giovedì 28 ottobre 2021

Telmo Pievani : Creazione senza Dio – Einaudi – recensione

 



 



L’autore è un accademico professore di Filosofia delle Scienze Biologiche all’Università di Padova, ma è sopratutto un ottimo divulgatore della legge dell’evoluzione al punto da essere riuscito a scrivere alcuni libri sotto forma di album illustrati dedicati esplicitamente ai bambini che hanno avuto un meritato successo.

E’ Presidente della Società Italiana di Biologia Evolutiva e questo titolo probabilmente chiarisce meglio la sostanza del suo lavoro scientifico.

D’accordo è anche epistemologo per usare un termine tradizionale, ma immagino che se dovesse scegliere fra definirsi filosofo o scienziato opterebbe con tutta probabilità per il secondo termine.

Le Università chiaramente non riescono ancora a trovare definizioni accettabili per materie che sono per natura pluri-disciplinari.

Nessuno si è speso come lui in Italia per definire e spiegare la legge dell’evoluzione da Darwin in poi.

Nessuno come lui ha saputo essere tanto efficace come polemista per smontare le argomentazioni dei vari teo-con , atei devoti, personaggi in vesti prelatizie,ed anche uomini di scienza incapaci di

scrollarsi di dosso pregiudizi anti-scientifici indimostrabili.

Pievani però non è affatto della scuola degli Odifreddi o dei Dawkins che maltrattano i loro interlocutori credenti trattandoli con ironia e con sarcasmo.

Anzi tiene a dimostrare rispetto per chi vuole avere un fede religiosa pur essendo magari un uomo di scienza.

Purchè non si facciano giochetti per far passare come scienza quello che è solo, teologia ,filosofia o semplicemente pregiudizio ideologico.

La prima parte del libro è la migliore descrizione delle leggi dell’evoluzione che abbia mai trovato perché ha il grandissimo pregio di essere argomentata quasi leggendo alcuni passi fondamentali dei taccuini di appunti che Charles Darwin ci ha lasciato.

Nelle specie si hanno mutazioni casuali dovute a errori di riproduzione che intervengono su tempi estremamente lunghi subendo nel frattempo l’influenza dell’ambiente che salva solamente i soggetti che meglio riescono ad adattarsi.

Che riesce a farci capire cos’è l’evoluzione è la miriade di imperfezioni che gli organi del nostro corpo si portano dietro.

Noi siamo il risultati di una serie di imperfezioni che hanno avuto successo dice Pievani.

Sui tempi lunghi delle ere geologiche siamo arrivati anche noi Sapiens 200.000 anni fa derivando da ominidi e da primati con i quali infatti (scimpanzè) condividiamo il 99% del DNA.

Siamo figli del caso e della lotta per sopravvivere adattandoci al meglio all’ambiente circostante, cioè siamo figli di una parte che abbiamo ereditato ma abbiamo anche una parte che ci abbiamo messo noi usando di tutte le nostre capacità.

E quindi sappiamo spiegare benissimo chi siamo e da dove veniamo usando le leggi dell’evoluzione naturale.

Punto.

C’è bisogno di tirare in ballo un Dio creatore?

Per fare che cosa, se sappiamo già come è nato e come si è evoluto l’universo noi compresi?

Temo che i più di noi siano convinti che i Papi e i preti abbiano tirato in ballo la teoria dell’Intelligent Design per confutare le leggi dell’evoluzione semplicemente perché consideravano insopportabile l’idea che l’uomo presunta creatura su immagine di Dio discenda dalle scimmie e sia anche lui almeno parzialmente un animale.

Darwin ha impostato le sue scoperte negli anni 30 dell’ 800, ma l’opera principale l’”Origine delle Specie “ è uscita nel 1859, cioè la pubblicazione è stata volutamente dilazionata nel tempo proprio perché l’autore si era reso perfettamente conto di avere elaborato una rivoluzione copernicana nelle conoscenze umane.

Regnava Papa Pio IX quello del Sillabo contro le idee liberali e quindi di fatto contro tutti quelli che poi furono elencati e definiti come diritti umani.

Andare a dire a un Papa di quell’universo culturale che lui stesso non era stato creato da nessun Dio ma che discendeva dai gorilla era veramente un colpo da ko.

Ma anche i prelati della Chiesa Anglicana alla quale apparteneva la famiglia Darwin non erano da meno.

Da allora sì gli argomenti contrari erano esclusivamente teologici contestavano la non creazione, ma erano chiaramente influenzati alla reazione emotiva verso l’idea inaccettabile dell’eredità scimmiesca.

Poi col passare degli anni e col fatto che la teoria dell’evoluzione passava appunto dal rango di teoria a quello di legge biologica universalmente accettata dalla scienza la reazione ha tentato di spostarsi su argomenti meno diretti , più subdoli e formalmente più elaborati.

Dal vecchio argomento antropologico risalente ai tentativi di dimostrazioni dell’esistenza di dio elaborati da San Tommaso si assemblò la teoria dell’Intelligent Design, di scuola sopratutto Nord Americana.

Non è molto originale : se vediamo un orologio ci viene subito da pensare che quello esiste perché prima c’è stato un orologiaio che l’ha ideato e che l’ha costruito, analogamente se ammiriamo la complessità del creato “deve” esistere una mente intelligente che l’ha ideato e che l’ha costruito.

Questa la sostanza dell’argomentazione anche se poi l’originale è stato rielaborato in una lunga serie di varianti.

Mi ha sorpreso il fatto che Telmo Pievani conceda molto più spazio di quello che immaginavo all’elencazione delle dottrine ID che sinceramente non mi sembra meritino tanta attenzione data la modestia dei loro assunti logici.

E’ vero però che incredibilmente queste teorie abbiano tuttora un largo pubblico sopratutto negli Usa.

Inviterei però il lettore a chiedersi perché argomenti che sul piano dell’argomentazione logica non stanno in piedi si trovino ad avere un largo seguito magari tenendo presente quanto esposto nel libro che su questo Blog è stato recensito il 18 ottobre scorso ,quello dell’editorialista del quotididiano cattolico francese La Croix Nicolas Senèze intitolato “lo scisma americano.Come l’America vuole cambiare il Papa” .

Libro nel quale con dovizia di particolari si documenta il fatto che in America dietro al tradizionalismo religioso più fanatico dove si trovano le posizioni dogmatiche più oscurantiste la teologia di fatto è solo la foglia di fico che molto munifici tycoon dell’industria e della finanza usano e strumentalizzano per costringere il pubblico ad associarli a quello che a loro interessa veramente e cioè al dogma liberista del libero mercato per farne un unicum, venduto in modo indivisibile come il pacchetto dei “valori americani”.

Dietro ai movimenti pro life, ai family day ,all’avversione verso la teoria gender eccetera ci sono sicuramente parecchi credenti in perfetta buona fede, che si vedono, ma ci sono anche un sacco di soldi che non si vedono.

Soldi per pagare media e lobby, e il gioco è fatto.

Certo che questo tipo di riflessioni non fa parte del bagaglio che autori come Telmo Pievani usano perché esula dal loro mestiere, ma è opportuno che se ne faccia cenno perché il lettore possa avere più frecce al proprio arco per comprendere meglio.

Pievani conserva un atteggiamento molto corretto e rispettoso nel riguardo dei credenti.

In sostanza la sua posizione è questa : le leggi dell’evoluzione ormai provate e accettate senza condizioni dalla comunità scientifica spiegano perfettamente cosa siamo e da dove veniamo per via naturale, senza alcuna necessità di ricorrere ai miti religiosi della creazione.

Di conseguenza il ricorso ai miti religiosi e quindi all’ID è del tutto superfluo.

Ma se ci sono persone che ritengono di voler credere ai miti delle religioni organizzate perché reputano che così facendo possono trovare conforto al “mestiere di vivere”, nessun problema.

La scienza non è fatta per dimostrare l’esistenza o l’inesistenza di Dio.

A patto però che la religione non pretenda di sottomettere la scienza ai suoi miti ove si manifestassero punti di contrasto.

Pievani non nasconde il fatto che la quasi totalità del mondo scientifico non è costituita da credenti nelle religioni organizzate, ma questo non significa che ci sia una preclusione.

La scienza è strumento di conoscenza, la religione organizzata è strumento di consolazione, di conseguenza può esistere lo scienziato credente, ma la religione non può pretendere di essere strumento di conoscenza.

Così come lo scienziato può coltivare una sua spiritualità al di fuori delle religioni organizzate.

Quando la religione pretende di uscire dai binari ponendosi arbitrariamente come strumento di conoscenza come quando propone una delle varianti neo-creazioniste ,inevitabilmente va a sbattere contro muri logici invalicabili.

Qualche piccolo esempio.

Ma perché mai un eventuale creatore avrebbe dovuto o voluto essere così poco efficiente creando delle forme superflue ed eccessivamente ridondanti?

Peggio ancora se si va a riflettere sulle imperfezioni del presunto “artefatto” del creatore.

Collide in modo insuperabile il concetto di un dio immagine della perfezione con realtà imperfette, errate non funzionali, irrazionalmente complesse.

Un creatore pasticcione e con le idee confuse?

Non parliamo della natura matrigna e orribilmente crudele creata da un dio supposto per definizione come bene supremo, che ci vorrebbe bene?

L’argomento della teodicea è un muro insuperabile.









sabato 23 ottobre 2021

Giuseppe Remuzzi : Le impronte del signor Neardenthal. Come la scienza ricostruisce il passato e disegna il futuro – recensione

 




L’autore che è il direttore attuale del Mario Negri, ha avuto la fortuna di formarsi alla scuola di Silvio Garattini, fondatore del medesimo Istituto di Ricerche Farmacologiche , scienziato di chiara fama e volto familiare al grande pubblico per le sue numerose apparizioni alla TV fin dai tempi delle prime trasmissioni di giornalismo di inchiesta dedicate alla tutela dei consumatori con conduttore Antonio Lubrano.

E’ uno dei più noti ricercatori italiani ed è stato già apprezzato per sue capacità di divulgazione scientifica anche attraverso diversi interventi sul Corriere della Sera.

Questo libro probabilmente raccoglie una serie di articoli del massimo interesse.

Personalmente ho una formazione culturale di tipo umanistico e quindi fin quando si parla di DNA o di RNA va tutto bene, ma quando senza ulteriori spiegazioni il Prof. Remuzzi spara termini come “allele” o “mitocondri” mi trovo piuttosto in difficoltà.

Ma tutto sommato il libro è scritto in modo da essere abbastanza comprensibile anche a chi come me non ha una preparazione specifica.

Trovo estremamente interessante quando capita di essere costretti da libri del genere ad allontanarsi dalle preoccupazioni e dalle beghe quotidiane per percepire quanto sia lungo e profondo il respiro della storia.

La storia dell’universo sappiamo che ci riporta addirittura a 14 miliardi di anni fa, una dimensione che ci fa rabbrividire.

Restringendo un po’ la storia della nostra specie Homo Sapiens si fa risalire dai 300.000 ai 130.000 anni fa.

Il Neardenthal è vissuto fra i 200.00 e i 40.000 anni fa quando la sua specie si è estinta, mentre la nostra ha vinto la battaglia dell’evoluzione.

La scienza con queste acquisizioni rende molto relative le dispute fra i diversi miti religiosi che hanno tutti la vista molto corta, basti pensare che secondo i calcoli basati sulla narrazione fatta dalla Bibbia la creazione dell’universo sarebbe avvenuta fra i il 4.000 e il 5.000 a.C.

La realtà come si vede è molto ma molto diversa.

Il Prof. Remuzzi ci proietta nelle età quando alcuni i Sapiens hanno incontrato i Neardenthal e in più occasioni tempi e luoghi diversi con i Neardenthal si sono incrociati.

Come facciamo a saperlo?

Ora lo sappiamo con sicurezza perché abbiamo imparato a sequenziare il DNA.

Ma non basterebbe questo e infatti siamo arrivati a sequenziare il DNA dei Neardenthal lavorando sugli scheletri di esemplari di Neardenthal rinvenuti in più luoghi diversi dagli archeologi e dai paleontologi e questo ha permesso di confrontarlo con quello della nostra specie per verificarne identità e differenze.

Non entro nei particolari perché come ho detto sopra in questa materia non nuoto nelle mie acque abituali, ma Remuzzi ci spiega che effettuando questi confronti si è potuto appurare prima di tutto il fatto che le due specie si sono incrociate e poi che dai Neardenthal abbiamo ereditato sia elementi positivi che ci hanno consentito di difenderci ad esempio dalle malattie infettive, ma anche degli elementi negativi come la predisposizione al diabete.

La spiegazione Remuzzi la presenta su basi strettamente scientifiche, ma si può anche verosimilmente dedurre dalle nozioni storiche che abbiamo.

I Neardenthal hanno popolato le terre più a Nord appena le glaciazioni hanno cominciato e recedere e quindi dovevano adattarsi ad un clima estremamente freddo, ecco allora che il loro organismo si organizzava in modo da immagazzinare grasso e allungare i peli per aumentare la protezione naturale.

Le mutazioni che si formano nel DNA per adattarsi all’ambiente una volta avvenute lo sono per sempre e quindi vengono riprodotte nelle generazioni successive fino a noi che proprio di grasso in eccesso non abbiamo bisogno.

Navigando sempre intorno ai 50.000 anni fa Remuzzi espone dei dati di estremo interesse che sarebbe bene che fossero acquisiti da tutti per quello che sono : acquisizioni scientifiche dimostrate e dimostrabili che come tali non possono essere né di destra né di sinistra ma che dimostrano in modo inconfutabile che non è possibile sostenere l’esistenza di presunte identità etniche, perché la storia è storia di continue migrazioni di massa, per la qual cosa non esiste in assoluto al mondo,nè è mai esistito alcun gruppo etnico che si trovi dove era nato se non unico caso in assoluto quello degli Aborigeni australiani.

Le identità etniche sono in realtà tutte inventate, miti, racconti, storie, niente di più.

Di estremo interesse anche il capitolo che dimostra l’enorme influenza che ha avuto fino dalla notte dei tempi la presenza umana sulla terra, prima addirittura della comparsa della nostra specie quella del Sapiens, perché anche gli ominidi sapevano cacciare e caccia oggi, caccia domani hanno cambiato insieme a noi la faccia della terra, dove prima della nostra comparsa giravano indisturbati mammiferi enormi, Remuzzi parla di Mammuth grossi quattro volte un elefante.

Dopo decine di migliaia di anni di caccia con strumenti sempre più sofisticati, e sopratutto tattiche di caccia sempre più invasive abbiamo sterminato le specie preistoriche e la taglia degli animali si è incredibilmente a poco a poco ridotta.

Forte interesse ha suscitato in mè anche il capitolo sui pipistrelli.

Sapevamo che i virus per lo più scelgono come ospiti degli animali e che poi questi dopo processi in molti casi estremamente lunghi, si possono trasmettere all’uomo.

Non credo sia noto però che la vita dei virus è anche più vecchia di quella dell’uomo.

La cosa veramente incredibile però è che i pipistrelli ospitano virus dai tempi preistorici senza sviluppare alcuna malattia.

Come mai? Se lo scoprissimo potremmo debellare molte specie di virus, ma ancora non lo sappiamo.

Ho trovato invece sinceramente poco convincenti i capitoli che Remuzzi dedica al rapporto fra scienza e fede ed alle lodi sperticate che spende per Papa Francesco.

A mio avviso non basta scrivere una buona enciclica con la quale si accettano gran parte delle acquisizioni scientifiche che i Papi nel passato avevano messe all’indice, per dare fatta la pace fra scienza e fede.

E’ proprio vero che quando qualcuno esce dall’ambito delle competenze nelle quali eccelle e si avventura in campi che probabilmente conosce poco, fine per non fare ottima figura.

Questo mi sembra il caso.

Fra scienza e fede è non solo mia opinione ma opinione della quasi totalità di epistemologi e logici, non c’è e non ci può essere intesa perché l’una visione del mondo esclude l’altra.

La fede è per definizione accettazione di presunte verità assolute che sarebbero rivelate da un’autorità esterna, mentre la scienza è acquisizione di conoscenze verificabili dimostrabili e riproducibili, senza la pretesa di proclamare verità assolute ma basate al contrario sulla massima probabilità che possono essere contraddette o migliorate per definizione.

Le due cose non possono stare insieme.

Papa Francesco è forse il personaggio più popolare al mondo, ma non sono pochi i vaticanisti che lo giudicano un personaggio quanto meno ambiguo, capace di bellissime parole, di aperture fantastiche, ma poi se si va a vedere fermo e immobile sulla teologia dogmatica e sulla morale tradizionale.

Fortunatamente il Remuzzi che rimane nel suo ambito di studio conclude il libro prima con un capitolo sul possibile Rinascimento che ci potrebbe stare davanti se sapremo divulgare le conoscenze scientifiche moderne e significativamente lo finisce con un altro capitolo intitolato fede nella scienza.

Bene, anzi benissimo.

Questo libro di circa 250 pagine lo ripeto è leggibile senza difficoltà anche per chi come mè non ha nozioni specifiche su genetica e biologia e solo questo è un punto di merito per uno scienziato che vuole proprio rivolgersi a una platea non specializzata.

lunedì 18 ottobre 2021

Nicolas Senèze Lo scisma americano. Come l’America vuole cambiare Papa – recensione

 





Chiedevo a me stesso : come mai mi sono messo a leggere questo agile libretto che si potrebbe definire” di giornalismo di inchiesta redatto dal Vaticanista del quotidiano cattolico francese La Croix” incentrato sulla lotta accanita dei nemici di papa Bergoglio per farlo fuori in qualche modo quando da tempo avevo considerato che fosse una perdita di tempo occuparmi di Vaticano e dintorni, essendomi ormai definitivamente convinto che la Chiesa Cattolica non ha risposte decenti da dare agli uomini di oggi?

Rispondo, perché ho trovato un forte stimolo ad approfondire non tanto l’argomento delle incredibili malefatte della curia romana ormai più che documentate ad esempio dai libri-inchiesta di Nuzzi e Fittipaldi ,quanto mi è sembrato invece indispensabile approfondire i rapporti fra i grandi finanziatori ufficialmente cattolici dell’ultradestra americana e la più o meno estrema destra politica italiana.

Perchè questo argomento non lo ho visto trattato dai nostri media se non dal giornalismo di inchiesta purtroppo di nicchia di Report coraggiosamente tenuto in piedi da quell’incredibile Sigrifido Ranucci e soci.

Come mai l’ex stratega di Donald Trump Stephen Bannon, banchiere di investimento e direttore del giornale di estrema destra Breitbart News, ci dice Wikipedia dedica tempo e soldi per venire in Italia ad affittare la famosa Certosa di Trisurti (Collepardo-Frosinone) per farne un centro di formazione politica per i movimenti sovranisti italiani?

Come mai il quotidiano Domani del 15 ottobre scorso pubblicava un articolo dal titolo :Forza Nuova, la rete di Fiore : dal Vaticano all’uomo di Bannon fino all’avvocato di Gelli?

Andiamo al cuore del problema : come mai la corrente del pensiero tradizionalista cattolico ,per intenderci quella dell’”intelligent design” fortemente anti evoluzionista, e dei “pro-life” ferocemente anti aborto , oggi impegnati nel contrasto alla così detta teoria “gender” ferocemente contrari ai matrimoni gay che considerano le loro vedute come principi e valori non negoziabili è solo in parte una comprensibile fetta di anziani fedeli rimasti legati per lo più alle visioni del cattolicesimo ante Vaticani II?

Niente di strano o di interessante se fossimo di fronte a un problema di teologia, che impegna le coscienze di alcuni ma che non è del minimo interesse per il resto della società.

Quello che sorprende invece è il salto, anzi la non dovuta connessione fra una corrente teologica e ingenti finanziamenti che arrivano per vie traverse dai generosi finanziatori dei movimenti pro life americani al sottobosco neo fascista italiano magari anche per sostenere ad esempio i Family Day ai quali partecipano anche degne persone con convinzioni discutibili, ma del tutto rispettabili.

Con tutta probabilità costoro in buona fede e di conseguenza ignari del fatto che frange del loro movimento dicono le inchieste giornalistiche che abbiamo citato sopra che avrebbero ricevuto non quattro soldi, ma ingenti finanziamenti da oltre oceano.

Come mai convinzioni religiose lo ripeto discutibili nel mondo moderno, ma del tutto rispettabili sul piano delle coscienze saltano da questo ambito a giganteschi problemi di potere ?

Avevo trovato tempo fa in una raccolta di brevi pensieri di Napoleone una frase scioccante nella sua semplicità contro-corrente e ben poco politicamente corretta: le religioni sono state inventate dai ricchi per evitare che i poveri taglino loro la gola.

La massima di Napoleone del resto non fa che rifarsi al concetto vecchio come il mondo della religione “instrumentum regni” invece che materia di carità e di spiritualità.

Ecco il libro del quale parliamo documenta che il cattolicesimo tradizionalista americano ha declinato il concetti di instrumentum regni in modo parecchio più sofisticato nel senso che queste potenti lobby delle quali abbiamo sopra accennato si servono della difesa a oltranza dei “valori non negoziabili” per poter mettere insieme a loro, la vera ispirazione di tutto il loro agire e cioè il mantra del liberismo assoluto in economia, fatto passare come valore fondante della tradizione americana.

Il vero Vangelo allora diventa il solito assunto che il mercato lasciato senza vincoli provvederebbe da solo ad arricchire tutti.

Teoria frusta contraddetta da mille studi e dalla realtà quotidiana che dimostrano esattamente il contrario : il mercato lasciato completamente a sé stesso fa diventare i ricchi ultra-ricchi e fa aumentare il numero dei poveri condannando alla povertà anche quella che una volta era la classe media.

Senèze ci descrive i riti laici di questi cattolicissimi tycoon che si concretizzano in cene periodiche organizzate per raccogliere fondi ai quali partecipano come ospiti d’ onore i prelati dell’universo ferocemente anti Papa Bergoglio.

Anche se non conosco questo mondo non mi risulta difficile pensare ad esempio che i petrolieri texani assidui a queste cene accompagnati dalle loro ingioiellate signore magari al terzo o quarto matrimonio pur essendo le colonne di movimenti pro life non discutano fra loro delle “dispute quodlibetali” di San Tommaso né dell’esegesi della Città di Dio di Sant’Agostino, eppure secondo la ricostruzione documentata di Senèze sono costoro che con le loro generose donazioni sono diventati di fatto “i padroni” del cattolicesimo americano.

E sono diventati ancora più potenti realizzando di fatto una alleanza con gli altrettanto potenti protestanti neo-pentacostali evangelici per mettere di fatto al primo posto della dogmatica delle loro chiese la così detta “teologia della prosperità” o “prosperity gospel”, brillantemente descritta in un saggio diventato celebre di Civiltà Cattolica a firma del suo direttore Padre Antonio Spadaro e Padre Marcelo Figeriola nel quaderno n 4034.

Dio vuole che i suoi fedeli abbiano una vita prospera e cioè che siano ricchi dal punto di vista economico,sano da quello fisico ed individualmente felici. Questo tipo di cristianesimo colloca il benessere del credente al centro della preghiera e fa del suo creatore colui che realizza i suoi pensieri e i suoi desideri.

Questa è una forma di “antropocentrismo religioso” dice Padre Spadaro che mette al centro l’uomo e Dio al suo servizio e la chiesa in un supermercato della fede, la religione in un fenomeno utilitaristico sensazionalistico e pragmatico.

Questa versione del cattolicesimo fa riferimento diretto al mito dell’American Dream e questo è importantissimo perché è il passaggio logico col quale i sopraddetti tycoon fanno diventare teologico il mito del mercato come valore assoluto.

La ricchezza e l’opulenza sono segno tangibile della predilezione divina.

E questa ci dice ancora Padre Spadaro è una “teologia” che è stata diffusa per decenni con mezzi assolutamente ingenti dai neocatecumenali evangelici che si sono serviti dei media tradizionali fino a quelli più tecnologicamente avanzati convincendo e indottrinando in modo più o meno occulto .

Questa “teologia” è stata bollata da Papa Francesco come ispirata dal demonio per oscurare il Vangelo autentico.

Ecco perché i medesimi ambienti si sono messi a finanziare le frange della Curia e delle conferenze episcopali che tramano contro il Papa con mezzi leciti e non.

Se volete nomi e cognomi dei suddetti tycoon ,dei personaggi con zucchetti color porpora e color violetto fino a semplici preti congiuranti leggete questo libro.

Personalmente direi che ho trovato molto buono il lavoro di Senèze.

I lettori che seguono questo blog avranno visto la recensione che avevo fatto al libro-biografia rilasciato pochi mesi fa da Giorgia Meloni, che tra l’altro ha avuto un buon successo editoriale.

In quella recensione mi stupivo del fatto che nelle idee di fondo alle quali la Meloni dice di ispirarsi ci fosse ben poco delle linee guida tradizionali della destra (che so io la legge e l’ordine, la preminenza dello stato).

Mentre la parte del leone la faceva la “battaglia culturale” che nel cattolicesimo italiano aveva rappresentato la lunga presidenza della Conferenza Episcopale da parte del Cardinale Ruini.

Leggendo questo libro ho dovuto constatare che questo modo di procedere non era per niente originale essendo di fatto andato in tandem con l’analoga battaglia combattuta in America dagli ambienti dei quali si è sopra parlato.

Non si può non fare due più due : pontefice regnante Papa Woityla che riteneva di avere un disperato bisogno di soldi da mandare in Polonia essendo convinto di giocare la parte principale per far cadere il comunismo (cosa che oggi non conferma nemmeno un solo storico) e che quindi scrive sul libro d’oro il nome di tutti i donatori sollecita e accetta tutto quello che viene dall’America.

Non sarà che il prevalere allora di una certa teologia sia stata non poco influenzato da quel fiume di denaro?

E che poi i potenti finanziatori si fossero convinti di poter comprarsi anche il Vaticano?

Il libro del quale parliamo dimostra che i medesimi finanziatori sono piuttosto convinti che valga la pena investirci.

Il gioco poi con la destra italiana è ancora più facile per l’evidente modestia e disponibilità dei suoi dirigenti.






martedì 12 ottobre 2021

Massimo Nava : Angela Merkel la donna che ha cambiato la storia

 




Va in pensione la Cancelliera che ha guidato la Germania per ben 16 anni.

Tanto per dare un’idea l’autore fa l’impietoso paragone con il sistema politico italiano fondato sul proporzionale e quindi fatto apposta per impedire la nascita di governi forti e quello tedesco proporzionale anche quello ma con correttivi importanti, che ha invce garantito una governabilità accettabile.

Nelle sale della Cancelleria di Berlino si trovano i ritratti dei Cancellieri che hanno governato dal dopo-guerra ad oggi : sono solo 7.

Nello stesso periodo l’Italia ha dovuto sopportare una girandola di ben 30 Presidenti del Consiglio che hanno presieduto addirittura 67 governi.

Spaventoso eppure sia l’Italia che la Germania hanno avuto padri costituenti che erano fortemente influenzati dall’obbiettivo primario di costruire un sistema politico volto a prevenire ricadute nella dittatura nazifascista tragicamente appena superata da tutti e due i paesi.

Due giganti della politica democratica Konrad Adenauer ed Alcide De Gasperi si erano ambedue avviati a perseguire l’obiettivo di garantire un sistema proporzionale ma stabile e in grado di governare.

De Gasperi nel 1954 aveva capito dopo pochi anni che col proporzionale puro senza contrappesi era di fatto impossibile garantire la stabilità e giocò tutto per risolvere il problema cercando di far passare una legge elettorale con premio di maggioranza, ma non ci riuscì e da lì cominciò inevitabilmente il carosello delle maggioranze appese a un filo e dei mille governi deboli e non nelle condizioni di programmare riforme di valore di sistema.

Oggi siamo ancora allo stesso punto.

Ho fatto questa premessa per sottolineare fortemente il valore della stabilità in qualsiasi sistema politico.

In Germania ancora più che in Italia anche per ragioni culturali e di carattere nazionale se mi passate il termine carattere affibbiato a un popolo e non a una persona la domanda politica che viene dalla base è stata in modo primario : garantire la stabilità nel progresso ma senza scosse.

Ecco che simo arrivati al punto cioè al senso ultimo del libro del quale stiamo parlando.

Se la Merkel è stata amata e rieletta in continuazione è prima di tutto per il fatto che i suoi elettori le riconoscevano prima di tutto la capacità di soddisfare queste due esigenze primarie.

Stabilità , governabilità, sano riformismo cioè appunto progresso ma senza scosse.

Queste esigenze dell’elettorato ben si coniugavano felicemente con l’indole ,il carattere del personaggio.

Come è noto Merkel è sempre stata soprannominata “Die Mutti” la mamma e questo dice molto.

Tutti le hanno sempre riconosciuto carattere e capacità di leadership, ma il suo forte non era certo mostrare carisma nel senso di capacità di arringare e trascinare le folle.

Ma di questo ovviamente i tedeschi ne avevano già avuto più che abbastanza e non era quello che cercavano nei loro leader politici nel dopo-guerra.

Del resto lei stessa in più occasioni e in tempi diversi diceva di voler dare voce politica alla casalinga sveva, attenta a far quadrare il bilancio familiare garantendo progresso ma nella stabilità.

Nessun interesse ai salotti, alla vita mondana, al gossip.

Il rigore protestante insito nella sua cultura l’ha sempre portata a non tollerare intrusioni nella sua vita privata, tanto che non ha mai ritenuto di spiegare come mai ha voluto mantenere il cognome del primo marito, sposato da molto giovane e col quale ha condiviso un periodo brevissimo.

Non ha mai voluto mettere in pubblico le sue abitudini ed atteggiamenti verso la religione : prega, va alle funzioni ?

Non se ne sa praticamente nulla, anche se è stata la leader che ha guidato il partito che si chiama Unione Cristiano Democratica per il periodo più lungo della sua storia.

Il libro scritto molto bene da uno dei più noti inviati di lungo corso del Corriere della Sera.

Particolare curioso l’Autore è stato inviato speciale in giro per il mondo dove c’erano guerre da raccontare, e poi è stato corrispondente da Parigi, non da Berlino.

Delle vicende italiane si è occupato a lungo nel descrivere il mondo della mafia.

Sorprendente la sua biografia perché leggendo il libro sembra che l’autore sia vissuto decenni a Berlino.

Evidentemente conosce molto bene il suo mestiere e sa bene come documentarsi e poi ricordiamoci che Angela Merkel è stata anche di fatto cancelliera d’Europa nel senso che per decenni le decisioni della Comunità difficilmente uscivano senza ll placet di Berlino.

Ne deriva che un esperto di politica internazionale ed europea come Massimo Nava con l’azione politica della Merkel ha convissuto per lunghi anni.

Il libro segue la time line tipica delle biografie e questo giova stante il fatto che come spesso accade sarebbe difficile comprendere certi tratti caratteriali di Angela Merkel senza conoscere le vicende fondamentali della sua vita e prima di tutto il fatto che abbia avuto la ventura di vivere tutto il periodo della sua formazione scolastica e professionale nella ex DDR, cioè nell’”altra” Germania, quella comunista retta da un regime dittatoriale fra i più duri ed ortodossi dell’universo sovietico.

Nava è molto abile nel far capire che per afferrare veramente i tratti di una persona è utilissimo venire a sapere come questa si è formata nel corso scolastico e poi come è entrata in una professione.

Ebbene non è secondario il fatto che la Cancelliera sia cresciuta in una solida famiglia del ceto medio, madre insegnante di latino e di inglese e padre pastore protestante con una forte sensibilità sociale e quindi ben disposto verso le idee socialiste non in una metropoli ma in una cittadina di provincia nell’estremo Nord della Germania, pur essendo nata ad Amburgo.

La descrizione di questo tipo di ambiente sembra obiettivamente l’ideale per trasmettere l’idea dei valori di stabilità e di equilibrio che la Merkel ha immagazzinato fin da piccola.

Secondo elemento fondamentale è stata la svolta nella vita di Angela Merkel avvenuta dopo la decisione presa dal padre di trasferirsi da Amburgo alla DDR a Templin cittadina di 15.000 abitanti.

Il regime era dittatoriale e chiuso è vero ma garantiva a tutti una casa e un lavoro e un certo livello di welfare.

La futura Cancelliera Nava lo mette in evidenza dovendo vivere in un tale regime aveva deciso di fare buon viso a cattivo gioco cercando di cavare da quelle situazioni di vita tutto quello che si poteva cavare per farsi un’istruzione e possibilmente per esprimere tutta sé stessa arrivando prima dove poteva studiando durissimo ed approfittando di tutte le occasioni che il regime metteva a disposizione di chi era intellettualmente dotato, essendo quel sistema molto attento a valorizzare chi avrebbe potuto mostrare all’esterno le proprie capacità fuori dall’ordinario proprio per propagandare la capacità del regime medesimo di esprimere delle eccellenze.

Per sua fortuna la Merkel comprese per tempo che la lotteria biologica le aveva assegnato doti particolari e ci mise del suo impegnandosi con una applicazione continuativa straordinaria per primeggiare.

Nava ci dice che conseguì il primo premio nelle “olimpiadi di lingua russa” a livello nazionale raggiunto stra-studiando.

Se poi da Cancelliera ha potuto permettersi di essere la leader occidentale che ha visto Putin più volte pur essendo più spesso in disaccordo che d’accordo con lui questo è proprio dovuto alla marcia in più che le dava la perfetta conoscenza della lingua natale del suo interlocutore.

Ma dalla vita trascorsa sotto un regime dittatoriale la Merkel ci documenta Nava ha ricavato un atteggiamento caratteriale che le sarà fondamentale nella sua carriera politica.

Vivere sotto un regime costringe a parlare in un modo coi familiari e gli amici più fidati e un altro a scuola, all’Università nel lavoro o al bar, per la semplice ragione che la famosa Stasi la famigerata polizia segreta della DDR manteneva spie assolutamente dappertutto tanto che qualsiasi cittadino aveva un fascicolo che misurava il suo livello di lealtà verso il regime, con continui aggiornamenti e quindi bisognava stare attenti a parlare.

Dovendo coltivare in sé un tale atteggiamento che all’esterno poteva sembrare di particolare riservatezza la Merkel si è poi dovuto sopportare nella vita politica l’appellativo di “la sfinge”, perché è sempre stata attenta a non manifestare in anticipo le sue inclinazioni.

Le ha giovato e non le ha giovato.

Le ha giovato nel senso che questo suo atteggiamento nelle trattative costringeva l’interlocutore a sforzarsi di chiarire bene e in modo analitico il suo punto di vista, dato che quello della Merkel tardava a lungo a venire fuori.

Non le ha giovato nel senso che è stato spesso frainteso per freddezza di carattere e mancanza di visione a lungo periodo.

E’ noto infatti che i suoi detrattori è proprio su questo tasto che battono, giudicandola come un abile politico attaccato più a servirsi di abilità tattiche per sopravvivere e durare a lungo, ma incapace di esprimere sogni, strategie e visioni di lungo periodo.

Ecco però a questo punto è venito il momento di accennare al tyerzo tratto fondamentale del nostro personaggio e questo deriva dalla sua professione prima di entrare nella vita politica.

Molti si stupiranno di sapere che la Merkel aveva raggiunto livelli di eccellenza nel mondo della ricerca scientifica e dell’accademia.

Laureata naturalmente magna cum laude in chimica-fisica si dedicò alla ricerca all’Accademia delle Scienze di Berlino.

In poche parole Angela Merkel era una scienziata e questa sua preparazione e inclinazione del pensiero la indirizzerà nella vita politica ad essere sempre coi piedi per terra, lontana dalle ideologie e portata invece al problem solving.

Non a caso Nava mette in evidenza che quando la Cancelliera veniva a confrontarsi con personaggi pieni di carisma e di visioni che so io come Obama, il primo Blair, lo stesso Macron o Sarkosy si trovava in imbarazzo.

Ma è indubbio che ha reso al suo paese il servizio che la grande maggioranza dell’elettorato le chiedeva.

Non meno importante è stata la sua leadership di fatto esercitata sull’Unione Europea.

E’ vero che in questi ultimi tempi sono usciti un bel numero di biografie del nostro personaggio, ma obiettivamente ritengo che leggendo questo di Massimo Nava il lettore avrà il piacere di usufruire di una descrizione documentata ed altamente attendibile dei caratteri politici e personali della Cancelliera, gustandosi anche una narrazione spigliata e piacevole, ricca di mille episodi che riguardano anche i grandi del mondo degli ultimi due decenni.





mercoledì 29 settembre 2021

Tomaso Montanari : Chiese chiuse – recensione

 






L’autore è un giovane storico dell’arte, il cui livello accademico è facile da tracciare indicando anche solo i due punti fondamentali della sua traiettoria : laurea alla Normale di Pisa, eletto Rettore dell’Università per Stranieri di Siena nel giugno 2021.

Così come è facile individuare il suo orientamento nella professione indicando due eventi che lo videro protagonista : Presidente del Comitato tecnico scientifico per le Belle Arti del Ministero per i Beni Culturali e membro del Consiglio Superiore dei Beni Culturali fino alle dimissioni che dà nell’agosto 2021 per divergenza assoluta dalla linea del Ministro Dario Franceschini.

Un’altra chicca nella sua carriera esce fuori quando si ritrova a dovere interrompere la sua collaborazione al maggiore quotidiano italiano dopo avere pubblicato un capitolo tagliente sulla politica relativa ai Beni Culturali portata avanti dall’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi.

Ha poi arricchito il suo carnet con diverse reprimende da Matteo Salvini e da Vittorio Sgarbi.

Dalla pagina a lui dedicata su Wilkipedia troviamo una sintesi della sua linea :” tema privilegiato per lui è la denuncia del degrado e dell’incuria in cui versa il patrimonio artistico e storico italiano...(denuncia che si allarga ) allo sfruttamento economico e commerciale, riservato a una nicchia ben collaudata di formidabili poteri opachi.

La reazione di Montanari è quella di opporre un nuovo sguardo alle arti riconoscendo la loro funzione di civilizzazione da mettere a disposizione del pubblico più vasto”.

Ecco detto questo il lettore penso abbia avuto modo di avere davanti a sé i tratti fondamentali del nostro autore che tra l’altro ha avuto la non comune opportunità di permettersi di rifiutare la carica di Ministro del Beni Culturali ,perché non riteneva di potere essere ministro in un governo a partecipazione leghista-salviniana.

Chiariteci le idee sull’autore vediamo ora di focalizzare la nostra attenzione sul libro e quindi sulle chiese o meglio sulle chiese chiuse proprio come recita il titolo.

L’autore si proclama personalmente cattolico addirittura praticante, anche se il personaggio in tonaca che cita più spesso oltre a Papa Francesco è Don Lorenzo Milani, il prete di Barbiana, del quale mostra di condividere largamente il pensiero.

Come storico dell’arte riconosce gli sforzi che la Chiesa Italiana ha fatto e fa per conservare il patrimonio artistico, ma non equivochiamo, queste lodi riguardano le chiese aperte al culto.

Fine.

Perchè l’autore medesimo cita una agghiacciante pronuncia della Segnatura Apostolica (organismo di livello appena seguente a quello papale come autorità) con la quale in parole povere si dice che quando l’autorità ecclesiastica decide di chiudere una chiesa al culto, per quella struttura il discorso è chiuso, cioè la Chiesa non se ne occupa più, anche se il linguaggio curiale è il solito dire e non dire.

La sorte di questi monumenti è segnata.

Triste sotto molteplici punti di vista ma è così.

Teniamo conto che il fenomeno chiese chiuse è di dimensioni numeriche spesso drammatiche.

L’autore fa l’esempio di una città capoluogo di provincia della Lombardia che si ritrova con 60 chiese delle quali ben 42 chiuse.

Personalmente ho sempre avuto un grande interesse per la storia e al di là del considerare secondo le convinzioni personali le chiese case di Dio o semplici monumenti, sono sempre stato affascinato dalla monumentalità, dal silenzio delle chiese nel quale si è costretti ad ascoltare proprio il silenzio per concentrarsi sulle pietre che sono lì a raccontare la loro storia, spesso ricchissima.

L’autore è molto abile a citare le sue vivissime impressioni fino da bambino vissute nelle visite alla chiese ,alternandole alla lettura spesso di enormi capolavori ma ancora più spesso di opere d’arte non meno penetranti anche se di autori locali mai pervenuti alla conoscenza del grande pubblico.

Mi ha fatto grandissimo piacere notare e condividere la passione umana dell’autore che ci invita a riflettere a un fatto che spesso non siamo portati a realizzare.

Si tratta dell’evidenza che sotto le pietre delle chiese che calpestiamo ci sono i resti mortali dei fedeli che prima della riforma napoleonica sui cimiteri venivano sepolti proprio nelle chiese e nelle loro adiacenze.

Per la qual cosa anche se non riteniamo che quei luoghi siano sacri per noi, non possiamo disconoscere il fatto che sono le vestigia di una religione civile che è quella che ci mette in comunicazione con l’umanità che condividiamo con quei nostri predecessori di molte epoche storiche.

Ecco perché le chiese chiuse sono molto di più che semplici monumenti pur riconosciuti come beni culturali.

Il numero totale delle chiese italiane ci dice l’autore non è ancora statisticamente accertato del tutto perché l’organismo preposto a censirle non ha ancora concluso definitivamente il suo lavoro, ma il grosso è stato fatto, abbastanza comunque a ritenere vicino alla realtà il numero di 85.000.

Come si vede il fenomeno è eclatante.

L’autore purtroppo si ferma qui, ma sarebbe stato a mio avviso più utile per rendere il discorso più attinente alla realtà andare oltre e confrontare questo enorme numero di chiese con il numero delle persone che istituzionalmente dovrebbero occuparsene e quindi indicare anche il numero dei sacerdoti oggi presenti mettendo questo accanto a quello delle chiese.

Lo faccio io perché mi sembra indispensabile per rendere il discorso più chiaro al lettore.

Quelle 85.000 chiese sono divise per 25.610 Parrocchie e per 226 diocesi.

I sacerdoti risultavano essere nel 2018 54.606 dei quali 35.388 diocesani e 19.218 religiosi.

Se teniamo conto del fatto che l’età media del clero italiano è di 60 anni, cioè l’età della pensione fino all’altro ieri ci appare chiaro che non c’è nemmeno un prete abile per due chiese.

E questa è la prima ragione che spiega il fenomeno eclatante della chiese vuote.

La seconda causa è evidentemente quella dovuta all’avanzare veloce della secolarizzazione, che porta i fedeli a mettere sempre meno un piede nella chiesa istituzionale.

Illuminato il fenomeno nella sua cruda realtà, vediamo come lo affronta l’autore.

Abbiamo premesso le linee di fondo del pensiero in materia di Montanari.

No alla mercificazione delle chiese.

Che significa a suo parere nò assoluto alle biglietterie all’ingresso delle chiese.

L’autore non vede bene nemmeno una divisione delle competenze e dei luoghi che salvi capra e cavoli del tipo di qua i turisti di là i fedeli per la semplice ragione che ritene che il fedele abbia tutto il diritto di usufruire della visione dei capolavori o meno presenti nelle chiese per favorire le sue meditazioni, tenendo conto del fatto elementare che i costruttori, gli artisti e i vescovi dell’epoca per queste precise ragioni avevano edificato quelle chiese e realizzato quelle opere d’arte.

Non per farne un museo né un’experience (proiezioni di opere d’arte).

Capisco che la radicalità del pensiero di Montanari sia un po scioccante, ma va riconosciuto che la sua linea di pensiero è di una linearità logica difficilmente discutibile.

La chiesa per sua natura è fatta per essere luogo pubblico accessibile gratuitamente a tutti.

Sarà anche radicale Montanari, ma non manca di interrogarsi su come trovare possibili soluzioni.

La soluzione pratica che nelle conclusioni enuncia Montanari è interessante, anche se lo avete capito è uno che tende ad andare di accetta più che di cesello.

Butta là Montanari.

Ma se le la chiesa istituzionale arrivata dove è arrivata, cioè non lo dice lui ma tanto vale che lo dica io arrivata alla quasi irrilevanza completa, finalmente facesse un atto di coraggio e rinunciasse all’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, potrebbe avvalersi dell’opera di quei docenti che di fatto dipendono dall’autorità ecclesiastica, per impiegarli a riaprire le chiese che nel tempo sono state chiuse per attività civili di interesse pubblico sempre di carattere culturale magari con un occhio aperto al settore degli immigrati con corsi di italiano e di cultura civica accompagnati a corsi di storia delle religioni, divenendo strumenti di integrazione culturale.

Lasciando spazi all’esercizio ed all’educazione alla spiritualità in una ispirazione mi pare intenda di carattere non solo multiculturale ma anche multiconfessionale.

E’ un libro breve ma intenso, lo consiglio vivamente.