Finalmente anche in Italia ,che non ha usufruito nè della rivoluzione francese, né della riforma protestante ,per entrare nella modernità, come a suo tempo hanno fatto i nostri vicini posti a nord delle Alpi , sono apparsi pubblicamente quelli che la pensano diversamente dai cattolici ufficiali in dialogo pacato e proficuo con alcuni cattolici molto qualificati.
Per decenni purtroppo in Italia non è mai esistito quel dialogo fra laici e cattolici che altrove è stato utile e fecondo per tutte e due le scuole di pensiero.
All’epoca del pur grande Indro Montanelli, non solo lui, ma qualsiasi intellettuale laico semplicemente si rifiutava di dire la sua su qualsiasi cosa che riguardasse il pensiero o la chiesa cattolica.
Da parte sua la chiesa ufficiale non ostante le aperture del Concilio Vaticano II, stentava a superare quel tradizionale atteggiamento fra l’arrogante e il condiscendente per il quale il laico era visto come un barbaro ,che prima o poi si sarebbe civilizzato convertendosi all’ortodossia cattolica.
Siccome nel mondo e inevitabilmente anche in Italia le cose sono andate esattamente al contrario ,cioè la secolarizzazione ha portato il gregge dei fedeli e dei loro pastori ad assottigliarsi in modo costante e clamoroso, anche alcuni tradizionalisti hanno dovuto interrogarsi sulla opportunità di dialogare in modo più serio con i laici invece di continuare a qualificarli “laicisti” , inventandosi un neologismo che non ha alcun senso e che infatti non è traducibile nelle altre lingue, perché assente come concetto nel resto del mondo.
Parte del mondo cattolico ufficiale si è aperto al dialogo usando anche canali sistematici come hanno fatto il Cardinal Martini con la tavola dei non credenti, fino ad arrivare alle più recenti iniziative del Card Ravasi e senza trascurare la rivista Oasis e tutto il lavorio che la sottende animato dal Card Scola, ora Arcivescovo di Milano.
A livello di massa la galassia del volontariato è per sua natura aperta e dialogante, animata da alcune realtà vistose come la Comunità di Sant’Egidio di Andrea Riccardi, Libera di Don Ciotti,la casa della Carità di Don Colmegna, le Caritas locali ecc.
I così detti preti da strada, cioè i vari Don Gallo, Don Rigodi e molti altri meno conosciuti ma non meno presenti, sono dialoganti per definizione e non chiedono certo all’interlocutore se crede in tutti i dogmi cattolici prima di accoglierlo.
Intieri ordini religiosi come i Comboniani, i Dehoniani e parzialmente addirittura i Gesuiti, commissariati non per caso dall’ultimo papa Woitila , sono orientati verso posizioni progressiste e di dialogo con gli “altri”.
In Italia non è facile capire perché i cattolici ,diciamo per approssimazione progressisti, non hanno canali di rappresentanza per approfondire le loro posizioni come ad esempio il movimento “noi siamo chiesa” largamente diffuso a Nord delle Alpi.
Questo succede anche se non soprattutto a causa dell’infausto lungo periodo nel quale la conferenza episcopale è stata gestita con metodi praticamente staliniani dal Card Ruini che candidamente riversava fiumi di danaro su media e iniziative solo tradizionaliste e non ha mai dato un euro a chi non la pensava esattamente come lui, riducendo la chiesa italiana al salottino dei suoi fedeli.
Ma non è solo colpa di Ruini è anche colpa loro, cioè di chi fra i cattolici non ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto come se fossimo ancora ai tempi di Carlo Borromeo.
Per di più in Italia la fine dell’unità politica dei cattolici, invece che favorire le forze cattoliche progressiste, di fatto le ha penalizzate, dato che il loro inserimento nel PD ha coinciso con l’inizio della loro irrilevanza e della fine di una qualsiasi elaborazione politico- sociale autonoma.
Non trascuriamo poi la posizione e l’apporto dato da intellettuali cattolici di primo piano che hanno pubblicamente sostenuto le loro tesi in contrasto con la dogmatica cattolica e ne hanno dovuto pagare le conseguenze (Vedi negli anni Bontadini, Severino e Lombardi Vallauri ,che hanno dovuto lasciare le loro cattedre all’Università Cattolica, va detto, anche se trovando subito le porte spalancate verso le medesime cattedre in prestigiose università pubbliche).
Sono lontani per fortuna i tempi di Galileo costretto all’abiura o di Giordano Bruno messo al rogo in Campo dei Fiori dal presunto santo inquisitore Roberto Bellarmino o più vicino a noi di Bonaiuti buttato fuori e messo al bando dall’Università pubblica da un cinico fascismo ateo, ma clericale per convenienza.
Ai nostri giorni il teologo Vito Mancuso per aver osato affermare tra l’altro che il dogma del peccato originale sopravvenuto ed ereditato senza colpa personale è una pura e semplice sciocchezza (come aveva fatto per la verità vent’anni prima il sopra citato filosofo del diritto Lombardi Vallari) ha solo dovuto sorbirsi indecenti contumelie una parte dell’intellighentia cattolica tradizionalista , ma è rimasto tranquillamente nella sua cattedra al San Raffaele.
I suoi libri raggiungono ottime tirature e il teologo, complici anche le pochissime rubriche culturali televisive è diventato un personaggio noto.
Altri intellettuali cattolici di primo piano che hanno idee non conformi a una parte della dogmatica cattolica ufficiale, hanno usufruito della cooperazione di Corrado Augias , che da laico intelligente ha usato il suo nome e il suo volto ben conosciuti dal grande pubblico a livello dei media televisivi o della carta stampata per potere farsi conoscere.
Ne sono usciti alcuni libri di argomento gravoso ma che hanno avuto grande e meritato successo.
Questi libri scritti formalmente a quattro mani, senza nulla togliere all’apporto di pensiero dato da Augias, in pratica hanno consentito a intellettuali cattolici ben affermati nella loro materia, ma del tutto ignoti al grande pubblico di esporre il loro punto di vista, che non coincide affatto con quello della gerarchia della chiesa (lo stesso teologo Mancuso, lo storico del cristianesimo Mauro Pesce,lo storico del cristianesimo e cultore della letteratura patristica Remo Cacitti, tutta gente che aveva da tempo prodotto opere accademiche di grande mole e valore, ma ignote fuori dalla cerchia degli specialisti).
Questa forma di collaborazione ha un grande valore.
Prima di tutto perché se i cattolici italiani sono ridotti come sono, cioè ad essere una minoranza, ormai ai margini dello sviluppo culturale del paese, questo è prima di tutto colpa loro, della loro pigrizia al limite dell’ignavia, che li ha portati ad essere nel mondo fra gruppi nazionali cattolici, meno acculturati e meno informati sulle basi della loro religione.
Il confronto col pensiero laico, fatto con garbo e con rispetto per le reciproche opinioni, come quello che viene fuori dai citati libri di Augias è di grande utilità per i cattolici italiani che non sono abituati a dedicare del tempo per accostarsi alla scrittura ed ancor meno ad argomenti teologici, come da secoli veniva fatto nel nord Europa, almeno fra le persone di una certa istruzione.
La chiesa non è mai riuscita a fare in modo serio i conti con la riforma, con l’illuminismo e da lì con il liberalismo il socialismo o più terra- terra addirittura con la democrazia e i diritti umani.
I cattolici italiani cantano da anni in Chiesa inni che li definiscono come “il popolo di Dio”, che parlano della “casa del Padre”, ma non sembrano avere acquisito nemmeno da queste pure elementari affermazioni la consapevolezza della loro responsabilità personale e di gruppo nella gestione della chiesa che è loro, almeno con lo stesso livello di intensità di quello dei chierici consacrati, se sono popolo nella casa del Padre.
Metà di loro essendo donne sono legittimate a scopare le chiese ma non ad essere presenti con gli stessi diritti dei fedeli maschi.
I consacrati devono fare finta di non avere problemi a gestire la loro sessualità in modo forzatamente distorto e innaturale.
La chiesa continua ad avere la pretesa di potere vivere nel mondo moderno e globalizzato con una “governance” come si dice oggi, cioè con una struttura organizzativa e di governo che ripropone papale papale quella di una corte rinascimentale.
Il corpus dogmatico riconosciuto e approvato dalla chiesa contiene anche molte affermazioni che non hanno alcuna solidità concettuale e che collidono con la logica, come il citato dogma del peccato originale senza colpa personale.
Tutte queste cose riportate a puro titolo di esempio vanno affrontate dai cattolici, prima che da eventuali concili, perché i tempi ormai sono tali da non concedere ancora troppo tempo prima che la famosa barca di Pietro vada a fondo o più semplicemente si avvii alla completa irrilevanza,come è già successo a Nord.
Le iniziative i libri e i personaggi sopra citati tutti italiani, hanno tra l’altro avuto il merito di aprire un dibattito su temi che nei paesi anglosassoni era fiorente da un bel pezzo, ma che in Italia era ignorato anche a livello degli intellettuali cattolici.
Ora sono sbarcati in Italia tradotti in italiano ad esempio gran parte dei libri concernenti la critica storica della scrittura, che prima erano conosciuti solo dai cultori della materia, e non sono poca cosa.
Stiamo parlando di tutti quegli studi che danno gli strumenti per valutare l’attendibilità dei testi scritturali, così come gli specialisti possono valutare ,che so io, l’attendibilità dei testi pervenutaci dopo molte traversie storiche del “de bello gallico” di Cesare, con l’aggravante che i testi scritturali sono stati manovrati, tradotti, copiati e ricopiati da chierici, che avevano tutto l’interesse a dire una cosa invece che l’altra per dare una mano alla scuola teologica di loro maggiore gradimento.
E quindi in molti se non in tutti i casi ci hanno messo qualcosa di loro allontanandosi dai testi originari, che come è noto non ci sono pervenuti affatto, al punto che non sappiamo nemmeno in che lingua erano stati scritti.
Accanto a questi tutti i libri importanti del filone relativo ai Vangeli apocrifi ai rotoli del Mar Morto e di Qumran.
Anche in questo settore il livello di ignoranza dei cattolici italiani è risultato allarmante.
Sono poi usciti tutti quei libri riconducibili al filone della filosofia della scienza : Richard Dawkins per fare un nome, che nel mondo ha venduto a ritmi da best sellers.
E anche in questo settore si è acceso un interesse che ha portato all’emersione di autori italiani come il matematico Odifreddi, che ha scelto all’inizio non la strada del dialogo ma quella dell’insulto e del dileggio,ma che ora è rientrato nei binari del dialogo civile.
Così si è sviluppato anche in Italia tutta l’argomentazione su evoluzionismo, creazionismo o pura causalità ecc.
Ingegneria genetica e i così detti temi bioetica affrontati in Italia con un eccesso di fanatismo ideologico, ma almeno affrontati, in modo che la gente si possa almeno informare e pensarci sopra.
Gli scienziati hanno cominciato a non ritenere più sconveniente mettersi intorno a un tavolo a discutere con un filosofo o con un teologo, è stato per l’Italia un inizio, tardivo e incomprensibile per gli accademici anglosassoni che in qualsiasi loro università importante o meno erano da sempre in dialogo con i colleghi delle Divinity Scools laiche (facoltà di teologia), ma meglio tardi che mai.
In questa prospettiva il dialogo fra cattolici e laici non cattolici è estremamente proficuo perché è l’unico modo per allargare la visuale di entrambe le scuole di pensiero.
Mi sono permesso sopra di dare degli ignoranti ai cattolici italiani, cosa che è di per sé antipatica e poco corretta per la semplice ragione che tutta la mia storia personale si è svolta all’interno del mondo cattolico e quindi la poco simpatica affermazione la sento rivolta prima a me stesso che ad altri.
Per obiettività ed a parziale scusante di tale ignoranza va detto che purtroppo “santo intenet” che ha dato accesso a una montagna di documenti specializzati con relativi potentissimi motori di ricerca, è arrivato in questi ultimi anni e quindi prima anche chi avesse voluto documentarsi su cosa poteva contare?
In Italia, caso unico al mondo esiste l’”editoria cattolica” cioè i testi riconducibili alla religione cattolica erano stampati praticamente solo dai pochi editori cattolici (Paoline, Morcelliana, Piemme,Iaka Book ecc) e inutile dirlo i testi più venduti erano e sono libri per lo più consistenti in storie melense di santi e miracoli o testi di presunto arricchimento spirituale cioè di pura propaganda ed edificazione per le anime ritenute semplici.
I classici, i testi patristici non li leggeva nessuno allora ,nemmeno fra gli ecclesiastici, e non li legge nessuno adesso, con la differenza che fino a pochi anni fa non era facile procurarseli nelle librerie, esistevano sole nelle biblioteche specializzate e c’era anche la barriera del latino, perché questi tipi di testi non esistevano in traduzione italiana .
Oggi invece, chi vuole può accedere a quasi tutto e sul web trova tutto subito, se pure solo in inglese, questo, il latino moderno bisogna comunque impararlo per forza.
Ma non basta ancora,per capire le limitazioni alle quali erano e in gran parte sono ancora soggetti i cattolici italiani occorre ricordarsi che non esistono in Italia facoltà teologiche gestite da accademici laici nelle università statali, come capita nel resto del mondo occidentale in regime di libertà di ricerca.
Di conseguenza i cattolici italiani non hanno mai potuto partecipare a un dibattito teologico nel quale poter vedere nuovi indirizzi di pensiero e valutarli per poter arricchire e far progredire le proprie conoscenze, per la semplice ragione che le facoltà ecclesiastiche non accettavano nessuna forma di pluralismo di pensiero.
Ai tempi del concilio i più tenaci si sono procurati i testi di riferimento dei teologi per lo più francesi, che quel concilio hanno ispirato Congar, Chenou ecc.,comprandoli in Francia.
Aperta quella finestra, però per poco tempo, qualcuno ha poi provveduto a chiuderla con decisione e tutto è tornato come prima.
Per la semplice ragione che i teologi in Italia,poveretti loro, operando quasi esclusivamente in facoltà pontificie o comunque sottoposti all’autorità ecclesiastica sono soggetti alle forche caudine del diritto canonico (anche questo colpevolmente ignorato dai cattolici italiani) che impone loro un giuramento di fedeltà al cor pus dogmatico ortodosso nella sua interezza e quindi di fatto sancisce per loro la impossibilità di esercitare la libertà di ricerca scientifica.
In queste condizioni cosa potevano e possono elaborare?
Ribollire sempre la stessa minestra si è visto a quali brillanti risultati ha porato.
Come poteva svilupparsi un cattolicesimo adulto in Italia se tutto era sotto tutela, come se tutto il mondo cattolico fosse stato un immenso collegio o seminario, per eterni bambinetti , gestito da ecclesiastici sottomessi in modo ferreo alle loro gerarchie ,che di fatto ti censuravano libri e letture.
Internet ha fatto cadere il muro del collegio e anche in Italia si è scoperto che altrove i cristiani delle varie denominazioni erano secoli e decenni che discutevano apertamente di cose che loro semplicemente non conoscevano.
Per dare un’idea di quanto sia opprimente per la libertà di ricerca il sistema di gestione del potere anacronistico tutt’ora vigente nella chiesa faccio un esempio di carattere personale.
Ho avuto modo di seguire nel tempo diversi interventi del Card Martini sul tema nel quale è particolarmente competente,quello della teologia biblica e tutte le volte che lo sentivo mi meravigliavo del fatto che questo studioso si soffermasse ad analizzare dettagliatamente singole frasi delle scritture risalendo regolarmente al testo ebraico e tutte le volte rilevava che la traduzione corretta portava a concetti diversi rispetto a quelli risultanti dalla traduzione canonica, in uso al momento.
Dopo avere visto ripetersi più volte il medesimo schema mi sono fatto una domanda ovvia, ma perché il Cardinale non produce una sua versione della Bibbia dall’ebraico all’italiano?
Domanda che mi facevo senza rendermi conto di quanto fosse ingenua.
Non lo faceva ,pur essendone perfettamente in grado perché , sembrerà impossibile, ma è così , non aveva e non ha l’autorità per farlo.
Perché? Non certo per ragioni burocratiche, ma evidentemente perché la traduzione è una forma di manipolazione dei testi utile per sottolineare alcune cose e sottacerne alcune altre.
Martini conosceva benissimo il vasto filone, soprattutto anglosassone, della critica storica della scrittura, ma ben sapendo come questo fosse osteggiato in Vaticano non ne faceva nemmeno cenno, rischiando di non far capire ai suoi ascoltatori quale fossero i termini delle questioni che sollevava.
Chi scrive, uno dei suoi tanti ascoltatori, ha dovuto aspettare la libertà di ricerca che ha portato internet per vedere che al di là del muro c’erano già intiere biblioteche sull’argomento.
Questo è’un esempio forse piccolo, ma rende l’idea di una comunità culturale vissuta per decenni sotto tutela senza nemmeno accorgersene.
L’arrivo di Internet con la biblioteca di Alessandria disponibile per tutti e subito, l’arrivo in Italia dei testi che sopra si sono citati che criticano in modo trasparente alcuni aspetti della dogmatica cattolica che non sono mai stati in piedi per mancanza di coerenza logica e per mancanza di appoggio reale nella scrittura, la scelta di laici divulgatori o scienziati disposti finalmente anche in Italia a confrontarsi con le tesi cattoliche stanno dando una grande opportunità ai cattolici italiani.
Avere l’opportunità di uscire dalla tutela è comprensibile che crei qualche momento di disorientamento, ma guai se non ne approfittassero, ora non ci sono più scuse .
Che la chiesa gerarchica conceda o non conceda, bisogna trovare la visibilità che finora non è mai esistita in Italia per i cattolici adulti.
Chi preferisce rimanere sotto tutela ha tutti i diritti di farlo, ma non può pretendere che la sua personale sensibilità venga ritenuta l’unica possibile forma di cattolicesimo.
La potenza della tecnica ha abbattuto i muri e la cosa è irreversibile, occorre farsene una ragione
giovedì 30 giugno 2011
martedì 28 giugno 2011
Scola a Milano potrebbe essere una cocente delusione per il berlusconismo
I giornali della destra e fra loro soprattutto Libero che non indulge mai in giri di parole politicamente corrette titolano pressappoco così “Scola a Milano per mettere in riga Pisapia”.
Se la pensano veramente così penso di potere anticipare che dovranno cominciare a curarsi il mal di fegato per la rabbia e la delusione.
Il fatto che Scola provenga da CL è solo uno dei suoi dati biografici , significativo, ma uno dei tanti e non il principale.
Mi si passi il paragone un po’ ardito, ma oggi chi andrebbe a rinfacciare a Gad Lerner di essere stato in gioventù di Lotta Continua, come se una appartenenza negli anni giovanili dovesse essere intesa come una presa di ordini monastici.
Non è così, Scola come tanti giovani cattolici di quegli anni è stato formato negli ambienti di Comunione e Liberazione, ma poi è andato lontano e non in ragione di quella sua giovanile appartenenza, ma dei suoi numeri personali.
Non per essere cattivo, ma vorrei ricordare che Don Giussani non è mai stato gratificato della porpora e nel mondo ecclesiastico nulla avviene per caso.
Scola a differenza degli altri vescovi di formazione CL è una personalità con una caratura intellettuale non paragonabile.
Facciamo pure nomi e cognomi, Negri vescovo di San Marino era ed è rimasto un specie di Suslov ciellino (l’incorruttibile ideologo del Politburo dell’URSS di infausta memoria) senza avere operato alcuna maturazione visibile da quando fra gli anni 60 e 70 scriveva le più strampalate note di dottrine sociali e politiche per conto di CL.
Il Cardinale Caraffa arcivescovo di Bologna , pure lui di provenienza ciellina è rimasto uno dei tanti tradizionalisti senza alcuna flessibilità, né maturazione di alcun genere.
Di provenienza CL ci sono altri 10 vescovi in giro per il mondo ma nessuno dei loro nomi richiama nulla di particolare.
Il caso di Scola è diverso sia come si diceva per la caratura personale dal punto di vista dell’intelligenza e della cultura dell’uomo sia per le sue caratteristiche caratteriali fatte di apertura umana e di naturale predisposizione al dialogo.
I giornali ricordano di continuo come presunta ragione determinante per la scelta di papa Ratzinger a favore di Scola, la sua presenza appunto con Ratzinger nella redazione della rivista Communio, nata alla fine del Concilio Vaticano II per buttare quanta più acqua possibile sulle idee conciliari diffuse dalla ben più seguita rivista teologica Concilium, sulla quale avevano scritto tutti gli ispiratori di quel concilio soprattutto di cultura francese e del Nord Europa.
Non contestavano le dichiarazioni conciliari, contestavano il clima culturale di quegli anni che spingeva per fare del Concilio solo una tappa per un rinnovamento radicale della chiesa che loro non volevano.
Ma non è qui, cioè nella teologia che va ricercato il vero Scola.
Scola ha si ricoperto delle cattedre di teologia, ma molti vaticanisti riconoscono che difficilmente si può ravvisare in lui la stoffa del teologo, cioè il suo pensiero non è mai riuscito ad elaborare nulla di sistematico.
Le qualità dell’uomo sono altre e le abbiamo sopra accennate.
La sua apertura al dialogo gli ha consentito ad esempio di impostare un serio lavoro di dialogo e di confronto con la cultura religiosa soprattutto islamica, come testimoniato dalla rivista Oasis che il Patriarcato di Venezia porta avanti ormai da anni.
I cattoliconi di osservanza berluschina e peggio ancora leghista ci rimarranno ben male quando il nuovo arcivescovo si farà in quattro per dare agli islamici una degna moschea a Milano, come è consequenziale alla sua linea di pensiero.
Bacchetterà le probabili iniziative di Pisapia sul registro delle unioni omosessuali o altre iniziative di questo genere? Sicuramente sì, ma è probabile che lo farà con spirito di apertura cercando di capire il punto di vista di chi la pensa diversamente da lui.
Chi si aspettava di vedere arrivare un tradizionalista chiuso e inflessibile, ci rimarrà male.
Scola non è né Caraffa né Negri.
E chissà che riesca ad andare anche oltre le aperture che ha già acquisite.
Se la pensano veramente così penso di potere anticipare che dovranno cominciare a curarsi il mal di fegato per la rabbia e la delusione.
Il fatto che Scola provenga da CL è solo uno dei suoi dati biografici , significativo, ma uno dei tanti e non il principale.
Mi si passi il paragone un po’ ardito, ma oggi chi andrebbe a rinfacciare a Gad Lerner di essere stato in gioventù di Lotta Continua, come se una appartenenza negli anni giovanili dovesse essere intesa come una presa di ordini monastici.
Non è così, Scola come tanti giovani cattolici di quegli anni è stato formato negli ambienti di Comunione e Liberazione, ma poi è andato lontano e non in ragione di quella sua giovanile appartenenza, ma dei suoi numeri personali.
Non per essere cattivo, ma vorrei ricordare che Don Giussani non è mai stato gratificato della porpora e nel mondo ecclesiastico nulla avviene per caso.
Scola a differenza degli altri vescovi di formazione CL è una personalità con una caratura intellettuale non paragonabile.
Facciamo pure nomi e cognomi, Negri vescovo di San Marino era ed è rimasto un specie di Suslov ciellino (l’incorruttibile ideologo del Politburo dell’URSS di infausta memoria) senza avere operato alcuna maturazione visibile da quando fra gli anni 60 e 70 scriveva le più strampalate note di dottrine sociali e politiche per conto di CL.
Il Cardinale Caraffa arcivescovo di Bologna , pure lui di provenienza ciellina è rimasto uno dei tanti tradizionalisti senza alcuna flessibilità, né maturazione di alcun genere.
Di provenienza CL ci sono altri 10 vescovi in giro per il mondo ma nessuno dei loro nomi richiama nulla di particolare.
Il caso di Scola è diverso sia come si diceva per la caratura personale dal punto di vista dell’intelligenza e della cultura dell’uomo sia per le sue caratteristiche caratteriali fatte di apertura umana e di naturale predisposizione al dialogo.
I giornali ricordano di continuo come presunta ragione determinante per la scelta di papa Ratzinger a favore di Scola, la sua presenza appunto con Ratzinger nella redazione della rivista Communio, nata alla fine del Concilio Vaticano II per buttare quanta più acqua possibile sulle idee conciliari diffuse dalla ben più seguita rivista teologica Concilium, sulla quale avevano scritto tutti gli ispiratori di quel concilio soprattutto di cultura francese e del Nord Europa.
Non contestavano le dichiarazioni conciliari, contestavano il clima culturale di quegli anni che spingeva per fare del Concilio solo una tappa per un rinnovamento radicale della chiesa che loro non volevano.
Ma non è qui, cioè nella teologia che va ricercato il vero Scola.
Scola ha si ricoperto delle cattedre di teologia, ma molti vaticanisti riconoscono che difficilmente si può ravvisare in lui la stoffa del teologo, cioè il suo pensiero non è mai riuscito ad elaborare nulla di sistematico.
Le qualità dell’uomo sono altre e le abbiamo sopra accennate.
La sua apertura al dialogo gli ha consentito ad esempio di impostare un serio lavoro di dialogo e di confronto con la cultura religiosa soprattutto islamica, come testimoniato dalla rivista Oasis che il Patriarcato di Venezia porta avanti ormai da anni.
I cattoliconi di osservanza berluschina e peggio ancora leghista ci rimarranno ben male quando il nuovo arcivescovo si farà in quattro per dare agli islamici una degna moschea a Milano, come è consequenziale alla sua linea di pensiero.
Bacchetterà le probabili iniziative di Pisapia sul registro delle unioni omosessuali o altre iniziative di questo genere? Sicuramente sì, ma è probabile che lo farà con spirito di apertura cercando di capire il punto di vista di chi la pensa diversamente da lui.
Chi si aspettava di vedere arrivare un tradizionalista chiuso e inflessibile, ci rimarrà male.
Scola non è né Caraffa né Negri.
E chissà che riesca ad andare anche oltre le aperture che ha già acquisite.
giovedì 23 giugno 2011
L’Italietta di Bisignani descrive un paese che ha messo al potere le mezze calzette
L’unica carica istituzionale che in questi ultimi anni riesce a svolgere il suo ruolo con dignità, ricambiato da un altissimo indice di gradimento, è come a tutti è noto il Presidente Napolitano, che ci ha esortati durante le celebrazioni dei 150 anni dalla nascita dell’Italia unita ad essere orgogliosi della nostra patria.
Certo che dopo aver letto i verbali sui colloqui telefonici del faccendiere lobbista Bisignani con tutta o quasi l’Italia che conta, pubblicati dai giornali in questi giorni, anche con tutta la buona volontà, viene piuttosto voglia di mettersi al seguito dei tunisini e varcare la frontiera di Ventimiglia con un biglietto di sola andata, approfittando del fatto che non ci hanno ancora sbattuti fuori dall’Europa.
Un primo esempio piccolo ma illuminante.
Provate a riandare con la memoria al film di Rosi sulla vita di Enrico Mattei, al rapporto allora definito spregiudicato, che aveva con i governi e con i politici.
Il suo prestigio e la sua storia personale gli consentivano di elaborare una politica energetica, di andare a combattere sul campo per strappare un contratto ai satrapi medio-orientali, cercando di precedere gli emissari delle potentissime sette sorelle, la politica seguiva.
Quanta strada è stata fatta in discesa, se il suo successore Scaroni si turba all’idea di una convocazione ad Arcore e per avere delucidazioni non è in grado di farsi anticipare le cose, che so io da Letta o da Frattini, o direttamente da Berlusconi, ma si abbassa a contattare il faccendiere Bisignani.
Lasciamo perdere il caso più folkloristico ma non meno penoso del frate francescano che passa per la segretaria di Bisignani per organizzare la visita del papa ad Assisi.
Facciamo finta di non capire quale carica eversiva si possa nascondere dietro a un individuo senza alcuna veste istituzionale che tiene sistematicamente le fila fra i vertici dei servizi segreti e gli stati maggiori delle varie armi.
Viene da ridere amaramente pensando a quale livello di penosa insignificanza è arrivata la politica istituzionale a causa della pochezza del personale politico, se il presidente del comitato di controllo sui servizi segreti il navigatissimo D’Alema viene bypassato da un faccendiere qualunque, chiaramente molto più potente di lui.
Che dire poi della schiera starnazzante delle signore ministre, sottosegretarie, deputate, prontissime a fare la fronda per telefono contro la leadership berlusconiana, salvo poi ripiegare immediatamente dopo la bacchettata del capo padrone fino ad arrivare al caso della ministra che aveva minacciato le dimissioni e poi nelle intercettazioni viene fuori che avrebbe fatto il diavolo a quattro per farsi impalmare dal cavaliere.
Non parliamo del direttore della Rai che si fa scrivere dal faccendiere la lettera di licenziamento del conduttore che ha portato alla sua azienda lo share più alto e quindi i più alti ritorni pubblicitari.
E con questa classe dirigente pensiamo di poter rientrare dal debito pubblico più alto d’Europa e tenere la concorrenza economica asiatica?
E’ giusto però rilevare anche che non sono stati beccati nelle intercettazioni membri dell’opposizione salvo Cesa dell’Udc di Casini, né industriali privati di un qualche peso, né ecclesiastici di un certo rilievo, né banchieri, è già qualcosa ed è l’ennesima riconferma del fatto che i “poteri forti” chiesa, banche, confindustria ne escono con maggiore dignità della classe politica.
Certo che dopo aver letto i verbali sui colloqui telefonici del faccendiere lobbista Bisignani con tutta o quasi l’Italia che conta, pubblicati dai giornali in questi giorni, anche con tutta la buona volontà, viene piuttosto voglia di mettersi al seguito dei tunisini e varcare la frontiera di Ventimiglia con un biglietto di sola andata, approfittando del fatto che non ci hanno ancora sbattuti fuori dall’Europa.
Un primo esempio piccolo ma illuminante.
Provate a riandare con la memoria al film di Rosi sulla vita di Enrico Mattei, al rapporto allora definito spregiudicato, che aveva con i governi e con i politici.
Il suo prestigio e la sua storia personale gli consentivano di elaborare una politica energetica, di andare a combattere sul campo per strappare un contratto ai satrapi medio-orientali, cercando di precedere gli emissari delle potentissime sette sorelle, la politica seguiva.
Quanta strada è stata fatta in discesa, se il suo successore Scaroni si turba all’idea di una convocazione ad Arcore e per avere delucidazioni non è in grado di farsi anticipare le cose, che so io da Letta o da Frattini, o direttamente da Berlusconi, ma si abbassa a contattare il faccendiere Bisignani.
Lasciamo perdere il caso più folkloristico ma non meno penoso del frate francescano che passa per la segretaria di Bisignani per organizzare la visita del papa ad Assisi.
Facciamo finta di non capire quale carica eversiva si possa nascondere dietro a un individuo senza alcuna veste istituzionale che tiene sistematicamente le fila fra i vertici dei servizi segreti e gli stati maggiori delle varie armi.
Viene da ridere amaramente pensando a quale livello di penosa insignificanza è arrivata la politica istituzionale a causa della pochezza del personale politico, se il presidente del comitato di controllo sui servizi segreti il navigatissimo D’Alema viene bypassato da un faccendiere qualunque, chiaramente molto più potente di lui.
Che dire poi della schiera starnazzante delle signore ministre, sottosegretarie, deputate, prontissime a fare la fronda per telefono contro la leadership berlusconiana, salvo poi ripiegare immediatamente dopo la bacchettata del capo padrone fino ad arrivare al caso della ministra che aveva minacciato le dimissioni e poi nelle intercettazioni viene fuori che avrebbe fatto il diavolo a quattro per farsi impalmare dal cavaliere.
Non parliamo del direttore della Rai che si fa scrivere dal faccendiere la lettera di licenziamento del conduttore che ha portato alla sua azienda lo share più alto e quindi i più alti ritorni pubblicitari.
E con questa classe dirigente pensiamo di poter rientrare dal debito pubblico più alto d’Europa e tenere la concorrenza economica asiatica?
E’ giusto però rilevare anche che non sono stati beccati nelle intercettazioni membri dell’opposizione salvo Cesa dell’Udc di Casini, né industriali privati di un qualche peso, né ecclesiastici di un certo rilievo, né banchieri, è già qualcosa ed è l’ennesima riconferma del fatto che i “poteri forti” chiesa, banche, confindustria ne escono con maggiore dignità della classe politica.
mercoledì 22 giugno 2011
La morale “cattolica” taroccata del berlusconismo
La politica italiana attraversa da decenni una fase tanto sgangherata da produrre dei fenomeni incredibili, anomali, unici nel senso che non hanno né precedenti storici né casi analoghi all’estero.
Ma che non sono affatto innovazioni né produzioni geniali, semplicemente essendo dei non sensi in quanto illogici, sono appunto delle sgangheratezze.
Mi riferisco al fatto che il berlusconismo è riuscito ad assemblare a caso una pattuglia di politici, giornalisti e intellettuali, che si sono proclamati i soli e unici difensori ed interpreti di quella che ritengono essere la retta morale cattolica applicata alla vita pubblica.
1- primo fatto rilevante, ritengono costoro che esista una retta morale cattolica applicata alla vita pubblica e sociale che non ha nulla a che fare con la medesima retta morale cattolica applicata alla vita privata, poiche in questo campo ognuno sarebbe legittimato a fare quel diavolo che vuole.
Li si può capire, l’unico modo di essere berlusconiani con quello che Berlusconi combina nella vita privata e che difende come il suo “stile di vita” è quello di praticare e teorizzare questa drastica dicotomia fra vita pubblica e privata, che ovviamente nessuno può rinvenire in qualsiasi manuale di teologia morale , che invece teorizza l’esatto contrario.
Quei componenti della predetta pattuglia che hanno una reputazione da difendere come esponenti del mondo cattolico, se pure ovviamente della componente clericale- tradizionalista, tentano di salvarsi in corner nascondendosi dietro alla teoria della “ragion di stato” (vecchio arnese che non ha alcun senso nel mondo moderno e democratico) e che loro invocano per difendere la linea appunto della doppia morale che il Vaticano praticava prima di scaricare Berlusconi e secondo la quale se un uomo pubblico nella vita privata pratica abitualmente porcellate, ma come uomo pubblico fa approvare leggi giudicate favorevoli dallo stato del Vaticano, è giusto che la chiesa lo giudichi e lo sostenga guardando a quello.
La debolezza del ragionamento e la sua siderale lontananza dal messaggio evangelico (vedi Giovanni Battista che intima a Erode di cambiar vita a causa di Salomè) non necessitano di ulteriori argomentazioni.
Se poi passassimo dalla prospettiva cattolica a quella puramente civile, dovremmo chiederci che censo ha in un mondo secolarizzato sostenere come i wahabiti dell'Arabia Saudita che la morale civile può sostenersi solo sul fondamento metafisico di una religione rivelata con tavole della legge e un sistema di ricompensa per i buoni e condanna per i cattivi.
Non viene in mente a nessuno di questi intellettuali della destra l'eccelso livello morale ad esempio della morale civile stoica,secondo la quale la legge morale è ricompensa a sè stessa e quindi non è necessario basarla su alcun sistema metafisico, retto alla fin fine sulla paura della condanna e quindi più adatto al mondo dei bambini che a quello degli adulti, dove dovrebbe vigere il principio primo della responsabilità e non quello della paura del castigo?
E poi tutta la problematica sulla differenza fra "diritto naturale" e "diritto positivo" che è patrimonio di tutto il mondo democratico, ma che in Italia trova ancora ostacoli in questi difensori di un mondo distrutto e condannato dalla storia oltre due secoli fa?
2- il secondo fatto rilevante è che la pattuglia della quale si parla è quanto di più male assortito si possa immaginare.
Si va dai pochi cattolici ufficiali per lo più giornalisti di CL alla sottosegretaria Roccella ex radicale, alla storica Scaraffia pure ex radicale e da tempo promossa se pure saltuariamente editorialista addirittura dell’Osservatore Romano, per arrivare al caso credo unico al mondo degli atei devoti alla Giuliano Ferrara, che si è incapricciato del clericalismo da lui ritenuto indispensabile e insostituibile fondamento della religione civile, che non potrebbe essere invece fondata su alcuna morale laica, come in quasi tutto il resto del mondo occidentale, all’attualmente più defilato Senatore Marcello Pera, che da laico aveva discettato sul tema col Card.Ratzinger.
Ultimo arrivato l’ex islamico Magdi Cristiano Allam che come preparato teorico di un possibile islam moderato aveva suscitato parecchia stima e simpatia, ma che ora come cattolico ultraconservatore molto approssimativo non suscita né stima né simpatia.
3- Tutti costoro si sono esibiti in una improba e improduttiva fatica quando dopo l’ondata delle notizie delle notti presunte allegre del premier nostrano si sono dovuti confrontare con lo tsumami che ha travolto Dominique Strauss Kahn e che era giocoforza rapportare all’analogo chiodo fisso del nostro premier.
Ferrara e il Ciellino esperto di Madonne miracolose Antonio Socci hanno aperto le danze con diversi pezzi nei quali si scagliavano ostentando terribile livore contro il “moralismo” a loro pare ipocrita della sinistra, che non sarebbe legittimata a dire nulla in campo di giudizi morali perché avendo generato nel suo interno il famoso ’68 artefice di ogni forma di Sodoma e Gomorra sarebbe lei stessa la causa vera del basso livello morale della società attuale.
Personalmente sono convinto che se il ’68 è già passato alla storia come il tentativo (lo riconosco purtroppo non riuscito) di portare “la fantasia al potere”, il berlusconismo passerà alla storia come il movimento politico che ha portato (con successo) “la volgarità al potere”.
Il voler negare l’evidenza sia nel caso Berlusconi sia nel caso Strauss Kahn lo trovo prima di tutto un insulto all’intelligenza dei lettori, che prima o poi se ne accorgono e reagiscono.
Il fenomeno sopra descritto degli strani “cattolici” berlusconiani si può leggere da due angolazioni diverse.
Da parte berlusconiana è tutto sommato comprensibile, perché su questi argomenti scabrosissimi se uno vuol essere berlusconiano non può far altro che arrampicarsi sugli specchi con argomentazioni che non valgono la fatica di produrle.
Dalla parte del comportamento della chiesa, essendo lei sì legittimata a dire chi e che cosa è cattolico o non cattolico si fa un po’ fatica a perdonare la doppia morale che è stata sostenuta fino a ieri pur sapendo che tanti cattolici , che politicamente si ritrovano a destra come a sinistra
ne rimanevano scandalizzati in senso evangelico.
Fortunatamente, pur essendo i “fedeli” una schiera in costante restringimento, la struttura ramificata territorialmente in modo molto diffuso ha consentito alle gerarchie se pure in ritardo di avvertire l’irritazione della base che era già diventata indignazione e di decidere di abbandonare Berlusconi al suo destino.
Ma rimanendo in argomento,prima obbiezione : ammettiamo pure che le gerarchie si siano accontentate dei privilegi che il berlusconismo concedeva a piene mani insieme a leggi sulla bioetica con l’imprimatur vaticano, ma non potevano trovare qualcuno un po più qualificato per fargli fare la parte del “cattolico berlusconiano”? Come hanno fatto ad accontentarsi dei Ferrara, dei Pera, Rocella, Scaraffia, non c’erano più teologi nelle facoltà pontificie?
Seconda obbiezione : comunque uno pensi in campo cattolico con una sensibilità più tradizionalista o con una apertura al rinnovamento, non è sempre stato riconosciuto il principio primo che tutti ci si ritrova e ci si deve ritrovare nella scrittura?
Se è così, che c’entrano il potere ,l’imposizione di regole “cattoliche” con la coazione della legge civile, la ragion di stato ,con l’evangelo?
Ma che non sono affatto innovazioni né produzioni geniali, semplicemente essendo dei non sensi in quanto illogici, sono appunto delle sgangheratezze.
Mi riferisco al fatto che il berlusconismo è riuscito ad assemblare a caso una pattuglia di politici, giornalisti e intellettuali, che si sono proclamati i soli e unici difensori ed interpreti di quella che ritengono essere la retta morale cattolica applicata alla vita pubblica.
1- primo fatto rilevante, ritengono costoro che esista una retta morale cattolica applicata alla vita pubblica e sociale che non ha nulla a che fare con la medesima retta morale cattolica applicata alla vita privata, poiche in questo campo ognuno sarebbe legittimato a fare quel diavolo che vuole.
Li si può capire, l’unico modo di essere berlusconiani con quello che Berlusconi combina nella vita privata e che difende come il suo “stile di vita” è quello di praticare e teorizzare questa drastica dicotomia fra vita pubblica e privata, che ovviamente nessuno può rinvenire in qualsiasi manuale di teologia morale , che invece teorizza l’esatto contrario.
Quei componenti della predetta pattuglia che hanno una reputazione da difendere come esponenti del mondo cattolico, se pure ovviamente della componente clericale- tradizionalista, tentano di salvarsi in corner nascondendosi dietro alla teoria della “ragion di stato” (vecchio arnese che non ha alcun senso nel mondo moderno e democratico) e che loro invocano per difendere la linea appunto della doppia morale che il Vaticano praticava prima di scaricare Berlusconi e secondo la quale se un uomo pubblico nella vita privata pratica abitualmente porcellate, ma come uomo pubblico fa approvare leggi giudicate favorevoli dallo stato del Vaticano, è giusto che la chiesa lo giudichi e lo sostenga guardando a quello.
La debolezza del ragionamento e la sua siderale lontananza dal messaggio evangelico (vedi Giovanni Battista che intima a Erode di cambiar vita a causa di Salomè) non necessitano di ulteriori argomentazioni.
Se poi passassimo dalla prospettiva cattolica a quella puramente civile, dovremmo chiederci che censo ha in un mondo secolarizzato sostenere come i wahabiti dell'Arabia Saudita che la morale civile può sostenersi solo sul fondamento metafisico di una religione rivelata con tavole della legge e un sistema di ricompensa per i buoni e condanna per i cattivi.
Non viene in mente a nessuno di questi intellettuali della destra l'eccelso livello morale ad esempio della morale civile stoica,secondo la quale la legge morale è ricompensa a sè stessa e quindi non è necessario basarla su alcun sistema metafisico, retto alla fin fine sulla paura della condanna e quindi più adatto al mondo dei bambini che a quello degli adulti, dove dovrebbe vigere il principio primo della responsabilità e non quello della paura del castigo?
E poi tutta la problematica sulla differenza fra "diritto naturale" e "diritto positivo" che è patrimonio di tutto il mondo democratico, ma che in Italia trova ancora ostacoli in questi difensori di un mondo distrutto e condannato dalla storia oltre due secoli fa?
2- il secondo fatto rilevante è che la pattuglia della quale si parla è quanto di più male assortito si possa immaginare.
Si va dai pochi cattolici ufficiali per lo più giornalisti di CL alla sottosegretaria Roccella ex radicale, alla storica Scaraffia pure ex radicale e da tempo promossa se pure saltuariamente editorialista addirittura dell’Osservatore Romano, per arrivare al caso credo unico al mondo degli atei devoti alla Giuliano Ferrara, che si è incapricciato del clericalismo da lui ritenuto indispensabile e insostituibile fondamento della religione civile, che non potrebbe essere invece fondata su alcuna morale laica, come in quasi tutto il resto del mondo occidentale, all’attualmente più defilato Senatore Marcello Pera, che da laico aveva discettato sul tema col Card.Ratzinger.
Ultimo arrivato l’ex islamico Magdi Cristiano Allam che come preparato teorico di un possibile islam moderato aveva suscitato parecchia stima e simpatia, ma che ora come cattolico ultraconservatore molto approssimativo non suscita né stima né simpatia.
3- Tutti costoro si sono esibiti in una improba e improduttiva fatica quando dopo l’ondata delle notizie delle notti presunte allegre del premier nostrano si sono dovuti confrontare con lo tsumami che ha travolto Dominique Strauss Kahn e che era giocoforza rapportare all’analogo chiodo fisso del nostro premier.
Ferrara e il Ciellino esperto di Madonne miracolose Antonio Socci hanno aperto le danze con diversi pezzi nei quali si scagliavano ostentando terribile livore contro il “moralismo” a loro pare ipocrita della sinistra, che non sarebbe legittimata a dire nulla in campo di giudizi morali perché avendo generato nel suo interno il famoso ’68 artefice di ogni forma di Sodoma e Gomorra sarebbe lei stessa la causa vera del basso livello morale della società attuale.
Personalmente sono convinto che se il ’68 è già passato alla storia come il tentativo (lo riconosco purtroppo non riuscito) di portare “la fantasia al potere”, il berlusconismo passerà alla storia come il movimento politico che ha portato (con successo) “la volgarità al potere”.
Il voler negare l’evidenza sia nel caso Berlusconi sia nel caso Strauss Kahn lo trovo prima di tutto un insulto all’intelligenza dei lettori, che prima o poi se ne accorgono e reagiscono.
Il fenomeno sopra descritto degli strani “cattolici” berlusconiani si può leggere da due angolazioni diverse.
Da parte berlusconiana è tutto sommato comprensibile, perché su questi argomenti scabrosissimi se uno vuol essere berlusconiano non può far altro che arrampicarsi sugli specchi con argomentazioni che non valgono la fatica di produrle.
Dalla parte del comportamento della chiesa, essendo lei sì legittimata a dire chi e che cosa è cattolico o non cattolico si fa un po’ fatica a perdonare la doppia morale che è stata sostenuta fino a ieri pur sapendo che tanti cattolici , che politicamente si ritrovano a destra come a sinistra
ne rimanevano scandalizzati in senso evangelico.
Fortunatamente, pur essendo i “fedeli” una schiera in costante restringimento, la struttura ramificata territorialmente in modo molto diffuso ha consentito alle gerarchie se pure in ritardo di avvertire l’irritazione della base che era già diventata indignazione e di decidere di abbandonare Berlusconi al suo destino.
Ma rimanendo in argomento,prima obbiezione : ammettiamo pure che le gerarchie si siano accontentate dei privilegi che il berlusconismo concedeva a piene mani insieme a leggi sulla bioetica con l’imprimatur vaticano, ma non potevano trovare qualcuno un po più qualificato per fargli fare la parte del “cattolico berlusconiano”? Come hanno fatto ad accontentarsi dei Ferrara, dei Pera, Rocella, Scaraffia, non c’erano più teologi nelle facoltà pontificie?
Seconda obbiezione : comunque uno pensi in campo cattolico con una sensibilità più tradizionalista o con una apertura al rinnovamento, non è sempre stato riconosciuto il principio primo che tutti ci si ritrova e ci si deve ritrovare nella scrittura?
Se è così, che c’entrano il potere ,l’imposizione di regole “cattoliche” con la coazione della legge civile, la ragion di stato ,con l’evangelo?
martedì 21 giugno 2011
La Repubblica è fondata sul lavoro, la destra è fondata sui faccendieri
La sottile ma martellante disinformazione della destra con i suoi sovrabbondanti mezzi di comunicazione ci ha abituati ad un finto “politicamente corretto” per il quale le professioniste del sesso non si chiamano più come si sono sempre chiamate ma sono diventate “escort”.
Con la stessa arrogante protervia i faccendieri che infestano e inquinano la politica, dopo l’arresto di Bisignani non sono più faccendieri ma “lobbisti” ai quali sarebbe giusto fornire un ufficio in parlamento come fa il Congresso Usa.
Tralasciamo il fatto che politologi di prima grandezza come John Talbott hanno pubblicato testi documentati per far capire agli americani che le lobbie che si comprano la politica stanno minando le basi della democrazia e quindi è necessario sbatterli fuori dai palazzi del potere.
Rimaniamo in Italia.
Nella prima repubblica i faccendieri c’erano eccome, solo che siccome i loro nomi venivano fuori regolarmente o come retrobottega delle stragi o come retrobottega dei grandi scandali nazionali (tangente Enimont etc) gli interessati cercavano di tenere il profilo più basso possibile e nel mondo dei potenti anche se molti o tutti li conoscevano, venivano trattati pubblicamente come appestati.
Oggi dopo vent’anni di berlusconismo vediamo che invece della “rivoluzione liberale” l’unica rivoluzione clamorosa che ha acquisito il paese è “la volgarità al potere”.
Ed allora il fatto che il potere venga gestito da persone che non hanno alcuna legittimazione istituzionale e quindi nessuna investitura democratica e quindi non sono tenuti ad alcuna trasparenza viene descritto come un fatto del tutto normale e poi diamine il giovanotto è anche belloccio e simpatico, veste in doppiopetto, prima di darti la mano si cura di strofinarsela per non darti la spiacevole sensazione di umidiccio come recita il manuale del buon manager berlusconiano, che c’è da ridire?
Come faceva il giovanotto a sapere cose che non avrebbe dovuto e non avrebbe potuto assolutamente sapere, perché non le sapevano nemmeno i magistrati colleghi dei titolari delle inchieste?
Il sottile, ma non tanto, giochetto dei ricatti è un inquinante della democrazia o no?
E poi, vivaddio guardiamoci dal parlare di P3 o P4, del resto non è vero che anche la P2 era tutta un’invenzione senza fondamento, come dicono il Giornale, Libero, il Tempo i Tg di Mediaset ecc?
Qui fermiamoci e prestiamo attenzione perché siamo arrivati al nocciolo del problema.
Se i petrolieri americani fanno pressione (lobby) perché i politici, che contattano diano retta a loro e non ai lobbisti delle aziende che vendono impianti per energie rinnovabili, fanno il loro mestiere e per di più alla luce del sole, perché non rilasciano bustarelle ma assegni che sono soggetti a pubblicità nei bilanci dei partiti e dei comitati elettorali dei politici.
Se i faccendieri italiani ricattano perché certi appalti vadano al Tizio invece che a Sempronio o agli alti vertici dello stato venga nominato Caio invece che Mevio, le cose sono ben diverse e sono terreno di accertamento della giustizia penale.
Se poi i faccendieri italiani fanno un passo successivo e si consorziano in una cupola segreta come era successo con la P2 la cosa diventa una minaccia alla stabilità dello stato.
Ho un ricordo personale di un incontro con Tina Anselmi, gagliarda ex partigiana cattolica, presidente della commissione parlamentare sulla P2, alla fine del suo mandato, invitata a rassicurare il popolo democristiano ,abbacchiato dal marciume che veniva fuori da tutte le parti.
Per carattere e storia personale non si sarebbe lasciata intimidire nemmeno dal diavolo, ma non riuscì assolutamente a rassicurare. Era chiaro che avvertiva il fatto che il potere politico (rappresentato dall’ultimo Forlani) era troppo debole e inquinato per spazzare via i piduisti.
Figuriamoci questi dilettanti allo sbaraglio del berlusconismo al tramonto.
Siamo costretti a sperare al solito nella magistratura, che almeno loro tengano duro.
Con la stessa arrogante protervia i faccendieri che infestano e inquinano la politica, dopo l’arresto di Bisignani non sono più faccendieri ma “lobbisti” ai quali sarebbe giusto fornire un ufficio in parlamento come fa il Congresso Usa.
Tralasciamo il fatto che politologi di prima grandezza come John Talbott hanno pubblicato testi documentati per far capire agli americani che le lobbie che si comprano la politica stanno minando le basi della democrazia e quindi è necessario sbatterli fuori dai palazzi del potere.
Rimaniamo in Italia.
Nella prima repubblica i faccendieri c’erano eccome, solo che siccome i loro nomi venivano fuori regolarmente o come retrobottega delle stragi o come retrobottega dei grandi scandali nazionali (tangente Enimont etc) gli interessati cercavano di tenere il profilo più basso possibile e nel mondo dei potenti anche se molti o tutti li conoscevano, venivano trattati pubblicamente come appestati.
Oggi dopo vent’anni di berlusconismo vediamo che invece della “rivoluzione liberale” l’unica rivoluzione clamorosa che ha acquisito il paese è “la volgarità al potere”.
Ed allora il fatto che il potere venga gestito da persone che non hanno alcuna legittimazione istituzionale e quindi nessuna investitura democratica e quindi non sono tenuti ad alcuna trasparenza viene descritto come un fatto del tutto normale e poi diamine il giovanotto è anche belloccio e simpatico, veste in doppiopetto, prima di darti la mano si cura di strofinarsela per non darti la spiacevole sensazione di umidiccio come recita il manuale del buon manager berlusconiano, che c’è da ridire?
Come faceva il giovanotto a sapere cose che non avrebbe dovuto e non avrebbe potuto assolutamente sapere, perché non le sapevano nemmeno i magistrati colleghi dei titolari delle inchieste?
Il sottile, ma non tanto, giochetto dei ricatti è un inquinante della democrazia o no?
E poi, vivaddio guardiamoci dal parlare di P3 o P4, del resto non è vero che anche la P2 era tutta un’invenzione senza fondamento, come dicono il Giornale, Libero, il Tempo i Tg di Mediaset ecc?
Qui fermiamoci e prestiamo attenzione perché siamo arrivati al nocciolo del problema.
Se i petrolieri americani fanno pressione (lobby) perché i politici, che contattano diano retta a loro e non ai lobbisti delle aziende che vendono impianti per energie rinnovabili, fanno il loro mestiere e per di più alla luce del sole, perché non rilasciano bustarelle ma assegni che sono soggetti a pubblicità nei bilanci dei partiti e dei comitati elettorali dei politici.
Se i faccendieri italiani ricattano perché certi appalti vadano al Tizio invece che a Sempronio o agli alti vertici dello stato venga nominato Caio invece che Mevio, le cose sono ben diverse e sono terreno di accertamento della giustizia penale.
Se poi i faccendieri italiani fanno un passo successivo e si consorziano in una cupola segreta come era successo con la P2 la cosa diventa una minaccia alla stabilità dello stato.
Ho un ricordo personale di un incontro con Tina Anselmi, gagliarda ex partigiana cattolica, presidente della commissione parlamentare sulla P2, alla fine del suo mandato, invitata a rassicurare il popolo democristiano ,abbacchiato dal marciume che veniva fuori da tutte le parti.
Per carattere e storia personale non si sarebbe lasciata intimidire nemmeno dal diavolo, ma non riuscì assolutamente a rassicurare. Era chiaro che avvertiva il fatto che il potere politico (rappresentato dall’ultimo Forlani) era troppo debole e inquinato per spazzare via i piduisti.
Figuriamoci questi dilettanti allo sbaraglio del berlusconismo al tramonto.
Siamo costretti a sperare al solito nella magistratura, che almeno loro tengano duro.
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