giovedì 26 ottobre 2017

500 anni dalla Riforma di Lutero : celebrazioni fiacche e Papa Francesco in difficoltà



Siamo in Italia non in Germania e infatti Lutero in quel 1517 le famose 95 tesi le ha affisse sulla porta della chiesa di
Wittemberg (Sassonia Anhalt, Est della Germania) e non sulla porta di una chiesa italiana.

La Riforma provocò una rivoluzione con conseguenze durature, ma in Italia non attaccò mai sopratutto a causa dello strapotere della Chiesa cattolica che ne stroncò la diffusione usando tutta la forza del potere politico con determinazione e spregiudicatezza dall’uso dei tribunali dell’Inquisizione alle guerre di religione vere e proprie che hanno insanguinato l’Europa per decenni.

Eppure le idee di Lutero erano buone, sia sul piano razionale che sul piano storico.
La sua critica alla corruzione ed alla mala gestione della chiesa era di palese evidenza.
La dottrina delle indulgenze (acquistare meriti nell’altra vita, oppure ridurre la durata della pena per le marachelle commesse in questa vita col pagamento di una certa somma di danaro) era già di per sé di una strampalatezza cosmica, figuriamoci poi se sul tutto si abusava in modo sistemico come avveniva allora.

La vita del clero era ridotta ad uno stato palesemente penoso, fra l’ignoranza del basso clero e la cupidigia per il denaro dell’alto clero, che non si degnava nemmeno di partecipare a funzioni liturgiche e non abitava nemmeno nei luoghi sui quali erano titolari della carica vescovile, che veniva sfruttata solo come pura fonte di reddito, situazioni che il vocabolario italiano bolla come “simonia”.

I Papi facevano da sempre i loro comodi sia sul piano della gestione della propria vita sessuale sia nello sfruttamento della carica per sistemare socialmente ed economicamente concubine e figli, il vocabolario italiano chiama questo vizietto “nepotismo”.
E questa classe voleva insegnare e imporre la morale agli altri, con quale credibilità e con quale autorevolezza?
Vendendo e seminando la paura nera dell’inferno che sarebbe stato comminato a chi non accettasse l’autorità della chiesa.
Sulla Riforma sono state scritte una montagna di opere, alcune elaborate da storici rigorosi, ma altre, la maggioranza, scritte da apologeti cioè da propagandisti della fede cattolica, qualcuno in buona fede, altri puri mestieranti.
Il guaio è che lo stretto controllo del territorio ed ancora più il controllo sociale esercitato allora dalla chiesa cattolica non solo ha impedito la diffusione del protestantesimo in Italia, ma ha prodotto la non conoscenza pressoché assoluta di cosa sia quell’universo di pensiero.

Nelle benemerite conferenze che si stanno tenendo un po’ ovunque in giro per l’Italia, per celebrare la ricorrenza dei 500 anni della Riforma, si afferma che per quattrocento anni su Lutero si sono ripetute una montagna di sciocchezze, ispirate dalla chiesa e prese disgraziatamente per buone da tutti quanti.
Nel secolo scorso si è cominciato a parlarne più seriamente anche in campo ecclesiastico, ma le vecchie sciocchezze sono di fatto rimaste l’unica cosa che la gran parte della gente crede di conoscere della Riforma.
La prima di queste sciocchezze, che non hanno nulla a che vedere con la realtà storica è la descrizione di Lutero come un aspirante satiro, in preda a disordinate pulsioni sessuali, accusa ridicola per un monaco agostiniano austero che questa regola di vita non ha contraddetto nemmeno quando ha scelto il matrimonio con una ex-suora.
Consentitemi, per poterci capire qualche cosa di serio, di riassumere all’osso il contenuto di pensiero del protestantesimo con l’elencazione dei “5 solus” :

- “sulus Christus” : l’uomo può conoscere dio solo attraverso il Cristo storico, che si è presentato sopratutto come amore e grazia, dio è quindi un dio sopratutto misericordioso (non viene in mente l’insistenza della predicazione di Papa Francesco che batte sempre su questo chiodo?) ;

-”sola Gratia” : Lutero è impregnato purtroppo (dico io) della teologia di Agostino che come è noto era prigioniero di uno sconfinato pessimismo antropologico, cioè aveva una concezione disastrosa dell’uomo, ritenuto del tutto incapace di trascendere le proprie passioni e volto insanabilmente al peccato.
Lutero è talmente intimamente agostiniano di formazione che supera perfino il suo maestro in questo atteggiamento pessimistico sulla condizione umana e di conseguenza (del resto come Agostino) pensa che l’uomo è talmente ontologicamente diverso e inferiore a dio che per tanto che faccia non è lui che può salire verso dio.
L’iniziativa deve essere comunque di dio che con la Grazia può salvare l’uomo e consentirgli una relazione con la divinità.
Ecco quindi la famosa dottrina della “sola Gratia” e nello stesso senso della “sola fides” come strumenti di salvezza e conseguentemente la messa in secondo piano delle “opere”;

-”sola fide” fede in Cristo come operatore di salvezza.
Da qui nasce l’altrettanto famosa dottrina della “giustificazione” per sola fede, per la fede nella misericordia di dio divento giusto, anche si rimango peccatore;

-”sola Scriptura” la fonte alla quale risalire per interpretare la volontà di dio è solo e unicamente la Scrittura e non è invece la montagna della “dottrina” ,che la chiesa attribuendosi il potere di sostituirsi a dio nella catechesi ha elaborato nel tempo con la scusa di interpretare, ma stravolgendo nei fatti il vero messaggio di dio.
Tutti hanno diritto di leggere la scrittura e di interpretarla a proprio giudizio

-”soli Dei Gratia” : la gloria, l’esaltazione è attribuibile solo a Dio e quindi è stato un errore quello della chiesa di arrogarsi il diritto di proclamare dei “santi” e di spingere al loro culto.
E’ intrinsecamente erronea la pretesa di istituire mediatori fra Dio e l’uomo, perché il rapporto fra dio e l’uomo e esistenzialmente diretto.

Non ci sono mediatori e quindi niente santi e niente preti dotati di presunti poteri divini delegati.

Di conseguenza niente sacramenti intesi come “segni visibili della grazia”, se alcuni come l’eucristia e il battesimo vengono conservati a questi non si riconosce alcuna sacralità, cioè il potere divino di dispensare grazia rimane solo divino senza delega alcuna.

Salta quindi la “tradizione” ritenuta colonna portante della chiesa cattolica, cioè l’insieme delle interpretazioni elaborate nei secoli dalla medesima e radunate nel così detto “depositum fidei”, la montagna dottrinale proposta e imposta ai fedeli richiedendo sottomissione all’autorità gerarchica della chiesa, autodefinitasi unica fonte autorizzata di interpretazione.
Ecco la Riforma è stata rivoluzionaria proprio perché ha fatto saltare questo punto che è cardinale, perché qui sta il fondamento del potere della chiesa.
Niente gerarchia né clero dotati di poteri sacrali.
Il singolo fedele partecipe del sacerdozio universale.

Questa è la rivoluzione che la chiesa non ha mai né accettato né discusso.
Il Concilio di Trento convocato per elaborare la risposta cattolica alla rivoluzione protestante in realtà è stato una solenne lavoro di riorganizzazione della chiesa oggi si direbbe nella sua governance, cioè uno sforzo di rendere più efficace la sua “organizzazione aziendale”.
Da qui l’istituzione di seminari che sfornassero preti con una base culturale accettabile ed uniforme e l’ambizione di unificare la già elevatissima mole di precetti e interpretazioni culturali in una specie di “testo unico” formato dai canoni di quel Concilio, finiti pressochè immutati nell’attuale Catechismo della Chiesa Cattolica.
Ma discussione dei principi enunciati dalla rivoluzione protestante, pressochè nulla, incredibilmente fino ai tempi più recenti, quando il Concilio Vaticani II negli anni ‘60 ha proposto la necessità di lavorare per l’”ecumenismo”, cercando di dialogare con le altre denominazioni cristiane.
E’ cominciato quindi all’interno della chiesa uno studio del protestantesimo che uscisse dalle due o tre definizioni pregiudiziali e caricaturali, senza alcuna base storica che erano girate per secoli.
Da queste nuove posizioni si è arrivati a un dialogo finito in alcune dichiarazioni congiunte per esempio sulla dottrina della giustificazione, un ponderoso documento dottrinale rilasciato il 31 ottobre del 1999.

Segno apprezzabile di buona volontà, ma che sta ben lontano dal vero problema della libertà di interpretazione della Scrittura e dei presunti poteri sacrali della gerarchia e del clero cattolico.
Forse la chiesa cattolica è disposta a perire piuttosto che a :
- rinunciare al proprio potere basato sulla presunta autorità a interpretare in modo autentico la scrittura medesima attraverso il proprio apparato;
- rinunciare a proporre ed imporre la dottrina cioè il sopra citato “depositum fidei” come sostanzialmente intoccabile e immodificabile e di fatto inteso come fonte normativa solo formalmente sottoposta alla scrittura ma di fatto intesa come superiore alla stessa scrittura;
-rinunciare al proprio apparato organizzativo inteso come mediatore fra dio e i fedeli.

Papa Francesco lo si è accennato sopra con la sua insistenza sulla preminenza della “misericordia” di dio si è molto avvicinato al nucleo portante del pensiero di Lutero e infatti i suoi molti e autorevoli nemici interni lo tacciano da tempo di essere “protestante” e quindi di proporre dottrine eretiche.
Papa Francesco dimostra di sapere che se si lanciasse in dichiarazioni dottrinali ex cathedra per superare anche solo alcuni dei dogmi più irragionevoli ed oggi improponibili della tradizione cattolica, i medesimi suoi autorevoli avversari uscirebbero allo scoperto e provocherebbero uno scisma.
Si vedano gli articoli di Socci su Libero o la raccolta delle prese di posizione degli anti papa Francesco riportati quotidianamente dal sito di Sergio Magister (http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/).
Evidentemente crede di non potere fare di più, ma quello che fa, pur essendo molto basterà ?
Credo proprio di no e l’ho già scritto più volte nel tempo.
La chiesa cattolica per riacquistare un minimo di credibilità nel mondo moderno è debitrice all’umanità almeno di due o tre cose fondamentali :
-buttare alle ortiche pubblicamente la demenziale dottrina sulla sessualità con la quale si è colpevolizzato per secoli il piacere per principio, senza alcun fondamento né filosofico né morale in ossequio alle elucubrazioni di personaggi di dubbio equilibrio mentale come il presunto santo Alfonso de Liguori, che fra le altre insensatezze ha tra l’altro teorizzato il “peccato di intenzione”;
-buttare alle ortiche la curia romana, a cominciare dal così detto sacro collegio che di sacro non si capisce proprio cosa abbia
-disfarsi degli enormi beni della chiesa e degli ordini ecclesiastici, venderli e farne col ricavato una fondazione benefica dedicata alla lotta alla malattia ed alla povertà, facendola ovviamente gestire da qualificati tecnici esterni alla chiesa.
Fatto questo la gente prenderebbe sul serio le intenzioni ora solo verbali della chiesa di essere chiesa povera al servizio di tutti ,ma prioritariamente degli ultimi.
E’ chiedere troppo?
Se si da un giudizio politico-storico sì è troppo, ma non è troppo se si crede che il messaggio evangelico abbia un senso ancora nel mondo di oggi.










giovedì 19 ottobre 2017

Renzi, una volta che ne fa una giusta, recusando Ignazio Visco se li trova tutti contro




Matteo Renzi,come segretario del PD, nell’atto di prendere il treno che lo porterà in giro per tutte le province italiane, aprendo di fatto la campagna elettorale, cerca di acquistare crediti sparando una cannonata contro il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, il cui incarico è in scadenza per fine mese.

Perchè lo fa? Ovvio, per scaricare su quell’istituto la responsabilità della peggiore crisi bancaria che questo paese abbia dovuto subire.
Ce ne era bisogno? Certo che ce ne era bisogno, il Governatore può scrivere come ha fatto anche 4.000 pagine di documentazione per cercare di dimostrare di avere agito correttamente, ma nessuno può negare che l’azione di vigilanza, che è il principale compito istituzionale dell’istituzione che dirige, ha fallito completamente nei riguardi delle banche che il governo è stato costretto a “salvare” lasciando comunque a bagno quei poveri risparmiatori che hanno perso tutti i loro risparmi a causa della mala gestione di quelle banche medesime.
Santo cielo, viviamo su Marte o sulla Terra?
E’ mai possibile che venga vilipeso nei fatti costantemente il principio elementare che recita : chi rompe paga?
Quest’ultima considerazione mi è venuta spontanea leggendo i giornali di ieri, il giorno dopo la sparata di Renzi.
Personalmente sono sempre stato lontanissimo dalle teorie complottiste, che quando succede qualcosa cercano di dare una risposta- spiegazione invocando appunto “il complotto”, messo in atto da una perversa mente geniale tipo “grande vecchio” che dominerebbe il mondo tramite “quelli di Aspen” o roba del genere.
Cioè c’è chi si mette l’anima in pace attribuendo tutti i mali a chi dirigerebbe la grande finanza, la globalizzazione eccetera.

Non è così che va il mondo, però quando si vedono tutti i “giornaloni” italiani ,nessuno escluso ,che all’unanimità danno veementemente contro allo stesso Renzi che fino al giorno prima era il loro beniamino, viene da pensar male.
Possibile che in Italia non si possano toccare le banche, anche quando sono visibilmente inefficienti, fanno tranquillamente cose turche a danno dei loro clienti e sono spesso state governate da incompetenti?
Si fa peccato in questa situazione pensar male e cioè ricordarsi che le medesime banche sono quasi sempre azioniste dei più grandi giornali italiani e che quindi le grandi e meno grandi firme di quei giornali abbiano difficoltà a dimostrare il coraggio di Riccardo Cuor di Leone parlando male dei loro azionisti, quando proprio non se ne potrebbe fare a meno?

Detto questo non si può negare che Renzi è Renzi, cioè è uno che ha dimostrato di avere nel suo dna una serie di difetti che proprio non vanno bene in un politico, aspirante statista.
Oggi Scalfari arriva addirittura a scrivere su Repubblica, che dovrebbe recarsi con urgenza da uno psichiatra per cercare di rimediarvi.
E’ tipico di Renzi fare di queste cose, cioè studiarsi la mossa da fare deflagrare il giorno di inizio della campagna elettorale.

Mi spiace per i direttoroni dei giornaloni ,ma non si può negare che la mossa per quanto spregiudicata abbia una sua forte valenza e capacità di presa sulla gente.
Renzi doveva uscire dall’angolo, sapeva benissimo che in campagna elettorale gli avrebbero tutti lanciato contro il facile argomento secondo il quale il PD aveva taciuto sulla crisi della banche e sulla necessità di far pagare il conto a chi quei disastri aveva causato, sottintendendo il Pd medesimo.
C’era e c’è di mezzo il coinvolgimento, se pure indiretto e per legami familiari, del personaggio politico di maggior peso addirittura del “giglio magico” quella Maria Elena Boschi che ne esce sempre più come l’ape regina in quel giglio.
Per Renzi la cosa era ed è più che imbarazzante e quindi come si può bastonarlo per aver tirato il colpo più eclatante appena ne ha avuto l’occasione?

E poi, quando la finiranno i medesimi “giornaloni” di scassarci ...tirando regolarmente in ballo la solita menata della necessità prioritaria di salvaguardare la continuità, la stabilità e via delirando?
Questo è sempre il solito mantra del vecchio Presidente emerito Giorgio Napolitano, che ha costretto gli italiani a non potere più esprimersi col voto, perché bisognava prima di tutto salvaguardare la stabilità.
Bel servizio che ha reso al paese! E non contento insiste e trova più seguaci di prima.
Secondo il mantra di Napolitano e seguaci all’estero ci considererebbero inaffidabili se cambiamo governi, governanti e governatori.
Questa è bella!
Quegli stessi tecnocrati di Bruxelles che quasi tutti hanno imparato il mestiere lavorando nelle grandi banche d’affari internazionali, e che quindi sono tecnici della materia, ci considererebbero inaffidabili quando decidessimo di non rinnovare l’incarico a quel governatore di Banchitalia che non è riuscito a cacciare gli amministratori delle banche che stavano facendo fallire i loro istituti sotto il suo naso.
Non ne aveva i mezzi, dice lui e ribadiscono i suoi sostenitori?
Non conosco sinceramente la macchinosa legislazione e regolamentazione della materia, ma se fosse vero che non avrebbe avuto i mezzi, allora è evidente che avrebbe dovuto dimettersi di sua iniziativa,invece di prendersi di fatto la responsabilità del disastro, che è sotto gli occhi di tutti.
La teoria napolatiniana dell’Europa che ci chiederebbe stabilità e continuità non sta in piedi.
A Renzi non si può imputare di essere Renzi e cioè un politico che non ha mai avuto una visione di medio-lungo periodo e che quindi riesce ad essere efficace solo in campagna elettorale, quando si pensa solo all’immediato ed alla sedia per sé e per i propri fedelissimi.

Dicono i giornaloni, così non sta bene, questo non è il modo di fare, non si licenzia di fatto uno del calibro di Visco, il giorno prima, Renzi avrebbe dovuto parlarne per tempo, coinvolgere chi di dovere, cercare consensi e cercarsi il successore parecchio tempo prima.
In linea teorica il ragionamento tiene,ma in pratica come si fa a promuovere rinnovandogli l’incarico, il “vigilante” che lasciato “andare a schifio” coloro sui quali esercitava la sua vigilanza?
In un caso del genere riproviamo pure la mala educazione nell’agire di Renzi, ma nella sostanza vale il principio : meglio tardi che mai.

Ma forse anche questa sorprendente levata di scudi anti-Renzi ,operata dalla grande stampa ha una sua ragione che non sta solo nella difesa della stabilità ad oltranza o negli interessi delle banche, ben rappresentati nei consigli di amministrazioni della grande stampa medesima.
Forse c’è in ballo qualcosa più, perché sotto sotto la medesima grande stampa lancia anche lei la sua bomba, in modo velato, ma non tanto, quando lascia capire che Renzi si sta dimostrando sempre più debole e più solo, là dove avrebbe dovuto poter dormire fra due guanciali, cioè in sella al suo partito, che riuscirebbe a controllare sempre di meno.

Che l’establishment stia elaborando la sua scelta e che intenda aprire la sua campagna elettorale a favore del felpato conte Paolo Gentiloni, che obiettivamente sembra fatto apposta per piacere a quegli ambienti che gratta gratta vogliono una cosa sola : lasciare le cose come stanno e stoppare quei maleducati “populisti” che vorrebbero invece le cose cambiarle veramente?


mercoledì 11 ottobre 2017

Con la sua assenza davanti ai cancelli dell’Ilva la sinistra in Italia ha non ha più alcun senso



l’Ilva è una delle poche realtà industriali sopravvissute in Italia all’era della globalizzazione.
Con quasi 10.000 dipendenti diretti e pare altrettanti nell’indotto, rappresenta parecchio e non solo per Taranto, Genova e Novi Ligure, dove sono dislocati i suoi maggiori stabilimenti.
Le vicende di questo gruppo sono ben note.

Mala gestione dei precedenti proprietari, inquinamento fuori da ogni controllo, vicende giudiziarie che hanno tra l’altro rischiato di fare chiudere definitivamente le fonderie e finalmente l’acquisizione da parte di uno dei giganti dell’acciaio, il gruppo indiano Arcelor Mittal unitamente al gruppo italiano Mercegaglia.
Francamente non si è capito bene su che base questa cordata , ma sopratutto il primo potessero avere interesse a mettere in atto questa acquisizione in un settore che da anni viene ritenuto con problemi di sovrapproduzione, sicuramente in Cina, dove si producono addirittura 800 milioni di tonnellate di acciaio ,per avere un’idea, negli Usa se ne producono 100, in Italia 20 o giù di lì.
Comunque bene per Taranto, e tutti hanno fatto finta di credere in questo affare.
Nei protocolli di intesa i nuovi proprietari hanno subito parlato di 4.000 esuberi, ma contemporaneamente hanno promesso di portare l’occupazione da 8.000 a quasi 10.000 facendo però cambiare contratto ai nuovi assunti ed a una parte dei precedenti, cioè in poche parole hanno messo le mani avanti per operare una diminuzione sensibile del costo del lavoro.
Arrivati a questi giorni si doveva andare al solito “tavolo” di prammatica in Italia, per dare inizio a una trattativa che specificasse la misura di quella diminuzione del costo del lavoro ed è scoppiata la bagarre.

Perché governo e sindacati hanno fatto finta di non sapere che si sarebbe dovuto trattare appunto di diminuzione del costo del lavoro, che sarebbe a quanto sembra l’unica ragione plausibile perché i nuovi proprietari avrebbero potuto trovare un elemento di interesse nell’acquisizione.
Si presume che abbiano ragionato in questo modo : noi acquisiamo stabilimenti che sfornano una produzione non decotta, ma quasi, in attesa di tempi migliori, voi però (governo,sindacati) ci date in cambio un ritocco a nostro favore del costo del lavoro.
Il governo in carica non è certo un governo forte e per di più siamo a circa quattro mesi dalle elezioni politiche, dalle quali si prevede che ,chissà quando, scaturirà un governo ancora più debole di quello attuale e allora che fa l’attuale ministro alla partita?
Essendo un giovane aspirante a una grande carriera (Carlo Calenda) cerca di mettersi in luce facendo il duro, dopo avere subodorato che le così dette sinistre, cioè quelle forze politiche che un tempo erano i partiti della “classe operaia” avrebbero disertato il campo per mancanza assoluta di idee.
I sindacati naturalmente si sono accodati applaudendo, ma poveretti loro stessi non stanno meglio del governo e sanno benissimo che a Taranto rischiano i fischi esattamente come i politici.
E’ scioccante però che l’unico leader politico nazionale disposto a metterci la faccia davanti ai cancelli dell’Ilva di Taranto sia stato Matteo Salvini.

Quei poveretti delle così dette sinistre erano occupati a correre fra un convegno e l’altro per recitare la telenovela, diretta come conduttore dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, autoproclamatosi volenteroso ricucitore dei colori dell’arcobaleno per portare tutte le sue fazioni nientedimeno che al prestigioso traguardo di un accordo più o meno sottobanco col sedicente sinistrorso Matteo Renzi, che ha già incassato accordi sottobanco ,ma non troppo, con la solita star della politica italiana Silvio Berlusconi.
Se poi ai pochi che ancora vogliono illudersi si potere trovare in loro la tradizione della sinistra viene vomito assistendo a queste indegne esibizioni, chi se ne frega, tanto leader ed ex leader dei partitini 2/3 % delle varie sinistre, la pensione da parlamentari l’hanno già acquisita da tempo.

E poi qualcuno rimane sorpreso quando vede che i poveri 5Stelle, non ostante le continue esibizioni disastrose della loro sindaca di Roma, non solo continuano a tenere le posizioni, ma riescono addirittura a guadagnare qualcosa nei sondaggi?
E l’altro esponente dei vituperati “populisti”, Matteo Salvini supera nei consensi l’immarcescibile Berlusconi?
E’ inutile ricorrere ad operazioni “amarcord” sentimentali pensando a quanto era motivata la base ai tempi d’oro dei festival dell’Unità o quanto erano seri e preparati erano i politici della sinistra sociale cattolica.
E’ finita, la sinistra, non solo non esiste più, ma addirittura non ha più alcun senso.
Nicola Fratoianni, 45 anni deputato segretario di Sinistra Italiana; Roberto Speranza 38 anni guida per conto di Bersani l’ala che si è separata dal PD ora si è denominata Mdp Articolo 1, ex deputato e capogruppo del PD alla Camera; Alleanza popolare per la democrazia di Anna Falcone 46 anni;
Rifondazione Comunista di Maurizio Acerbo 51 anni; Pippo Civati fondatore e segretario di “Possibile” 42 anni ex deputato; Giuliano Pisapia 68 anni fondatore di “Campo progressista”.
Tutta questa gente, magari presi uno per uno sono anche persone rispettabili, che credono in quello che dicono e magari sono addirittura puliti, cosa ormai molto rara in politica, ma oltre a sé stessi ed al loro salottino non rappresentano pressochè nessuno e non si vede come possano avere un futuro politico come rappresentanti delle opinioni di sinistra.
Non si può non notare che nel campo abbastanza affollato delle fazioni e fazioncine che si definiscono di sinistra, manchino vistosamente gli eredi della tradizione del cattolicesimo sociale.

E’ singolare che ai tempi di Papa Francesco ,che forse è rimasto nel mondo l’unico rappresentante credibile degli ideali del cattolicesimo sociale sia venuta meno in Italia una presenza presentabile in campo politico di quello stesso pensiero e tradizione.
C’è Prodi, brava persona, onesta, seria, preparato come economista, ma del tutto inefficace come politico, che ha avuto il grosso merito di avere saputo battere e ridimensionare il mito di Berlusconi, politico ancora più inefficiente e inefficace, ma che non ha saputo di fatto essere né uno statista né un politico con visioni di lungo respiro.
Messo in un angolo dalla politica se avesse avuto quelle qualità avrebbe potuto e dovuto farsi promotore di un movimento che avrebbe avuto tutti i numeri per rappresentare.
Da far crescere fondandolo prima di tutto sulle idee, su un team di intellettuali, che elaborassero analisi e risposte politiche, consone con i tempi nuovi, tenendo vive le radici del cattolicesimo sociale.
Aveva le relazioni necessarie per farlo ma non l’ha fatto.
Adesso sta diventando patetico spingendo in modo disordinato un po’ Pisapia, un po’ Saviano, ma ha perso l’autobus, peccato.
E la sinistra dove servirebbe non c’è più, davanti ai cancelli dell’Ilva non c’era nessuno di loro, ma c’era Salvini, come si è detto all’inizio.

Forse nel vuoto di idee della vecchia politica sarà inevitabile contare sui Salvini e sui DiMaio per dare uno scrollone al palazzo dell’establishment e dei poteri forti per affrontare in modo non ideologico i problemi nuovi, buttando alle ortiche i vecchi tabu’.
Ma questi due non hanno al momento né la statura né la preparazione né la visione per farci sognare.
Meglio loro che la palude della vecchia politica, con quelle facce talmente usurate da assomigliare a quelle di un museo delle cere.

Ma che si diano da fare non solo per arrivare al governo, ma per studiarsi prima cosa fare se mai al governo ci arriveranno, studiarlo adesso, per non dover improvvisare goffamente dopo, la sindaca Raggi docet.

sabato 30 settembre 2017

Catalogna libera, bene, e il Lombardo-Veneto? Se ne può almeno parlare?



Sulla questione del referendum per l’indipendenza della Catalogna il commento più stimolante che ho letto in questi giorni l’ho trovato in un post su Facebook dell’ apparentemente paludato Enrico Mentana.
L’argomentazione molto semplice e stringata era nella sostanza questa : perché riteniamo che vadano bene San Marino, Andora, il principato di Monaco, il Liechtenstein, il Vaticano, la Scozia, il Kurdistan l’Ulster e in generale tutte quelle realtà territoriali ,che con la loro esistenza esprimono una “diversità identitaria” ,rispetto ad una più grande realtà territoriale e statuale che “li ospita” fisicamente e abbiamo delle riserve sulla richiesta di indipendenza della Catalogna?
Mi sembra un ragionamento inappuntabile.
Non mi sembra invece inappuntabile l’argomentazione che sostiene oggi sul Corriere l’ambasciatore Sergio Romano, con la quale si fa portavoce delle ragioni appunto delle realtà statuali, diciamo territorialmente ospitanti, che nel giro degli anni o dei secoli hanno contribuito a creare l’economia e la storia delle regioni geografiche, che spinge per l’indipendenza e che quindi, secondo Romano, dovrebbe essere interpellate col medesimo peso delle regioni che lottano per l’indipendenza.
L’argomento di Romano non mi sembra ben sostenuto se si pensa che il peso fra le due realtà , quella che chiede l’indipendenza e quella che gliela nega non è affatto uguale in nessun senso nè usando qualsivoglia parametro.

E’ ovvio che nessuna regione potrebbe mai ottenere l’indipendenza se si mettessero sullo stesso piano i volti espressi dalle regioni che chiedono l’indipendenza e quelli degli stati centrali “ospitanti”, per la ovvia ragione che questi ultimi hanno per definizione interessi diversi e opposti a quelli delle regioni che vorrebbero staccarsi da loro.
Romano poi si contraddice quando afferma che non è conveniente sostenere l’indipendenza per la Catalogna, la Scozia e l’Ulster, mentre fa capire che lo sarebbe per le regioni del Medio Oriente nella medesima situazione (Kurdistan ma non solo).
Mi verrebbe da aggiungere una osservazione di non poco conto che è questa.
Come mai tendiamo a dimenticare che gli alleati che hanno vinto la seconda guerra mondiale avevano solennemente posto ai primi posti fra gli scopi di quella guerra l’affermazione del principio di autodeterminazione dei popoli?
Va bene compiacere sempre e comunque la linea di geopolitica ,dettata dall’America, non per difendere dei presunti sacri principi, ma i suoi interessi, diversi dai nostri , in base alla quale linea i confini usciti dalla medesima guerra mondiale,da loro vinta, vanno considerati assolutamente intoccabili, facendo da qui derivare la loro irragionevole fobia anti-russa eccetera eccetera.
Ma finita la guerra fredda non si era detto che il panorama sarebbe cambiato radicalmente o con “la fine della storia” o più realisticamente con la fine del bipolarismo e dell’egemonia americana per arrivare a una forma di multipluralismo?
Che gliene importa agli americani della indipendenza della Catalogna?
Probabilmente gran parte degli americani ,dei quali è ben nota la straordinaria carenza culturale in materia di geografia, non sa nemmeno dove si trovi sulla carta geografica.
Ma che governino i democratici o i repubblicani a Washington ,l’America è ferma sul principio del l’ intangibiltà delle frontiere esistenti, al di là di ogni buon senso e della palese insensatezza per esempio delle frontiere tracciate a vanvera sulla carta geografica in Medio Oriente ,mettendo insieme etnie che si odiano da secoli per regioni religiose e storiche ,in aperto contrasto col principio dell’autodeterminazione dei popoli, pure da loro stessi americani a suo tempo sottoscritto e difeso con le armi.
Oggi però da quest’orecchio non ci sentono più, perché il loro sguardo è diventato strabico, nel senso che tengono un occhio costantemente puntato sulla Russia.
“Se te movi te fulmino”
Sono diventati vittime di un’autentica fobia non tollerando che la Russia si muova non tanto per ritornare ad essere quell’impero che era l’Urss, cosa oggi realisticamente fuori dalla sua portata, ma nemmeno che tuteli i suoi interessi vitali come innegabile potenza regionale ad esempio sulla Crimea per avere uno sbocco verso il Mediterraneo o che a suo volta faccia di tutto per evitare che la Nato si allarghi fino all’Ucraina, minacciandola direttamente.
E’ sulla base di questa visione strategica geopolitica che gli Usa hanno dettato la propria linea anti indipendenza della Catalogna imponendola anche a Bruxelles, infischiandosene del principio dell’autodeterminazione dei popoli e delle ragioni storiche che avanzano i Catalani.

Vorrei ricordare che la questione della Catalogna non ci è poi così lontana se pensiamo che fra pochi giorni i Lombardi saranno chiamati a un più modesto referendum per chiedere di accentuare la loro autonomia regionale.
Purtroppo, forse anche data la concomitante vicinanza con le elezioni regionali siciliane e le incombenti elezioni politiche della prossima primavera, questo referendum lombardo si celebrerà decisamente in sordina, anche perché la Lega , che è la forza politica che lo ha promosso, si trova non poco in imbarazzo perché sotto la gestione di Salvini sta cercando di affermarsi, a mio avviso giustamente, come partito a base nazionale e quindi sta faticando non poco per uscire dai limiti territoriali localistici ,che si era auto-imposta ai tempi di Bossi, personaggio questo che si è dimostrato largamente incapace di coltivare una visione di lungo periodo, che aveva come è noto l’ideologo di allora, il Prof.Miglio, ma Bossi lo aveva cacciato.
Salvini ha assolutamente bisogno di imporsi come partito nazionale e non come partito territoriale, perché solo in questo modo può scrollarsi di dosso l’ingombrante egemonia berlusconiana sul centro-destra, che il vecchio Bossi non aveva saputo nè forse nemmeno voluto contrastare, mettendosi così in una posizione eternamente subordinata.
Però così facendo il medesimo Salvini si trova oggi in difficoltà a pilotare questo referendum, che deve lasciar in pratica gestire da Maroni ,leader locale, che non è sfortunatamente dotato di alcun carisma, né capacità di presa sull’elettorato, tanto meno su un argomento delicato e pieno di significati simbolici e identitari come l’autonomia verso l’indipendenza.
Peccato, perché questa non è un’occasione da lasciar perdere.
Ricordiamoci che non sappiamo se il nostro paese riuscirà a superare il prossimo 2018 senza fallire, venendo cioè a trovarsi in bancarotta a causa del pesantissimo debito pubblico ,del quale il prode e ciarliero leaderino, Matteo Renzi se ne è sempre stupidamente fregato, senza nasconderlo a Bruxelles, dove invece sono fin troppo capaci di valutare la gente , i paesi e loro leader sulla base dei bilanci e degli altri conti.
Se si arriverà al redde rationem, come non è inverosimile che succeda, con la Commissione di Bruxelles, ma sopratutto con Germania e paesi nordici ,ormai da tempo satelliti della Germania, che faremo?
Di fronte alle regole durissime, che ci verrebbero imposte, non sarebbe il caso di mandare a farsi benedire il vuoto buonismo ,falsamente sinistrorso e falsamente solidale cristiano, per domandarci seriamente una volta per tutte se ha un senso tenere insieme il Nord Italia a quel Meridione ,che è finito in una tale situazioni di arretratezza, da impedire al Nord di rimanere ancorato alla macro regione alsazio- renana alla quale appartiene realmente e realisticamente, perché deve per dovere di solidarietà mantenere le follie amministrative delle regioni meridionali alle quali si può aggiungere ad honorem anche la regione Lazio con la sua e nostra capitale.
L’ autonomia catalana quindi ci interessa e ci tocca molto da vicino se riusciamo a guardare avanti verso un futuro prossimo ,che ci porrà probabilmente su una lunghezza d’onda analoga.
Potremmo abbastanza a breve trovarci anche noi ad affrontare gli stessi veti e le stesse idiosincrasie, che stanno oggi ostacolando il processo di indipendenza della Catalogna.
Non trascuriamo anche un’altro aspetto di questa situazione storica.
La Catalogna è la regione economicamente più pesante economicamente della Spagna.
E’ quella che attira più turisti da tutto il mondo, più giovani e più studenti Erasmus.
Questo conta, perché significa che si è nel tempo posizionata nel cammino verso la modernità più delle altre regioni spagnole.
Ultimo, ma non di meno peso, anche se non se ne parla mai sui nostri media, ricordiamo che la Catalogna indipendente intende proclamarsi come repubblica, ed è quindi intenzionata a buttare finalmente alle ortiche una monarchia decrepita e storicamente anacronistica, come lo sono tutte le altre monarchie d’Europa e del mondo.
Un po’ di illuminismo non guasta mai.

giovedì 21 settembre 2017

L’Italia l’anno venturo può fallire e ci saranno probabilmente i Grillini al governo



Non bastasse la perdurante disastrosa incapacità di amministrare che i Grillini stanno dimostrando a Roma ,insistendo testardamente nell’errore di difendere la Raggi al di là di ogni ragionevolezza, si sono imbarcati in questi giorni in una procedura ridicola per designare Di Maio candidato premier, gestendo una sceneggiata che costringerà gli iscritti a confermare rigorosamente via web la scelta a favore di Di Maio già fatta da mesi, se non da anni, dai due numi tutelari del Movimento : Beppe Grillo e Davide Casaleggio, contrapponendo lo stesso DiMaio a sette poveri pellegrini, totalmente sconosciuti e con peso nullo all’interno del Movimento stesso per essere sicuri di non correre rischi.

Siamo alle solite ,nell’Olimpo del Movimento non si vuole capire che il problema della democrazia interna e quello conseguente della scelta della sua classe dirigente non è un optional, ma è per i 5 Stelle il primo problema da risolvere.
Vada per Grillo, tutto anomalo perché pur essendo il fondatore non è ritenuto eleggibile perché come è noto si porta dietro una vecchia condanna nella quale è incappato anni fa per un tragico incidente stradale del quale gli è stata riconosciuta la responsabilità.
Ma Casaleggio, che nessuno ha mai eletto e che regna per successione al padre, come se fossimo ancora nel Medio Evo, come è possibile che venga accettato, quando per di più confonde la sua ditta privata con gli organi decisionali del movimento?

Basterebbe questa gigantesca anomalia, ma come si sa le stranezze di questo Movimento sono molte anzi troppe e vanno dal “partito non partito”, ai parlamentari eletti che devono comparire non come tali ma come semplici “portavoce” ma che sopratutto sono costretti a castrasi nelle loro prerogative costituzionali, firmando una dichiarazione imposta dal Movimento con la quale accettano clausole capestro.
Stipendi obbligatoriamente e drasticamente autoridotti, che purtroppo, pare piacciano moltissimo al pubblico che essendo comprensibilmente esasperato dalla corruzione dilagante non vuole accettare l’idea che l’autonomia economica dei parlamentari è la prima condizione per dissuaderli dal fare politica per rubare.

Poi c’è l’altro problema dei problemi per il Movimento che è quello del demandare le decisioni a scelte degli iscritti fatte non vedendosi in faccia in carne ed ossa, ma tramite l’uso del web, che come è noto ha i suoi vantaggi, in quanto garantisce in teoria il massimo della democraticità possibile, ma che ha anche grossi svantaggi come la possibilità di manipolare internamente le procedure digitali direttamente da parte di chi gestisce i programmi usati ,o esternamente da hackers come è capitato di recente.
Insomma il Movimento è nato dandosi delle regole che lo distinguessero in modo netto dai partiti esistenti e questa è stata la sua fortuna, perché c’era una fortissima domanda politica di qualcosa di radicalmente diverso dalla palude esistente, formata da partiti corrotti e consunti,che hanno largamente dimostrato di essere incapaci di governare decentemente.

Il problema è che per accentuare questa diversità, i Grillini fin dall’inizio hanno ecceduto dandosi norme spesso del tutto strampalate.
Queste tinte anomale potevano andare bene per lanciarsi e accreditarsi nel panorama politico, quando sono nati, ma si da il caso che da tempo il Movimento 5Stelle è dato dai sondaggi come il partito che riscuote i consenso più ampi e quindi in altre parole è il primo partito d’Italia.
In questa particolare posizione è sconcertante che il vertice del Movimento non capisca che quelle anomalie iniziali accentuate da atteggiamenti diciamo folkloristici, oggi sono fuori luogo.
Lo avevamo già detto su questo blog, è risaputo che con tutta probabilità la prossima primavera dopo la svolgimento delle elezioni politiche il Presidente della Repubblica dovrà invitare proprio Luigi Di Maio a salire lo scalone d’onore del Quirinale per assumere l’incarico di formare il nuovo governo.
Oggi la gente che il Movimento è diverso dagli altri ormai lo ha capito e metabolizzato bene, e quindi a questo punto con lo stesso Movimento alle soglie di Palazzo Chigi ,la medesima gente compresi gli elettori 5Stelle vorrebbe vedere se non una “normalizzazione” ,sicuramente qualcosa di simile consistente almeno nella fine delle strampalatezze più vistose.
Abbiamo detto che Di Maio riceverà molto probabilmente l’incarico, ma riuscirà a mettere insieme un governo?

La legge elettorale, per tanto che qualcuno riesca a modificarla in tempi così stretti ,sarà con tutta probabilità la peggiore schifezza che si sia mai vista in materia e quindi sempre con tutta probabilità la possibilità di formare un governo per chiunque riceva l’incarico questa primavera sarà quasi nulla.
E allora?
Allora si tornerà a votare dopo pochi mesi.

Nel frattempo ,come dice uno dei nostri più preparati esperti di geopolitica, Lucio Caracciolo, tedeschi e nordici faranno di tutto per sbatterci fuori da Euro e Europa, mandandoci sulla soglia del “default”.
E’ inutile nascondercelo, la nostra situazione economica non si risolve certo con i giochetti e le trovate infantili di Matteo Renzi, ieri il bonus degli 80€, oggi la orribile pensata di assumere centinaia di migliaia di nuovi statali, in controtendenza assoluta con il testo del mondo moderno.
Ripresina o non ripresina, col debito pubblico a 130 siamo eternamente sulla soglia del baratro.
Se poi si aggiunge l’incognita dell’instabilità politica è finita e quella del possibile default diventa una probabilità molto seria.

Se lo stato fallisce ripassiamoci quello che è successo in Grecia per sapere in anticipo cosa succederà da noi.
Taglio di tutto, impoverimento spaventoso.

Non dimentichiamo che noi a differenza della Grecia abbiamo anche il problema non secondario di un Meridione da molto tempo rimasto troppo indietro per poter recuperare.

Poi c’è stata la follia di prendere centinaia di migliaia di immigrati senza che ci si fosse nemmeno preoccupati di sistemarli provvisoriamente in modo appena decente facendo fare loro qualche cosa di diverso che girare per l’Italia senza lavoro e sopratutto senza documenti e quindi c’è in sottofondo un problema sicurezza che potrebbe deflagrare con conseguenze imprevedibili.
Se succedesse tutto questo, chi potrà, lascerà questo paese e quindi gli immigrati diventeremo noi, come sempre chi avrà i sodi sarà gradito dovunque vada e invece chi non ne ha abbastanza sarà un reietto.
Grazie politici!

Chissà se nell’ambito dei 5Stelle qualcuno responsabilmente lo scenario che sopra abbiamo descritto se lo è studiato e di conseguenza ha preparato risposte sensate per evitarlo.
Lo spero ma ne dubito quando sento lo stesso Di Maio che invece di parlare già da ora delle alleanze possibili che il suo Movimento dovrà fare appena dopo le elezioni, cioè da qui a pochi mesi, con le forze politiche che gli sono più simili (Lega) ,continua a straparlare di possibilità di portare i 5Stelle al 40%.
Eventualità abbastanza inverosimile, ma che sopratutto non risolverebbe nulla perché, come tutti sappiamo per governare ci vuole almeno il 50% + 1.

Per avere una qualche fiducia vorrei vedere in questi mesi prima delle elezioni lo stesso Di Maio a colloquio con Angela Merkel, perché chi vuol governare in Italia, che si trova in Europa, è con la Merkel che deve parlarsi perché e lei e solo lei che ha il potre di decidere di sbatterci in default o di darci una mano per l’ennesima volta, ovviamente se chi governa in Italia riuscirà a convincerla che conviene al suo paese.

Questo colloquio mi farebbe capire che lui ha capito quello che c’è da capire e per votare il suo partito, questa cosa in coscienza avrei bisogno di acquisirla.