dai carabinieri come era capitato nella prima guerra mondiale, ma erano volontari fortemente motivati vuoi dal fascismo, vuoi dall’ideologia dannunziana, vuoi semplicemente dal fatto di essere giovani, che volevano fare “grandi cose” come tutti i
giovani.
Poi il cima culturale enormemente diverso rispetto all’attuale.
Paradossalmente nel regime che riconosceva il suo intellettuale di riferimento in quel Gentile teorico dello stato come elemento prioritario rispetto all’individuo, la cultura politica allora diffusa non faceva tanto riferimento al concetto astratto di stato, ma piuttosto al concetto di nazione e di patria, con tutte le implicazioni simboliche ed emozionali che questi concetti evocano.
Sembrano passati secoli talmente i riferimenti culturali allora diffusi e condivisi sono radicalmente cambiati.
Allora ,senza che i protagonisti ne fossero consapevoli, si concludeva una stagione storica ideologica durata secoli nella quale prevaleva il concetto di patria come radice, fattore di appartenenza ad una comunità non scelta, ma naturale.
Prevaleva il concetto di lealismo verso i reggitori della patria come elementi che ricoprivano quelle posizioni per diritto naturale e sostanzialmente anche divino.
Il concetto di potere politico basato su e legittimato da un “contratto sociale”, cioè da una scelta degli individui cittadini e non da un presunto diritto naturale ,anche se presente nella storia e in dottrina da un secolo e mezzo non era allora patrimonio né comune nè tantomeno condiviso.
Per capire quanto sono radicalmente e velocemente cambiate le sensibilità politiche ideologiche con la fine della seconda guerra mondiale è utile ricordare ad esempio che soli tre decenni dopo quei fatti di El Alamein, fra i giovani che in America hanno bruciato la cartolina precetto o sono andati illegalmente all’estero per schivare la guerra del Vietnam c’era quel Bill Clinton che anziché essere riprovato per quei comportamenti, sarebbe diventato addirittura il più popolare Presidente degli Stati Uniti dei tempi recenti.
La risposta alla richiesta di lealismo verso lo stato è radicalmente cambiata.
A cominciare dalle istituzioni.
Oggi l’art 11 della Costituzione italiana ripudia la guerra come “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, è una dizione terribilmente restrittiva.
Fino ai custodi della morale , infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica agli articoli 2265 e seguenti condanna la guerra che non sia per legittima difesa :” i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità”.
Poi al canone 2309 per non lasciare dubbi elenca dettagliatamente i casi nei quali è ravvisabile la legittima difesa con ciò condannando in modo netto ogni altro uso della guerra ed impedendo così interpretazioni estensive di comodo.
Una ultima osservazione che quel film mi ha portato a fare è questa : la democrazia ha una sua superiorità rispetto alle dittature che non è solo ideologica o etica, ma è direi fattuale, “tecnica”.
In una democrazia (si intende che funzioni almeno in una certa misura ) le regole del gioco sono ispirate ad una filosofia per la quale le nomina della classe dirigente devono essere fatte per merito ed in ogni caso le scelte di ogni tipo sono sottoposte al vaglio ed alle critiche della opposizione e di una opinione pubblica avvezza al pluralismo delle informazioni.
E’ lecito quindi dedurre :
- che in un regime democratico la scelta di entrare in guerra avrebbe dovuto essere supportata da argomenti dotati di una loro logica, sottoposta alle contro argomentazioni della opposizione parlamentare e non lasciata ad una propaganda di regime che aveva buon gioco a giocare tutto sulla emotività della gente;
- nel corso di un dibattito con quelle caratteristiche lo stato di preparazione o di impreparazione tecnica delle nostre forze armate avrebbe potuto arrivare a potere essere vagliato dalla opinione pubblica attraverso ai mezzi di informazione, che avrebbero potuto sfornare tabelline con tanti uomini ,aerei, carri, navi ecc da una parte e dall’altra, evitando così brutte sorprese;
- se la scelta della classe dirigente militare fosse stata fatta per merito probabilmente gli approvvigionamenti sarebbero consistiti invece che nel il cavallo di Mussolini e nel lucido da scarpe per una improbabile parata in artiglieria e carri per combattere almeno ad armi pari.
Come mai rivedere quel film non certo di cassetta e non certo di intrattenimento?
L’interesse ed il pretesto sono stati di natura prettamente personale per due ragioni.
Per prima cosa nell’autunno del 42 sono nato e quindi in qualche modo mi ritrovo legato a quegli eventi in modo idissolubile.
Poi perché il più anziano dei miei familiari ha avuto la ventura di esserci in quei giorni fra il deserto e la depressione di Al Qattara e la fortuna di potere oggi raccontare quei giorni, che tra l’altro per lui sono stati corroborati dall’esperienza di successivi quattro anni di prigionia in un campo inglese sempre nel deserto egiziano.
Il forte interesse che il film ha suscitato in me però è andato oltre al legame personale e familiare con quegli eventi per focalizzarsi su un problema di fondo sul quale oggi si è portati a riflettere poco per il semplice fatto che fortunatamente da allora abbiamo trascorsi quasi settant’anni costantemente in una situazione di pace.
Mi riferisco a quello che nel campo della scienza politica si definisce il problema del lealismo verso lo stato,
studiato in Italia più sistematicamente, come è noto, da Norberto Bobbio, cioè del vincolo per il quale il cittadino si trova a essere e a sentirsi obbligato ad andare il guerra se richiesto dallo stato al quale apparitene.
Quel film pone questo problema in mille modi ovviamente non in modo diretto e teorico, ma non meno pressante.
Si fa capire chiaramente che sia nella truppa quanto fra gli ufficiali si era ormai diffusa la consapevolezza che l’intera operazione era viziata da errori marchiani di carattere strategico e logistico ,tali da comprometterne l’esito.
Ad esempio il Tenente spiega subito al giovane appena arrivato che la logistica era un disastro dal momento che le basi di rifornimento erano lontane settanta chilometri di piste desertiche e che quindi la posizione di quelle truppe era materialmente impossibile da mantenere.
La questione quindi non era politica né ideologica, come si tenderebbe a pensare ragionando con i parametri oggi usuali.
Non si trattava affatto di essere fascisti o antifascisti, guerrafondai o pacifisti, ma più concretamente di scoprirsi pedine di una partita già persa per una serie di errori proprio di tecnica militare e di conseguenza non solo e non tanto di trovarsi a combattere una guerra sbagliata, ma di essere in costante pericolo di vita a causa di errori altrui e peggio di non essere in condizione di potere fare nulla né per cambiare le sorti di quelle operazioni di guerra, né tanto meno per portare a casa la pelle sana.
Situazione assolutamente tremenda.
L’assoluta drammaticità di quei momenti è evidenziata in modo eclatante dall’episodio del suicidio del generale (episodio tra l’altro realmente avvenuto con l’impatto sul morale dei soldati che si può facilmente immaginare).
Nel film non si parla direttamente di una delle alternative possibili in pura linea teorica, quella del “disertare” solo accennata parlando di uno che si era nascosto per mesi ad Algeri e in qualche modo adombrata quando la pattuglia mandata ad approvvigionarsi di acqua si prende la libertà di cambiare itinerario per concedersi un bagno in mare.
Alternativa, si è detto, possibile in linea teorica ma che al di là dei terribili conflitti fra lealismi diversi ,che tale scelta avrebbe suscitato (quello verso lo stato, ma anche quello verso sé stessi e la propria famiglia, quello verso i compagni d’arme ecc,), non è affatto detto che in mezzo al deserto fra campi minati ed opposti schieramenti fosse realisticamente praticabile con più possibilità di sopravvivenza.
Uno che poteva fare in quelle condizioni?
Chi oggi frequenta gli opinionisti dei così detti “salotti radical chic” sarebbe portato a dire : uno in quella guerra “fascista” non doveva nemmeno andarci ,invece avrebbe dovuto per tempo andare esule in un paese democratico.
Ancora in linea teorica l’obbiezione presenta una sua logica, ma appare anche priva di fondamentali elementi di aggancio alla realtà storica.
Prima di tutto il fatto non casuale che gran parte di quei ragazzi non erano poveracci costretti a tenere la posizione in trincea perché se avessero arretrato sarebbero stati fucilati dai carabinieri come era capitato nella prima guerra mondiale, ma erano volontari fortemente motivati vuoi dal fascismo, vuoi dall’ideologia dannunziana, vuoi semplicemente dal fatto di essere giovani, che volevano fare “grandi cose” come tutti i
giovani.
Poi il cima culturale enormemente diverso rispetto all’attuale.
Paradossalmente nel regime che riconosceva il suo intellettuale di riferimento in quel Gentile teorico dello stato come elemento prioritario rispetto all’individuo, la cultura politica allora diffusa non faceva tanto riferimento al concetto astratto di stato, ma piuttosto al concetto di nazione e di patria, con tutte le implicazioni simboliche ed emozionali che questi concetti evocano.
Sembrano passati secoli talmente i riferimenti culturali allora diffusi e condivisi sono radicalmente cambiati.
Allora ,senza che i protagonisti ne fossero consapevoli, si concludeva una stagione storica ideologica durata secoli nella quale prevaleva il concetto di patria come radice, fattore di appartenenza ad una comunità non scelta, ma naturale.
Prevaleva il concetto di lealismo verso i reggitori della patria come elementi che ricoprivano quelle posizioni per diritto naturale e sostanzialmente anche divino.
Il concetto di potere politico basato su e legittimato da un “contratto sociale”, cioè da una scelta degli individui cittadini e non da un presunto diritto naturale ,anche se presente nella storia e in dottrina da un secolo e mezzo non era allora patrimonio né comune nè tantomeno condiviso.
Per capire quanto sono radicalmente e velocemente cambiate le sensibilità politiche ideologiche con la fine della seconda guerra mondiale è utile ricordare ad esempio che soli tre decenni dopo quei fatti di El Alamein, fra i giovani che in America hanno bruciato la cartolina precetto o sono andati illegalmente all’estero per schivare la guerra del Vietnam c’era quel Bill Clinton che anziché essere riprovato per quei comportamenti, sarebbe diventato addirittura il più popolare Presidente degli Stati Uniti dei tempi recenti.
La risposta alla richiesta di lealismo verso lo stato è radicalmente cambiata.
A cominciare dalle istituzioni.
Oggi l’art 11 della Costituzione italiana ripudia la guerra come “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, è una dizione terribilmente restrittiva.
Fino ai custodi della morale , infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica agli articoli 2265 e seguenti condanna la guerra che non sia per legittima difesa :” i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità”.
Poi al canone 2309 per non lasciare dubbi elenca dettagliatamente i casi nei quali è ravvisabile la legittima difesa con ciò condannando in modo netto ogni altro uso della guerra ed impedendo così interpretazioni estensive di comodo.
Una ultima osservazione che quel film mi ha portato a fare è questa : la democrazia ha una sua superiorità rispetto alle dittature che non è solo ideologica o etica, ma è direi fattuale, “tecnica”.
In una democrazia (si intende che funzioni almeno in una certa misura ) le regole del gioco sono ispirate ad una filosofia per la quale le nomina della classe dirigente devono essere fatte per merito ed in ogni caso le scelte di ogni tipo sono sottoposte al vaglio ed alle critiche della opposizione e di una opinione pubblica avvezza al pluralismo delle informazioni.
E’ lecito quindi dedurre :
- che in un regime democratico la scelta di entrare in guerra avrebbe dovuto essere supportata da argomenti dotati di una loro logica, sottoposta alle contro argomentazioni della opposizione parlamentare e non lasciata ad una propaganda di regime che aveva buon gioco a giocare tutto sulla emotività della gente;
- nel corso di un dibattito con quelle caratteristiche lo stato di preparazione o di impreparazione tecnica delle nostre forze armate avrebbe potuto arrivare a potere essere vagliato dalla opinione pubblica attraverso ai mezzi di informazione, che avrebbero potuto sfornare tabelline con tanti uomini ,aerei, carri, navi ecc da una parte e dall’altra, evitando così brutte sorprese;
- se la scelta della classe dirigente militare fosse stata fatta per merito probabilmente gli approvvigionamenti sarebbero consistiti invece che nel il cavallo di Mussolini e nel lucido da scarpe per una improbabile parata in artiglieria e carri per combattere almeno ad armi pari.
lunedì 20 dicembre 2010
Sono tornati i “comunisti”. Che fantastico regalo di Natale per Berlusconi.
I giovani studenti, dopo anni di apatia, si son messi a manifestare tutto il loro rancore più contro una società che non è loro amica che contro l’obiettivo specifico della riforma universitaria Gelmini.
Se c’è da stupirsi di qualcosa non è tanto del perché manifestino ma perché ci abbiano messo tanto a decidersi a rivoltarsi contro una società che li ignora, cioè che ignora il proprio futuro.
Il guaio è che la rabbia a lungo repressa li ha portati a venire allo scoperto con tempi e modi che non sono certo ispirati dalla raffinatezza politica di un Richelieu, anzi!
Prima di tutto è estremamente infelice la scelta del nemico contro il quale scagliarsi : la riforma Gelmini.
D’accordo che non tutti gli studenti studiano materie giuridiche e che quindi la maggioranza di loro avrebbe necessità che qualche collega spiegasse come funziona il processo di formazione delle leggi, e la differenza in una legge fra la parte normativa e la parte economica, però questo non toglie che sarebbe buona regola conoscere l’argomento del quale si parla.
Se avessero letto il testo della riforma avrebbero visto innanzi tutto che appunto si tratta di una riforma, cioè di un insieme di norme che cambiano in modo abbastanza deciso la struttura attuale dell’università e soprattutto di come viene gestito il potere all’interno dell’università in punti molto sensibili :
- il potere dei baroni nella gestione dei concorsi a livello locale che verrebbe sradicato mettendo in atto graduatorie a livello nazionale sulla base di criteri di merito stilati con procedure riconosciute a livello internazionale;
- il potere dei rettori di rimanere in carica anche a vita, che verrebbe limitato a due mandati;
- il potere di mettere insieme delle parentopoli ( è celebre una facoltà di medicina del Sud nella quale in una stessa materia sono impiegati come docenti otto parenti dell’ordinario) che verrebbe bloccato prevedendo delle incompatibilità tassative;
- una distinzione normativa che possa riportare a distinguere fra ricercatore e docente facendo ritornare in tempi ragionevoli i ricercatori a fare il loro mestiere, che non è quello di fare i docenti tappabuchi;
- il superamento della folle moltiplicazione delle sedi universitarie che ha fatto schizzare alle stelle la spesa abbattendo contemporaneamente il livello della qualità degli atenei;
- il superamento della moltiplicazione irresponsabile degli insegnamenti al solo scopo di aumentare a dismisura i posti della casta dei docenti senza nessun riguardo all’impianto formativo delle facoltà;
E così via. Questa legge ha dei difetti il primo dei quali, macroscopico, è quello della mancanza di finanziamenti adeguati. D’accordo questo governo non è stato capace di fare scelte politiche nella allocazione delle risorse elaborando delle scelte di priorità.
Ma perché essere tanto miopi di buttare via l’uovo oggi per avere domani una gallina che potrebbe venire chissà quando o non venire mai?
Perché non voler vedere la portata realmente riformatrice nella parte normativa di questa legge e tenersi questa università che oggi è tutta in mano alla casta baronale ?
E’ una riforma senza soldi è vero ma i soldi potranno venire con i successivi decreti attuativi o essere stanziati in futuro, magari da successivi governi diversi dall’attuale.
Certo che se questo governo invece di raccontare balle agli italiani dicendo che va tutto bene e che tutto è sotto controllo avesse detto responsabilmente la verità e cioè che il nostro debito pubblico è di tali proporzioni che se continuerà la non crescita del sistema Italia è obiettivamente a rischio bancarotta, si sarebbe potuto far capire perché i soldi non ci sono né per l’università né per niente altro.
Rimane il fatto però che nel merito la scelta del “nemico” contro cui manifestare è sbagliata e approssimativa.
Ma che i giovani si siano svegliati da anni di torpore e manifestino finalmente il loro dissenso da questa società così decaduta nell’etica civile è un’ottima notizia.
Peccato che i modi e i tempi espongano la loro protesta a grandi rischi.
Rischio infiltrazioni di sbandati o mestatori di ogni tipo. I cortei e le manifestazioni vanno studiate bene prima ed il passato dovrebbe insegnare che non si può andare allo sbaraglio se non si dispone di un minimo di servizio d’ordine interno capace di isolare ed estromettere gli infiltrati.
Rischio conseguente di fare a Berlusconi il migliore regalo di Natale possibile facendogli portare da Babbo Natale il ritorno del “comunismo” servito sul piatto d’argento delle citta messe a soqquadro da torme di violenti “casseures” spacca- tutto utilissimi per far schizzare immediatamente in alto i sondaggi favorevoli al Pdl.
L’altro pacco dono ambitissimo glielo ha già preparato la Fiom Cgil con l’affare Pomilgiano, gestito come se fossimo ancora negli anni 60 e non nell’epoca della globalizzazione, ancora perché anche il sindacato, come Berlusconi non ha il coraggio di dire la verità agli italiani e cioè che per avere il lavoro oggi bisogna rinegoziare i diritti e le regolamentazioni che tutto ingessano al ribasso sulla base dei parametri di questo attuale mondo globalizzato e non su quello del passato.
Auguriamoci che i giovani studenti sappiano organizzarsi , evitino di fare regali a chi non ne merita e soprattutto, almeno loro, non si raccontino le favole di vecchie e decrepite ideologie ma si sappiano raccontare prima di tutto la verità anche se sgradevole.
Se c’è da stupirsi di qualcosa non è tanto del perché manifestino ma perché ci abbiano messo tanto a decidersi a rivoltarsi contro una società che li ignora, cioè che ignora il proprio futuro.
Il guaio è che la rabbia a lungo repressa li ha portati a venire allo scoperto con tempi e modi che non sono certo ispirati dalla raffinatezza politica di un Richelieu, anzi!
Prima di tutto è estremamente infelice la scelta del nemico contro il quale scagliarsi : la riforma Gelmini.
D’accordo che non tutti gli studenti studiano materie giuridiche e che quindi la maggioranza di loro avrebbe necessità che qualche collega spiegasse come funziona il processo di formazione delle leggi, e la differenza in una legge fra la parte normativa e la parte economica, però questo non toglie che sarebbe buona regola conoscere l’argomento del quale si parla.
Se avessero letto il testo della riforma avrebbero visto innanzi tutto che appunto si tratta di una riforma, cioè di un insieme di norme che cambiano in modo abbastanza deciso la struttura attuale dell’università e soprattutto di come viene gestito il potere all’interno dell’università in punti molto sensibili :
- il potere dei baroni nella gestione dei concorsi a livello locale che verrebbe sradicato mettendo in atto graduatorie a livello nazionale sulla base di criteri di merito stilati con procedure riconosciute a livello internazionale;
- il potere dei rettori di rimanere in carica anche a vita, che verrebbe limitato a due mandati;
- il potere di mettere insieme delle parentopoli ( è celebre una facoltà di medicina del Sud nella quale in una stessa materia sono impiegati come docenti otto parenti dell’ordinario) che verrebbe bloccato prevedendo delle incompatibilità tassative;
- una distinzione normativa che possa riportare a distinguere fra ricercatore e docente facendo ritornare in tempi ragionevoli i ricercatori a fare il loro mestiere, che non è quello di fare i docenti tappabuchi;
- il superamento della folle moltiplicazione delle sedi universitarie che ha fatto schizzare alle stelle la spesa abbattendo contemporaneamente il livello della qualità degli atenei;
- il superamento della moltiplicazione irresponsabile degli insegnamenti al solo scopo di aumentare a dismisura i posti della casta dei docenti senza nessun riguardo all’impianto formativo delle facoltà;
E così via. Questa legge ha dei difetti il primo dei quali, macroscopico, è quello della mancanza di finanziamenti adeguati. D’accordo questo governo non è stato capace di fare scelte politiche nella allocazione delle risorse elaborando delle scelte di priorità.
Ma perché essere tanto miopi di buttare via l’uovo oggi per avere domani una gallina che potrebbe venire chissà quando o non venire mai?
Perché non voler vedere la portata realmente riformatrice nella parte normativa di questa legge e tenersi questa università che oggi è tutta in mano alla casta baronale ?
E’ una riforma senza soldi è vero ma i soldi potranno venire con i successivi decreti attuativi o essere stanziati in futuro, magari da successivi governi diversi dall’attuale.
Certo che se questo governo invece di raccontare balle agli italiani dicendo che va tutto bene e che tutto è sotto controllo avesse detto responsabilmente la verità e cioè che il nostro debito pubblico è di tali proporzioni che se continuerà la non crescita del sistema Italia è obiettivamente a rischio bancarotta, si sarebbe potuto far capire perché i soldi non ci sono né per l’università né per niente altro.
Rimane il fatto però che nel merito la scelta del “nemico” contro cui manifestare è sbagliata e approssimativa.
Ma che i giovani si siano svegliati da anni di torpore e manifestino finalmente il loro dissenso da questa società così decaduta nell’etica civile è un’ottima notizia.
Peccato che i modi e i tempi espongano la loro protesta a grandi rischi.
Rischio infiltrazioni di sbandati o mestatori di ogni tipo. I cortei e le manifestazioni vanno studiate bene prima ed il passato dovrebbe insegnare che non si può andare allo sbaraglio se non si dispone di un minimo di servizio d’ordine interno capace di isolare ed estromettere gli infiltrati.
Rischio conseguente di fare a Berlusconi il migliore regalo di Natale possibile facendogli portare da Babbo Natale il ritorno del “comunismo” servito sul piatto d’argento delle citta messe a soqquadro da torme di violenti “casseures” spacca- tutto utilissimi per far schizzare immediatamente in alto i sondaggi favorevoli al Pdl.
L’altro pacco dono ambitissimo glielo ha già preparato la Fiom Cgil con l’affare Pomilgiano, gestito come se fossimo ancora negli anni 60 e non nell’epoca della globalizzazione, ancora perché anche il sindacato, come Berlusconi non ha il coraggio di dire la verità agli italiani e cioè che per avere il lavoro oggi bisogna rinegoziare i diritti e le regolamentazioni che tutto ingessano al ribasso sulla base dei parametri di questo attuale mondo globalizzato e non su quello del passato.
Auguriamoci che i giovani studenti sappiano organizzarsi , evitino di fare regali a chi non ne merita e soprattutto, almeno loro, non si raccontino le favole di vecchie e decrepite ideologie ma si sappiano raccontare prima di tutto la verità anche se sgradevole.
domenica 5 dicembre 2010
Come andrà a finire Berlusconi ? Probabilmente uscirà dalla porta per rientrare dalla finestra
Il Berlusconismo è in crisi davvero? Questa volta forse sì, ma gli anti- Berlusconiani più radicali aspettino a preparare lo champagne, non ci sarà troppo da brindare.
Il terzo polo moderato è nato,questo è vero.
E’ nata una alternativa al centro destra, che vuole rimanere nell’area politica del centro destra,
che però non accetta più la leadership di Berlusconi come si è presentata fin’ora
E’ una formazione politica composita e variegata, accreditata dai sondaggi a un potenziale fra il 15 e il 20% e quindi è una forza politica di tutto rispetto.
Però non è minimamente in grado di esprimere quello che, purtroppo per loro, è essenziale in un sistema bipolare, cioè una leadership univoca e non si può fare una alternativa politica a Berlusconi se non si è in grado di opporgli un leader unico e credibile.
Se gli elettori continuano a bastonare il PD perché non è in grado di esprimere una leadership unica e si presenta immancabilmente con il volto di sette o otto capetti, non si vede perché dovrebbero dare credito a questa nuova formazione se si presenta con gli stessi difetti.
Attenzione perché questo non è un particolare secondario,ma è il problema dei problemi, perché è schiacciando ripetitivamente questo tasto che il Berlusconismo ha campato per quasi vent’anni.
Il Terzo Polo ora esiste ma non è in grado di esprimere un leader unico antagonista a Berlusconi.
In ogni caso con il 20% non si può pretendere di essere da soli alternativi a Berlusconi, bisogna allearsi con qualcuno per raggiungere una maggioranza.
Cosa vorrà fare il terzo polo?
Ve li immaginate Casini e Rutelli alleati con Vendola con l’orecchino? E con DiPietro? Già sarebbe un problema.
Alleati col PD ? Dovrebbero passare prima mesi di trattative per imbastire un programma di venti mila pagine senza alcuna probabilità di andare da nessuna parte.
Tra l‘altro loro per adesso dicono che non vogliono andare alle elezioni anticipate e che vogliono solo trattare con Berlusconi per fare le riforme in un nuovo quadro politico, che tenga conto del loro peso che in realtà non sarebbe altro che formalizzare un contrappeso molto robusto alla Lega, con tutti i problemi di stabilità che ne deriverebbero.
Ed allora ?
Allora ,mi spiace per loro ma si dovranno tenere Berlusconi e probabilmente lo sanno benissimo.
Ancora come leader e presidente del consiglio potrebbe essere possibile nel quadro di un Berlusconi bis dopo una ridiscussione di tutto, organigramma governativo e programma.
Rimarrebbe per il terzo polo un problema non marginale di credibilità, dato che con Berlusconi c’erano già e da lui si sono staccati in tempi diversi contestandone appunto la leadership soprattutto perché lo ritenevano succube della Lega.
Tutto questo subbuglio allora per che cosa?
E’ più che verosimile e probabile che Fini Casini e Rutelli sappiano benissimo quale terribile rospo si dovranno ingoiare,solo che non hanno il coraggio di dirlo alla loro gente per non prendersi le uova in faccia.
Di che si tratta è presto detto. Berlusconi è sempre più che verosimile e probabile che sia disposto a mollare il mazzo solo per uscire dalla porta con la garanzia firmata dal notaio che rientrerà quasi immediatamente dalla finestra, e non da una finestra qualunque, ma dalla finestra dalla quale appena prima dell’Unità d’Italia si affacciavano benedicenti i papa- re, quella del Quirinale.
Un governo Letta o di questo stesso tipo o un Berlusconi bis per la seconda parte della legislatura con Berlusconi indebolito e ridimensionato, ma sempre dominus della situazione in una nuova posizione di capo padrone del partito di maggioranza relativa in attesa di trasferirsi al Quirinale alla scadenza del mandato di Napoletano.
Fini, Casini e Rutelli nella maggioranza in manovra costante cercando di allargarsi magari a qualche sostanziosa fetta del PD di matrice cattolico moderata.
Tutto questo non è particolarmente entusiasmante.
Forse era meglio che si tenessero il Berlusconismo così com’era, per la semplice ragione che almeno garantiva una stabilità mediocre e quasi immobile però sufficiente a tenere il paese al di fuori da rischi di disastri finanziari in una situazione internazionale nervosa e imprevedibile.
Che si vada o non si vada alle elezioni anticipate il problema penoso da digerire è che comunque si va incontro a un periodo non si sa quanto lungo di instabilità e che per ora comunque si rigirino le carte sembra proprio che solo con Berlusconi sia possibile garantire quel minimo di stabilità utile per non farci scatenare contro i mercati finanziari.
Allegra,allegria!
Il terzo polo moderato è nato,questo è vero.
E’ nata una alternativa al centro destra, che vuole rimanere nell’area politica del centro destra,
che però non accetta più la leadership di Berlusconi come si è presentata fin’ora
E’ una formazione politica composita e variegata, accreditata dai sondaggi a un potenziale fra il 15 e il 20% e quindi è una forza politica di tutto rispetto.
Però non è minimamente in grado di esprimere quello che, purtroppo per loro, è essenziale in un sistema bipolare, cioè una leadership univoca e non si può fare una alternativa politica a Berlusconi se non si è in grado di opporgli un leader unico e credibile.
Se gli elettori continuano a bastonare il PD perché non è in grado di esprimere una leadership unica e si presenta immancabilmente con il volto di sette o otto capetti, non si vede perché dovrebbero dare credito a questa nuova formazione se si presenta con gli stessi difetti.
Attenzione perché questo non è un particolare secondario,ma è il problema dei problemi, perché è schiacciando ripetitivamente questo tasto che il Berlusconismo ha campato per quasi vent’anni.
Il Terzo Polo ora esiste ma non è in grado di esprimere un leader unico antagonista a Berlusconi.
In ogni caso con il 20% non si può pretendere di essere da soli alternativi a Berlusconi, bisogna allearsi con qualcuno per raggiungere una maggioranza.
Cosa vorrà fare il terzo polo?
Ve li immaginate Casini e Rutelli alleati con Vendola con l’orecchino? E con DiPietro? Già sarebbe un problema.
Alleati col PD ? Dovrebbero passare prima mesi di trattative per imbastire un programma di venti mila pagine senza alcuna probabilità di andare da nessuna parte.
Tra l‘altro loro per adesso dicono che non vogliono andare alle elezioni anticipate e che vogliono solo trattare con Berlusconi per fare le riforme in un nuovo quadro politico, che tenga conto del loro peso che in realtà non sarebbe altro che formalizzare un contrappeso molto robusto alla Lega, con tutti i problemi di stabilità che ne deriverebbero.
Ed allora ?
Allora ,mi spiace per loro ma si dovranno tenere Berlusconi e probabilmente lo sanno benissimo.
Ancora come leader e presidente del consiglio potrebbe essere possibile nel quadro di un Berlusconi bis dopo una ridiscussione di tutto, organigramma governativo e programma.
Rimarrebbe per il terzo polo un problema non marginale di credibilità, dato che con Berlusconi c’erano già e da lui si sono staccati in tempi diversi contestandone appunto la leadership soprattutto perché lo ritenevano succube della Lega.
Tutto questo subbuglio allora per che cosa?
E’ più che verosimile e probabile che Fini Casini e Rutelli sappiano benissimo quale terribile rospo si dovranno ingoiare,solo che non hanno il coraggio di dirlo alla loro gente per non prendersi le uova in faccia.
Di che si tratta è presto detto. Berlusconi è sempre più che verosimile e probabile che sia disposto a mollare il mazzo solo per uscire dalla porta con la garanzia firmata dal notaio che rientrerà quasi immediatamente dalla finestra, e non da una finestra qualunque, ma dalla finestra dalla quale appena prima dell’Unità d’Italia si affacciavano benedicenti i papa- re, quella del Quirinale.
Un governo Letta o di questo stesso tipo o un Berlusconi bis per la seconda parte della legislatura con Berlusconi indebolito e ridimensionato, ma sempre dominus della situazione in una nuova posizione di capo padrone del partito di maggioranza relativa in attesa di trasferirsi al Quirinale alla scadenza del mandato di Napoletano.
Fini, Casini e Rutelli nella maggioranza in manovra costante cercando di allargarsi magari a qualche sostanziosa fetta del PD di matrice cattolico moderata.
Tutto questo non è particolarmente entusiasmante.
Forse era meglio che si tenessero il Berlusconismo così com’era, per la semplice ragione che almeno garantiva una stabilità mediocre e quasi immobile però sufficiente a tenere il paese al di fuori da rischi di disastri finanziari in una situazione internazionale nervosa e imprevedibile.
Che si vada o non si vada alle elezioni anticipate il problema penoso da digerire è che comunque si va incontro a un periodo non si sa quanto lungo di instabilità e che per ora comunque si rigirino le carte sembra proprio che solo con Berlusconi sia possibile garantire quel minimo di stabilità utile per non farci scatenare contro i mercati finanziari.
Allegra,allegria!
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