mercoledì 12 novembre 2014

Renzi si allei anche col diavolo, ma deve farcela, per evitare che ci venga imposta la disastrosa cura della Troika



E' singolare che su questo blog si siano dette peste e corna su Berlusconi per anni.
Che quando è spuntato Renzi, lo si sia tacciato di essere un'ulteriore anomalia della politica italiana, in sovrappiù rispetto a Berlusconi.
Che quando i due si sono alleati nel patto del Nazareno, a coronamento dell'ossessione del Quirinale per le "grandi intese", si sia detto che quella era la peggiore delle soluzioni possibili.
E' singolare che, con quelle premesse, ci si senta costretti oggi, se non proprio a fare il tifo per Renzi, ma almeno ad augurargli di tenere duro, per strappare delle riforme significative.
Perché a Bruxelles lo hanno detto ben chiaro, o l'Italia mostra di essere in grado di realizzare le riforme subito o si aprono le procedure in infrazione, cioè in pratica arriva la troika a farcele fare, in forza della cessione di potere a suo favore, che le conferiscono i trattati, distrattamente firmati dai grandi politici, che hanno preceduto Renzi.
Dove la troika è arrivata, si è insediata ed ha operato (Grecia, Portogallo e Irlanda), i risultati sono lì da vedere : conti più in ordine ,ma welfare state al lumicino , disoccupazione fuori controllo, ceto medio distrutto e impoverito.
Si può e si deve evitare questo ulteriore impoverimento del paese.
L'Italia non è un piccolo paese, come quelli sopra elencati, è il terzo più  grande paese dell'Europa.
Oggi indebolito da decenni di stagnazione e di mal-governo , del tutto sfiduciato, e con una società al limite della sopportazione.
E infatti, nelle strade e nelle piazze  sembrano improvvisamente materializzarsi i malefici fantasmi degli estremismi violenti.
L'abile giovane leader della Lega, Matteo Salvini, sta furbamente ponendosi come credibile esponente del Lepenismo all'italiana, capace di catalizzare malcontenti, indignazioni e umiliazioni subite.
E questo lo fa volare nei sondaggi.
Del resto lo spazio della destra in Italia, dopo il disfacimento del Movimento Sociale, era rimasto vuoto e senza una rappresentanza di un qualche rilievo,e  quindi lo spazio c'è per un movimento lepenista.
Renzi, di sinistra, ha veramente pochino, pochino, ma questo alla gente sembra interessare sempre di meno, perché a questo punto, quello che interessa è vedere le cose cambiare veramente.
E se allora, per trovare i numeri necessari in parlamento, per fare le riforme, la strada più facile è quella di tenere politicamente in vita un Berlusconi, che sembra in forma come il Mussolini, fatto prelevare da Hitler dalla prigionia del Gran Sasso, lo si faccia, tanto ne abbiamo già viste di tutti i colori.
Se poi i deliri narcisistici di Renzi e Casaleggio, consentiranno di fare uscire dal frigorifero il secondo partito italiano, cioè i 5Stelle, per farlo partecipare al rinnovamento, questa sarebbe una gran cosa, perché farebbe intravedere un futuro un po' più pulito.
Contano poco le piazze riempite, a comando, da sindacalisti capaci di fare scattare l'orgoglio di vecchie identità ed idealità, nei padri dei giovani operai, ma che non sanno dire nulla ai giovani operi medesimi.
Parlare al passato, in un mondo globalizzato, che ha appena schierato in Cina il 60% dell'economia mondiale. costituita dalla somma delle economie dei paesi del Pacifico, è una operazione patetica.
Oggi il mondo corre e chi si attarda sugli articoli 18, pensando di salvargli l'anima, sta perdendo il treno.
Bisogna fare riforme radicali per liberare un paese vecchio e ingessato, in modo da dare lavoro a una generazione di giovani che è stata tradita.
Ci vogliono dei risultati concreti entro l'anno.
A Renzi manca, e lo abbiamo detto e ripetuto nei post precedenti, l'anima, che i veri grandi leader politici assumono da una visone strategica a lungo periodo, basata su una cultura politica condivisa.
Non mi sembra però trascurabile il periodico ricorso che fanno Renzi e i suoi seguaci, alla "Leopolda", cioè a seminari dove si va non per far propaganda, come alle vecchie feste dell'Unità, copiate e ripetute in fotocopia da tutti gli altri partiti.
Ci si va per ascoltare il contributo, che possono dare intellettuali e manager, proprio per decifrare un futuro complicato e difficile e per fare delle proposte.
E' importante recuperare il ruolo degli intellettuali per la politica.
Oggi questo ruolo è stato perso o svilito.
Fa decisamente pena vedere nei mille talk show televisivi, tutti uguali o quasi, per fare un esempio, un intellettuale di vaglia, come Cacciari, capace di discettare in una sede accademica sul concetto di alterità di dio in Agostino per due ore, fingere disgusto per doversi confrontare con le banalità ripetitive, che solo può produrre una Santanchè, quando sapeva benissimo in partenza, che in quelle sedi televisive, non si può fare altro che riscaldare il solito minestrone, che alla fine non sa più di niente.

Renzi può darsi l'anima, che non ha, se imparerà, fra le altre cose, ad ascoltare chi può pensare anche per lui, che non pensa molto, con la scusa che ha molto da fare.

venerdì 7 novembre 2014

Le religioni spingono alla fraternità o alle guerre ?



Pensiamo a un luogo considerato altamente  simbolico per la sua singolarità : la spianata delle moschee a Gerusalemme.
Qui le tre religioni abramitiche dovrebbero incontrarsi e invece sono periodica e  costante fonte di odio.
Appena spento il focolaio di Gaza, ecco che basta il gesto inconsulto del solito mentecatto di turno, in cerca di visibilità, che sia un rabbino ultraconservatore o un estremista islamico , per rischiare di riaccendere l’incendio della lotta di religione.
Voltaire sorriderà dalla tomba, con quel suo sorriso sardonico, come per dire : ve l’avevo detto che  per vivere  in pace nella modernità, occorre superare i pregiudizi delle religioni.
Non vi bastano la scienza , la filosofia e l’arte e la cultura?
Se andassimo a cercare il giudizio obiettivo della storia sull’influsso delle religioni sullo sviluppo  o sul  degrado della civiltà , sarebbe difficile non osservare che la bilancia pende vistosamente a sfavore delle religioni.
Nessuno può negare le buone intenzioni, insite in tutte le mitologie –  rivelazioni , sulle quali si fondano le religioni della terra.
Le religioni nascono dalla forte domanda di senso della vita e prima ancora di superamento- contenimento della paura ancestrale della morte e dalla posizione debole dell’uomo di fronte alle forze di una natura spesso matrigna.
Ci sono  biblioteche di analisi antropologica che hanno appurato queste radici.
Oggi i forti progressi che ha avuto  la  ricerca nelle neuroscienze, hanno consentito di fare ulteriori passi avanti nella spiegazione delle ragioni della  tendenza umana a credere nelle religioni .
Usando gli strumenti potentissimi che la tecnologia ha messo a disposizione degli scienziati per studiare il cervello umano mentre opera e quindi anche quando viene impiegato per esprimere giudizi morali o negli atti di ritenuti di dialogo con la divinità.
Ci sono macchine in grado di fare specie di fotografie, definite neuroimmagini di particolari funzioni cerebrali che conserntono di verificare a livello  orami sperimentale situazioni e fenomeni assolutamente inaspettati.
Innanzi tutto i concetti di personalità e di libero arbitrio vengono seriamente ridimensionati.
Nel senso che si è appurato che noi non prendiamo decisioni dopo avere esaminato in modo analitico situazione e alternative, come eravamo convinti che  fosse pacifico.
Le cose non funzionano così e non sono mai funzionate così.
Il nostro cervello invece regolarmente  ci precede imponendoci reazioni ed azioni sulla base di impulsi ancestrali e “pregiudizi”, archiviati nel data base del nostro cervello.
E questi pregiudizi si sono archiviati non sulla base di analisi razionali, ma sulla base dei sentimenti  - emozioni, che  abbiamo provato.
Questo non significa che l’uomo sia schiavo di un meccanicismo assoluto.
Siamo pur sempre dotati di un margine di libertà dovuto alle acquisizioni culturali ed al nostro interagire con l’ambiente, ma rimane il fatto che il nostro grado di libertà è  parecchio più  limitato di  quello che credevamo.
Chi volesse approfondire questo formidabile argomento può  ad esempio consultare  il testo di Corbellini e Sirogiovanni : “tutta colpa del cervello” Mondadori Università.
Essendo però il processo sopra descritto del tutto contro- intuitivo, noi ci costruiamo continuamente “autoinganni” sotto forma di narrazioni con le quali falsificando il processo reale, ci rappresentiamo di essere  arrivati ad un determinato giudizio o alla giustificazione di  una particolare azione a seguito di un procedimento di analisi razionale,  che in realtà non c’è mai stato.
La religione è uno dei meccanismi principe usati per elaborare quelle auto- narrazioni.
Le conseguenze di queste acquisizioni scientifiche sono estremamente consistenti.
Ne elencherò alcune.
Innanzitutto siamo di fronte alla dimostrazione usando il metodo scientifico che la tendenza alla religione non può essere assunta come un merito o un demerito, perché fa parte di un meccanismo inconscio, cioè automatico, sul quale non abbiamo controllo se non a posteriori.
Per molte religioni, compresa quella cattolica, l’avere creduto è considerata come il massimo  dei meriti  per conquistare la vita eterna.
Si vede quindi  quale formidabile scossone queste acquisizioni causeranno agli apparati della teologia.
La fede religiosa si basa secondo la teologia  cattolica non su  possibili dimostrazioni empiriche come succede nel campo della scienza.
Ma esisterebbero due ambiti diversi di  speculazione una appunto quella empirica sulla quale si basa la scienza moderna, e poi un altro tipo di ragionamento basato sull’autorità di una rivelazione divina, non dimostrabile con gli strumenti del metodo scientifico.
Il discorso delle due vie , non per niente da sempre Basato anche su una visone del mondo dualistica materia- spirito, casca completamente sulla base delle acquisizioni delle neuroscienze delle quali si è sopra parlato, perché queste dimostrano che esiste una base naturalistica del pensiero, di sentimenti eccetera, che può essere indagata dettagliatamente con gli strumenti della scienza moderna, cosa che una volta di più sta a dimostrare che di conoscenza ce né una sola ed è quella acquisibile  col metodo scientifico
Al di fuori di quella non c’è nulla che sia sensato prendere per credibile.
Le religioni sono quindi degli “autoinganni” ai quali ricorriamo non per nostro merito e demerito ma perché a questo ci induce il funzionamento del nostro cervello, ma questo non significa affatto che sia una cosa positiva e utile e che non vada invece contrastata, una volta che avessimo preso coscienza del fatto che si tratta di un auto-inganno.
Intendiamoci, queste scoperte sono molto recenti e probabilmente non sono ancora nemmeno conosciute o studiate dalle gerarchie delle varie chiese.
Ma come era stato a suo tempo per la rivoluzione darwiniana anche questa dovrà essere metabolizzata.
Del resto se torniamo al punto di partenza e cioè alla spianata delle moschee a Gerusalemme,  qui siamo ancora di fronte ad auto- inganni di altro tipo.
Chi può dimostrare che quei luoghi abbiano un  qualche legame reale con le narrazioni che le mitologie religiose  loro attribuiscono ?
Nessuno, anzi l’avanzamento dell’archeologia regolarmente sconfessa quanto a luoghi e monumenti le religioni hanno caricato : dal muro del tempio a tutto il resto.
E dunque perché cessi la  follia delle guerre di religione occorre inevitabilmente che la gente si secolarizzi e superi i pregiudizi religiosi.
Gli israeliani  contrariamente a quel che si pensa comunemente ci sono già arrivati.
La gioventù delle grandi città israeliane è fra le più secolarizzate.

Molto più difficile il discorso fra gli  islamici.

giovedì 30 ottobre 2014

Renzi sta attuando una svolta verso un autoritarismo morbido



Può anche  essere  che il paese sia talmente mal ridotto dal richiedere una nuova struttura del potere  orientata ad un autoritarismo morbido, per non affondare, ma certo la cosa è scivolosa e comporta dei rischi dei quali è bene essere consapevoli.
Questo è il terzo post successivo, che mi trovo a scrivere su questo argomento, ma credo che sia necessario approfondire  bene gli aspetti di questa  tendenza in atto.
Del resto ieri il  Corriere della  Sera ha pubblicato, e con più rilievo del solito, un articolo del liberale  storico Piero Ostellino di una pesantezza  veramente inusitata sulla svolta autoritaria  morbida, che Renzi sta imprimendo al paese.
Ostellino esprime la sua totale contrarietà a Renzi ed ai suoi  metodi, io invece comincio a pensare che  la situazione del  paese sia talmente grave da indurre  a tollerare anche una  tendenza  a  un autoritarismo morbido, se non c’è altro mezzo  per contrastare chi non vuole cambiare  nulla  e si mette di traverso a qualsiasi riforma seria.
Certo bisogna tenere gli occhi aperti , rimanere vigili e reagire se il “ragazzotto fiorentino”, come lo chiama Ostellino, dovesse allargarsi troppo e  uscire dai binari essenziali del metodo democratico.
Le cose che Ostellino imputa a Renzi come  errori imperdonabili, sono le stesse che avevamo elencato nei due post precedenti.
- la  pratica distruzione del PD per ridurlo ad un partito personale, vendendo la “rottamazione” della vecchia e storica classe politica come una comoda scusa per  prendersi tutto il potere, comporta una cosa grave e impoverente, che consiste nell’abbandono delle radici di due tradizioni e culture politiche, quella ex comunista e quella cattolico-popolare.
Nessuno rimpiange vecchie figure politiche  (D’Alema, Bindi, Bersani ecc.) che non hanno grandi realizzazioni da elencare a propria gloria.
Ma solo  degli  sciocchi  incolti potrebbero dire che le  culture politiche che costoro evocano, sono da buttar via e da dimenticare, perché tutti sanno, che se chi fa politica non ha  riferimenti di cultura poliitca precisi, non ha nemmeno una strategia politica  a lungo periodo ed allora vive alla giornata ed il suo far politica si riduce alla conquista ed alla conservazione di un potere personale e di gruppo;
-l’analoga e speculare distruzione del  sindacato
Tutti sappiamo che il sindacato come è interpretato dalla triplice (GCIL,CISL,Uil) sta attraversando una crisi strutturale pesante perché trova il suo punto di forza nei pensionati che non sono più lavoratori, tutela solo i già tutelati e non si occupa  abbastanza dei giovani precari, che ovviamente non pensano nemmeno di iscriversi a sindacati che per loro non sono di nessun aiuto.
Ma ridicolizzare il sindacato significherebbe ignorare  la storia di progresso che gli sta dietro.
Senza il sindacato  nessuno altro avrebbe provveduto a strapare a una classe imprenditoriale spesso  incapace di guardare lontano condizioni di lavoro adeguate e nessuno avrebbe fatto in loro vece quell’opera di educazione alla democrazia della quale una classe lavoratrice di educazione un tempo parecchio bassa aveva assolutamente bisogno.
E quindi va anche bene troncare il costume  anomalo della concertazione del passato, quando i sindacarti erano elevati al rango di forze politiche, perché quello non è il loro ruolo, ma c’è modo e modo di fare le cose.
Chi pure in modo inadeguato porta avanti una tradizione storica di progresso, va trattato riconoscendogli la dignità che tale tradizione  richiede.
Se si irride alla storia ed ai suoi valori è finita.
- i metodi sbrigativi alla Renzi, saranno anche apprezzati da un’opinione pubblica sfiduciata e stanca dal modo di muoversi a vuoto della vecchie classi politiche ,ma rimangono discutibili.
Va bene vendersi all’opinione pubblica ed ai media internazionali come l’”energetic italian Prime Minister”,  titolo che in passato non si ricorda sia stato attribuito ad altri.
Bisognerebbe risalire forse a Fanfani, ma in un contesto radicalmente diverso.
Se per fare risaltare la figura del premier occorre circondarlo da una  corte di ministri e graziose ministre “senza né  arte né parte”, il gioco diventa un po’ sporco e sarebbe meglio farla finita.
Se nessuno di  questi  membri del governo si dimostra in grado di esercitare la delega nella materia della quale è ministro o sotto- segretario, perché, se lo facesse, rischierebbe regolarmente di essere stroncato, cinque minuti dopo, da uno sbrigativo twitter del capo, questo governo non sta certo dando un esempio di organizzazione aziendale.
Concedetemi la battuta sproporzionata,ma almeno Mussolini, che come autocrate  ci sapeva fare,  aveva avuto l’intelligenza di correre il rischio di avvalersi della collaborazione di pesi massimi come Giovanni Gentile, che nel loro campo lo mettevano necessariamente in ombra e in secondo piano.
Renzi non ha ancora capito che non si fa così.
Se un certo livello di autoritarismo, decisionismo o chiamatelo come volete, oggi diventa probabilmente indispensabile per contrastare caste, corporazioni, eccetera, che si opporranno strenuamente a qualsiasi cambiamento ,occorre però esercitarlo in modo non macchiettistico, diversamente Renzi rischia di cadere nel ridicolo a scapito dell’autorevolezza.
A differenza di quanto pensa  Ostellino, però non trascurerei l’indubbio favore popolare che incontrano alcune posizioni decise che Renzi ha assunto.
Verso la casta della magistratura  per esempio; verso i sindacati, anche se non avrebbe guastato  usare un minimo di garbo; ma soprattutto verso la tecnocrazia di Bruxelles, in questo caso la mancanza di garbo di Renzi ha colto  la mia completa approvazione e il loro totale stupore, perché era dai tempi ormai lontani del sanguigno Marcora, ministro dell’agricoltura degli anni ultimi anni ‘60 ,primi 70 che gli italiani non osavano tanto.
Gli 80 € e l’anticipazione del TFR sono meglio che niente, in tempi di crisi.
Ricorrere a decreti e voti di fiducia è inevitabile in queste situazioni.
Che Renzi  occupi la TV in pianta stabile, peggio del peggiore Berlusconi, è cosa che  disgusta, ma se gli italiani non leggono i giornali e vedono solo la Tv, occorre farlo.
Fare un accordo col solo Berlusconi, disgusta ancora di più,  ma se Renzi non ha la maggioranza deve andare a cercare i voti dove li trova, e francamente, intorno al tavolo del Nazareno,col cappello in mano c’era più Berlusconi che Renzi.
Il tutto però “sub conditione” ,e cioè, che dagli annunci si passi a realizzare alcune riforme di peso.
Con decreto , voto di fiducia, qualche voto indecente del “soccorso  azzurro”  berlusconiano, se indispensabile, purché si facciano queste riforme.
Ostellino, sul piano della analisi politica,  ha ragioni  da vendere.
Ma purtroppo, la classe dirigente italiana non ha avuto l’opportunità di studiare ad Oxford.
La nostra classe dirigente è quella dei comandanti Schettino.
In queste condizioni,  è probabilmente indispensabile introdurre una dose sensata di autoritarismo.




martedì 21 ottobre 2014

Per sbloccare il sistema occorre ripristinare l’autorità dello stato, oggi i governi non vanno da nessuna parte, perché non comanda più nessuno




Quand’anche ci fossero i soldi per far fronte alle necessità più sentite (disoccupazione, infrastrutture, ambiente, scuola ecc.), qualsiasi governo non combinerebbe pressoché nulla, perché il sistema è ormai bloccato (burocrazia, corruzione, giustizia che non funziona ecc.).
In altre parole e per condensare il concetto con poche parole, anche se imprecise, nessun governo non può combinare pressoché nulla, perché in Italia non comanda più nessuno, e  non comanda  più nessuno perché il potere reale è stato  suddiviso in troppi pezzi, per un malinteso senso di iper -democrazia e di iper- garantismo.
L’introduzione poi di un iper-federalismo, assurdo , sproporzionato e pasticcione con la riforma costituzionale del 2007, ha definitivamente messo il sistema k.o.
Ma è già da prima e cioè fino dallo stallo dei grandi  partiti di massa, cioè fino dagli anni 70 in poi, che è  cominciato il declino del sistema per incapacità di governare alcunché.
E così, strada facendo, tutti i problemi si sono incancreniti ed ora in qualsiasi settore si mettano le mani, occorre affrontare problemi sistemici.
Non è vero che oggi la società e la politica sono diventati “liquidi” a causa della fine delle ideologie e perché le distinzioni fra destra e sinistra non avrebbero più alcun significato.
Sembra che abbiano perso significato, perché la gente ha avuto modo di verificare il fatto  che, governi la destra o la sinistra, non cambia nulla, perché nessuno è più in grado di governare, non perché  siano finite le distinzioni e la diversità dei valori di riferimento fra destra e sinistra.
Si arriva così all’assurdo, che conferma pienamente quello che stiamo dicendo, che visto l’impasse, destra e sinistra si mettono a governare insieme, e che anche in queste incongrue coalizioni, nessuno riesce a combinare più nulla.
Che il sistema sia  bloccato per cause sistemiche lo si è visto in questi giorni, quando si sono verificati nuovamente gravi danni, a causa dei periodici allagamenti di vaste zone del paese.
È tempo perso, al fine della risoluzione dei problemi, andare a cercare nei singoli territori le cause ultime di quei disastri (inerzia dei responsabili, sentenze dei Tar che bloccano gli appalti , mancanza di finanziamenti ecc.).
Perchè con questo sistema non si va più da nessuna parte.
Di fronte ai disastri, come quelli degli ultimi giorni,  si sente dire dai  vari  bar sport ai  salotti televisivi, che quando questi eventi si verificano in Cina, generalmente, i problemi vengono risolti con opere sollecite ultimate in tempi record.
Verissimo, ma questo si verifica non perché la Cina disponga di capacità superiori alle nostre.
L’Italia ha infatti imprese di costruzione per grandi opere al top mondiale, quanto a capacità tecniche e organizzative, tanto che queste imprese vincono regolarmente appalti di grandi opere pubbliche in tutto il mondo.
Non è quello che ci manca, quello che ci manca è la capacità di decidere, di governare, che invece per esempio la Cina possiede.
In quel  paese si riesce a decidere in poco o pochissimo tempo e poi a governare l’attuazione dei deliberati con altrettanta velocità.
Si noti l’importanza di avere ben chiaro il concetto ,che per governare, occorre padroneggiare bene due fasi ugualmente essenziali  : quella della decisione politica che sfocia nell’adozione di atti legislativi, e poi la capacità   di gestire l’attuazione dei deliberati.
Da noi, quand’anche un governo riesca, faticosamente, a fare uscire dal consiglio dei ministri una qualunque riforma, regolarmente annacquata e divenuta incoerente o monca per accontentare tutti, questi stessi governanti, di grande prosopopea, ma spesso del tutto ignari  del funzionamento della macchina amministrativa, si limitano a  fare leggi.
Ma non sanno poi governare per esempio l’emissione dei regolamenti attuativi, lasciati all’assurdo “concerto” di diversi ministeri, regioni, conferenze dei comuni eccetera, eccetera.
Figurarsi poi se sanno seguire l’attuazione vera e propria, impartendo ordini alla casta dei direttori generali dei ministeri,ormai divenuta indipendente e potere a sé.
E così, passano anni,con un nuovo decreto in vigore, nel senso che è pubblicato in gazzetta ufficiale, ma che non sarà mai attuato,anche solo per la pratica macchinosità di questi “concerti”.
Poi bisogna vedere se il decreto sarà coperto da un finanziamento effettivo e non di fantasia e quand’anche superi tutte le burocratiche strettoie, per fare qualsiasi opera di un qualche rilievo occorre,,n caso di opere,fare un appalto.
Occorre quindi che organi tecnici dell’amministrazione preparino un capitolato e si arrivi alla gara.
Spesso, essendo questa classe politica corrotta fino al midollo, ci si cura solo che il capitolato venga cucito su misura della ditta, che si vuole far vincere, annullando così il senso della gara.
Ma anche ammettendo che la corruzione non si intrometta, ecco che tutto rallenta,  un po’ perché l’amministrazione stessa non dispone più di organi tecnici adeguati, un po’ perché le leggi sugli appalti, sono state combinate in modo pazzesco, con un regolamento di seicento e rotti articoli.
In questo labirinto, scritto volutamente in sanscrito, gli unici che ci sguazzano sono i legali, i commercialisti ed i consulenti delle ditte, che ci mettono del loro per ricorrere ai Tar e bloccare tutto.
Perchè sui seicento articoli, appena nominati, anche un avvocaticchio di provincia non fa fatica a trovare l’articolo  il comma o il codicillo ,per giustificare una causa.
E tutto si ferma, dopo avere transitato a velocità da lumaca per anni.
E così non si fa nulla, anche quando i soldi ci sono, e spesso ci sono, come nel caso dei lavori di sistemazione del corso del Bisagno a Genova.
Poi bisogna porre rimedio al balletto  dei ricorsi ai Tar.
Sacrosanto, ovviamente, garantire la tutela giurisdizionale, ma fissando tempi stretti quando ci sono in ballo opere di primaria importanza ed, a maggior ragione, se sono attinenti alla sicurezza del paese.
Non sto  certo a tessere le lodi del sistema politico decisionista, anche perché semidittatoriale, della Cina, sto solo dicendo, che se il nostro sistema è inceppato da decenni, occorre prenderne atto, farsene una ragione e attuare i correttivi  necessari, superando tabù e pregiudizi.
L’aveva capito la DC di De Gasperi nell’ormai  lontanissimo 1952, che occorreva dare al  governo quel potere di governare, che la costituzione repubblicana, costruita nel timore di impedire il ritorno dell’autoritarismo fascista, aveva di fatto negato, quando tentò di far passare ,senza riuscirci, una legge elettorale con premio di maggioranza.
Da allora è prevalso il mito della costituzione più bella del mondo da tenere imbalsamata per sempre, in un mondo che corre a perdifiato.
Quel volpone di Berlusconi disse e ridisse, durante il suo ventennio, di non avere il potere sufficiente per governare, forse anche per giustificare i suoi scarsi o nulli risultati, ma non ebbe mai il coraggio di fare proposte di leggi  costituzionali di riforma.
Renzi, almeno, ci sta provando, sia pure con un testo molto discutibile (quello che prevede l’abolizione del Senato elettivo) ,ma questo è almeno il segno, che c’è finalmente  la consapevolezza del problema.
Nella prassi, poi, Renzi e Napolitano hanno introdotto di fatto anche di più che riforme costituzionali, per rafforzare il potere del premier a danno di quello del parlamento.
Non c’è da scandalizzarsi, perché a questo punto, la direzione sembra quella giusta.
Oramai i governi, governano per decreti o quasi e raramente passano per il parlamento presentando disegni di legge, che richiedono un iter ben più lungo.
Ma è essenziale prendere coscienza, che quando si è fatta una legge, anche per decreto, si è ancora ben lontani  dall’aver  fatto una riforma.
Perché se l’apparato amministrativo non la applica, a causa del fatto che una classe politica impreparata, non è in grado di governarlo, la riforma è come se non esistesse.
Sono perfino ridicoli, nella loro insipienza, quei governanti, che, pensano di rendersi popolari con l’opinione pubblica, danno dei fannulloni agli impiegati pubblici e additando al disprezzo della gente  la pubblica amministrazione.
Come fanno a non capire, che, senza una pubblica amministrazione forte, preparata e motivata, anche finanziariamente, il paese non si può governare, ma si fanno solo proclami e grida manzoniane.
L’Italia non ha una scuola superiore di pubblica amministrazione, di un qualche livello, e questo è significativo del fatto che il problema non è ancora stato realizzato dalla classe politica.
Purtroppo, come si  diceva sopra, il colpo di grazia alla funzionalità dell’apparato amministrativo è stato dato da una legislazione folle sul federalismo, per rincorrere le idee confuse e incolte della Lega.
Ora bisogna ristabilire l’autorità e le competenze dello stato, per esempio  riducendo in modo drastico il  numero delle regioni,   da 15 a 10; abolire le 5 a statuto speciale; ridurre in modo ancora più drastico il numero dei comuni da 9.000 a 1.000.
Queste cose, fra l’altro,  c’erano nel programma di Renzi ai tempi (vicini) delle elaborazioni dei suoi programmi alla, ormai famosa, Leopolda a Firenze.
Occorrerebbe tirarli fuori.
I disastri ambientali ed i non minori disastri provocati dalla corruzione negli appalti delle grandi opere, fanno pensare, che la situazione dello stato, come decisore, sia diventata tanto miserevole, da dover richiedere sempre di più interventi in deroga alla intricatissima normativa vigente, con decreti ad hoc, che nominino commissari “ad acta” per la realizzazione delle singole opere.
Rischioso e scivoloso,certo, come insegna  l’esperienza del famoso, ed anche lui, energetico, Bertolaso a suo tempo capo di una Protezione Civile tuttofare, ma, a questo punto, o si fa così o si finisce nella palude.
Attenzione però, con tutti i suoi limiti e difetti, Bertolaso era un manager tecnico, non un politico.
E infatti occorre questo genere di commissari, non un politico mascherato da commissario, come insensatamente si era fatto a Genova,  nominando commissario per i Bisagno, niente meno che il presidente della regione, cioè praticamente il committente.
Questo fatto evidenzia bene da solo la spaventosa confusione di idee di questa classe politica.
Renzi, se ne sarà capace, ha ancora qualche mese di tempo per dimostrare se vuole davvero intraprendere la strada, che si è accennata sopra.
Se tutti gli altri starnazzano, può essere anche, perché hanno capito, che potrebbe veramente cambiare il sistema, se Renzi riuscisse.
Quando nell’articolo del 25 settembre scorso, mi ero chiesto : “meglio Renzi, o meglio la Troika?” si era nella stessa  linea di pensiero, nel  senso, che si ponevano come alternative possibili due “commissari”, uno interno e l’altro esterno, dando, in ognuno dei due casi,  come scontato che il sistema attuale va comunque superato o bypassato.

Si era detto allora, Renzi non mi è simpatico, e in effetti tuttora non mi entusiasma, ma questo non mi impedisce di augurargli di riuscire, solo però se sarà capaci di porsi come un “commissario generale”,incaricato di riformare radicalmente il sistema. 

mercoledì 15 ottobre 2014

Il sistema democratico così com'è non funziona più, e i nuovi partiti personali non sembrano in grado di risolvere gran che



In tutto il mondo, non solo in occidente, il sistema politico democratico classico non funziona più come dovrebbe.
Ne avevamo parlato diffusamente nel precedente articolo del 19 giugno 2013.
In Occidente ce ne accorgiamo di più, perchè è qui che è nata la democrazia ed è qui che si sono combattute guerre sanguinosissime per difenderla e riconquistarla.
In Inghilterra, dove la moderna democrazia moderna “parlamentare rappresentativa” è nata, qualcosa non funziona più come prima, se è vero che il sistema, nato come bipartitico, per definizione, si è frammentato e ha dato vita a governi di coalizione debolucci, con maggioranze esigue, quando le regole del gioco del sistema bipolare che  si basano sul sistema elettorale maggioritario a collegio uninominale  avrebbero dovuto evitare che si verificassero.
Negli Usa, paese che è nato copiando le regole della democrazia inglese, rafforzate dalla filosofia illuminista, e che quindi riproduce, come in Inghilterra, il classico sistema maggioritario a collegi uninominali, è rimasto un bipartitismo stretto, ma anche qui qualcosa si è incrinato.
Si vedono infatti tutti i giorni situazioni incoerenti, come quella nella quale si trova il  povero Obama, che è costretto a tentare di governare,  pur non avendo la maggioranza e quindi deve ogni volta prodursi in estenuanti trattative coi Repubblicani per fare passare le poche leggi che riesce a esprimere.
In Francia, la situazione di stallo, nella quale si trova a tentare di governare, il povero Hollande è addirittura imbarazzante, dato che il gradimento verso il presidente nel paese è ai minimi storici   cioè intorno al 20% e se si andasse a votare domani le elezioni le vincerebbe quel Front National, che tradotto in italiano sembra essere un insieme fra il vecchio Msi e la Lega.
Si salva in teoria la Germania, ma solo in teoria, perchè anche lì qualcosa non funziona più come dovrebbe.
Sopratutto perchè il sistema bipartitico classico c'è, ma solo di facciata, per il fatto che fra la CDU, cioè i democristiani della Merkel, che sono tutt' ora il primo partito, e l'SDP, cioè i socialdemocratici, non c'è quasi più nessuna differenza e quindi l'opposizione ,non trovando rappresentanza, dove dovrebbe, cioè nell' SDP, si divide e si frammenta fra Verdi, Sinistra dura e pura, Anti Unione Europea e infine cominciano ad avere un certo peso perfino i Neonazisti.
Finora la Germania ha dimostrato di saper fare un sistema più solido degli altri cugini europei, ma ora che l'economia comincia ad arretrare, staremo a vedere.
C'è qualcosa di comune alle situazioni di debolezza, che abbiamo sopra passato in rassegna ed è una inedita debolezza di quasi tutti i governi delle maggiori democrazie, dovute sopratutto al fatto che quasi ovunque si crea frammentazione.
Si riesce sempre meno  ad avere due schieramenti contrapposti, che possano fare funzionare le istituzioni, rappresentando la  maggioranza e l'opposizione, ad un dato  momento, ed ove questa situazione si presenta ancora, come in America, per la prima volta si verifica una contrapposizione radicale, per la quale le due parti, Democratici e Repubblicani, non riescono a trovare un terreno comune, bloccando il sistema.
Noi italiani, come al solito, siamo i primi della classe nel mettere in scena il massimo di scollamento e disfunzionalità del sistema.
Sono saltati i canali tradizionali di mediazione fra la gente e le istituzioni, cioè quei partiti, che pur con tutti i loro difetti, avevano consentito alla gente medesima di sentirsi rappresentata  e di selezionare una classe politica.
In loro vece sono sorti i così detti “partiti personali”, cioè quelli nei quali l'unico visibile è il leader, e tutti gli altri diventano come i cortigiani al tempo delle signorie.
Ha cominciato Berlusconi, poi Bossi, poi Di Pietro, poi Grillo, ed oggi Renzi.
La prima impressione è che si sia perso qualcosa di importante, perchè prima, coi partiti di massa, chi voleva partecipare, poteva.
Andava in sezione, ascoltava, diceva la sua, contribuiva in qualche modo a costruire la linea del partito ,anche e non ultimo, votando le cariche interne, a tutti livelli.
Accanto agli organismi di partito, in senso stretto, i maggiori partiti avevano le organizzazioni collaterali, da quelle di categoria a quelle sportive e di intrattenimento, in modo che i militanti si sentissero parte di qualche cosa.
Tutto questo è quasi del tutto finito e il risultato è che la gente si sente sola e abbandonata e cerca di sostituire le organizzazioni, che non ci sono più con lo scatolone televisivo.
Ma è una tristezza, perchè le regole del gioco dello scatolone televisivo sono quanto di più diseducativo e antidemocratico si possa immaginare, perchè tutto va in una direzione sola e cioè   dall'alto (chi produce i programmi) al basso (il telespettatore), ma non c'è, proprio non c'è, niente che possa funzionare nel senso  contrario, per lasciare interferire lo spettatore.
Il suo parere viene umiliato al numerino, che misura il famoso "share", il numero in percentuale di chi ha seguito il programma, punto, fine.
Un po’ poco, per dire la propria.
E in ogni caso così non si vota proprio.
Grillo e Casaleggio hanno tentato qualcosa di più, e in teoria di meglio, inducendo la gente a utilizzare il web, come moderno mezzo di partecipazione politica.
Con questo strumento sarebbe possibile, in teoria, sia dire la propria, sia votare le cariche politiche del movimento.
Vero, ma funziona?
L'idea è buona ed è probabile che in questo senso sarà il futuro della partecipazione politica, ma i mezzi per far funzionare questo nuovo mezzo di partecipazione, sono ancora tutti da costruire.
Quelli sperimentati oggi dai 5Stelle hanno dimostrato più difetti che pregi.
Soprattutto, perchè la base è troppo ristretta, occorrerà quindi trovare qualcosa di più adeguato dei quattro "iscritti certificati" del Movimento 5Stelle.
Renzi c'ha provato anche lui a dilagare sul web usando fino allo sproposito ed alla noia i messaggini di 140 caratteri (due righe dattiloscritte) di Twittwer.
Qui la base è molto più larga, anzi è troppo larga.
Ma sopratutto è un po' un insulto all'intelligenza della gente, costringerla a condensare il proprio pensiero in un messaggino di due righe scarse di testo.
E comunque, anche con questo sistema non si vota.
Ecco allora l'innovazione -mito delle primarie.
Quello che è rimasto dei partiti più grandi si sono detti : quand’anche avessimo ancora le sezioni, non ci verrebbe più nessuno ed allora l'appuntamento vero, con la nostra gente, sia solo quello delle grandi occasioni con le primarie per scegliere i nostri candidati sindaci, presidenti di regione e primo ministro.
Sì, questa è indiscutibilmente una forma di democrazia evoluta, ma anche questa è tutta in fieri.
Non è generalizzata, per esempio Berlusconi ritiene di non potersi abbassare al vaglio del giudizio dei suoi, e le regole sono scritte di volta in volta.
Fra i 5Stelle possono partecipare solo gli iscritti certificati, che sono quattro gatti.
E poi è  un sistema un po "cesarista", cioè è orientato tutto all'elezione "del nostro duce" .
E' un sistema come un  altro,  ma con qualcosa di sgradevole, che mette troppo in luce solo il capo e riduce la squadra a scudieri del capo.
In tutte queste nuove forme c'è di buono il tentativo di trovare tipi nuovi di partecipazione politica, ma ci sono due fantasmi che si aggirano lamentandosi, fra di loro, perchè queste nuove forme li ignorano.
Sono anzitutto l'anima dei vecchi partiti, fatta di ideologia, di idee forti, di ispirazioni filosofiche e culturali precise e coerenti.
Non mi sembra che si possa fare a meno di questo, perchè se si prova a farlo, come hanno fatto i personaggi sopra citati, si nota immediatamente una quasi totale mancanza di un disegno coerente e a lungo periodo.
Va bene fare questo e quello, ammesso, che siano capaci di realizzarlo, ma per andare dove?
Facciamo anche finta che destra e sinistra siano concetti superati ,e non è vero, ma quand'anche ragionassimo in questo modo, che tipo di società vogliamo costruire?
Questa è la domanda alla quale al di là di slogan, retorica e belle parole, Berlusconi, Bossi o chi per lui, Grillo e Renzi sarebbero in gravi difficoltà a rispondere.
E poi l’altro fantasma è la tutela delle minoranze, vera cartina di tornasole della democraticità o meno di un partito.
Da Berlusconi non sono ammesse e quando qualcuno fa il “controcanto” Berlusconi lo caccia.
Bossi ai suoi tempi ha cacciato una schiera di dirigenti che si arrischiavano a contraddirlo.
Renzi cerca di ridicolizzarli e comunque di metterli in soffitta.
Per ora non ha cacciato nessuno, ma tutto è in movimento.