I giornali della destra e fra loro soprattutto Libero che non indulge mai in giri di parole politicamente corrette titolano pressappoco così “Scola a Milano per mettere in riga Pisapia”.
Se la pensano veramente così penso di potere anticipare che dovranno cominciare a curarsi il mal di fegato per la rabbia e la delusione.
Il fatto che Scola provenga da CL è solo uno dei suoi dati biografici , significativo, ma uno dei tanti e non il principale.
Mi si passi il paragone un po’ ardito, ma oggi chi andrebbe a rinfacciare a Gad Lerner di essere stato in gioventù di Lotta Continua, come se una appartenenza negli anni giovanili dovesse essere intesa come una presa di ordini monastici.
Non è così, Scola come tanti giovani cattolici di quegli anni è stato formato negli ambienti di Comunione e Liberazione, ma poi è andato lontano e non in ragione di quella sua giovanile appartenenza, ma dei suoi numeri personali.
Non per essere cattivo, ma vorrei ricordare che Don Giussani non è mai stato gratificato della porpora e nel mondo ecclesiastico nulla avviene per caso.
Scola a differenza degli altri vescovi di formazione CL è una personalità con una caratura intellettuale non paragonabile.
Facciamo pure nomi e cognomi, Negri vescovo di San Marino era ed è rimasto un specie di Suslov ciellino (l’incorruttibile ideologo del Politburo dell’URSS di infausta memoria) senza avere operato alcuna maturazione visibile da quando fra gli anni 60 e 70 scriveva le più strampalate note di dottrine sociali e politiche per conto di CL.
Il Cardinale Caraffa arcivescovo di Bologna , pure lui di provenienza ciellina è rimasto uno dei tanti tradizionalisti senza alcuna flessibilità, né maturazione di alcun genere.
Di provenienza CL ci sono altri 10 vescovi in giro per il mondo ma nessuno dei loro nomi richiama nulla di particolare.
Il caso di Scola è diverso sia come si diceva per la caratura personale dal punto di vista dell’intelligenza e della cultura dell’uomo sia per le sue caratteristiche caratteriali fatte di apertura umana e di naturale predisposizione al dialogo.
I giornali ricordano di continuo come presunta ragione determinante per la scelta di papa Ratzinger a favore di Scola, la sua presenza appunto con Ratzinger nella redazione della rivista Communio, nata alla fine del Concilio Vaticano II per buttare quanta più acqua possibile sulle idee conciliari diffuse dalla ben più seguita rivista teologica Concilium, sulla quale avevano scritto tutti gli ispiratori di quel concilio soprattutto di cultura francese e del Nord Europa.
Non contestavano le dichiarazioni conciliari, contestavano il clima culturale di quegli anni che spingeva per fare del Concilio solo una tappa per un rinnovamento radicale della chiesa che loro non volevano.
Ma non è qui, cioè nella teologia che va ricercato il vero Scola.
Scola ha si ricoperto delle cattedre di teologia, ma molti vaticanisti riconoscono che difficilmente si può ravvisare in lui la stoffa del teologo, cioè il suo pensiero non è mai riuscito ad elaborare nulla di sistematico.
Le qualità dell’uomo sono altre e le abbiamo sopra accennate.
La sua apertura al dialogo gli ha consentito ad esempio di impostare un serio lavoro di dialogo e di confronto con la cultura religiosa soprattutto islamica, come testimoniato dalla rivista Oasis che il Patriarcato di Venezia porta avanti ormai da anni.
I cattoliconi di osservanza berluschina e peggio ancora leghista ci rimarranno ben male quando il nuovo arcivescovo si farà in quattro per dare agli islamici una degna moschea a Milano, come è consequenziale alla sua linea di pensiero.
Bacchetterà le probabili iniziative di Pisapia sul registro delle unioni omosessuali o altre iniziative di questo genere? Sicuramente sì, ma è probabile che lo farà con spirito di apertura cercando di capire il punto di vista di chi la pensa diversamente da lui.
Chi si aspettava di vedere arrivare un tradizionalista chiuso e inflessibile, ci rimarrà male.
Scola non è né Caraffa né Negri.
E chissà che riesca ad andare anche oltre le aperture che ha già acquisite.
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