martedì 11 ottobre 2016

il PD sta per andare in pezzi, si tratta però di pezzi pregiati : uno potrebbe essere costituito dalla rinascita del PC e l’altro dalla rinascita della DC





L’assoluta incapacità di parlarsi che è emersa per l’ennesima volta alla direzione del PD di ieri, fra Renzi e compagni da una parte e dalla pur corposa minoranza,dall’altra, questa volta può portare alla più incredibile delle soluzioni e cioè alla scissione a “sinistra” (si fa per dire) delle attuali minoranze, che rappresentano nè più, nè meno ,che il vecchio preesistente PCI.
Prima sembrava che il ripetitivo “bla bla” di queste minoranze fosse solo una tattica per guadagnare tempo, essendo le medesime del tutto sprovviste di una qualsiasi decente politica alternativa, ma che le medesime in realtà non nutrissero alcun serio proposito di assumere vita propria realizzando una vera e propria scissione.

Ormai la scissione del PD appare possibile e vicina
Adesso però che tutte hanno trovato una posizione comune nella scelta del votare no al referendum costituzionale e cioè per l'abrogazione di una legge, che in parlamento avevano votato e ri-votato, le cose assumono un aspetto diverso.
Questo sembra un punto di non ritorno, anche per chi è uso a non preoccuparsi troppo di perdere la faccia.
Già l’improvvisa uscita dal frigorifero di un D’Alema che si è messo a girare l’Italia per propagandare il no, costituiva un avvenimento anomalo, anche per gli standard della politica italiana.
Ma pur essendo D’Alema uscito allo scoperto, si poteva pensare che fosse indispensabile aspettare cosa avrebbero detto gli altri oracoli che per peso specifico lo seguono : Bersani, Cuperlo, Speranza.
Quando però, anche questi hanno sciolto le riserve, dichiarandosi tutti quanti per il no, allora è parso chiaro che ormai la scissione non era più solo un’ipotesi.

Se avvenisse rinascerebbe immediatamente il PCI sotto altre spoglie
Un parte significativa di un partito (chi ha fatto i calcoli parla di un 30%) non può andare tranquillamente a votare contro l’orientamento scelto democraticamente dal suo stesso partito, perché così facendo si mette automaticamente fuori.
Si dice che abbiano già scelto la sigla, il logo del nuovo partito, che potranno chiamare come vorranno, ma che in pratica, dati i componenti, non sarà nè più nè meno del vecchio PCI.
Sarà un Pci ovviamente senza il comunismo e quindi sarà niente di più di una bella rimpatriata di anziani reduci di quella esperienza con accompagnamento di giovani dalle idee più confuse di quelle degli anziani.
Gli anziani non erano stati capaci di elaborare una critica, che portasse al superamento dell’ideologia e della storia del comunismo, mettendo al suo posto qualcosa di più spendibile nel mondo di oggi.
I giovani, non si capisce proprio che cosa possano trovarci di entusiasmante.
Sarebbe comunque un partito politicamente inconcludente, come sono stati inconcludenti tutti i tronconi, nati dalle precedenti scissioni della ex-sinistra, ma accreditato a un 15% dell’elettorato e quindi con un suo peso tutt’altro che trascurabile.
Tanto più nel caso che gli italiani si convincessero ,presi da improvvisa follia autodistruttiva, di accettare una nuova legge elettorale proporzionale, la madre dei governi rachitici, destinati a durare pochi mesi della prima repubblica.
Staremo a vedere.
Ma non è finita perchè la parte più interessante della scissione del PD ,sarebbe il seguito.


Ma non sarebbe finita qui, perché il seguito sarebbe ancora più interessante con la rinascita della DC
E infatti, come farebbe a rinascere, se pure sotto altre spoglie, il vecchio PCI ,senza avere insieme il suo fratello- nemico gemello dei decenni di storia repubblicana fino a tangentopoli?
La rinascita del PCI porterebbe con sé inevitabilmente il ritorno sulle scene della “balena bianca”, che sarebbe ancora più giustificato ,proprio per la caratterizzazione di centro e non di sinistra che il renzismo ha impresso al PD nella sua azione politica fino ad oggi.
Oggi, la politica è prima di tutto qualificata dalle scelte che un partito fa in campo economico.
E cosa ha fatto Renzi in campo economico?
Mercato, banche, lavoratori alla mercè dei movimenti dei mercati, sindacati in posizione defilata, dogma della riduzione delle tasse, dogma della riduzione delle regole per le imprese eccetera.
Ma cos’è, la politica di Berlusconi?
Ebbene si.
Solo che Berlusconi aveva fatto solo parole e pasticci, mentre Renzi fa i fatti.
E li fa ovviamente col consenso dell’elettorato e ,diciamolo pure di gran parte dei parlamentari berlusconiani ,vedi Verdini e compagni.
Il povero Brunetta è un patetico capogruppo di un gruppo fantasma.
E’ un caso che Berlusconi si sia defilato in America, proprio per non esserci durante la campagna elettorale?

Renzi in questi anni ha costruito di fatto una DC più democristiana di quella vecchia, se si guarda alla base moderata ed ai temi che ha rappresentato in economia
La realtà è che Renzi si è di fatto impossessato fin dall’inizio del suo governo, della rappresentanza dei temi da sempre propri dell’elettorato moderato, centrista.
E infatti che facevano i leader storici della DC se non assolutamente la stessa cosa?
Se gli ex PCI se ne vanno dal PD, per rifondare il vecchio PCI sotto altre spoglie, quello che rimane è la DC, una DC per di più già ammodernata e disposta in uno schieramento più elastico e trasversale della vecchia DC.
Sarebbe una DC più democristiana di quella vecchia.
Complimenti Renzi, se la cosa riuscisse per l’insipienza politica dei vecchi PCI, che non sanno e non sapranno chi sono e cosa rappresentano, a Renzi basterebbe rimanere al Nazareno, nuova Piazza del Gesù, che vinca o che perda il referendum.
Lui chi è e grosso modo cosa vuole lo sa e soprattutto sa che potrebbe contare su un elettorato vasto e sicuro, come quello democristiano della prima repubblica.
Nel caso in cui Renzi perda il referendum, Mattarella sarà costretto a far fare un nuovo governo a Franceschini, a Padoan o a Calenda neo Ministro dello sviluppo, ma al Nazareno siederà sempre il vecchio inquilino, Renzi e le carte le darà lui.


mercoledì 5 ottobre 2016

referendum costituzionale : gli argomenti a favore del si sono più solidi di quelli a favore del no





Il dibattito televisivo fra Renzi e Gustavo Zagrebelsky svoltosi su la 7 la settimana scorsa, metteva faccia a faccia i due schieramenti al massimo livello, da una parte il Presidente del Consiglio che sul referendum si gioca la sua carriera politica a favore del si e dall’altra un costituzionalista ex presidente della Corte Costituzionale e intellettuale di grande livello, che mette in gioco il suo prestigio a favore del no.
Non erano di fronte quindi un politico contro un altro politico ,ma un politico contro un costituzionalista se pure da sempre impegnato nello schieramento di sinistra.
E questa doppia veste di tecnico e di impegnato in politica è stata a mio parere fatale per Zagrebelsky, che risultava efficace come giurista, ma assolutamente non all'altezza dell’avversario nella capacità dialettica di sostenere un dibattito.
Renzi ha tantissimi difetti che i lettori di questo blog possono trovare elencati in tutti gli articoli dedicati al personaggio (se hanno la pazienza di andare a digitare Renzi nel rettangolino di ricerca in alto a sinistra), ma ha anche il fiuto istintivo di chi fa politica al suo livello.

Renzi ha capito per tempo che i cittadini avrebbero avuto difficoltà a recepire le modifiche costituzionali a referendum, come cose che incidono nella loro vita quotidiana
Questo fiuto gli ha consentito di percepire fin dall’approvazione della legge di riforma costituzionale messa a referendum per il prossimo dicembre, che l’argomento in gioco ha troppi aspetti tecnici per essere facilmente percepito come importante dai cittadini, che difficilmente percepiscono i problemi trattati dalla riforma in questione come importanti nell’ambito della loro vita quotidiana.
Insomma la riforma non tratta di lavoro, sicurezza, ambiente.
Quindi il cittadino non impegnato il politica non lo percepisce come cosa sua, come un suo problema, anzi rischia di etichettarlo negativamente come un problema della casta politica.
Di conseguenza non credo affatto che Renzi abbia sbagliato nel “personalizzare” l’esito del referendum, per me, per il mio governo, per le riforme, per fare o continuare a non cambiare nulla e rimanere nella “palude”.

Ha fatto bene a personalizzare la consultazione referendaria ed a parlare di rimanere nella palude se si vota no, e invece di uscire dalla palude se si vota si
Perchè questo mi sembra il modo per convincere il cittadino che la riforma costituzionale non è una materia tecnica fumosa, ma è una cosa che lo riguarda.
Ed anche quando lo stesso Renzi ha finto di essersi pentito di avere personalizzato il referendum, ha fatto bene a ripetere il termine “palude”, come dire, se votate no allora sappiate che voterete per lasciare per altri decenni la politica italiana impantanata in questa “palude”.
Il termine palude evoca contemporaneamente i concetti di immobilizzati nel fango, e di finiti in un ambiente sporco come quelli dove razzolano i maiali, scelta di immagine molto felice, perchè è così che la gente vede la classe politica nel suo immaginario subconscio.
Per convincere i cittadini ad andare a votare, evidentemente dopo essersi fatta un’idea di votare per cosa, bisogna proprio riportare paragrafi e codicilli della Costituzione modificati dalla riforma a una dimensione umana della vita di tutti i giorni.
Per fare questo bisogna per forza semplificare senza cadere nella banalizzazione, ma riducendo all’essenziale.

Proviamo a usare la dovuta terminologia di diritto costituzionale alla Zagrebelsky, senza tradurla in italiano, e vediamo cosa ci capisce la gente
Se vogliamo provarci ribadisco che Renzi ci sia riuscito servendosi di quell’immagine della palude, dalla quale è urgente uscire.
Vogliamo volare più alto?
Benissimo, mi vogliono spiegare allora i fautori del no perchè mai DeGasperi, che era DeGasperi e quindi il più grande statista italiano del secolo scorso,( colui che alla Conferenza di Parigi dopo che Mussolini aveva disastrosamente perso la guerra aveva dovuto andare a metterci la sua faccia e la sua credibilità per fare di nuovo ammettere il suo paese “sputtanato” dal fascismo nel consesso dei paesi civili) aveva ritenuto di fare una riforma elettorale per passare dal “proporzionale” a un quasi “maggioritario” usando lo stratagemma del “premio di maggioranza”, perchè si era reso conto che diversamente nè lui, nè qualsiasi altro capo di governo non sarebbe riuscito a governare decentemente?
E la riforma costituzionale voluta da Renzi mira ne più mè meno che a creare le condizioni perché il governo, espressione dalla maggioranza, uscita dalle urne, sia nelle condizioni di governare, facendo approvare le leggi di riforma attuative del suo programma in tempi accettabili e veloci, pur lasciando il tempo dovuto alla discussione parlamentare.

Ma perché parlare in modo apocalittico di deriva autoritaria se vincessero i si, non sarà che siano proprio i seguaci del no ad essere ispirati da pregiudizi ideologici che oggi non hanno più presa nella realtà?
Non capisco proprio perchè Zagrebelsky e i suoi seguaci si incaponiscano nel difendere il sistema attuale (proporzionale e con bicameralismo paritario), che la storia di decenni ha dimostrato, che non funziona, temendo in caso di cambiamento di cadere in un sistema “oligarchico” ,che faccia saltare il sistema di “pesi e contrappesi”, previsto magistralmente, a loro dire, dalla costituzione precedente.
Non capisco Zagrebelsky, come non capivo a suo tempo Leopoldo Elia, costituzionalista insigne ,che Zagrebelsky considera suo maestro, che pure si incaponiva nel giudicare immodificabile la costituzione.
Così come non capisco le argomentazioni che usava Dossetti, ideologo che aveva ispirato sia Leopoldo Elia che Gustavo Zabrebelsky, per dire che questa sarebbe la costituzione migliore del mondo e quindi immodificabile.
Siete contenti che vi ho portato a volare “alto” usando i dovuti termini di diritto costituzionale, così che la maggioranza di voi lettori non avrà capito un gran che di cosa stiamo parlando?
Figuriamoci quando nel dibattito che abbiamo citato all’inizio, il buon Zagrebelsky ha usato l’argomento che secondo lui avrebbe dovuto tagliare la testa al toro, tuonando :
voi creerete una maggioranza inattaccabile perchè fate i conti sul voto della maggioranza (dei presenti) e non sul voto dei “componenti”.
A questo punto gli spettatori avrebbero dovuto avere capito tutto, magari dopo avere superato un accenno di mal di testa, nel tentativo di decifrare cosa stava dietro a quei termini.

Benissimo ha fatto Renzi ad elaborare una scheda referendaria comprensibile al primo colpo per la prima volta nella storia d’Italia
Bene fa quindi Renzi a semplificare parlando di necessità urgente di uscire dalla palude.
Ed ha fatto un colpo magistrale lo stesso Renzi scrivendo il testo del referendum che risulterà il primo testo di referendum comprensibile al primo colpo anche dalla famosa “casalinga di Voghera”, nella storia d’Italia.
Non per niente i fautori del no, che ci avrebbero tenuto a rimanere nell’ambito delle “fumosità” giuridiche ,si sono stracciate le vesti alla vista di un testo così immediatamente comprensibile da chi non è un addetto ai lavori.
E pure bene ha fatto il Renzi politico a tirare fuori dal frigorifero alla vigilia del referendum il progetto del “ponte sullo stretto”, che è il simbolo delle “grandi opere”.

Perfino avere tirato fuori dal frigorifero il progetto del ponte sullo stretto potrebbe essere un simbolo di volontà di tornare ad essere grandi come eravamo negli anni ‘60
Se l’Italia vuole tornare a credere in sè stessa, come ci aveva creduto negli “anni del boom”, i prodigiosi anni ‘60, allora bisogna tornare proprio a ripresentare come possibile rendere i sogni verosimili.
Uscire dalle paure, dall’insicurezza, dalla sfiducia che ammazzano la speranza e la fiducia nel futuro.
Tornare a progettare e perchè no tornare a progettare proprio le grandi opere.
Vediamo di imparare un po dai Cinesi.
I Cinesi ragionano come ragionavamo noi negli anni ‘60, se vogliamo, i sogni possono realizzarsi, perchè abbiamo le teste, le competenze e le imprese per realizzare anche opere grandi e al limite delle possibilità tecniche.
E’ possibile uscire dalle paure instillate da decenni di stagnazione e di recessione.
Superiamo la palude ideologica delle destre politiche che ci ritroviamo ,e le inconcludenti inconsistenze e dilettantismi delle forze politiche nuove (5Stelle) che la gente ha accreditato per pura disperazione.
C’è un modo per uscire dal vuoto ideologico delle destre e dal dilettantismo inconcludente dei 5Stelle ed è quello di approvare nuove regole della politica che consentano alla maggioranza eletta di governare senza inciuci indecenti, pur conservando un sistema di garanzia delle minoranze efficace.

Un primo passo importante per arrivarci potrebbe essere proprio andare a votare si al referendum di dicembre.

giovedì 22 settembre 2016

La Siria è ormai definita come “uno stato fallito”, ma i suoi abitanti ancora presenti o sfollati, hanno diritto a un futuro, come tutti. Ma come mai gli aiuti umanitari non vengono paracadutati?





Fanno in fretta i commentatori dei grandi media e i politici a guardare alla Siria dall’alto in basso, a causa delle deplorevoli condizioni nella quale versa.
Ma prima di tutto, in qualsiasi situazione, occorre per lo meno riconoscere la comune fratellanza nell’umanità e poi non farebbe male mostrare meno sussiego da parte di quei politici (tutti) che nello scacchiere del Medio Oriente non hanno mai espresso una politica compiuta a medio-lungo periodo e che quindi non ne azzeccano una da decenni, con conseguenze disastrose per la regione.
Ma prima di fare commenti sarà meglio elencare gli elementi essenziali della situazione per cercare di capirci qualcosa, e si vedrà che occorre fare una certa fatica per non perdere il filo del discorso, talmente la situazione in quel paese è complessa e contraddittoria.

Chi è l’amico e chi è il nemico dell’Occidente nella guerra civile siriana?
Nelle discussioni da “bar sport” ,si è portati a semplificare al massimo : questi sono i miei amici e quelli sono i miei avversari. Una squadra contro l’altra, noi e loro.
Del resto fino ai tempi di Napoleone, le guerre funzionavano ancora così, una parte metteva in fila uno schieramento di fanteria e il nemico faceva lo stesso. Tutt’al più si poteva si giocare sulla posizione dell’artiglieria e della cavalleria, ma le squadre erano due, identificabili con tutta chiarezza.
Oggi, sopratutto nel Medio Oriente, questo schema è cosa da archeologia.
E’ difficile identificare le parti, perché tutte giocano su più tavoli contemporaneamente, pensando di essere più furbi degli altri.
Cominciamo quindi con l’identificare l’unico attore politico della guerra siriana che non ha cambiato casacca e schieramento, il presidente Assad, questo è sempre stato solo con se stesso, inchiodato alla propria sedia.
Questo dato di fatto non è “tecnicamente” un male, perché almeno questo rimane un elemento fisso, anche se moralmente il giudizio sull’ operato di un dittatore, definito sanguinario perfino dal Segretario Generale dell’Onu ,dovrebbe essere invece severissimo, perché la ferocia di Assad è pari sola a quella del presunto califfo Al Bagdadi.

Assad è rimasto fermo, ma gli altri?
Fa una certa impressione, e mette obiettivamente in imbarazzo, dover riconoscere che quegli Usa, che per decenni abbiamo visto nella parte di “poliziotti del mondo” in supplenza di quelle Nazioni Unite, che erano nate come deputate a quello scopo, ma che non sono mai riuscite ad assumere quel ruolo, si sono comportati in Siria, come “doppiogiochisti”, per di più pasticcioni e approssimativi.

La posizione ondivaga di Obama
All’inizio della guerra civile siriana , Obama, che proprio chiaro in politica estera non riesce a parlare, dice o fa dire, perché la gente capisca, che l’obiettivo prioritario degli Usa è abbattere il regime di Assad.
Poi ,fa due conti ,e si rende conto che il suo parlamento, nel quale non ha la maggioranza, non avrebbe approvato mai un intervento in Siria.
Ed allora “derubrica” ,come cercano di fare gli avvocati, l’intervento in un evento lontano, realizzabile solo se Assad dovesse varcare “la linea rossa” con l’impiego di armi chimiche.
Finisce che, prima, alcune ONG ,presenti in Siria, e la stessa Onu dopo ,debbano riconoscere che sì probabilmente sono state usate bombe al cloro (sotto forma di gas) e forse addirittura al fosforo.
Premetto che un medico di una Ong, e quindi per definizione in una posizione di terza parte, ci mette ben poco a capire se gli portano un ferito con segni di armi chimiche addosso.
D’accordo, poi è tutt’altro che semplice dimostrare chi quella bomba contenente gas tossici, l’ha sganciata, ma un conto è dimostrare di fronte a una corte di giustizia, un conto è acquisire indizi gravi e convergenti, come solo si può fare in una guerra in corso in quelle condizioni.
Ma Obama non reagisce, e forse, giudicando col senno di poi, occorre riconoscere che fece bene a non reagire contro Assad in quel momento, perché se avesse mandato i suoi bombardieri a incenerire Assad e il suo regime, poi si sarebbe condannato a sedersi a un tavolo a fare un solitario, dato che non avrebbe trovato nessun altro con una posizione chiara e facilmente definibile, col quale giocare un partita, per definire il futuro di quelle popolazioni.
La Siria sarebbe finita in mille cantoni, difficilmente identificabili.

I “ribelli” anti- Assad
Se Obama ,nello scacchiere Siria, avesse fatto o non fatto solo questo, andrebbe ancora bene, perché nel frattempo si è intestardito ad aiutare i “ribelli” contro Assad, favoleggiando di vederli come presunte forze democratiche, che ,naturalmente se vincenti, avrebbero trasformato la Siria, che la democrazia non l’ha mai conosciuta, in un paese democratico, alleato dell’Occidente.
Questo è stato un abbaglio macroscopico, che è sintomo di una conoscenza veramente superficiale dei dossier relativi a Medio Oriente, Islam e mondo arabo.
Se il lettore fosse sul punto di giudicare troppo severo il giudizio sopra espresso su Obama, lo invito caldamente a cercare su un vocabolario di arabo la traduzione del nostro termine “democrazia”.
Troverà “dimucratia” (ديموقْراطيّة ) cioè un termine che in arabo non esiste e non è mai esistito.
Quel dimucratia è semplicemente la traslazione in arabo del termine occidentale, che è quasi identico al corrispondente termine greco e che quindi non ha nulla a che fare con la cultura araba.
Attenzione quindi a cercare velleitariamente di “esportare” la democrazia, dove i destinatari non sanno nemmeno che cos’è.
L’errore strategico di Obama non è certo legato a una questione semantica, ma di assoluta sostanza, perché nessuno, dico nessuno, nemmeno fra i più accreditati esperti di geopolitica, sarebbe oggi in grado di compilare un elenco aggiornato dei così detti “ribelli anti Assad”, che possa aver un senso, cioè che possa essere impiegato per stabilire quale gruppo è amico e quale gruppo è nemico dell’Occidente.
Intendiamoci, fare un elenco è facilissimo, ma il problema è che quelle milizie stanno oggi con uno, domani con un altro, e dopodomani con un altro ancora e quindi quell’elenco sarebbe del tutto privo di un significato pratico.
Però Obama disgraziatamente a quella gente non bene assortita ha dato mezzi ed armi in quantità, prima di realizzare che erano completamente inaffidabili.

I potenti protettori dei “ribelli”
Prima di lui si erano mosse le potenze regionali sunnite (Arabia Saudita,Qatar, Emirati ecc.) e sciite (Iran, Hezbollah libanesi ecc.) inviando milizie , armamenti e soldi.
Con la Turchia di Erdogan che giocava su tutti tavoli contemporaneamente.
Se oggi nell’assedio di Aleppo c’è una situazione di stallo, che dura da mesi è anche perché i “ribelli” hanno per le mani armamenti molto potenti e moderni, che sarebbe stato più sensato evitare di fornirglieli,in un teatro bellico così difficile da decifrare.
Oggi si fatica fortemente a concordare i termini di una breve tregua umanitaria, perché nessuno vuole rischiare ,che gli altri ne approfittino, tanto che Onu e anche molte Ong hanno dovuto ritirare il loro personale per non esporlo a rischi troppo grossi.
Pochi giorni fa, Labrov e Kerry sono riusciti a concordare una tregua quando i loro Presidenti avevano fallito tre giorni prima, ma poi ,sul campo, la tregua medesima è durata ben poco ed è saltata col bombardamento parziale di un convoglio ONU ,non è chiaro da parte di chi, preceduto da un bombardamento americano su truppe siriane, venduto come errore, ma di dubbia identificazione.
Ma perché per inviare aiuti umanitari agli abitanti di Aleppo, rimasti intrappolati nella città assediata, Russi e Americani per conto dell’Onu non paracadutano il necessario, se vogliono veramente fare arrivare alla gente quegli aiuti?
Ci sarà una ragione, ma non riesco a trovarla.
Insomma la situazione sul campo in Siria è un rompicapo per chiunque.
Queste famose milizie “ribelli”, nel senso di contrarie al regime di Assad, non sono i Garibaldi siriani che combattono per la loro indipendenza,coltivando ideali di libertà, anche perché molti di loro non sono affatto siriani.
Sono invece milizie sunnite, che è difficile pensare siano avversari del Califfato, se non per ragioni di concorrenza, dato che professano le medesime basi ideologiche : quelli di Al Nusra, che si sono camuffati sotto un altro nome :Jabath Fatah al Sham,per pretendere di non essere più con Al Quaida, i salafiti tunisini, i caucasici, i rimasugli di Al Quaida, tutti contro Assad si, ma sopratutto contro gli Shiiti e tutti accomunati da un odio feroce verso l’Occidente, quindi sicuramente non sono nostri amici.

La Russia di Putin fa il suo gioco e lo fa bene perché ha una strategia chiara, che gli altri non hanno
Passiamo a Putin, spiace dirlo, ma questi si è mosso in un modo ben più lineare ed efficace di Obama, sopratutto perché sapeva ancor prima di muoversi cosa voleva a breve, medio e lungo periodo.
Voleva salvare un Assad ,ormai al tracollo (possedeva un mega esercito di 300.000 mila uomini ben armati e addestrati, prima della guerra civile, che oggi è sceso addirittura a meno della metà di effettivi, controllando sul suo paese con sicurezza circa il 30% del territorio pre- guerra).
Perché Putin si è mosso con tanta determinazione?
Per avere da Assad l’uso delle basi navali, aeree e terrestri di Tartus e di Latvia ,sul Mediterraneo, ambedue circondate dai territori, che tradizionalmente erano i meglio controllati dalle tribù Alawite (quelle alle quali appartiene il Clan degli Assad , clan Sciita, in un paese a maggioranza Sunnita).
Quei territori, durante le prime fasi della guerra civile in corso, iniziata nel 2011, erano finiti addirittura nelle mani dei peggiori taglia-gole di provenienza caucasica, con una maggioranza di Ceceni, che sono, guarda caso, gli arci- nemici di Putin.
Putin non vuole (giustamente) avere in giro per il mondo alcune migliaia di “foreighn fighter” della peggiore specie, come capacità militari e ferocia, provenienti dalla Russia e da stati ex sovietici, che potrebbero in qualsiasi momento decidere di tornare nelle loro regioni di origine, creandogli dei gravi problemi.
Questa è la ragione forse più consistente, che lo ha fatto muovere e poi c’è il sogno di riposizionarsi come grande potenza, non del tutto peregrino, stante le dimensioni e la storia della Russia.

Putin è talmente “elastico” da aver saputo cucire alleanze inverosimili come quelle con Nethanyau e con Erdogan
Putin è abile ed elastico, termine traducibile anche come spregiudicato, ma sa arrivare anche dove sembrerebbe inverosimile. Si pensi all’incredibile avvicinamento che ha realizzato con l’Israele di Netanyau, ponendosi come difensore ultimo del milione di immigrati russi, presenti in Israele come cittadini israeliani.
Si pensi che gli abitanti di Israele sono 8 milioni ,dei quali 1,4 milioni sono arabi.
Questi russi israeliani sono molto ben organizzati e alle elezioni votano rigorosamente a destra e quindi a loro Netanyahu deve non poca attenzione.
Questo fatto non è molto conosciuto, ma dà a Putin una carta di quelle pesanti da giocare.
La Russia, inutile dirlo, va dove trova lo spazio disponibile per andarci, e quindi è fortemente schierata ora con l’Iran e di conseguenza con tutto il mondo sciita.
L’Iran ha dato un contributo concreto fondamentale alla salvezza di Assad, spendendo qualcosa come 1 miliardo di dollari all’anno dall’inizio della guerra civile.
Attenzione però che siamo in Medio Oriente, e quindi le linee di demarcazione fra amici e nemici, sono sempre di un grigino evanescente e quindi Putin è vero che è in ottimi rapporti ,anche sul piano operativo, con Netanyahu, ma fa finta di non vedere per esempio le milizie sciite, che dall’Iran hanno preso posizione sotto le alture del Golan oggi israeliano, pronte per intervenire (in Israele) insieme agli Hezbollah libanesi, anche loro sciiti, nel momento in cui il loro super- alleato Assad, dovesse scivolare dalla poltrona.
In queste regioni il discorso amici- nemici è da sempre molto fluido.
Vogliamo azzardare un perché? Non per dare giudizi moralistici, ma per cercare di capirci qualcosa.
Stare oggi di qui e domani di là, da noi si chiama “doppio giochismo” ed ha una connotazione nettamente negativa.

La cultura del Medio Oriente non c’entra con la cultura occidentale e parte integrante di questa cultura è la priorità della tribù sullo stato
Questo dato di fatto, da noi, sembra non voler essere recepito e questo è fonte di infiniti discorsi vani e fuori bersaglio, che spingono ad essere subissati da una specie di “pensiero unico”, obbligatoriamente “buonista”.
Prima di dare giudizi di valore, sarebbe invece opportuno studiarsi un po’ la storia del Medio Oriente e la sua civiltà ,nella quale l’Islam ovviamente ha un peso preponderante, ma che è a sua volta solo secondo, come peso specifico, rispetto ad acquisizioni etniche secolari, che da noi generalmente si by-passano.
Prima fra tutte la struttura della società, organizzata dietro al modello gerarchizzato della tribù, che viene prima dello stato.
La tribù consiste dalla “federazione etnica di famiglie estese (khasm), formate dai figli maschi ,che hanno lo stesso bisnonno.
Teniamo anche conto che il nucleo di base, la famiglia -media, non quella estesa, è costituita da un marito, capo famiglia, che ha ha mediamente due mogli e 15 figli.
Il membro di una tribù esercita la sua lealtà fino alla morte alla sua famiglia, a quella estesa ed alla tribù di appartenenza, e non allo stato.
Lo stato viene dopo, per la semplice ragione, che la tribù, da sempre, ignora il concetto di confini, che è l’elemento costitutivo dello stato.
Lo stanziamento in un territorio e relative alleanze o guerre coi vicini è strettamente collegato al controllo delle fonti di energia e di sostentamento come l’acqua e il petrolio.
Le alleanze delle singole tribù quindi cambiano perché queste persone hanno sempre vissuto seguendo questi principi, che sono parecchio diversi dai nostro occidentali.
Il capo è lo Sheik locale, sopra di lui ci sarà quello che lo Sheik deciderà ,di volta in volta, dopo avere trattato a lungo con lui.
La struttura tribale è a tutt’oggi presente in Siria per oltre il 55%.
Se teniamo presenti questi dati di fatto, ci rendiamo conto che a ragionare all’ Occidentale, invece che all’araba, porta inevitabilmente a colloqui fra sordi.
Ne deriva che gli accordi Syke- Picot, con i quali gli Occidentali si sono divisi le province dell’Impero Ottomano alla fine della prima guerra mondiale, generando le entità statuali di Siria, Iraq, Libano, Palestina, assegnando loro confini cervellotici, sono durati incredibilmente tanto, anche se erano disegnati sulla sabbia fino da allora.

l’Isis dovrebbe essere il nemico numero uno nella guerra Siriana, ma quasi tutte le forze in campo hanno flirtato col presunto Califfo
Nella guerra civile siriana in corso gioca infine un ruolo da protagonista l’Isis e, siamo sinceri, se ci occupiamo di Siria è sopratutto perché temiamo proprio il possibile successo dell’Isis.
Sull’Isis occorrerà fare un discorso a parte, per ora, accontentiamoci solo di esaminare pochi elementi sintetici.
L’Isis rappresenta la degenerazione o l’affermazione compiuta, dell’Islam nella sua declinazione Wahabita, risalente al 1700, professato in Arabia Saudita e nel resto degli stati arabi del Golfo, che hanno inondato il mondo di moschee , centri islamici e madrasse per diffondere quel tipo di verbo, spendendo cifre impressionanti di petrodollari, mentre in Occidente non ci si rendeva conto degli enormi pericoli che stavano dietro quelle dottrine, fino a quando i suoi seguaci hanno cominciato a farci saltare in aria l’11 settembre 2001.
Quello che conta ora è appurare chi combatte veramente l’Isis in Siria.
Assad, Sciiti iraniani e libanesi, e sopratutto i formidabili Curdi, con l’appoggio aereo di Russia, Usa con non grande determinazione e una presenza simbolica di Francia e Inghilterra.
La prima potenza d’Europa, la Germania, è momentaneamente assente.
Erdogan, triplo o quadruplo -giochista, in un primo tempo ha favorito l’Isis indirettamente, sopratutto lasciando aperti i confini, e ,pare, comprando petrolio, (i giornali hanno pubblicato le foto dei convogli di camion cisterna) eccetera.
Ora i Turchi tirano qualche bomba anche sull’Isis, per poter giustificare altre dieci bombe tirate sulla testa dei Curdi.


Riferimenti per un approfondimento:

Maurizio Molinari (direttore della Stampa): Jihad ; il Califfato del terrore
Paolo Luigi Branca (Università Cattolica): guerra e pace nel Corano
Bernard Lewis (emerito di Princeton): i Musulmani alla scoperta dell’Europa
Giuseppe Rizzardi (islamista ) : Islam processare o capire? E altri titoli.




venerdì 9 settembre 2016

Il Movimento 5 Stelle non riesce nemmeno a suicidarsi con la vacua incapacità della sindaca di Roma, talmente è essenziale il suo ruolo di “sfogatoio” per gli elettori disgustati da “destra” e “sinistra” tradizionali




Sono fra coloro che nei 5Stelle avevano riposto la speranza di un rinnovamento possibile della politica italiana e a tutt'oggi un'ultima opportunità di riscatto gliela darei , non perchè se la siano meritata, ma per demerito degli altri, che stanno girando a vuoto recitando uno spettacolo sconfortante.
I 5Stelle, lo si era detto più e più volte su questo blog, si portano dietro il “vizio d'origine” costituito da una serie troppo lunga di problemi irrisolti nel loro interno.

- primo fra tutti la “governance” la catena di comando, che a volte sembra addirittura non esserci, a volte sembra essere in mano a “estranei non eletti” che sono i fondatori, a volte sembra in mano a organi cervellotici e non trasparenti come alcuni “direttòri”, a volte “addetti alla comunicazione” , a volte in mano ai fantasmi della “rete”.

-poi il ricorso infantile al “referendum on line” fra gli iscritti
va benissimo sperimentare cose nuove, compreso l'uso della rete in politica, ma data la delicatezza della scelta addirittura di una classe dirigente, andrebbe fatta in via sperimentale e non con valore deliberativo, per non incorrere nel guaio macrosopico al quale può portare il ricorso a un numero troppo basso di partecipanti-decisori, si veda l'esempio emblematico della scelta sul web della candidata sindaco di Milano e dicesi Milano non Gorgonzola, dove era risultato scelto via web un personaggio spaventosamente inadeguato.
Giocarsi l'espansione del Movimento a Milano pur di essere fedeli a uno dei principi -bandiera del Movimento ha fruttato una bella testata contro il muro, che però non ha prodotto un'autocritica efficace.
Il principio di usare il web va benissimo, ma va modulato usando il buon senso e non la Casaleggio Associati, la cui posizione andrebbe pure ridiscussa dopo la scomparsa prematura del secondo fondatore del Movimento, la Casaleggio è una ditta privata e con tutta la buona volontà non vedo come possa avere un ruolo in un partito che veleggia da mesi fra secondo e primo partito italiano, una ditta privata.

-poi c'è proprio il problema dei “fondatori” ,non eletti.
Cosa abbiamo tuonato a fare in molti, 5Stelle in testa contro Forza Italia eterodiretta da Fininvest, se i 5Stelle ogni tanto viene fuori che gli eletti del 5Stelle debbono sottomettersi a al verbo dei guru che rispondono alla Casaleggio?
I rapporti con la Casaleggio andrebbero di molto ridimensionati.
Quanto a Grillo è fuori discussione che sia utile al Movimento come padre nobile e può diventare indispensabile quando come in questi giorni a Roma il Movimento fa tante ma tante cavolate consecutive, che deve intervenire lui col suo prestigio per rimettere “i ragazzi” in carreggiata, ma credo sia il primo ad aver capito che la sua posizione è quella di garanzia che gli richiede di comparire il meno possibile.

-poi c'è la assoluta necessità di sbarazzarsi di slogan e obiettivi che sono nati col movimento, ma che non possono essere mantenuti con connotazioni fra il fondamentalismo e il paranoico.
Mi riferisco prima di tutto alla cura prestata alla riduzione degli stipendi degli eletti, degenerata nelle indagini paradossali sugli scontrini.
E' talmente vasta l'area della corruzione in Italia, che a voler dimostrare la propria “diversità” assoluta o il fatto di essere per definizione gli “incorruttibili”,andrebbe rivista con un po di buon senso.
Chi lavora in posizioni “apicali” o “manageriali” ai massimi livelli va pagato a prezzi di mercato facendola finita con penosi piagnistei.
Se si erano abituati i militanti a discorsi pauperisti si era sbagliato e basta, questi discorsi e questi slogan non pagano più, hanno stancato la gente.
Si riducano gli stipendi se vogliono, ma in modo simbolico.
Il loro ruolo non è quello di recitare la parte dei Robespierre, che serve a ben poco, ma di acquisire la forza politica per ridurre gli sprechi del Parlamento e del paese, diversamente la loro battaglia per gli stipendi più bassi ai parlamentari diventa stucchevole come quella per la diminuzione delle auto blu.

- che la finiscano anche con “l'ognuno conta 1”,” noi siamo portavoce e non parlamentari”, lo “statuto non statuto” sembra di risentire gli sragionamenti meno riusciti di Pannella sul “partito non partito transnazionale” finiti a quattro gatti litiganti fra loro.
Lo statuto lo devono fare appena gli altri avranno la dignità di mettere giù una legge come richiesto dalla costituzione e quello statuto non potrà contenere alcuna clausola contraria al non vincolo di mandato, che è una prescrizione costituzionale esplicita.
Si diano delle regole non infantili e non risibili per garantire una dialettica interna, cioè una voce a chi non la pensa come i “fondatori” o come i direttori.
Si diano delle regole per nominare la loro classe dirigente per votazione segreta.

Detto tutto questo, ci si rende conto che se la incredibile serie di cavolate inanellate dalla Raggi non hanno ancora affondato il movimento perchè la gente cerca disperatamente un'alternativa all'ultra mediocrità del resto della politica italiana, i 5Stelle hanno su di loro uno responsabilità enorme della quale devono divenire degni.

Non ci sono parole per definire la serie degli errori commessi.
Ma se andassimo ad esaminarli uno per uno, verrebbero fuori tutti i problemi non risolti colpevolmente trascurati dai 5Stelle per tutti questi anni, che sopra abbiamo elencato.
Se invece di nominare direttòri, controllori eccetera, si avesse avuto la consapevolezza del fatto che Roma valeva un ministero di peso, controllando tra l'altro delle municipalizzate delle dimensioni di industrie, si sarebbero evitate tutte quelle letali convulsioni interne con relative figuracce, concordando che si sarebbe ricorsi a società di consulenza al massimo livello per commissionare loro il lavoro di “cacciatori di teste” per individuare una rosa di figure apicali per le municipalizzate e perché no anche per gli assessorati maggiori.
La trasparenza e la meritocrazia pagano sempre.
Si sono invece impantanati in giochini da asilo infantile, ancora più penosi e oscuri di quelli della partitocrazia.
Adesso risalire la china non sarà così facile.
Se si pensa che tutti quei danni se li sono fatti proprio quando Renzi si trovava al livello più basso di credibilità e di apprezzamento della sua carriera, non basta chiedere scusa come hanno fatto Di Maio e Grillo, ma non la Raggi, ma bisogna dimostrare in poco tempo la capacità di governare che finora non c'è stata.

Sarebbe imperdonabile se si giocassero la fiducia dei tanti e a volte tantissimi che hanno riposto in loro grandi speranze.

giovedì 1 settembre 2016

Terremoti e post terremoti i governi italiani non hanno mai avuto una politica per la tutela del territorio, ma ora forse si mette in atto un piano pluriennale per la prevenzione




Gli stati meridionali dell'Europa sono tutti soggetti al rischio di terremoti anche di grado elevato, ma tutti quanti si affidano alla sorte e non fanno pressoché nulla per realizzare un serio piano di prevenzione che salverebbe un gran numero di vite umane.
Colpa certo di classi politiche più che mediocri che non sono capaci di guardare oltre al proprio naso.

Se non si fa nulla per prevenire è colpa di politici incapaci, ma anche di cittadini che dormono quando non se lo possono permettere
Ma anche i cittadini non è che siano molto impegnati.
Quando oramai è in via di superamento l'ondata emotiva conseguente al disastro di Amatrice e degli altri paesi colpiti dal recente sisma ora si ragioni a mente fredda.
Si sono viste cose turche, e di queste inevitabilmente dovranno rispondere oltre che i costruttori anche e si spera prima di tutto le classi politiche locali che dovevano essere cieche sorde a mute, se non si accorgevano che gli edifici pubblici dei loro paesi venivano ristrutturati guardando alla facciata e non alla sostanza.
Il sindaco di un paese di quelle dimensioni e relativi assessori non è che rischiano lo stress per seguire decentemente gli adempimenti richiesti dalle loro deleghe, e quindi possibile che non siano andati a metterci il naso mentre quei lavori venivano eseguiti quando si preparano i tondini e si assemblano a torretta per essere posati nella sagoma di legno preparata dai carpentieri, prima della colata di cemento, chiunque ha modo di vedere benissimo sia le dimensioni che verrà ad assumere la colonna di cemento armato in costruzione sia se la maglia di ferro è appena accennata o comunque quanto è abbastanza fitta.

In quanti nel paesi colpiti dal sisma non hanno visto e non hanno capito, quando ancora c’era il tempo per prevenire?
Lasciamo perdere il tecnico comunale, che è la parte più debole della catena di comando perché è il primo che il costruttore poco onesto cercherà di “ammorbidire” perché non veda e non senta, ma i politici locali anche se non tecnicamente preparati gli occhi ce li hanno.
Quei pilastrini caduti che si vedono dalle foto del disastro sono tagliati di netto, non si vede fuoruscire l'intrico di tondini che ci dovrebbe essere.
Quando si vedono i tondini, come in alcune foto delle macerie di Amatrice, se ne vedono tre per lato di ogni colonna, un’insensatezza.
Questo per gli amministratori locali.
Ma in qualsiasi consiglio comunale anche di paese piccolo siedono i consiglieri di opposizione.
Colpiti da cecità anche loro? Non vedevano?
E le famiglie nelle quali c'erano i bambini che sarebbero andati in quella scuola di Amatrice, magari un'occhiatina non alla vernice ed all'aspetto esteriore, ma alla sostanza, non potevano darcela?
Possibile che in paese non ci fosse un ingegnere e qualche geometra, in grado di capire al volo quello che c'era da capire?
E i proprietari di casa o di seconda casa, dopo lo scrollone disastroso avvenuto all'Aquila nel 2009, solo a pochi kilometri di distanza non vedevano che le loro case fatte con muri di pietra e materiale assortito, come si vede dalle foto, non garantivano nulla a nessuno?

Non è necessario essere ingegneri o geometri per vedere che i pilastri di cemento non sono armati a sufficienza, che i vecchi muri medioevali fatti di pietra e mista a sassi e qualche mattone stanno in piedi perché non tira vento.
Quanti in quei paesi avevano speso soldi per rifarsi il tetto in cemento armato, considerato dai tecnici una pietra tombale per il peso eccessivo assolutamente inadatto a quelle case.
Qui non parliamo di politici ma di gente comune, magari consultare più di un tecnico prima di imbarcarsi in una spesa consistente?
D'accordo politici inadeguati o peggio, che avevano i soldi per la messa in sicurezza e nulla hanno fatto per adire e sfruttare i finanziamenti, ma c'è anche un problema di cittadini che facevano finta di non sapere e di non vedere.
Non avevano un reddito adeguato per fare nulla? Può anche essere, ma allora per responsabilità verso sé stessi e la famiglia, almeno quando è andata giù l'Aquila, sarebbe stato meglio per loro andare ad abitare in un fienile basso e col tetto di legno, adattabile con quattro soldi, piuttosto che rimanere dov'erano.
Primum vivere!
Questa è una società malata, non è solo una classe politica non all'altezza.
Si è detto che l'analogo disastro di Aquila è di sette anni fa.

Abbiamo la Protezione Civile migliore del mondo , tecnici ai massimi livelli e siamo nelle condizioni di reperire i finanziamenti, manca solo la volontà politica e uno stimolo da parte dei cittadini
Da allora abbiamo acquisito un Corpo di Protezione Civile che già esisteva, ma che è divenuto sempre più capace di intervenire con formidabile prontezza, organizzazione e mezzi.
Una volta tanto all'estero invidiano la nostra capacità acquisita ad intervenire in zone disastrate.
Ma i tecnici ci dicono, e sono in grado di dimostrarlo, che i disastri si possono prevenire.
Mons.Pompili, Vescovo di Rieti, nell'omelia funebre, invece di ripetere le solite trite tiri tele, ha detto fuori dai denti che i terremoti sono fenomeni endemici della natura e che senza di loro non ci sarebbe nemmeno il pianeta come lo conosciamo, che però i morti non li fanno i terremoti, ma le opere dell'uomo, malfatte.
Un vescovo che sa di scienza e ne parla : che bel sentire, era ora.
I media televisivi e della carta stampata ci hanno riferito che chi ha fatto i conti ha rilevato che negli anni per ricostruire i danni materiali dei terremoti nel nostro paese si spendono mediamente 3 miliardi all'anno.
Non è vero che mettere in sicurezza (relativa perché tutto è relativo) più di mezza Italia sia economicamente insostenibile.
I tecnici hanno quantificato in 200 € a metro quadro il costo da sostenere su edifici già costruiti e in solo il 2% in più il costo per costruire a nuovo seguendo le norme anti-sismiche.
Pare che perfino il governo Renzi, che non è composto propriamente da premi Nobel, abbia sentito questa notizia e si stia orientando a mettere in cantiere un programma di spesa pluriennale di investimenti per una cifra analoga al fine di realizzare finalmente, sia pure con colpevole ritardo, una operazione strutturale di messa a norma antisismica del nostro paese.
Fosse vero! Staremo a vedere.
E fare diventare obbligatorio il libretto di fabbricato?
E' mai possibile che un proprietario di casa debba spendere migliaia di Euro per procurarsi un certificato di messa a norma dell'impianto elettrico, uno di congruità energetica e debba mettere ai radiatori le famose valvoline, con relativo adeguamento caldaie, (quest'ultima operazione delle valvoline ,giudicata dai tecnici del tutto inutile se non per esigenze particolari) per poter fare dal Notaio un rogito, ma che lo stesso proprietario non sia tenuto a far dichiarare da un tecnico qualificato se la casa che vende è nelle condizioni di stare in piedi se viene un terremoto?
Per accontentare le lobby i nostri governi fanno e non fanno cose in modo veramente indecente.
Ma sopratutto mancano totalmente di senso dello stato, nel senso che quello che fanno lo fanno solo se è popolare e se vede bene e quindi è utile per portare voti subito.
Mettere in sicurezza il territorio è una politica di lungo respiro che produce risultati ben visibili più per i figli e i nipot che per le presenti generazioni adulte.
E vedere così lontano non è cosa per questi politici, che di statisti non hanno quasi nulla, ma non si sa mai.
Su terremoti e post terremoti i governi italiani non hanno mai avuto una politica per la tutela del territorio, ma ora forse si mette in cantiere un piano pluriennale per la prevenzione.
E rendere obbligatoria la stipulazione di una assicurazione sui danni eventuali dei terremoti, che abbatterebbe i costi, non sarebbe un cosa doverosa in un paese col livello di rischio sismico che conosciamo in Italia?
Oggi fare un’assicurazione sulla casa che contenga anche la clausola del rischio terremoto non costa quasi nulla, ma nessuno o quasi la fa.
Che almeno il cittadino, che per pigrizia o anche per motivi comprensibili (anziano invalido o non abbiente) fa finta di non sapere, sia costretto ad avere in mano un certificato che gli dice che la sua casa gli può crollare in testa, in caso di terremoto, a garanzia sua e dei futuri acquirenti.
Poi decida lui.
Ma fino ad un certo punto, perché se una casa è accostata ad altre, nell'intrico che abbiamo visto ad Amatrice, questo (di lasciare libertà di scelta ai singoli, se pure informati) è un lusso che i pubblici poteri non possono permettersi, perché se una casa cade in quelle condizioni, cade sulle altre, e quindi i medesimi pubblici poteri avrebbero il dovere di prendere il coraggio a quattro mani e ritirare le licenze di abitabilità alle case a rischio assoluto, per tutelare la comunità.
Si possono costruire case anti- sismiche?
Sappiamo benissimo che è possibilissimo, vedi Giappone e quella California, che deve convivere nientemeno che con la faglia di Sant'Andrea.
E vedi anche in Italia dove si è ricostruito a regola d’arte come in Friuli ed in Emilia.
Ma anche nel Centro-Meridione, vedi Norcia eccetera.
Si possono eseguire lavori su case esistenti per limitare il danno al massimo?
I tecnici dicono di sì se si “mettono catene” ,che cerchino i muri perimetrali per tenere insieme il tutto, o costruire un paio di contrafforti, vedi grattacelo Pirelli, vecchio, ma fatto con edilizia di avanguardia, eccetera.
La tecnica c'è.
Addirittura dicono sempre i tecnici, e le nostre università ne hanno di prim’ordine, è possibile azzardarsi a dire che è possibile con la tecnologia di oggi costruire case assolutamente anti- sismiche che avrebbero però un grosso difetto, in quanto sarebbero piuttosto costose, ma sopratutto ,sarebbero bruttissime, perché assomiglierebbero più a bunker che a case.
Quindi quello che manca è solo la volontà politica e una presa di responsabilità da parte dei cittadini.
E’ ora che tutti noi si capisca che se ci comportiamo come in passato, una settimana,quindici giorni di copertura e poi tanti saluti, i politici saranno ben lieti di cancellare l’argomento dalla loro agenda.


Se invece si cominciasse ad usare di più la ragione e meno la pancia ci si dovrebbe impegnare per esempio in questo modo : alle prossime elezioni prenderò in considerazione per il mio voto solo i partiti che hanno messo nel loro programma l’impegno a realizzare una politica pluriennale di interventi di messa in sicurezza del territorio.