giovedì 9 novembre 2017

Questi politici nella campagna elettorale siciliana si sono dimostrati perfino patetici nel recitare vecchi copioni che non hanno più riscontro con la realtà.



Chi ha perso in Sicilia? Prima di tutto quelli che sono andati peggio sono sicuramente i vecchi idealisti della sinistra vera e tradizionale al seguito di Fava.
Gente seria ,troppo seria, con idee ferme e oneste, ma oggidì da mercato delle pulci.
Purtroppo o no in tutto il mondo le formazioni di sinistra tradizionali sono ridotte al lumicino.
Sembra che sia una singolare maledizione della storia che punisce regolarmente chi dalla storia ha avuto o sta per avere ragione.
Questo oggi che vede il capitalismo declinato come pensiero unico ultra liberista avviarsi verso il disastro dei ricchi sempre più ricchi e dei poveri sempre più poveri rischiando di finire in un grande clash, vede anche le idee del deploratissimo Marx sullo sfruttamento del lavoro ritornare di sconvolgente attualità, eppure bastona pesantemente i duri e i puri delle sinistre vere e coerenti.

Ma forse per capire perché questi della sinistra vera hanno perso , bisogna andare a vedere quelli che hanno vinto e chiedersi perché hanno vinto.
Hanno perso gli idealisti e ha vinto la realtà più dura di una regione nella quale la percentuale dei giovani disoccupati sfiora il 70% e l’istituzione regionale declinata nelle sue molteplici branche è il primo datore di lavoro.

In una situazione economico-sociale di questo tipo il clientelismo non è una piaga , è semplicemente l’unico modo di portare a casa la michetta, con la sola alternativa di doversi affiliare alla criminalità organizzata.
E quindi i ras politici locali presentabili o impresentabili che siano sono la versione moderna del barone al quale si va anche a baciare le mani se questo è necessario pur di portare a casa uno stipendio.
Purtroppo “primum vivere et postea filosofari”.

Ma qualcuno dei partiti in lizza ha parlato di questo che è il vero problema, cioè della situazione di degrado e di sottosviluppo in tutti i sensi del nostro Meridione? Se lo ha fatto non me ne sono accorto.
E allora ha vinto il blocco storico della destra ex democristiana,ex missina eccetera.
Il vecchio satiro furbastro, il solito Silvio ci ha messo su il cappello spendendoci le residue energie che l’età gli consente, ma obiettivamente non era difficile capire che c’erano tutte le condizioni per fare quel gioco e non altri.
Il giovane presunto furbetto, Matteo Renzi, non si è speso un gran chè, dimostrando che sapeva di giocare ormai da perdente e che il suo ruolo è oggi anche per colpa sua subordinato a quello di Berlusconi.

I 5Stelle hanno perso nel senso che il loro candidato Presidente è arrivato secondo, ma hanno guadagnato voti più di tutti diventando il primo partito della regione.
Però hanno perso la partita ,per di più dimostrando di essere arrivati al massimo delle loro possibilità, infatti il povero DiMaio si è speso tanto da rischiare di schiantare fisicamente, ma non poteva ottenere l’impossibile.

Temo anche che i 5Stelle abbiano fatto lo stesso errore ,probabilmente fatale, che aveva fatto Renzi quando ha caricato il famoso referendum costituzionale del significato di un referendum su sé stesso, col significato del dentro o fuori, dandogli una lettura epocale, che di per sé non aveva.
Quando ci si muove in questo modo e poi le cose vanno male, non ci si trova più davanti a una elezione persa di ruotine, ma a una mazzata storica.
I 5Stelle infatti avevano giocato la partita alla spasimo presentandola come la premessa necessaria per inverare la probabilità di una successiva vittoria alle politiche.
Errore forse fatale, perché adesso, dopo aver perso si ritrovano “in braghe di tela” come si usa dire e devono ripartire in feroce salita.

Tutto per rispettare in modo fondamentalista e ideologico il principio del “noi non facciamo alleanze con nessuno”.
Questo principio purista è semplicemente stupido, tanto che Renzi, che si muove ormai da pugile suonato, ha avuto la cattiva idea di straparlare dicendo che lui non molla ed anzi punta per le prossime politiche a un 40% , che è fuori dal mondo, come quello che inseguivano e continuano ad inseguire i 5Stelle.
Peccato.
Ma possibile che tutti si sforzino di dimostrare di non sapere fare politica, di non avere idee a medio-lungo periodo, di dimostrarsi continuamente incoerenti?
E’ passata in parlamento una legge elettorale fatta apposta per favorire le coalizioni.
L’elettorato è da anni diviso equamente in tre parti intorno al 30% ciascuna : 5Stelle, Pdi e associabili, destra e associabili.
Allora o non capiscono quello che fanno, oppure lo capiscono benissimo e ci prendono per i fondelli dicendoci una cosa ma progettando di farne un’altra.
Se il PD, cioè Renzi e compagni hanno votato e voluto quella legge o sono scemi e lo escludo, o vogliono fare oppure hanno già fatto un’alleanza per il post elezioni post elezioni con Berlusconi.
La stessa identica cosa si può ripetere per Berlusconi e il suo schieramento.
La cosa irritante è che al loro elettorato sia l’uno che l’altro continuano a dire che non faranno alleanze con l’altro.

Ed allora danno per scontato che la massa sia tanto sciocca da cascare nel giochetto senza capirci nulla, ma che quelli che contano sanno benissimo che sono cose che si dicono per prendere i voti al Bar Sport, ma che poi sarà giocoforza fare “le grandi intese”, magari già concordate?
Certo che prendere per il naso la gente in modo così scoperto può costare caro o carissimo all’intiero sistema politico, al quale appunto la gente medesima mostra di credere e fare affidamento sempre meno, ma per andare dove?
Non c’è un altrove conosciuto rispetto alla democrazia rappresentativa, questo rischia di diventare il problema del futuro, se i politici si comportano in questi modi.
Non stiamo parlando di noccioline, stiamo parlando di due schieramenti politici che 30+30, fanno il
60%, e che realmente possono anche mettersi insieme per fare “la grande coalizione”, ma per fare che cosa?
Ce lo diranno dopo, ma noi dovremmo votarli prima, attenzione!
Rimangono i 5Stelle.
Ma se questi guardano o per non dirlo volgarmente abbaiano alla luna illudendosi di poter correre per raggiungere un 40%, non alla portata loro né di nessun altro, allora sono e siamo incartati e i voti dati a loro finiranno nel cestino, come quelli dati agli altri.

In uno scenario del genere come può andare a finire?
Ovviamente come è finita in Sicilia.
Però se in qualcuno prevalesse un minimo di raziocinio si potrebbe intravvedere un luce tenue nel fatto che non è difficile rilevare che fra 5Stelle e Lega versione nazionale di Salvini si sono manifestate convergenze evidenti : -volontà di mettere in discussione i vincoli europei che frenano la nostra economia, - politica di freno all’immigrazione disordinata e non gestita né all’origine né nel nostro paese, -superamento della legge Fornero sulle pensioni, -nuovi metodi di tassazione eccetera.
C’è una notevole uniformità nei programmi, ma saranno pronti i 5 Stelle a buttare alle ortiche la scemenza del “noi non facciamo accordi con nessuno”?
Salvini sembra più “politico” nel senso di più realista dei Grillini.
Certo che non ci sarebbero solo rose e fiori da una ipotetica alleanza 5Stelle-Lega.
Tanto per dirne una la Lega continua a corteggiare l’ultradestra cattolica oscurantista sui diritti civili compreso il “testamento biologico”, ma se andasse in porto questa alleanza sarebbe almeno un tentativo di cambiare le cose che non vanno.
L’altra alternativa, la vittoria della destra supportata anche da un PD personale di Renzi, sarebbe la “stabilità” del non fare nulla, continuando a sostenere una situazione di asservimento agli interessi tedeschi, travestiti da interessi europei.

A loro fa comodo la decadenza dell’Italia, a noi no.

venerdì 3 novembre 2017

L’uomo e l’”al di là”. E’ possibile fare qualche ipotesi plausibile in questo periodo di santi, morti halloween?





Giornali e telegiornali ci hanno informati che Papa Francesco il 24 ottobre scorso ha affrontato pubblicamente il discorso su come potrebbe essere il Paradiso, argomento che dovrebbe essere quello principe per la chiesa cattolica ,che da sempre dice che quello che succede e si fa nell’al di qui, ha sostanzialmente valore solo per quello che ci fa perdere o guadagnare nell’al di là, quando verrà il momento di andarci.
Argomento che dovrebbe essere principe si diceva, ma che non lo è affatto perché su questa questione la chiesa medesima è sempre stata estremamente prudente al limite della reticenza.
Come è possibile? Si potrebbe pensare.
La ragione di tale ritegno è semplicissima, ma allo stesso tempo sconcertante e consiste nel fatto, citato proprio dal Papa nella catechesi del 24 scorso, che

il Nuovo Testamento parla del Paradiso incredibilmente una volta sola e in modo indiretto, quando Gesù dice al buon ladrone : “in verità ti dico tu oggi sarai con me in Paradiso” (Luca 23-48).
E per di più Matteo,Marco e Giovanni non fanno cenno di questo passo nei loro Vangeli.
Inutile dire che questo vuoto nella Scrittura costituisce un punto fra i più deboli dell’intiera predicazione cristiana, tutta orientata sull’al di là.
E’ quindi una inspiegabile contraddizione il fatto che la chiesa quel luogo dell’al di là non sa come descriverlo, tanto che molti teologi, oggi ne parlano non più come di un luogo fisico, ma come di uno “status” esistenziale, un modo di essere.
Il Papa, lo abbiamo detto, ne ha parlato come “la meta della nostra speranza” e “Gesù lo promette a un povero diavolo che, sul legno della croce, gli rivolge la più umile delle richieste: ricordati di me”.

Per conquistare il Paradiso basta un umile pentimento per i nostri peccati, commenta il Papa, che poi entra direttamente nell’argomento : “Che cos'è il Paradiso? “Non è un luogo da favola e nemmeno un giardino incantato” Il Paradiso è l’abbraccio con Dio amore infinito e ci entriamo grazie a Gesù” e poi soggiunge “ Gesù ci vuole portare nel posto più bello che esiste perché nulla vada perduto di ciò che aveva già redento”. “Se crediamo in questo, conclude papa Francesco, possiamo pensare di partire da questo mondo con serenità e fiducia. “In quell’istante finalmente non avremo più bisogno di nulla, non piangeremo più inutilmente perché tutto è passato, anche le profezie, anche la conoscenza. Ma l’Amore no, quello rimane perché la Carità non avrà mai fine”.
Belle parole, immaginifiche, che come visione teologico-filosofica sposano la tesi della quale si diceva sopra del non luogo fisico, ma piuttosto dello “stato dello spirito”.

La cosa singolare è che questo spinoso argomento lo stesso papa Francesco lo aveva già trattato in altre occasioni e in particolare nei colloqui con Eugenio Scalfari, ultranovantenne intellettuale ateo - agnostico, fondatore di “Repubblica”.
Con Scalfari papa Francesco aveva ribadito il concetto che essendo tutto basato sulla misericordia di dio, in Paradiso ci andrebbero quasi tutti, purché pentiti o almeno consapevoli delle proprie mancanze, mentre coloro che nemmeno riconoscono le male azioni compiute come tali (il grande e compianto Card. Martini usava dire “ coloro che non pensano”) andrebbero incontro alla fine che probabilmente desideravano, cioè semplicemente ad una fine vera, nel senso che la loro anima si dissolverebbe nel nulla (quindi niente inferno).
Naturalmente i soliti “cattoliconi” esponenti del tradizionalismo cattolico, auto-nominatisi difensori della fede, anche contro le presunte deviazioni dottrinali del papa, si sono stracciate le vesti : “ma come ! Il papa parla di argomenti così delicati e basilari con un laico e per di più non credente?
La solita ignoranza, nel senso di non conoscenza, del tradizionalismo cattolico.
Come non ricordare che il papa più intellettualmente preparato del secolo scorso, Paolo VI amava passare lunghe ore confrontandosi in discussioni con l’amico Jean Guitton, filosofo neo-tomista, guardando dai palazzi apostolici il favoloso panorama romano, che finiva nei colli cantati da Ovidio?
O l’accademico Papa Ratzinger ,che era uso rivedersi periodicamente con quelli che considerava i suoi allievi più vicini (quasi tutti laici) per intrattenere con loro lunghe discussioni.
O Papa Woytila che per tutta la vita, a costo di alimentare anche il più maligno dei “gossip” vaticani, ha continuato a mantenere per tutti gli anni del suo pontificato un profondo sodalizio intellettuale con la sua amica di gioventù, la neuropsichiatra infantile Wanda Poltawska, ospitandola per lunghi periodi addirittura nel sacro palazzo.
E così di seguito, forse i tradizionalisti cattolici rimpiangono i tempi dei Pii XII che si auto-relegavano in una torre d’avorio, tempi finiti da un bel pezzo.

Fatto sta che il bisogno perfino dei papi di confidarsi privatamente su argomenti di fede, anzi su argomenti principe di fede come quello dell’al di là, con amici sicuri, documentano il fatto che per nessuno, compresi i papi esistono in realtà verità così evidenti da non aver bisogno di essere discusse e di sentirne in merito il parere degli amici, con buona pace degli ultra-tradizionalisti, convinti di essere gli unici ad avere la verità in tasca.
Ma torniamo a noi.

E’ bello ma obiettivamente non è molto quello che il papa ci ha detto in proposito dell’”al di là”, anche se ,quando si tratta di cose provenienti dai sacri palazzi, occorre avere l’accortezza di “leggere fra le righe” nel senso che spesso quello che non viene detto, può essere più importante di quello che viene detto esplicitamente.
Mi ha fatto pensare alla necessità di adottare questo procedimento la piccata critica alla predicazione papale della quale stiamo parlando, fatta di recente con molta cautela e rispetto formale dall’ex prefetto del sant’uffizio, Card Mueller, recentemente giubilato, che sembrava dire nella sostanza (non esplicitata) : comodo per il papa accattivarsi folle plaudenti, battendo continuamente sul solo tasto della misericordia di dio, ma il resto della dottrina, sarebbe suo dovere ribadirlo, invece che saltarlo.
Non posso dargli torto nella sostanza, se cerco di ragionare seguendo il punto vista dei tradizionalisti e degli apparati clericali, che appaiono preoccupati più della sorte della loro “bottega”, che della felicità dei fedeli, perché

dire quello che il papa ha detto a Scalfari e nella catechesi del 24 scorso significa non dire appunto, per esempio, che paradiso, inferno, purgatorio e peggio ancora limbo sono concetti finiti nella più polverosa delle soffitte e destinati a rimanerci.
E poi, non voglio essere eccessivo nel lanciarmi in deduzioni, ma se in paradiso ci vanno tutti, come in pratica ha detto il papa, fidando nella misericordia di dio, purchè abbiano un minimo di cervello e di coscienza, che ce ne facciamo dei sacramenti? E delle liturgie?
Alla fin fine i preti perderebbero il lavoro.
In questa prospettiva infatti il papa riempirà sempre più piazze, ma i presbiteri rimarranno sempre più senza lavoro e chi pensa sopratutto a questo si preoccupa con qualche fondamento.
Non se ne preoccupano affatto invece i “preti da strada” perché il loro lavoro sta aumentando, non diminuendo, ma qui proprio sta il discrimine, che probabilmente papa Francesco non riuscirà ad evidenziare prendendo il toro per le corna della curia, per non essere incornato dalla forza enorme degli apparati autoreferenziali di tutti quelli che pensano al loro servizio come impiego che non rende poi così poco, se si pensa anche solo alle entrate da 8 per mille in Italia, molto di più in Germania, eccetera.
Se poi pensiamo al valore venale dei beni immobili ecclesiastici…….dovremmo beatificare Napoleone che li aveva espropriati a favore dello stato, tanto poi di fatto sono tornati dove stavano prima.

Tutto questo per dire che il “poco” che ha espresso il papa non è poi così poco.
Poco però è e rimane dal punti di vista di una presunta spiegazione razionale dell’al di là.
E infatti chiediamocelo : pur essendo questo “poco” significativamente molto più consistente per l’umanità rispetto al puro invito alla acritica e irrazionale sottomissione al “mistero” miracolistico e sacrale dei tempi di Pio XII, basta per soddisfare la sete di conoscenza dell’uomo moderno?
Temo di no.
Papa Francesco tradisce continuamente una autentica ansia di condividere la condizione umana e l’anelito a conseguire per quanto possibile la felicità della gente e questo ovviamente va benissimo e ci rende caro questo personaggio straordinario.
Personaggio che però forse per una sua insufficiente preparazione o interesse specifico in materia di scienza sembra non comprendere quanto l’uomo moderno si sia impossessato oramai forse inconsciamente ma decisamente dei fondamentali del pensiero scientifico.

L’uomo moderno ormai ha addestrato il suo cervello a richiedere conoscenza e la “conoscenza” è in una posizione di insuperabile contrasto con la “fede” che quindi non può in alcun modo essere considerata nel mondo moderno come un merito o una virtù, ma piuttosto come una superstizione, un pregiudizio, perché non è in grado di superare la minima verifica, affidata alla critica razionale.
La fede per definizione è un’operazione di “wishfull thinking” che wikipedia traduce come : pensiero illusorio, pio desiderio, pensiero desideroso.
Chi crede per fede, crede non perché ha elaborato e ottenuto una verifica razionale, dimostrabile almeno sul piano logico, a favore delle sue credenze, ma crede solo perché “vuole” credere, facendo in qualche modo violenza alla sua sete di conoscenza di interpretazioni della realtà che siano dimostrabili da qualche evidenza.
E qui ci si arresta, purtroppo.

Il pensiero scientifico sulla base delle moderne acquisizioni non può riconoscere l’esistenza di un “al di là” ,perché non c’è allo stato delle conoscenze alcuna evidenza a favore, ed al contrario, tutte le evidenze sono a favore del no.
Per il pensiero scientifico non esiste allo stato delle conoscenze alcuna possibilità di riconoscere un’esistenza autonoma a quelle che noi intendiamo come “realtà spirituali” : pensiero, sentimenti eccetera.
Queste realtà esistono con tutta evidenza, e in un certa misura la ricerca scientifica nelle neuroscienze oggi è vicina a poter riscontrare una loro presenza empirica, attraverso l’uso di macchine sempre più sofisticate che sono in grado di evidenziare le operazioni che sta compiendo in un certo momento il nostro cervello, compreso quelle che definiamo pensiero ed espressione di sentimenti.
Si sta arrivando in qualche modo a “misurare “ il pensiero e i sentimenti.
Questo evidentemente è un bene perché consentirà di affrontare per la prima volta la cura di malattie prima ritenute non trattabili empiricamente, come i disturbi mentali, quelli che una volta erano definiti “pazzia”.

Ma nello stesso tempo questi progressi delle neuroscienze, sembrano sottolineare la dipendenza di pensiero-sentimenti dall’hardware che li produce, l’organo cervello, estremamente complesso,ma sempre più studiato e conosciuto.
Mi pare che si parli di qualcosa come formato da 100 miliardi di neuroni, che per di più non sono tanto importanti di per sé e per il fatto che sono un numero enorme, ma per il modo con il quale questi neuroni formano le famose sinapsi, cioè i collegamenti fra di loro.
Uno scienziato che parla in quanto scienziato, può anche essere credente, queste sono scelte personali,che ognuno fa come meglio ritiene, ma non potrà mai dire , sulla base dello stato delle cose attuale, che ha trovato l’evidenza di una esistenza autonoma dello “spirito”, una volta che è perito l’hardware cervello, che lo ha prodotto.
Questo è un dato di fatto che sarebbe sciocco ignorare.

Purtroppo ! E dico purtroppo perché personalmente pur essendo agnostico o meglio “beliver but non denominational” cioè credente ma non etichettabile in nessuna delle denominazioni religiose, sono fra coloro che non si ritengono assolutamente soddisfatti da una simile constatazione negativa.
Mi tocca riconoscerla sul piano razionale, perché l’evidenza è quella che è, ma continuo a chiedermi se non c’è una qualche ipotesi razionalmente plausibile che consenta di pensare ad una esistenza autonoma di pensiero e sentimenti, cioè di quello che la filosofia chiama spirito e la teologia chiama anima.
Molti scienziati pur consapevoli delle risposte delle loro discipline in questa materia hanno manifestato interesse e sensibilità nei riguardi della questione della quale stiamo parlando perché cruciale per definire la condizione umana.

E’ per esempio di estremo interesse andare a leggere i passi nei quali Darwin affronta l’argomento religione, quello stesso Darwin, che obiettivamente ha dato il colpo di grazia a tutte le mitologie religiose, era anche una persona che soffriva nel suo animo a dover riconoscere le conseguenze che avrebbero avute le sue scoperte, non fosse altro per il grande affetto che nutriva verso la moglie che non solo era credente ma che praticava una fede molto tradizionalista, lontanissima dallo spirito critico.

Albert Einstein ha ribadito più volte in modo esplicito la sua sensibilità e il suo interesse nei confronti della religione.
Bisogna intendersi però sul significato delle parole perché se Einstein rivendicava il fatto di essere credente, probabilmente questo termine per lui aveva il medesimo significato di “pensante” che troviamo nelle meditazioni del Card.Martini, come si era accennato sopra.
Il dio di Einstein è lecito trovarlo nella enunciazione filosofica di Spinoza, quel “deus sive natura” e infatti di certo era concepito come “non personale” e come collegato col cosmo, coll’universo.
Veronesi altro scienziato dotato di una sensibilità aperta a ragionare sulle ipotesi religiose diceva che l’unica forma di immortalità nell’uomo risiede nella trasmissione ai discendenti del suo patrimonio genetico e di quello che ha fatto in vita.

Insomma nel pensiero in proposito al quesito sull’”al di la” da parte degli scienziati che hanno manifestato interesse al problema, si riscontra regolarmente l’intuizione a un legame con la natura che fa pensare che se esiste un divino questo deve essere connesso con la natura stessa.
C’è un filone di pensiero che si snoda da sempre su questa strada e che parte dalla constatazione che l’universo è estremamente complesso, ma è indiscutibilmente leggibile medianti costanti matematiche e fisiche che sono interpretbili dall’uomo, che quindi ha la facoltà per svilupparne al conoscenza.

Dio è la matematica?
Per certi aspetti c’è qualcosa di razionale in questa apparentemente strana affermazione.
Affermazione condivisa filosoficamente da molti scienziati come ipotesi di spiegazione della condizione umana, che ha delle conseguenze abbastanza drastiche perché taglia fuori tutte le mitologie, le narrazioni sulle quali si basano le scritture e le dottrine di tutte le religioni.
Forse sono stati troppo sbrigativi i positivisti e gli illuministi che ritenevano le religioni frutto di pregiudizi e ignoranza che sarebbero scomparse con il diffondersi dell’istruzione.
Molte belle anime ripetono in modo acritico uno degli argomenti ritenuti forti dagli apparati clericali, che affermano : vedete la nostra chiesa ha resistito per duemila anni e questa è la prova della sua forza.
Peccato che si dimentichino di aggiungere che la forza delle chiese non è stata basata nei secoli sulla obiettiva capacità di convincere razionalmente la gente di quanto andavano predicando, ma proprio sulla forza bruta del potere laico che ha da sempre usato le religioni per legittimare il loro potere e puntellarsi.
E quindi nessuno poteva permettersi di non credere, bella forza!
Ho capito perché i preti ,anche senza leggerlo, odiano e consigliano di non leggere Dan Brawn, leggendo l’ intervista che ha fatto di prammatica per il lancio del suo nuovo romanzo “Origin” in Italia, quando lo stesso Brawn afferma candidamente di ritenere che i miti religiosi (cristiano, musulmano, buddista, induista,confuciano, shintoista eccetera) abbiano i giorni contati, cioè che in un futuro probabilmente anche prossimo non avranno più alcun credito.

Temo di essere portato a condividere la profezia di Dan Brawn anche perché sul piano storico mi sono convinto che le religioni tradizionali abbiano dato all’umanità più problemi e guai che soluzioni di problemi.
Ma questa è altra cosa rispetto all’ipotetico possibile riconoscimento di un qualche modo di potere pensare a una esistenza autonoma di pensiero e sentimenti anche quando il cervello perisce con il resto del nostro corpo.
Naturalmente non sono tanto sciocco da dire ai miei lettori che dopo tanti anni di meditazione ho formulato una mia ipotesi sul problema dei problemi.
Non ho scoperto l’acqua calda, sono solo uno dei tantissimi che da sempre pensano e ricercano possibili risposte senza andare oltre a quegli orientamenti che si sono citati sopra.

In questi giorni mi sono imbattuto per caso in una lirica del poeta senegalese di lingua francese,Birago Diop, che se pure con linguaggio appunto poetico, tratta il nostro tema con una forza espressiva veramente notevole.
La ripropongo ai miei lettori che potranno trovarla a questo Link in italiano ( http://www.la-poesia.it/poesie-africane/birago-diop-i-morti-non-sono-morti-5090-1.html) oppure (https://www.youtube.com/watch?v=pDZhi5h2Gc4) in originale recitato dall’autore.
C’è tutta la forza ancestrale della sua Africa, che è non dimentichiamolo, come risulta scientificamente dimostrato, la nostra comune patria di origine come Homo sapiens.
In francese il titolo è “le souffle des ancetres”, la manifestazione dello spirito degli antenati. Bellissimo il modo di rappresentare le realtà spirituali in una perenne natura, le credenze ancestrali che si combinano con il filone di pensiero di alcuni dei più grandi scienziati che si sono sopra citati, senza bisogno di tirare in ballo le narrazioni mitiche delle varie religioni.




giovedì 26 ottobre 2017

500 anni dalla Riforma di Lutero : celebrazioni fiacche e Papa Francesco in difficoltà



Siamo in Italia non in Germania e infatti Lutero in quel 1517 le famose 95 tesi le ha affisse sulla porta della chiesa di
Wittemberg (Sassonia Anhalt, Est della Germania) e non sulla porta di una chiesa italiana.

La Riforma provocò una rivoluzione con conseguenze durature, ma in Italia non attaccò mai sopratutto a causa dello strapotere della Chiesa cattolica che ne stroncò la diffusione usando tutta la forza del potere politico con determinazione e spregiudicatezza dall’uso dei tribunali dell’Inquisizione alle guerre di religione vere e proprie che hanno insanguinato l’Europa per decenni.

Eppure le idee di Lutero erano buone, sia sul piano razionale che sul piano storico.
La sua critica alla corruzione ed alla mala gestione della chiesa era di palese evidenza.
La dottrina delle indulgenze (acquistare meriti nell’altra vita, oppure ridurre la durata della pena per le marachelle commesse in questa vita col pagamento di una certa somma di danaro) era già di per sé di una strampalatezza cosmica, figuriamoci poi se sul tutto si abusava in modo sistemico come avveniva allora.

La vita del clero era ridotta ad uno stato palesemente penoso, fra l’ignoranza del basso clero e la cupidigia per il denaro dell’alto clero, che non si degnava nemmeno di partecipare a funzioni liturgiche e non abitava nemmeno nei luoghi sui quali erano titolari della carica vescovile, che veniva sfruttata solo come pura fonte di reddito, situazioni che il vocabolario italiano bolla come “simonia”.

I Papi facevano da sempre i loro comodi sia sul piano della gestione della propria vita sessuale sia nello sfruttamento della carica per sistemare socialmente ed economicamente concubine e figli, il vocabolario italiano chiama questo vizietto “nepotismo”.
E questa classe voleva insegnare e imporre la morale agli altri, con quale credibilità e con quale autorevolezza?
Vendendo e seminando la paura nera dell’inferno che sarebbe stato comminato a chi non accettasse l’autorità della chiesa.
Sulla Riforma sono state scritte una montagna di opere, alcune elaborate da storici rigorosi, ma altre, la maggioranza, scritte da apologeti cioè da propagandisti della fede cattolica, qualcuno in buona fede, altri puri mestieranti.
Il guaio è che lo stretto controllo del territorio ed ancora più il controllo sociale esercitato allora dalla chiesa cattolica non solo ha impedito la diffusione del protestantesimo in Italia, ma ha prodotto la non conoscenza pressoché assoluta di cosa sia quell’universo di pensiero.

Nelle benemerite conferenze che si stanno tenendo un po’ ovunque in giro per l’Italia, per celebrare la ricorrenza dei 500 anni della Riforma, si afferma che per quattrocento anni su Lutero si sono ripetute una montagna di sciocchezze, ispirate dalla chiesa e prese disgraziatamente per buone da tutti quanti.
Nel secolo scorso si è cominciato a parlarne più seriamente anche in campo ecclesiastico, ma le vecchie sciocchezze sono di fatto rimaste l’unica cosa che la gran parte della gente crede di conoscere della Riforma.
La prima di queste sciocchezze, che non hanno nulla a che vedere con la realtà storica è la descrizione di Lutero come un aspirante satiro, in preda a disordinate pulsioni sessuali, accusa ridicola per un monaco agostiniano austero che questa regola di vita non ha contraddetto nemmeno quando ha scelto il matrimonio con una ex-suora.
Consentitemi, per poterci capire qualche cosa di serio, di riassumere all’osso il contenuto di pensiero del protestantesimo con l’elencazione dei “5 solus” :

- “sulus Christus” : l’uomo può conoscere dio solo attraverso il Cristo storico, che si è presentato sopratutto come amore e grazia, dio è quindi un dio sopratutto misericordioso (non viene in mente l’insistenza della predicazione di Papa Francesco che batte sempre su questo chiodo?) ;

-”sola Gratia” : Lutero è impregnato purtroppo (dico io) della teologia di Agostino che come è noto era prigioniero di uno sconfinato pessimismo antropologico, cioè aveva una concezione disastrosa dell’uomo, ritenuto del tutto incapace di trascendere le proprie passioni e volto insanabilmente al peccato.
Lutero è talmente intimamente agostiniano di formazione che supera perfino il suo maestro in questo atteggiamento pessimistico sulla condizione umana e di conseguenza (del resto come Agostino) pensa che l’uomo è talmente ontologicamente diverso e inferiore a dio che per tanto che faccia non è lui che può salire verso dio.
L’iniziativa deve essere comunque di dio che con la Grazia può salvare l’uomo e consentirgli una relazione con la divinità.
Ecco quindi la famosa dottrina della “sola Gratia” e nello stesso senso della “sola fides” come strumenti di salvezza e conseguentemente la messa in secondo piano delle “opere”;

-”sola fide” fede in Cristo come operatore di salvezza.
Da qui nasce l’altrettanto famosa dottrina della “giustificazione” per sola fede, per la fede nella misericordia di dio divento giusto, anche si rimango peccatore;

-”sola Scriptura” la fonte alla quale risalire per interpretare la volontà di dio è solo e unicamente la Scrittura e non è invece la montagna della “dottrina” ,che la chiesa attribuendosi il potere di sostituirsi a dio nella catechesi ha elaborato nel tempo con la scusa di interpretare, ma stravolgendo nei fatti il vero messaggio di dio.
Tutti hanno diritto di leggere la scrittura e di interpretarla a proprio giudizio

-”soli Dei Gratia” : la gloria, l’esaltazione è attribuibile solo a Dio e quindi è stato un errore quello della chiesa di arrogarsi il diritto di proclamare dei “santi” e di spingere al loro culto.
E’ intrinsecamente erronea la pretesa di istituire mediatori fra Dio e l’uomo, perché il rapporto fra dio e l’uomo e esistenzialmente diretto.

Non ci sono mediatori e quindi niente santi e niente preti dotati di presunti poteri divini delegati.

Di conseguenza niente sacramenti intesi come “segni visibili della grazia”, se alcuni come l’eucristia e il battesimo vengono conservati a questi non si riconosce alcuna sacralità, cioè il potere divino di dispensare grazia rimane solo divino senza delega alcuna.

Salta quindi la “tradizione” ritenuta colonna portante della chiesa cattolica, cioè l’insieme delle interpretazioni elaborate nei secoli dalla medesima e radunate nel così detto “depositum fidei”, la montagna dottrinale proposta e imposta ai fedeli richiedendo sottomissione all’autorità gerarchica della chiesa, autodefinitasi unica fonte autorizzata di interpretazione.
Ecco la Riforma è stata rivoluzionaria proprio perché ha fatto saltare questo punto che è cardinale, perché qui sta il fondamento del potere della chiesa.
Niente gerarchia né clero dotati di poteri sacrali.
Il singolo fedele partecipe del sacerdozio universale.

Questa è la rivoluzione che la chiesa non ha mai né accettato né discusso.
Il Concilio di Trento convocato per elaborare la risposta cattolica alla rivoluzione protestante in realtà è stato una solenne lavoro di riorganizzazione della chiesa oggi si direbbe nella sua governance, cioè uno sforzo di rendere più efficace la sua “organizzazione aziendale”.
Da qui l’istituzione di seminari che sfornassero preti con una base culturale accettabile ed uniforme e l’ambizione di unificare la già elevatissima mole di precetti e interpretazioni culturali in una specie di “testo unico” formato dai canoni di quel Concilio, finiti pressochè immutati nell’attuale Catechismo della Chiesa Cattolica.
Ma discussione dei principi enunciati dalla rivoluzione protestante, pressochè nulla, incredibilmente fino ai tempi più recenti, quando il Concilio Vaticani II negli anni ‘60 ha proposto la necessità di lavorare per l’”ecumenismo”, cercando di dialogare con le altre denominazioni cristiane.
E’ cominciato quindi all’interno della chiesa uno studio del protestantesimo che uscisse dalle due o tre definizioni pregiudiziali e caricaturali, senza alcuna base storica che erano girate per secoli.
Da queste nuove posizioni si è arrivati a un dialogo finito in alcune dichiarazioni congiunte per esempio sulla dottrina della giustificazione, un ponderoso documento dottrinale rilasciato il 31 ottobre del 1999.

Segno apprezzabile di buona volontà, ma che sta ben lontano dal vero problema della libertà di interpretazione della Scrittura e dei presunti poteri sacrali della gerarchia e del clero cattolico.
Forse la chiesa cattolica è disposta a perire piuttosto che a :
- rinunciare al proprio potere basato sulla presunta autorità a interpretare in modo autentico la scrittura medesima attraverso il proprio apparato;
- rinunciare a proporre ed imporre la dottrina cioè il sopra citato “depositum fidei” come sostanzialmente intoccabile e immodificabile e di fatto inteso come fonte normativa solo formalmente sottoposta alla scrittura ma di fatto intesa come superiore alla stessa scrittura;
-rinunciare al proprio apparato organizzativo inteso come mediatore fra dio e i fedeli.

Papa Francesco lo si è accennato sopra con la sua insistenza sulla preminenza della “misericordia” di dio si è molto avvicinato al nucleo portante del pensiero di Lutero e infatti i suoi molti e autorevoli nemici interni lo tacciano da tempo di essere “protestante” e quindi di proporre dottrine eretiche.
Papa Francesco dimostra di sapere che se si lanciasse in dichiarazioni dottrinali ex cathedra per superare anche solo alcuni dei dogmi più irragionevoli ed oggi improponibili della tradizione cattolica, i medesimi suoi autorevoli avversari uscirebbero allo scoperto e provocherebbero uno scisma.
Si vedano gli articoli di Socci su Libero o la raccolta delle prese di posizione degli anti papa Francesco riportati quotidianamente dal sito di Sergio Magister (http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/).
Evidentemente crede di non potere fare di più, ma quello che fa, pur essendo molto basterà ?
Credo proprio di no e l’ho già scritto più volte nel tempo.
La chiesa cattolica per riacquistare un minimo di credibilità nel mondo moderno è debitrice all’umanità almeno di due o tre cose fondamentali :
-buttare alle ortiche pubblicamente la demenziale dottrina sulla sessualità con la quale si è colpevolizzato per secoli il piacere per principio, senza alcun fondamento né filosofico né morale in ossequio alle elucubrazioni di personaggi di dubbio equilibrio mentale come il presunto santo Alfonso de Liguori, che fra le altre insensatezze ha tra l’altro teorizzato il “peccato di intenzione”;
-buttare alle ortiche la curia romana, a cominciare dal così detto sacro collegio che di sacro non si capisce proprio cosa abbia
-disfarsi degli enormi beni della chiesa e degli ordini ecclesiastici, venderli e farne col ricavato una fondazione benefica dedicata alla lotta alla malattia ed alla povertà, facendola ovviamente gestire da qualificati tecnici esterni alla chiesa.
Fatto questo la gente prenderebbe sul serio le intenzioni ora solo verbali della chiesa di essere chiesa povera al servizio di tutti ,ma prioritariamente degli ultimi.
E’ chiedere troppo?
Se si da un giudizio politico-storico sì è troppo, ma non è troppo se si crede che il messaggio evangelico abbia un senso ancora nel mondo di oggi.










giovedì 19 ottobre 2017

Renzi, una volta che ne fa una giusta, recusando Ignazio Visco se li trova tutti contro




Matteo Renzi,come segretario del PD, nell’atto di prendere il treno che lo porterà in giro per tutte le province italiane, aprendo di fatto la campagna elettorale, cerca di acquistare crediti sparando una cannonata contro il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, il cui incarico è in scadenza per fine mese.

Perchè lo fa? Ovvio, per scaricare su quell’istituto la responsabilità della peggiore crisi bancaria che questo paese abbia dovuto subire.
Ce ne era bisogno? Certo che ce ne era bisogno, il Governatore può scrivere come ha fatto anche 4.000 pagine di documentazione per cercare di dimostrare di avere agito correttamente, ma nessuno può negare che l’azione di vigilanza, che è il principale compito istituzionale dell’istituzione che dirige, ha fallito completamente nei riguardi delle banche che il governo è stato costretto a “salvare” lasciando comunque a bagno quei poveri risparmiatori che hanno perso tutti i loro risparmi a causa della mala gestione di quelle banche medesime.
Santo cielo, viviamo su Marte o sulla Terra?
E’ mai possibile che venga vilipeso nei fatti costantemente il principio elementare che recita : chi rompe paga?
Quest’ultima considerazione mi è venuta spontanea leggendo i giornali di ieri, il giorno dopo la sparata di Renzi.
Personalmente sono sempre stato lontanissimo dalle teorie complottiste, che quando succede qualcosa cercano di dare una risposta- spiegazione invocando appunto “il complotto”, messo in atto da una perversa mente geniale tipo “grande vecchio” che dominerebbe il mondo tramite “quelli di Aspen” o roba del genere.
Cioè c’è chi si mette l’anima in pace attribuendo tutti i mali a chi dirigerebbe la grande finanza, la globalizzazione eccetera.

Non è così che va il mondo, però quando si vedono tutti i “giornaloni” italiani ,nessuno escluso ,che all’unanimità danno veementemente contro allo stesso Renzi che fino al giorno prima era il loro beniamino, viene da pensar male.
Possibile che in Italia non si possano toccare le banche, anche quando sono visibilmente inefficienti, fanno tranquillamente cose turche a danno dei loro clienti e sono spesso state governate da incompetenti?
Si fa peccato in questa situazione pensar male e cioè ricordarsi che le medesime banche sono quasi sempre azioniste dei più grandi giornali italiani e che quindi le grandi e meno grandi firme di quei giornali abbiano difficoltà a dimostrare il coraggio di Riccardo Cuor di Leone parlando male dei loro azionisti, quando proprio non se ne potrebbe fare a meno?

Detto questo non si può negare che Renzi è Renzi, cioè è uno che ha dimostrato di avere nel suo dna una serie di difetti che proprio non vanno bene in un politico, aspirante statista.
Oggi Scalfari arriva addirittura a scrivere su Repubblica, che dovrebbe recarsi con urgenza da uno psichiatra per cercare di rimediarvi.
E’ tipico di Renzi fare di queste cose, cioè studiarsi la mossa da fare deflagrare il giorno di inizio della campagna elettorale.

Mi spiace per i direttoroni dei giornaloni ,ma non si può negare che la mossa per quanto spregiudicata abbia una sua forte valenza e capacità di presa sulla gente.
Renzi doveva uscire dall’angolo, sapeva benissimo che in campagna elettorale gli avrebbero tutti lanciato contro il facile argomento secondo il quale il PD aveva taciuto sulla crisi della banche e sulla necessità di far pagare il conto a chi quei disastri aveva causato, sottintendendo il Pd medesimo.
C’era e c’è di mezzo il coinvolgimento, se pure indiretto e per legami familiari, del personaggio politico di maggior peso addirittura del “giglio magico” quella Maria Elena Boschi che ne esce sempre più come l’ape regina in quel giglio.
Per Renzi la cosa era ed è più che imbarazzante e quindi come si può bastonarlo per aver tirato il colpo più eclatante appena ne ha avuto l’occasione?

E poi, quando la finiranno i medesimi “giornaloni” di scassarci ...tirando regolarmente in ballo la solita menata della necessità prioritaria di salvaguardare la continuità, la stabilità e via delirando?
Questo è sempre il solito mantra del vecchio Presidente emerito Giorgio Napolitano, che ha costretto gli italiani a non potere più esprimersi col voto, perché bisognava prima di tutto salvaguardare la stabilità.
Bel servizio che ha reso al paese! E non contento insiste e trova più seguaci di prima.
Secondo il mantra di Napolitano e seguaci all’estero ci considererebbero inaffidabili se cambiamo governi, governanti e governatori.
Questa è bella!
Quegli stessi tecnocrati di Bruxelles che quasi tutti hanno imparato il mestiere lavorando nelle grandi banche d’affari internazionali, e che quindi sono tecnici della materia, ci considererebbero inaffidabili quando decidessimo di non rinnovare l’incarico a quel governatore di Banchitalia che non è riuscito a cacciare gli amministratori delle banche che stavano facendo fallire i loro istituti sotto il suo naso.
Non ne aveva i mezzi, dice lui e ribadiscono i suoi sostenitori?
Non conosco sinceramente la macchinosa legislazione e regolamentazione della materia, ma se fosse vero che non avrebbe avuto i mezzi, allora è evidente che avrebbe dovuto dimettersi di sua iniziativa,invece di prendersi di fatto la responsabilità del disastro, che è sotto gli occhi di tutti.
La teoria napolatiniana dell’Europa che ci chiederebbe stabilità e continuità non sta in piedi.
A Renzi non si può imputare di essere Renzi e cioè un politico che non ha mai avuto una visione di medio-lungo periodo e che quindi riesce ad essere efficace solo in campagna elettorale, quando si pensa solo all’immediato ed alla sedia per sé e per i propri fedelissimi.

Dicono i giornaloni, così non sta bene, questo non è il modo di fare, non si licenzia di fatto uno del calibro di Visco, il giorno prima, Renzi avrebbe dovuto parlarne per tempo, coinvolgere chi di dovere, cercare consensi e cercarsi il successore parecchio tempo prima.
In linea teorica il ragionamento tiene,ma in pratica come si fa a promuovere rinnovandogli l’incarico, il “vigilante” che lasciato “andare a schifio” coloro sui quali esercitava la sua vigilanza?
In un caso del genere riproviamo pure la mala educazione nell’agire di Renzi, ma nella sostanza vale il principio : meglio tardi che mai.

Ma forse anche questa sorprendente levata di scudi anti-Renzi ,operata dalla grande stampa ha una sua ragione che non sta solo nella difesa della stabilità ad oltranza o negli interessi delle banche, ben rappresentati nei consigli di amministrazioni della grande stampa medesima.
Forse c’è in ballo qualcosa più, perché sotto sotto la medesima grande stampa lancia anche lei la sua bomba, in modo velato, ma non tanto, quando lascia capire che Renzi si sta dimostrando sempre più debole e più solo, là dove avrebbe dovuto poter dormire fra due guanciali, cioè in sella al suo partito, che riuscirebbe a controllare sempre di meno.

Che l’establishment stia elaborando la sua scelta e che intenda aprire la sua campagna elettorale a favore del felpato conte Paolo Gentiloni, che obiettivamente sembra fatto apposta per piacere a quegli ambienti che gratta gratta vogliono una cosa sola : lasciare le cose come stanno e stoppare quei maleducati “populisti” che vorrebbero invece le cose cambiarle veramente?


mercoledì 11 ottobre 2017

Con la sua assenza davanti ai cancelli dell’Ilva la sinistra in Italia ha non ha più alcun senso



l’Ilva è una delle poche realtà industriali sopravvissute in Italia all’era della globalizzazione.
Con quasi 10.000 dipendenti diretti e pare altrettanti nell’indotto, rappresenta parecchio e non solo per Taranto, Genova e Novi Ligure, dove sono dislocati i suoi maggiori stabilimenti.
Le vicende di questo gruppo sono ben note.

Mala gestione dei precedenti proprietari, inquinamento fuori da ogni controllo, vicende giudiziarie che hanno tra l’altro rischiato di fare chiudere definitivamente le fonderie e finalmente l’acquisizione da parte di uno dei giganti dell’acciaio, il gruppo indiano Arcelor Mittal unitamente al gruppo italiano Mercegaglia.
Francamente non si è capito bene su che base questa cordata , ma sopratutto il primo potessero avere interesse a mettere in atto questa acquisizione in un settore che da anni viene ritenuto con problemi di sovrapproduzione, sicuramente in Cina, dove si producono addirittura 800 milioni di tonnellate di acciaio ,per avere un’idea, negli Usa se ne producono 100, in Italia 20 o giù di lì.
Comunque bene per Taranto, e tutti hanno fatto finta di credere in questo affare.
Nei protocolli di intesa i nuovi proprietari hanno subito parlato di 4.000 esuberi, ma contemporaneamente hanno promesso di portare l’occupazione da 8.000 a quasi 10.000 facendo però cambiare contratto ai nuovi assunti ed a una parte dei precedenti, cioè in poche parole hanno messo le mani avanti per operare una diminuzione sensibile del costo del lavoro.
Arrivati a questi giorni si doveva andare al solito “tavolo” di prammatica in Italia, per dare inizio a una trattativa che specificasse la misura di quella diminuzione del costo del lavoro ed è scoppiata la bagarre.

Perché governo e sindacati hanno fatto finta di non sapere che si sarebbe dovuto trattare appunto di diminuzione del costo del lavoro, che sarebbe a quanto sembra l’unica ragione plausibile perché i nuovi proprietari avrebbero potuto trovare un elemento di interesse nell’acquisizione.
Si presume che abbiano ragionato in questo modo : noi acquisiamo stabilimenti che sfornano una produzione non decotta, ma quasi, in attesa di tempi migliori, voi però (governo,sindacati) ci date in cambio un ritocco a nostro favore del costo del lavoro.
Il governo in carica non è certo un governo forte e per di più siamo a circa quattro mesi dalle elezioni politiche, dalle quali si prevede che ,chissà quando, scaturirà un governo ancora più debole di quello attuale e allora che fa l’attuale ministro alla partita?
Essendo un giovane aspirante a una grande carriera (Carlo Calenda) cerca di mettersi in luce facendo il duro, dopo avere subodorato che le così dette sinistre, cioè quelle forze politiche che un tempo erano i partiti della “classe operaia” avrebbero disertato il campo per mancanza assoluta di idee.
I sindacati naturalmente si sono accodati applaudendo, ma poveretti loro stessi non stanno meglio del governo e sanno benissimo che a Taranto rischiano i fischi esattamente come i politici.
E’ scioccante però che l’unico leader politico nazionale disposto a metterci la faccia davanti ai cancelli dell’Ilva di Taranto sia stato Matteo Salvini.

Quei poveretti delle così dette sinistre erano occupati a correre fra un convegno e l’altro per recitare la telenovela, diretta come conduttore dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, autoproclamatosi volenteroso ricucitore dei colori dell’arcobaleno per portare tutte le sue fazioni nientedimeno che al prestigioso traguardo di un accordo più o meno sottobanco col sedicente sinistrorso Matteo Renzi, che ha già incassato accordi sottobanco ,ma non troppo, con la solita star della politica italiana Silvio Berlusconi.
Se poi ai pochi che ancora vogliono illudersi si potere trovare in loro la tradizione della sinistra viene vomito assistendo a queste indegne esibizioni, chi se ne frega, tanto leader ed ex leader dei partitini 2/3 % delle varie sinistre, la pensione da parlamentari l’hanno già acquisita da tempo.

E poi qualcuno rimane sorpreso quando vede che i poveri 5Stelle, non ostante le continue esibizioni disastrose della loro sindaca di Roma, non solo continuano a tenere le posizioni, ma riescono addirittura a guadagnare qualcosa nei sondaggi?
E l’altro esponente dei vituperati “populisti”, Matteo Salvini supera nei consensi l’immarcescibile Berlusconi?
E’ inutile ricorrere ad operazioni “amarcord” sentimentali pensando a quanto era motivata la base ai tempi d’oro dei festival dell’Unità o quanto erano seri e preparati erano i politici della sinistra sociale cattolica.
E’ finita, la sinistra, non solo non esiste più, ma addirittura non ha più alcun senso.
Nicola Fratoianni, 45 anni deputato segretario di Sinistra Italiana; Roberto Speranza 38 anni guida per conto di Bersani l’ala che si è separata dal PD ora si è denominata Mdp Articolo 1, ex deputato e capogruppo del PD alla Camera; Alleanza popolare per la democrazia di Anna Falcone 46 anni;
Rifondazione Comunista di Maurizio Acerbo 51 anni; Pippo Civati fondatore e segretario di “Possibile” 42 anni ex deputato; Giuliano Pisapia 68 anni fondatore di “Campo progressista”.
Tutta questa gente, magari presi uno per uno sono anche persone rispettabili, che credono in quello che dicono e magari sono addirittura puliti, cosa ormai molto rara in politica, ma oltre a sé stessi ed al loro salottino non rappresentano pressochè nessuno e non si vede come possano avere un futuro politico come rappresentanti delle opinioni di sinistra.
Non si può non notare che nel campo abbastanza affollato delle fazioni e fazioncine che si definiscono di sinistra, manchino vistosamente gli eredi della tradizione del cattolicesimo sociale.

E’ singolare che ai tempi di Papa Francesco ,che forse è rimasto nel mondo l’unico rappresentante credibile degli ideali del cattolicesimo sociale sia venuta meno in Italia una presenza presentabile in campo politico di quello stesso pensiero e tradizione.
C’è Prodi, brava persona, onesta, seria, preparato come economista, ma del tutto inefficace come politico, che ha avuto il grosso merito di avere saputo battere e ridimensionare il mito di Berlusconi, politico ancora più inefficiente e inefficace, ma che non ha saputo di fatto essere né uno statista né un politico con visioni di lungo respiro.
Messo in un angolo dalla politica se avesse avuto quelle qualità avrebbe potuto e dovuto farsi promotore di un movimento che avrebbe avuto tutti i numeri per rappresentare.
Da far crescere fondandolo prima di tutto sulle idee, su un team di intellettuali, che elaborassero analisi e risposte politiche, consone con i tempi nuovi, tenendo vive le radici del cattolicesimo sociale.
Aveva le relazioni necessarie per farlo ma non l’ha fatto.
Adesso sta diventando patetico spingendo in modo disordinato un po’ Pisapia, un po’ Saviano, ma ha perso l’autobus, peccato.
E la sinistra dove servirebbe non c’è più, davanti ai cancelli dell’Ilva non c’era nessuno di loro, ma c’era Salvini, come si è detto all’inizio.

Forse nel vuoto di idee della vecchia politica sarà inevitabile contare sui Salvini e sui DiMaio per dare uno scrollone al palazzo dell’establishment e dei poteri forti per affrontare in modo non ideologico i problemi nuovi, buttando alle ortiche i vecchi tabu’.
Ma questi due non hanno al momento né la statura né la preparazione né la visione per farci sognare.
Meglio loro che la palude della vecchia politica, con quelle facce talmente usurate da assomigliare a quelle di un museo delle cere.

Ma che si diano da fare non solo per arrivare al governo, ma per studiarsi prima cosa fare se mai al governo ci arriveranno, studiarlo adesso, per non dover improvvisare goffamente dopo, la sindaca Raggi docet.