venerdì 2 agosto 2013

La misericordia di dio, se la riducono a buonismo sentimentale annullano la valenza di dissuasione del giudizio



Due esponenti di punta del cattolicesimo progressista hanno commentato su Repubblica le uscite di Papa Francesco nel suo viaggio in Brasile.
Ambedue pongono chiaramente grandissime speranze nelle intenzioni innovatrici di questo papa.
Il teologo Mancuso ha fatto il suo commento conservando la dovuta freddezza razionale.
Ha sostanzialmente detto : questo papa in materia di gay, di divorziati risposati e di ruolo della donna nella chiesa, nulla ha detto che non avrebbe potuto sottoscrivere anche il suo predecessore tradizionalista.
Diversamente dal suo predecessore, ha assunto una serie di atteggiamenti anticonformisti, che hanno il loro valore anche simbolico, trattandosi di un papa e a questi si guarda con grande speranza e aspettativa.
Con tutto questo però questo papa non ha ancora assunto atti di governo significativi, e sono quelli che lo qualificheranno.
Nel viaggio in Brasile però ha detto una frase che i suoi immediati predecessori non avrebbero detto proprio, quando ha pronunciato  quel :ma io chi sono per giudicare?
Ed è vero, si tratta di una frase significativa, che  potrebbe  far  pensare a un orientamento, che finalmente sposti l’asse della chiesa gerarchica dal principio di autorità a quello della considerazione per le persone concrete, all’attenzione evangelica per il fratello.
Giustamente però Mancuso aggiunge che fin quando questi principi non appariranno in atti di governo, le belle parole non potranno avere effetto.
Complessivamente quindi il commento di Mancuso mi sembra corretto, anche se non posso non rimproverargli di non avere sottolineato la mancanza di sensibilità verso il problema del sacerdozio femminile.
Mancuso cerca di minimizzare il problema ipotizzando, forse con realismo ,che potrebbe essere affrontato verosimilmente per gradi : prima l’apertura alle donne del diaconato, poi l’apertura alle donne delle alte gerarchie della curia, ove non è precluso l’accesso ai non presbiteri (in teoria addirittura il cardinalato).
A me, sinceramente, la non sensibilità del papa su questo tema appare uno scivolone disastroso come ho già commentato nel post precedente, dove facevo presente che è in corso nel mondo una autentica rivoluzione sulla promozione del ruolo della donna, che è destinata a sconvolgere gli attuali assetti sociali.
Ma veniamo al secondo commentatore, padre Enzo Bianchi, monaco che non è prete, colto cultore della letteratura patristica, ma non è teologo.
Nelle sue conferenze e nelle sue apparizioni televisive, padre Enzo incanta l’uditorio con la sua capacità di comunicare e di essere credibile.
Nel suo articolo su Repubblica di due giorni fa, ,però è evidente che la forte partecipazione sentimentale con la quale  segue questo papa gli ha giocato dei brutti scherzi e si è lasciato prendere la mano.
Lui stesso verso la fine si giustifica (excusatio non petita, che è sempre pericolosa e sintomo di disagio)  dicendo che quello che ha scritto non è buonismo.
Difficile negarlo invece.
Nell’incipit attribuisce ai rabbini, ma poi fa sua, la convinzione che dio, a differenza degli uomini, è capace non solo di perdonare i peccati, ma è anche capace di dimenticarli, come se non fossero mai stati commessi.
L’affermazione è apparentemente una grandiosa definizione della misericordia di dio.
Ma non è corretta né da un punto di vista teologico, né sul piano del puro e laico buon senso.
Il concetto di perdono divino e di relativa misericordia infatti non può essere declinato senza il dovuto riguardo al corrispettivo concetto di giustizia.
Da un punto di vista teologico le definizioni se pure analitiche e dettagliate come sempre, sono vaghe e contradditorie, come si era detto nel post dell’8 maggio scorso.
Una intera montagna dottrinaria è stata costruita su un unico passo scritturale, quello del vangelo di Giovanni al punto 20,23.
Inutile qui sottolineare che, come dettano le regole più elementari della esegesi biblica, il contenuto di un messaggio evangelico è tanto più sicuro quanto più è ripreso da altri evangelisti e da altri brani che ne con fermino il concetto e qui non siamo molto sul un terreno solido, ma non ostante questo ci si è costruita sopra tutta la montagna dottrinale del sacramento della penitenza e soprattutto dei poteri del clero, che sarebbero di diretta discendenza divina e in successione storica da quello conferito agli apostoli “ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete , resteranno non rimessi” .
Definire chiaramente il significato di rimettere non è semplicissimo e non aiuta nemmeno ripercorrere a ritroso le traduzioni, perché il termine latino  remittere, è  quasi letteralmente uguale  all’italiano e quello più antico greco “afiemi amartia” è molto vicino al latino remittere e comunque è corretto tradurlo come un perdonare i peccati.
Oltre a quel passo di Giovanni c'è solo il famosissimo passo di Matteo 16,19 con il "tu sei Pietro e su questa pietra......ti darò le chiavi...per legare....e sciogliere".
Seguito al 18,18 dall'estensione del medesimo potere agli apostoli "tutto ciò che avrete legato sulla terra...e tutto ciò che avrete sciolto..." e al 28,16 "andate...ammaestrate e ...battezzate...".
E' evidente che "legare e sciogliere" è ancora più generico del "rimettere" giovanneo, per a semplice ragione che non si aggiunge alcun complemento oggetto.
Quindi un insieme di riferimenti generici.
Ma anche se li prendessimo per buoni,  rimarrebbe comunque una difficoltà di non poco conto che sta nel fatto che Marco, primo evangelista in ordine storico, non dice nulla del genere e il poco che dice è in contrasto con il discorso della delega agli apostoli, perchè al passo 2,20 riserva la potestà di perdonare i peccati solo al Figlio dell'Uomo.
Comunque, superiamo il discorso del fondamento fragilissimo del potere, che sarebbe stato delegato agli apostoli, superiamo il discorso immediatamente successivo della presunta successione apostolica ininterrotta dal collegio degli apostoli al clero di oggi, che è ancora più debole da sostenere e fermiamoci al concetto di perdono.
Perdonare ,comunque lo si intenda, non significa affatto dimenticare, come dice Padre Enzo Bianchi.
Teniamo conto che i due termini (remittere e afiemi) usati dal passo di Giovanni sopra citato, sono usati prevalentemente nel senso di rimettere un debito, che ancora meno significa dimenticare.
E dunque, che si oppone alla troppo larga interpretazione di padre Enzo, è la non trascurabile nozione di giudizio particolare e di giudizio finale, che materialmente impediscono a dio stesso di dimenticarsi dei peccati anche se il peccatore è stato assolto in confessione.
Se non ci fosse la nozione di giudizio, che anzi è  tuttora ben presente  ed in primo piano  nell’ universo culturale dei cattolici, compresi quelli non o poco frequentanti, il cattolicesimo probabilmente sarebbe caduto  da tempo, perché qui siamo, come tutti abbiamo ben capito, sul piano del terrore delle pene eterne dell’inferno, che rimane probabilmente la ragione fondamentale, che motiva l’atto di fede per la maggioranza dei professanti cattolici.
Tra l'altro il terrore della dannazione eterna è esplicitamente presente nel vigente Catechismo al Canone 1453 con la voce "contrizione da timore".
Togliete la paura del giudizio e non vedrete più nessuno in chiesa.
Purtroppo temo sia così che vanno le cose, come sono andate nei secoli e secoli precedenti, anche se questa motivazione al giorno d’oggi appare sempre più come oggetto di superstizione piuttosto che di religione.
Dio condanna il peccato ma non il peccatore, scrive padre Enzo.
Non bisogna confondere l’errore con l’errante.
Belle parole. che affascinano, ma che obiettivamente sul piano della logica e della razionalità non hanno un significato sostanziale.
L’amore e la misericordia di dio non necessitano di essere meritati, incalza ancora padre Enzo.
E poi, ciascuno di noi non può sentirsi senza peccato.
E qui proprio non riesco più a seguire questo tipo di ragionamenti, anche perché non sono ragionamenti, ma sono appelli al sentimento, e queste sono cose che mi affascinano poco.
Sul piano razionale sono pericolosi, perché possono facilmente essere tradotti nel mondano appello assolutorio : “ ma tanto lo fanno tutti” così facile sulla bocca dei furbastri nazionali e non, per giustificare il malaffare e la corruzzione.
Ne sono piene le cronache.
E allora le buone intenzioni degli uomini come Enzo Bianchi finiscono in una pessima compagnia, che lui certo non gradirebbe.
Purtroppo però  Enzo Bianchi enfatizza questi argomenti sostenendo addirittura che questo è il vero cristianesimo che deve essere scandaloso anche se sembra follia per  gli intellettuali, che confidano nel loro pensiero.
Questa mi sembra addirittura un’offesa al buon senso.
E che dovrebbero fare gli intellettuali se non confidare nel loro pensiero, basato sulla ragione e sulla logica, mettendosi e mettendo la gente in guardia contro i propagandisti integralisti di tutte le dottrine e gli imbonitori, che non hanno la capacità di opporre argomenti agli argomenti?
Del resto il terreno dell'esaltazione sentimentale è già ben presidiato da tempo dai vari padri Livio e dai miracolisti pro Padre Pio , Mediugorie eccetera, che lo si lasci a loro.
Fare appello  ed esaltare i sentimenti è pericolosamente vicino al fare appallo “alla pancia”, come succede tutti i  momenti nella politica dei populisti.
Siamo su un terreno scivoloso.
Non credo che Enzo Bianchi sia minimamente ascrivibile a queste categorie, ma questo suo lasciarsi andare al sentimentalismo buonista, non mi sembra degna di lui.
Già la dottrina canonica sul sacramento della penitenza è tutt’altro che limpida e non riesce a risolvere la contraddizione fra remissione dei peccati col sacramento della penitenza e la realtà del giudizio di dio riaffermata contemporaneamente.
Per fare mente locale,  riporto solo un brano del citato precedente post dell’8 maggio in argomento:
“Ci troviamo quindi di fronte alla incongruità della formulazione di un giudizio addirittura a tre livelli : quello del sacerdote come mediatore o delegato, che interviene col sacramento della penitenza, quello particolare e quello finale.
Non se ne esce, o si ipotizza solo la possibilità di tre giudizi uniformi, cioè identici, ed allora tutta la costruzione dei tre livelli di giudizio sarebbe inconsistente, insensata, oppure si ipotizza la possibilità di tre giudizi veri e propri e quindi con la potestà di cassare ognuna delle sentenze precedenti, ma allora il sistema a tre livelli ridicolizzerebbe addirittura la dignità di dio, perché sarebbe come riconoscere che lo stesso dio si sarebbe  sbagliato in uno dei due giudizi precedenti e questa evidentemente sarebbe una insensatezza.
E’ sconcertante rilevare come la teologia tradizionale offra argomenti così poveri in materie di questo spessore e importanza per i fedeli”.
Se la dottrina è discutibile ed appoggiata su quasi nulla, sarebbe utile dirlo chiaramente alla gente, invece che fare appello ai buoni sentimenti per salvare capra e cavoli, lasciando le cose come stanno.
Un uomo di esperienza e di cultura come padre Enzo sa che la chiesa per secoli e secoli si è prestata ad essere anche religione civile, sostenendo tutti i poteri costituiti perché privilegiava lo scopo di assicurare la stabilità sociale , anche se l’ordine sociale esistente era fondato su una infame disuguaglianza, che  anziché essere combattuta era considerata parte dell’immutabile ordine naturale delle cose.
In questo ambito la chiesa ha altresì accettato di essere la stampella di ogni potere politico  costituito proprio usando in modo per lo meno improprio il sacramento della penitenza al servizio di quel potere.
Per fare un esempio non era possibile firmare un contratto civile di qualsiasi genere se il cittadino suddito  non fosse in grado di esibire nero su bianco il certificato del parroco attestante  la buona condotta intesa nel senso di avere assolto il precetto della confessione e comunione almeno annuale.
E tutto il sistema di commistione clericale-civile si reggeva proprio  alla fin fine sulla predicazione che diffondeva il terrore per la terribili pene eterne.
Non trovo quindi giusto che personaggi del calibro e della dimensione morale di un Enzo Bianchi si lascino andare a riscuotere grandi consensi  giocando sull’esaltazione sentimentale nell’ambito di posizioni genericamente progressiste ma pensando di poterlo fare senza dover pagare dazio.
Pagare dazio vuol dire avere la forza di carattere per dire la gente la verità che merita sulla chiesa oggi, verità che intellettuali del suo calibro conoscono benissimo e che si possono riassumere con il fatto che la costruzione dogmatica vigente non sta in piedi perché è basata su argomenti che non passano il vaglio della ragione e della logica e che la bibbia non può essere definita parola di dio in base agli studi ermeneutici ormai consolidati.
Certo che se i personaggi cattolici come padre Enzo solo cominciassero a dire queste cose, che conoscono benissimo,  probabilmente rischierebbero di essere buttati fuori dalla chiesa, ma forse, anzi senza forse, ne varrebbe la pena.

Il mondo e la sua storia sono pieni di nuovi inizi e di personaggi di grande carattere che li hanno resi possibili.

martedì 30 luglio 2013

Papa Bergoglio è un furbo imbonitore mediatico, come era stato Wojtyla, che poi non cambiava niente o c’è della sostanza in quello che fa? I segnali sono contraddittori se non negativi.



Da tempo ormai sono pessimista circa le sorti della Chiesa, nel senso che un’analisi dei termini della questione mi induce a ritenere che i ritardi accumulati sui dossier  più importanti non possono più essere superati, neanche dal Papa più progressista.
Temo che il divorzio col mondo moderno da parte della Chiesa si sia ormai consumato.
Ciò non toglie che il modo di muoversi di papa Bergoglio finisca per suscitare qualche simpatia.
Non solo per quello che fa di non conformista e in cesura con il passato.
Ma soprattutto perché sembrava muoversi seguendo una strategia sostenuta da una sottile intelligenza, tipica dei gesuiti.
L’uomo sa che si trova al vertice di una nomenclatura fra le più corrotte del mondo, che in barba alle moine liturgiche ricorrere a qualsiasi mezzo per difendere il proprio potere di casta.
Sa che rischia tantissimo e questo, per un osservatore esterno, rende il gioco affascinante come un thriller di Dan Brown.
Il Vaticano ha tuttora la struttura di una signoria rinascimentale.
Il codice di diritto canonico vigente affida, nero su bianco, al Papa il potere assoluto.
Un piccolo codicillo, il numero tre, dell’articolo 333 di questo codice, dice tutto in due sole righe: “non si dà appello né ricorso contro la sentenza o il decreto del romano pontefice”.
Questa è la definizione del potere assoluto puro e semplice.
Ma in Vaticano c’è anche una corte elefantiaca, chiamata curia, con un numero strabocchevole di dignitari e di sotto- dignitari pronti a disfare la tela tessuta dal loro Papa, se a loro non piace.
Controllare o smontare questo apparato non è affatto un gioco da bambini, anche perché ci vuole tempo solo per capire come è articolata la struttura e come funziona, chi conta e chi non conta.
E infatti l’approccio dei papi più recenti nel rapportarsi con la curia è stato molto vario.
Wojtyla ha dato l’assalto alla curia con il clan dei polacchi, cioè li ha messi dappertutto, per controllarla più che poteva.
Ratzinger, che in curia c’era vissuto per anni, senza amarla e senza capirla, semplicemente ci ha rinunciato, ha nominato Segretario di Stato e il suo segretario di quando era al Sant’Uffizio e che se la vedesse lui con la curia.
Naturalmente è stato da parte sua un errore madornale, perché così, invece di aiutarlo, l’apparato gli ha fatto fare una serie incredibile di figuracce, che sono state talmente tante, da far pensare che ci fosse dietro una regia, che ha tramato una diabolica programmazione per fare vedere al mondo chi comandava veramente.
Il gioco quindi è difficile, l’approccio di Bergoglio sembra sia stato questo: cogliere l’avversario di sorpresa, spiazzarlo, tirare colpi evitando però lo scontro frontale.
Lui, l’idolo delle folle e dei media, sull’aereo diretto in Brasile rovescia il tavolo del politicamente corretto.
No signori, mi dispiace, ma sono io che ho in mano il pallino, lo so che avete tanta voglia di chiedermi cosa penso del matrimonio dei preti eccetera eccetera.
Quando sarò pronto, sarò io a tirare la botta, e non sarà quando farà comodo a voi, per scatenarmi contro il branco dei cani ringhianti, di chi non vuole toccare nulla, come si fa nei talk show televisivi, per fare saltare gli indici di ascolto.
Sembrava proprio una strategia veramente sottile, da grande leader.
Una mossa veramente brillante.
Purtroppo però al ritorno dal Brasile e  sullo stesso aereo ha ceduto forse all’esaltazione sentimentale, per il successo avuto nel viaggio, e ha accettato le domande.
E qui è caduto e ha perso gran parte del vantaggio accumulato nei mesi precedenti.
E’ caduto in un errore strategico grave.
Ha dato delle risposte con le quali si capiva, che stava dando un colpo al cerchio e un altro alla botte come per esempio sui gay e sui divorziati, sullo Ior è stato ambiguo.
Sulla ordinazione sacerdotale delle donne invece è caduto pesantemente, richiamando e facendo sua, la vecchia presa di posizione di Wojtyla, facendola passare come definitiva, che chiudeva l’argomento in modo netto.
Dal punto di vista teologico, questo è un errore imperdonabile, perché è noto, anche soprattutto fra i chierici, che questa asserzione è appoggiata su argomenti di una debolezza addirittura puerile.
Peccato che questo scivolone sia avvenuto perché l’uomo sembrava più sottile e più intelligente, più informato dei suoi predecessori.
Ma se non arriva a capire che l’universo femminile è l’altra metà della luna, che c’è in corso da anni la riscossa di questa metà, conculcata per secoli e secoli, che questa riscossa cambierà la storia, rivoluzionerà alle radici gli assetti sociali, come si può dargli credito?
Non sembra possibile che non se ne renda conto.
Eppure, rimanendo nell’ambito clericale, mesi fa le suore americane erano incavolate nere con Ratzinger su questo tema e avevano preso posizione pubblicamente in modo trasparente.
Sembra impossibile che la primavera in Vaticano non debba mai comparire.
Che le ragioni del potere debbano sempre prevalere.
Sostenere che Gesù di Nazaret avesse emarginato le donne e non le volesse mettere fra i suoi seguaci più vicini è una tale falsificazione del suo messaggio e della storia, che può essere sostenuta solo con una interpretazione veramente grossolana dei Vangeli.
I 12 apostoli, non erano un sinedrio, non sono mai stati una struttura definita e consolidata, erano una prima scelta provvisoria, si direbbe perfino casuale come il fatto che Gesù invitasse chi gli capitava a tiro e gli ispirasse fiducia.
Dedurre dalla mancanza di nomi femminili fra i 12, citati dei Vangeli, un invalicabile pregiudizio di genere da parte di Gesù di Nazareth è un’operazione logica palesemente erronea e una falsificazione storica facilmente documentabile.
Stupisce veramente che un uomo, che era apparso così attento e sottile sia scivolato pesantemente in questo modo.
Se poi ci mettiamo dal punto di vista delle secolari fisime clericali, come possiamo non sobbalzare se pensiamo che nella stessa conferenza stampa Bergoglio ha sbattuto la porta in faccia alle donne e ha aperto ai gay?
Perché si è impuntato  per la prima volta su un argomento dottrinale e teologico così scivoloso e controverso, perché, come si è detto sopra, si basa su motivazioni teologiche di una debolezza puerile.
E perché offendere e demotivare, non solo l’altra metà dell’umanità, che già non è uno scherzo, ma quell’esercito di suore rimaste fedeli ed attive?
Chissà che lo schiaffo non sia stata così forte per loro ,da far uscire del loro ranghi quelle reazioni coraggiose, che invece gli uomini in talare, finora non hanno saputo produrre contro queste chiusure assurde, anacronistiche, improponibili.



lunedì 29 luglio 2013

I grandi dittatori ci campavano sulla disinformazione sistematica, ma anche molti di noi, nel nostro piccolo , ci rendiamo prigionieri di una piccola dittatura personale



Almeno Raitre prosegue con i programmi culturali, anche con il solleone dell’estate.
L’ultima puntata della “ grande storia”, curata da Mieli, su Hitler e Mussolini è stata di grande interesse.
Come la precedente sul 25 luglio 1943, è stata molto utile per sfatare leggende metropolitane e proporre gli avvenimenti nella loro complessità e quindi nella loro obiettiva difficoltà di lettura, anche oggi, quando molti si illudono di sapere tutto su quei fatti.
Le differenze caratteriali fra i due personaggi : uno ( Mussolini)  estroverso e piacione, l’altro Hitler freddo e mai un sorriso, hanno contribuito a stabilire questa semplificazione: il nazismo orribile e ossessivo, il fascismo dittatura, ma umanizzata.
Questa é una cantonata che molti hanno preso, soprattutto fra le persone più anziane, che sono state testimoni di quei fatti e che hanno  d‘istinto adottato questo giudizio, anche per giustificare il fatto che allora non si erano posti i problemi morali, che ci si pongono adesso nel giudicare il fascismo.
Come mai persone di dirittura morale ineccepibile sono cadute in questo abbaglio?
Guardiamo all’ oggi per capire come una domanda del genere sia sempre di attualità.
Traduciamo allora.
Come mai tante persone genericamente “per bene” hanno sostenuto il berlusconismo per vent’anni e lo sostengono tuttora, quanto agli aspetti per niente “per bene” di quel movimento politico, sono così tanti e così documentati?
Come mai, specularmente, tante persone, genericamente “per bene” sostengono il Partito Democratico, che ha tradito in modo plateale il mandato dei suoi lettori e che è ormai completamente estraneo e staccato dagli ideali, che avevano spinto extra comunisti ed ex democristiani di sinistra ad aderirvi?
Una qualche giustificazione in più ce l’hanno gli anziani, che non riescono ancora oggi a rimproverarsi di essere stati fascisti, perché la dittatura, prima di tutto, aveva realizzato anche una serie di opere tutt’altro che trascurabili : piena occupazione, scuole di buon livello, opere pubbliche, edilizia popolare eccetera.
È chiaro quindi che queste opere abbiano condizionato il giudizio.
E poi bisogna considerare che uno dei puntelli su cui si reggevano le dittature era una sistematica manipolazione delle notizie e quindi, se le notizie non le hai, come fai a non farti infinocchiare dal dittatore in carica?
Ad esempio, il peggio che ha fatto il fascismo, secondo la sensibilità di oggi, peggio ancora della instaurazione della dittatura e della andata in guerra, sono state le leggi razziali.
Allora però, questo problema è stato avvertito in modo molto attenuato, proprio per il problema di fatto legato alla mancanza di sufficiente conoscenza.
Chi viveva a Roma o Milano, in qualche modo, ne sarà stato informato, ma, per esempio, nella gran parte dell’Italia di provincia, semplicemente non esistevano comunità ebraiche e di conseguenza il problema non era entrato nelle case per essere recepito dalla gente.
L’esistenza dei lager tedeschi e peggio ancora della Shohà, mentre i tragici fatti avvenivano, erano ignoti alla gente comune di allora.
Questo per sottolineare il fatto, che per suo formulare correttamente i nostri giudizi morali e politici é indispensabile avere gli elementi di giudizio il più veritieri possibili.
Essere informati, vuol dire acquisire l’abitudine di procurarsi notizie sistematicamente da più fonti e confrontarle, diversamente, anche se si vive in una democrazia matura e consolidata, la dittatura ce le creiamo noi stessi.
Se leggiamo sempre lo stesso giornale o ascoltiamo sempre lo stesso telegiornale e prendiamo per buono tutto quello che ci trasmettono è come se noi guardassimo il mondo sempre e solo con occhiali da sole rosa.
È inevitabile che in questo modo ci creeremmo una realtà completamente contraffatta, che non può essere quella effettiva.
E poi, se vogliamo uscire da una forma di dittatura personale auto-costruita, cioè se vogliamo uscire da quella specie di bozzolo, che ci siamo intessuti intorno nel corso degli anni assorbendo notizie tutte filtrate con lo stesso filtro di parte, è necessario che impariamo a diffidare della naturale pigrizia che ci spinge naturalmente al conformismo.
Cioè, appoggiamo quel partito, perché siamo sempre stati lì e allora i buoni li vediamo tutti da una parte e i cattivi e i traditori tutti dall’altra.
Ma questo non è un modo di ragionare appena appena sensato.
Dovrebbe essere evidente invece, che è esaltante sentirsi posizionati in favore del vento del cambiamento.
Ed è invece penoso imbozzolarsi in un mondo, che non esiste, se non nella nostra fantasia, perché così avremo sempre paura di tutto, perché tutto ci sarà ignoto, e sarebbe come se fossimo vissuti su Marte, semplicemente non sappiamo quello che è successo veramente nel nostro paese.



venerdì 12 luglio 2013

la storiella dell'Islam moderno e moderato



L’ignoranza o la semplice disinformazione su fatti importanti  ha portato nella storia recente a errori di valutazione, che a loro volta hanno prodotto  scelte tragiche.
Emblematica è la famosa entrata in guerra da parte di Mussolini, fatta sulla base di conoscenze insufficienti ed erronee, viziate da pregiudizi provinciali e cioè dalla mancanza di una visione strategica a livello mondiale e non solo europea.
Mussolini ed anche Hitler, che pur disponeva di un apparato tecnico più consistente, non hanno saputo fare quello che dovrebbe fare qualunque stratega prima di impegnarsi, cioè fare bene i conti prima di muoversi.
Oggi, chi fa un’analisi storica di quegli eventi, allibisce di fronte alla constatazione che i due dittatori non avevano una conoscenza nemmeno elementare di cosa fossero gli Usa e del ruolo che erano in grado di giocare a livello mondiale.
Oggi tutti gli storici concordano sul fatto che la II guerra mondiale è stata vinta dalla soverchiante capacità dell’apparato industriale degli Usa.
Ma i due dittatori ignoravano del tutto il dato di fatto che li avrebbe sconfitti, non ne avevano materiale conoscenza.
Ho citato questo fatto emblematico e noto a tutti, per sottolineare il fatto che quando ci si trova di fronte a fatti nuovi e mondi sconosciuti, occorre prima di parlare almeno studiarsi la materia.
Sto parlando del mondo arabo, venuto alla ribalta dopo lo scoppio del terrorismo islamico con la distruzione delle torri gemelle l’11 settembre 2001 e le guerre dei Bush e di Blaire ed oggi delle “primavere arabe”.
L’ignoranza che regna in occidente sul mondo arabo era stata messa in evidenza proprio in quel 2001, quando la mitica e potentissima agenzia americana di controspionaggio, la Cia non è stata materialmente in grado di monitorare per mesi adeguatamente i media e le comunicazioni del mondo arabo, per materiale mancanza di un numero minimo di traduttori ed esperti di arabo.
Con le rivoluzioni delle “primavere arabe” non è che le cose sia molto migliorate.
Basti pensare ai tragici eventi, che nella Libia post Gheddafi hanno portato all’eliminazione addirittura dell’ambasciatore americano per opera di bande armate e siamo nel 12 settembre 2012.
Non parliamo ovviamente dell’Italia dove non è dato di sapere chi veramente sia mai stato ferrato sulla costellazione delle tribù libiche, sui loro rapporti di forza e quindi sul controllo che Gheddafi aveva o non aveva sul suo paese.
Dall’andamento degli eventi è risultato che, al di fuori dei canali istituzionali e accademici, l’Eni è stata perfettamente in grado di gestire una situazione difficilissima, ovviamente perché disponeva di conoscenze, entrature in loco  e probabilmente anche dell’ausilio di squadre armate, indispensabili nei casi di caos politico assoluto.
Gli eredi di Mattei evidentemente non si erano allontanati dalle strategie del loro fondatore, che non sapeva l’arabo e addirittura ignorava del tutto l’inglese, ma ebbe l’intelligenza di mettere insieme dei gruppi di “teste d’uovo” di prima qualità al fine di avere le informazioni giuste.
Oggi sentir parlare di quello che succede nel mondo arabo è una cosa abbastanza penosa.
Lasciamo perdere quello che dicono i politici.
Nessuno più è interessato alle loro esternazioni.
Ma anche solo a livello di inviati o di commentatori delle più grandi testate, chi conosce l’arabo?
Quasi nessuno.
Vanno in loco nei grandi alberghi frequentati dai colleghi dei media internazionali e in inglese si scambiano notizie.
Ma almeno, verrebbe da dire ,se non siete in grado di procuravi notizie di prima mano, studiate almeno la storia e la religione dei popoli arabi, altrimenti non potrete mai capire niente.
E invece, sembra che esista un giornale unico, perché tutte le grandi testate raccontano la storiella ideologica e irreale dell’Islam modero e moderato, che starebbe vincendo praticamente ovunque.
Tutti si producono in grandi sforzi per citare i pochissimi pensatori arabi, che generalmente vivono  in Europa, e che sono realmente a favore di un Islam moderno e moderato, ma si tratta purtroppo di intellettuali, che nel loro mondo non contano nulla ed esprimono idee che a noi piacciono molto, ma che sono estremamente minoritarie nel mondo arabo.
E’ irritante seguire i commenti sulle vicende egiziane, sentendo continuamente citare i Fratelli Musulmani, come fossero degli esponenti del mondo liberale occidentale e non una confraternita, nata nel segno dell’integralismo più viscerale, dell’odio e del disprezzo più sincero verso l’occidente, dell’antimodernismo più becero, secondo solo a quello un tempo enunciato in Italia da Pio IX.
Eppure costerebbe poca fatica andare a leggersi le opere di Hasan Al Banna, fondatore della Fratellanza,  regolarmente consultabili sul web in traduzione inglese.
Illuminanti e senza possibilità di equivoco.
O gli scritti dell’altro intellettuale di spicco della Fratellanza,  Sayyd Qutb, che dopo la sua permanenza negli Usa nel 1948 dettaglia tutto il suo schifo per il modo di vivere degli occidentali, cioè noi.
Se ne era parlato più diffusamente nel post del 4 febbraio 2011.
Ma i nostri commentatori saltano a più pari i testi fondanti e imbarazzanti e si attaccano al fatto che all’interno della Fratellanza ci sono fazioni diverse.
Il che è vero, ma non si tratta certo di lotte fra modernisti e tradizionalisti, si tratta di lotte di potere, molto trasversali.
L’unica cosa moderna della Fratellanza è l’aver capito e attuato un sistema di assistenza e di aiuti concreti alla povera gente ( in Egitto  1/4 degli uomini e un 1/3 delle donne sono analfabeti e il numero dei disoccupati è catastrofico).
E questa è una cosa  che in un paese, che non ha mai avuto forme di welfare pubblico, costituisce una   realtà che si nota e che porta molti ma molti voti : ecco il punto di forza presente e futuro della fratellanza.
Ma l’ideologia è disastrosa e viene predicata in tutte le moschee tutti santi venerdì ed i bambini, soprattutto nelle zone rurali, che in Egitto sono la maggioranza, sono indottrinati dalle scuole coraniche della Fratellanza ,sempre sulla base di una ideologia fondamentalista.
In un quadro di questo tipo parlare di grande vittoria della democrazia perché nel dopo Mubarak la gente è andata a votare è abbastanza assurdo.
I contadini vanno a votare per chi viene loro indicato dall’Imam e le donne per chi indica loro il marito.
Votare è meglio che non poter  votare, forse si, ma in quelle condizioni la cosa può avere  un significato addirittura controproducente perché c’è il rischio che la genti scambi così la democrazia, che non conoscono,  per una quasi farsa.

Viene in mente il crudo realismo dei romanzi di Ignazio Silone, quando diceva che al povero cafone della Marsica, che governasse il Papa, i Francesi, gli Spagnoli, Mussolini o altri, in realtà non spostava quasi nulla nelle sue condizioni di vita.

venerdì 5 luglio 2013

Il governo Letta è instabile e inefficiente, il 60 % degli italiani non lo vuole, ma dicono che durerà 5 anni, e la sinistra che aspetta?



Chi ha indotto gli italiani ad accettare questo governo, a livello  istituzionale, con le motivazioni più implausibili, e la classe giornalistica, che ha accettato di accettare, contraddicendo la missione stessa della propria professione, che non è quella di indottrinare, come nei regimi totalitari, bensì  quella di indurre i lettori a vagliare criticamente le notizie, si sono assunti una responsabilità enorme.
Non bastavano i guasti provocati dai vent’anni di deriva e di declino, fatti subire al paese da un berlusconismo, che non aveva nulla da proporre, se non la difesa degli interessi privati del suo patron, con annessa corte privata di clienti e platea di elettori determinati ad osteggiare  qualsiasi modernizzazione del paese.
Ci voleva ancora l’imposizione di questo assurdo “pensiero unico”, per il quale è diventato obbligatorio credere che la sinistra è uguale alla destra e  che anche il delinquente, se fa comodo e ha  una qualche copertura politica, va riverito come fosse il papa.
Ogni giorno in più che durerà questo governo, che non avrebbe dovuto mai nascere, verrà imposta agli italiani un giorno in più di una didattica perversa, che propina un insegnamento immorale e illogico, in base al quale  i giudici andrebbero  trattati da delinquenti e i delinquenti andrebbero riveriti e onorati.
A Gambadilegno ,ladro matricolato, nato dalla fantasia di Walt Disney, alla quale tutti abbiamo attinto da ragazzi,  andrebbe dato il comando del commissariato di Topolinia e il Commissario Bassettoni, dovrebbe invece essere schiaffato in galera.
Sembra impossibile che agli editorialisti dei grandi giornali italiani, autoproclamatesi “pacificatori”  non venga in mente, che denigrare la magistratura ed esaltare i delinquenti, se coperti politicamente, sia l’atto più nichilistico e più votato a promuovere il caos sociale, che ci possa essere.
Siamo uno di paesi più corrotti del mondo e andiamo a dare a tutti i malfattori d’Italia il segnale che coloro violano le leggi, per di più non occasionalmente, ma sistematicamente, possano venire “sdoganati”, se si da ai loro traffici una pur anche risibile, motivazione politica.
Tutti i cittadini devono apprendere ogni giorno da questa didattica all’incontrario, che i valori ideali, sui quali si sono alimentate le forze politiche in ogni parte del mondo, per dare un senso, una prospettiva, una visione di lungo periodo alla propria presenza storica, non valgono nulla.
La cultura, la politica, la storia politica delle grande forze,  che hanno impresso al mondo quell’anima,  quell’energia, che hanno prodotto   tutte quelle svolte, che chiamiamo modernità e progresso, sono degli optional, l’essenziale, la priorità assoluta sarebbe consentire alle esistenti nomenclature di destra e di sinistra di governare e basta.
Anni di inchieste hanno finalmente convinto il popolo italiano che queste nomenclature, che dispongono dei partiti, si chiamano “casta”, che è composta da una classe politica, che non vale nulla, perché nulla di buono ha combinato negli ultimi decenni di occupazione del potere e che per di più risulta essere una delle più corrotte, incolte e impreparate dell’occidente.
Ma la grande didattica del “pensiero unico”, amministrataci dal “giornale unico”, dal momento che tutti i grandi giornali italiani scrivono in materia le stesse cose, ci dice ogni giorno che è ora di farla finita con le dispute politiche e che occorre lasciarli lavorare, lor signori al governo,perché sono gli unici politici che abbiamo.
Personaggi disgustosi, perfino a livello estetico, arrancano su un palco dal quale troneggia uno striscione con l’ultimo verbo dell’immoralismo, imposto dal pensiero unico : “siamo tutti puttane” e si mette il rossetto ripreso dalle telecamere, per compiacere gli eccessi e le travalicazioni del suo capo.
Esponenti governativi provenienti da un movimento ecclesiale, che dovrebbe essere stato sepolto dagli scandali, generati per anni dai suoi uomini più in vista, invocano la obbligatorietà di una fantomatica “pacificazione nazionale”, che imporrebbe di chiudersi gli occhi e le orecchie di fronte alla difesa dell’immoralismo promosso a virtù civica.
Un deputato del PD, cioè della così detta sinistra, si copre di ridicolo parlando dell’acquisto dei costosissimi  caccia bombardieri F35, come di elicotteri, utili per operazioni di spegnimento di incendi e nessuno al vertice del suo partito reagisce o pensa di buttarlo fuori.
Quel che rimane di quel partito non ha ancora capito che non esiste più la ragione politica, che ne giustifichi la sua permanenza in vita ed è appagato dal solo fatto di essere seduto in un governo che non governa.
Il partito non- partito, venuto dal nulla al quale 9 milioni di elettori, in cerca di una alternativa vera e radicale a questo marasma hanno dato la loro fiducia, li delude continuamente, dimostrando la propria inadeguatezza e incapacità ad acquisire un qualunque risultato concreto.
Ci accingiamo a passare un’estate strana, che più “lettiana” di così non potrebbe essere, perché è perfino fisicamente una intesa tacita di non fare nulla e di rinviare tutto al prossimo autunno quando potrebbe scoppiare la rabbia sociale.
Oppure, e molto peggio, potrebbe scoppiare la rassegnazione generale ad accettare  la menzogna, che il pensiero unico vorrebbe imporci.
Rassegnazione, magari con fiammate qua e la, ma rassegnazione, come sta succedendo in Grecia.
Non sembra possibile che gli italiani si possano disporre ad accettare ancora mesi, se non anni di austerità, manovre su manovre, cioè ulteriori tasse e prelievi, con un governo che fa il giochetto  delle tre carte : ti tolgo questa tassa e te ne metto un’altra che ti costerà più della prima.
E lo stato sociale te le toglierò pezzo per pezzo, perché il solo termine “sociale” non sta bene, è superato.
Non sembra possibile che possa continuare, senza che la gente se ne accorga e si ribelli,  questa folle politica  economica alla Robin Hood all’incontrario : togliere ai poveri,  per dare ai ricchi, che diventano ricchissimi, mentre il ceto medio si impoverisce costantemente, e la schiera della gente, che per mangiare va alla mensa dei Francescani aumenta in continuazione.
Non sembra possibile, che mentre tutto questo succede, a sinistra non si sia capaci di mettere insieme una forza politica, che rappresenti la maggioranza degli italiani e finalmente  sbugiardi il mantra del berlusconismo, che sostiene che la stragrande maggioranza degli italiani sarebbe da sempre di destra.
Fingono di non conoscere la storia, e nemmeno l’aritmetica elementare, in base alla quale non è difficile rilevare, che alle ultime elezioni politiche un terzo degli italiani ha votato 5 Stelle, perché voleva un cambiamento radicale (che in base al vocabolario di italiano significa politica di sinistra) e un altro terzo ha votato Partito Democratico (composto da ex comunisti ed ex sinistra democristiana e quindi teoricamente sinistra).
Se ne deduce che i due terzi degli italiani hanno votato a sinistra.
Solo che la sinistra non c’è, non è rappresentata politicamente.
L’area politica è sguarnita, nel senso che il Sel di Vendola ,se pure apprezzabile ed encomiabile nella sua coerenza,  è troppo piccolo e francamente del tutto inadeguato, anche nella leadership, a rappresentare i due terzi degli italiani.
L’enorme successo dei 5 Stelle ha dimostrato che l’elettorato è maturo e pronto ad accogliere novità anche  radicali.
Queste cose tutti le sanno, ma però ancora tutti traccheggiano e nessuno a sinistra ha il coraggio di  metterci la faccia.
C’è Maurizio Barca nel PD,  c’è Civati ed altri sempre nel PD, c’è Landini capo della Fiom, c’è una pattuglia tutt’altro che modesta di intellettuali, che soffrono, come tutti coloro che hanno sensibilità sociale e di sinistra, ci sono i preti da strada e le loro istituzioni che animano da sempre la società e la politica con la loro palese testimonianza degli ideali evangelici, c’è Sel, c’è la nuova formazione di Ingroia, se pure discutibile per il fatto che nasce come l’ennesimo partitino personale, ma quando fa bisogno e bisogna contare i voti, tutto fa brodo.

Le forze ci sono, ma la gravità della situazione impone di affrettarsi, occorre mettersi insieme, trovare un leader appena credibile ed essere visibili come nucleo di attrazione per i quadri e gli elettori che lasciano e lasceranno il PD e il Movimento 5 Stelle.