sabato 25 novembre 2023

Dario Fabbri Geopolitica umana. Capire il mondo dalle civiltà antiche alle potenze odierne Ed. Gribaudo – recensione

 




E chi meglio di Dario Fabbri, Direttore di Domino e della Scuola di Domino, poteva scrivere il miglior testo di geopolitica, arrivato fino ad oggi sul mercato?

Non sembri esagerato quello che ho scritto, perché è singolare il talento di questo giovane analista, ormai pienamente affermato, con il non trascurabile “aiutino” ,che gli ha fornito due anni fa, quel pezzo da novanta del mondo dei media che è Enrico Mentana.

E’ stato infatti lui, che ha avuto il fiuto di lanciarlo negli speciali di La7 ad aggiornamento e commento della guerra d’Ucraina.

Fabbri ha il pregio di unire i vantaggi di una giovane età con l’autorevolezza .che si guadagna chi studia e fatica più degli altri e poi emerge per forza.

Nelle ormai continue apparizioni televisive o nei vari podcast ,blog e social vari, aiutato anche da un linguaggio molto personale. preciso e spesso perfino troppo colto, o forse anche proprio per questo. appare col suo rigore. quasi come un sacerdote. di questa nuova disciplina che è la geopolitica.

Che non teme di fare affermazioni quasi sempre contro- corrente, tanto contro corrente. da apparire spesso provocatorie, e comunque. sempre del tutto politicamente-scorrette.

Del pensiero considerato unico e mainstream, la geopolitica se la ride.

Nelle primissime righe di apertura del saggio del quale stiamo parlando,Fabbri introduce, molto a proposito, la sua testimonianza personale.

Che consiste nello sconcerto e nell’insoddisfazione di uno studente di Scienze politiche,come anche lui era stato a suo tempo, che si accorge che le materie basilari,, deputate a fornire gli strumenti per capire, dove va politicamente il mondo, come scienza politica e relazioni internazionali, sono declinate in modo da non essere affatto funzionali allo scopo.

Tutti costruiti su schemi ideologici, applicati in qualsiasi contesto, senza rendersi conto che gli schemi sono frutto di ideologie esclusivamente occidentali, spacciate erroneamente per universali ,con piglio colonial-razzista, in senso culturale.

Lontani da una sistematica analisi storica, affiancata da antropologia e psicologia.

Studio delle etnie e ,si direbbe ,di quell’oscuro mondo, che ,per intendersi, potrebbe definirsi come psiche collettiva.

Ed allora ecco che la realtà non viene più descritta visionandola e classificandola ,guardandola dietro a lenti colorate, che la definiscono sulla base di severe, ma posticce classifiche a base di democrazia formale e diritti umani (declinati alla occidentale).

Ma viene scansionata dalla geopolitica sulla base di concetti antichi : potere, nazione, e orribile a dirsi secondo il pensiero unico mainstream, imperi.

Per impedire lo svenimento continuo dei lettori non avvezzi alla crudezza di questi linguaggi alla Thomas Hobbes, (che curiosamente i cultori di geopolitica non nominano mai) ,Fabbri e soci invece che impero ,usano più spesso il termine egemone regionale o globale e si spiegano comunque benissimo.

I lettori avranno già sentito sciorinare i “fondamentali della geopolitica : andamento della demografia; coesione etnica o meno di un popolo ; pedagogia sempre di un popolo, amministrata dal sistema scolastico, che può portare a quella negli Usa è comunemente considerata apertamente come una “religione civile”; attitudine a considerare o meno come prioritari, elementi che non sono economicisti (benessere materiale, da coltivare senza sacrifici) come : potere, sovranità, sentire comune condiviso, orgoglio del proprio passato, meglio se imperiale, attitudine all’uso della violenza, per difendere la propria idea di nazione profonda, attitudine a sacrificare l’immediato bene materiale e in una certa misura i diritti, pur di godere del prestigio del proprio passato considerato glorioso ed esaltante.

Ecco ,bastano poche righe e pochi concetti base per capire ,che esiste un discrimine abbastanza netto fra il mondo degli egemoni o aspiranti tali : Stati Uniti, Cina,Russia, Turchia, Iran e “gli altri”, che impersonano la parte dei “clientes” dei primi.

Si direbbe ,che in geopolitica come nel diritto, “tertium non datur”.

E avanti così, con sorprendenti sventole date in faccia a che si pasce dell’illusione di un governo “etico” del mondo ,basato su istituzioni internazionali, delle quali la geopolitica ha una considerazione direttamente proporzionale al loro (quasi nullo) potere effettivo, o delle presunte potentissime multinazionali, che la geopolitica ridimensiona drasticamente, alla sola dimensione che gli apparati dei loro paesi di riferimento, concedono loro di esercitare.

Non lo nego, essere invitati a leggere il mondo, usando parametri del tutto nuovi e diversi (anche se sono antichissimi) mette inizialmente a disagio, ma l’irritazione si supera ,quando si capisce che dietro c’è un’analisi accurata, trasparente e asetticamente distinta da ideologie di sorta.

Personalmente ,dopo essere stato per un certo periodo scosso nelle mie precedenti convinzioni, mi sono convinto, che usando questi parametri coltivati dalla geopolitica, riesco a capire quello che prima mi convinceva sempre meno.

Ma leggetelo comunque questo saggio, da qualunque scuola di pensiero proveniate.

Vedrete che Fabbri, per male che vada, vi darà comunque delle piacevoli soddisfazioni intellettuali.



giovedì 16 novembre 2023

Limes : La Cina resta un giallo. La fine del mezzo secolo d’oro trova il colosso in mezzo al guado. I misteri dei palazzi di Pechino – n 9/2023 – recensione

 



Come sempre su Limes non si può perdere l’editoriale di Lucio Caracciolo, anche se il suo vezzo di ricorrere spesso e volentieri a termini ultra-colti a volte diventa sconcertante.

In questo editoriale dopo poche righe vi imbatterete nel termine “apofatismo” che non è proprio di uso comune, ma questo è Caracciolo.

Al di là dei termini esoterici il suo argomentare è molto solido.

Seguo da molto tempo Caracciolo e quindi ho imparato col tempo che i suoi giudizi e previsioni sono basati su analisi molto accurate.

Di conseguenza non mi rende affatto felice dover constatare, che nelle uscite recenti, esprime un pessimismo abbastanza accentuato.

Non solo e non tanto per le guerre che deflagrano in serie, ma per la situazione complessiva di fondo.

Del resto non è un caso ,che da tempo Limes abbia coniato un felice neolgoismo proprio per descrivere la situazione attuale di questo nostro mondo : “caoslandia” ,che dice tutto ,senza dover spendere troppe parole.

In questo editoriale, si da per assodato il fatto, che l’egemonia americana e il conseguente unilateralismo ,è soggetto a tali scricchiolamenti ,da costringere gli analisti di geopolitca a guardare a un futuro ,nel quale verosimilmente si vedrà imporsi o un altro impero egemone ,o più probabilmente una intesa fra imperi ,che porterebbe a un equilibrio multipolare e a un altro tipo di globalizzazione.

Dove dovremo misurare il livello di potenza del nuovo o nuovi egemoni ?,si chiede Caracciolo.

Naturalmente sul mare, ci risponde lo stesso direttore di Limes, che non a caso, è riuscito a far diventare quasi usabile ,il termine :“talassocrazia”, troppo importante per essere trascurato, dato che il controllo dei mari, come ci ha più volte spiegato, è forse il parametro più importante della geopolitica.

E’ interessante e significativo rilevare che Caracciolo spiega il complesso atteggiamento degli alleati asiatici americani più decisi ,come il Giappone, che mentre da un lato stanno elaborando verso la Cina tutto un cordone sicuritario, dietro al quale difendersi, dall’altro lato sono tutt’altro che propensi a battezzarsi nel credo occidentale perchè nel loro subconscio vedono scritto sempre più chiaro il motto “l’Asia agli Asiatici”.

Far dimenticare le umiliazioni coloniali o successive a chi le ha subite, non è facile o forse è addirittura impossibile.

Ma noi occidentali ci passiamo sopra quasi sempre.

Ecco allora che il quadro complessivo che ne deriva è assolutamente figlio dell’era della complessità e della contraddizione, appunto caoslandia.

Giappone, India, Turchia, Iran ,e non dimentichiamoci Russia, non sono affatto avviati a sposare l’Occidente come cultura.

Va bene l’economia liberale ,con tutti i vantaggi del libero mercato e della globalizzazione, ma non fermiamoci alle apparenze.

In profondità ,si muovono altre e ben più antiche forze.

Questo numero, come ha sottolineato giustamente il simpatico e tenace Alfonso Desiderio, curatore del canali di Limes, presentando il volume, è arricchito da una partecipazione del tutto inusuale di analisti cinesi e quindi è ancora più ,diciamo ,di prima mano.

Se avete tempo naturalmente leggete tutto quanto, ma se avete obiettivi limiti di tempo, oltre all’editoriale di Caracciolo, non trascurate di leggere l’articolo di Alessandro Aresu, uno dei collaboratori, divenuti più autorevoli di Limes, molto dettagliato sull’elemento forse portante della guerra ,per ora solo commerciale, fra Cina e Usa, il mercato dei microcip.



giovedì 2 novembre 2023

Quiao Lang Wang Xiangsui Guerra senza limiti a cura di Fabio Mini Ed LG le guerre – recensione

 



Questo libro singolare è divenuto ormai un classico di strategia militare ,a quando si legge, diffuso in tutte le accademie militari del mondo.

E’ conosciuto come il libro dei due colonnelli cinesi, nell’edizione italiana ,si dovrebbe dire ,dei due colonnelli e di un generale, perché il contributo del Generale Fabio Mini ,per adattare meglio questo saggio ai parametri del pubblico italiano ,è molto consistente.

Devo confessare, che non avendo fatto il servizio militare, mi trovavo completamente digiuno e spiazzato, quando, cercando di documentarmi sull’andamento delle guerre, che in giro per il mondo non ci sono mai state risparmiate, mi dovevo confrontare con il gergo tecnico e la notevole preparazione che trovavo negli analisti di cose militari.

Ultimamente poi, di fronte agli eventi di Ucraina e Israele, dopo avere consultato diverse fonti, ho finito per privilegiare ,come più attendibili ,proprio quelle ,nelle quali apparivano analisti militari, molti dei quali, con alle spalle lunghe e prestigiose carriere in divisa.

Di conseguenza, dopo avere affrontato (e recensito) alcuni dei testi che trattavano l’argomento delle guerre asimmetriche ,(quelle cioè nelle quali lo schieramento dei due eserciti schierati su un fronte, se ancora e in certi momenti c’è, è oggidì sempre accompagnato da molti altri elementi ben diversi da quelli tradizionali) ho deciso di affrontare direttamente l’argomento della strategia militare con questo libro.

Libro che fra tanti pregi, come chiarezza dell’esposizione e citazione delle fonti ,come usa nei testi accademici, ha anche quello di esporre i vari modelli di strategia, quelli tradizionali e quelli moderni, che hanno rivoluzionato completamente il modo di ragionare di guerra.

Naturalmente il libro parla parecchio di guerra asimmetrica che si riferisce sopratutto alle tecniche di guerriglia ,usate tutte le volte che un paese o un movimento deve affrontare un esercito tradizionale, molto più potente o comunque ,sproporzionato rispetto alle sue forze.

Poi all’uso di armi diverse, molto diverse da quelle tradizionali.

Tanto per cominciare , le nuove armi, che si sono sviluppate ,usufruendo dell’enorme progresso che ha avuto la tecnologia in questi ultimi anni .

Ci siamo ,in più occasioni, ritrovati a confrontarci con sistemi d’arma, che pensavamo che non avrebbero mai potuto, realmente, passare dai racconti di fantascienza ,alla realtà.

Vedremo nel libro ,che questo incredibile a rapidissimo ammodernamento dei sistemi d’arma, ha però condotto alcuni importantissimi operatori ,a farsi prendere la mano, e cadere nel più classico dei wishing phinking, cioè dare per acquisito ,quello che era solo una speranza, ma non una realtà.

E’ noto infatti che, per esempio, un politico influentissimo ,come Donald Rumsfeld, segretario alla difesa sotto i presidenti Ford e poi George W. Bush ,aveva portato il suo paese a commettere errori strategici macroscopici, perché si era intestardito nel sostenere che il progresso tecnico era stato talmente forte ,da rendere praticamente superfluo l’impiego di truppe sul terreno, essendo sufficiente sparare da distanza e sopratutto dall’aria ,senza mettere a repentaglio la vita delle fanterie.

Purtroppo la realtà si è manifestata diversa, se mai ci arriveremo a quel punto è chiaro che siamo ancora lontani .

Poi si parla dell’uso di armi ,di tutt’altro tipo,rispetto a quelle tradizionali, come quelle dirette alla manipolazione delle menti per uso bellico, facendo largo impiego dei media e particolarmente di quelle digitali come i social.

La comunicazione, se ben realizzata, ha effetti superiori ai missili.

Poi le armi finanziarie ed economiche.

Gli americani sono diventati maestri in questo campo ,usando tutta la loro strapotenza economica imponendo embarghi, sanzioni o anche solo dazi doganali che sono in gradi di fare molto male, senza dover ricorrere a guerre dirette.

Poi il ricorso sempre più frequente a “mercenari” altamente addestrati, che servono molto come foglia di fico per nascondere il governo che li usa, ma che non vuole esporsi.

Senza trascurare l’impiego, anche questo, divenuto molto frequente, di proxy war, guerre per procura ,cioè fatte ,utilizzando nazioni amiche o alleate, da mandare a combattere per conto proprio, rimanendo fuori dal conflitto, se non ovviamente, impegnandosi in aiuti a volte molto massicci di armamenti e denaro.

Ultime, ma sempre di importanza capitale , guerre culturali ,con mezzi solo apparentemente neutri e asettici.

Pensiamo a cosa ha ottenuto in questo campo l’America, solo “esportando” le produzioni di Hollywood .

Spesso molto di più, che impantanandosi in guerre insensate.

Ebbene il libro dei due colonnelli cinesi parla proprio di queste cose ,ovviamente in modo sistematico e diffuso ,non risparmiando formidabili esempi di tecniche e strategie militari ,che spaziano dai tempi di Alessandro Magno,Atene e Sparta ,fino a Napoleone, genio militare indiscusso, arrivando fino ai nostri giorni ,ed in particolare alle guerre del Golfo, la buccia di banana, che ha fatto incamminare l’America in una serie di errori che ne minano la credibilità e il prestigio ,forse in modo irrimediabile.

I colonnelli citano Rumsfeld e ne riportano gli errori ,che ho sopra accennato, ma sinceramente, leggendo il loro libro, ho ricavato l’impressione ,che forse anche loro si siano un po’ illusi sul fatto che il progresso tecnico sarebbe tanto potente, da poter portare l’umanità al punto di poter vedere guerre combattute in modo sempre più incruento e con sempre meno perdite, proprio servendosi di sistemi d’arma ,sempre più sofisticati.

Purtroppo, le attuali vicende di Ucraina e Israele ci mostrano il perdurare di barbarie e macelli, che ci eravamo forse tutti illusi, che fossero usciti definitivamente dal nostro mondo moderno.

Sicuramente a causa di imperdonabili errori umani.

C’è veramente da riflettere su questo punto : avremmo realmente già a disposizione mezzi e tecnologie per combattere, se necessario, a distanza e senza farci troppo male ,se non addirittura senza farci male per niente, ma poi vediamo, sempre per errori umani, avvenire i massacri inutili di Bachmut .

Ucraini e Russi ,schierati su un fronte trincerato, anzi ultra-trincerato, come ai tempi folli di Verdun, prima guerra mondiale ,quasi 120 anni fa.

E’ assurdo, ma è quello che vediamo tutti i giorni.

Utilissimo ,comunque, riflettere su questo libro di due, anzi tre ,super-esperti.





venerdì 27 ottobre 2023

Domino rivista sul mondo che cambia Il ritorno del Medio Oriente Hamas e Teheran attaccano Israele per spezzare il fronte anti - iraniano. Ora la reazione israeliana può cambiare tutto. N 10 – 2023 – recensione

 



Sarà perché sull’argomento ho letto molto ,ma questa volta, l’editoriale di Dario Fabbri mi è sembrato meno spumeggiante del solito, anche se completo e puntuale.

Purtuttavia ,mi pare che questo numero di Domino dica quello che c’era da dire, cioè quello che il lettore vuole vedere, per potersi informare in modo adeguato sul recente conflitto fra Israele e Hamas, per ora limitato a Gaza.

Ho apprezzato in modo particolare il saggio di Virgilio Ilari, storico militare, che a quanto pare ha da sempre acquisito la prospettiva tipica della geopolitica.

Mi ha fatto piacere vedere stracciare i veli di ipocrisia, che annebbiano i protagonisti dei nostri media, quando si ammantano continuamente di diritto internazionale, diritti umani e crimini contro l’umanità.

Per carità non certo per giustificare gli stati, che ne aggrediscono altri ,senza essere provocati,capisco benissimo che la ragione di fondo per la quale i nostri media, ma in genere tutti quelli europei ,hanno assunto come una bandiera una lettura ultra-atlantica nelle guerre di Ucraina e di Gaza ,non deriva da un infatuazione ideologica, ma semplicemente dal fatto ,che la chiave di lettura dei pochi che studiano e si documentano, seguiti poi da tutto il plotone, si rifà ai testi politologici e di relazioni internazionali ,che hanno studiato all’Università e che sono rimasti ancora quelli basati sull’idealismo di Woodrow Wilson e i suoi 14 punti, sull’assetto post guerra mondiale e poi post guerra fredda, che immaginava un mondo unipolare sotto la guida del messianesimo americano, per la diffusione globale dei principi liberali e della democrazia.

Peccato che nel frattempo la rottura di quell’ordine mondiale a la subentrata crisi delle democrazie occidentali ,abbia fatto si ,che il mondo presente sia diventato leggibile solo usando la chiave di lettura della geopolitica, per definizione “realista” e non ideologica ,ma addirittura nemmeno basata su un’etica a prescindere.

La politologia accademica è rimasta presa completamente in contropiede da questi sviluppi e non ha saputo ancora rinnovarsi.

Il saggio di Ilari, che si è citato sopra, si sofferma opportunamente in una esposizione insolitamente ampia del pensiero di John Mearsheimer ,che penso si possa definire come il caposcuola appunto della visione “realista” della geopolitca, autore noto, ma non abbastanza ,se si pensa quanto il suo pensiero sia stato assorbito dallo “stato profondo” americano, che è quello che in ultima analisi tira le fila della giostra.

Non tento nemmeno di farne un’esposizione ,ma invito invece il lettore a procurarsi il numero 10 di Domino.

Oltre alla esposizione della situazione a Gaza, che significa anche accenno alle divisioni sul punto di rottura nella società istraeliana, sui rischi di estensione del conflitto al Libano e Siria per conto dell’ Iran, con la ormai abituale forma della proxy war, non si tralascia ovviamente la posizione attendista, ma molto interessata di Cina, Russia e Turchia, oltre alla estrema difficoltà dell’amministrazione Biden ,che è ormai apertamente contestato dall’ala più a sinistra del suo partito, che si sta manifestando per la prima volta come filo-palestinese.

Il numero di Domino, opportunamente ,non trascura un aggiornamento sulla guerra in Ucraina ,non tanto sugli eventuali spostamenti sulla linea del fronte, a proposito della quale c’è poco da dire, perché in realtà non succede nulla di rilevante da un bel pezzo, ma piuttosto sull’argomento che tutti ,dicesi tutti, ignorano colpevolmente e cioè : qual’ è il punto di vista dei Russi?

Si da quindi conto della situazione nelle quattro regioni ,rivendicate dalla Russia ,e con molta intelligenza ,si riporta la narrazione, inerente ad alcune parole chiave ,che si ritrovano nei manuali di storia di quest’anno delle scuole superiori russe.

Ciliegina sulla torta, questo numero di Domino riporta anche un articolo sulla situazione in Argentina ,appena andata al primo turno elettorale, con esiti verosimili ultra-populisti- peronisti .

E’ veramente incredibile questo fatto se si pensa ai ripetuti fallimenti storici delle figure politiche ,che si sono fondate su quelle ideologie, ma così va il mondo.


mercoledì 25 ottobre 2023

Amedeo Maddaluno : Geopolitica Storia di un’ ideologia Prefazione di Aldo Giannulli Ed:goWare

 


E’ un vero piacere continuare a imbattersi ,nella ricerca di libri, che valga la pena raccomandare ai lettori, in autori che dimostrano subito di essere giovani talenti, estremamente promettenti, proprio come Amedeo Maddaluno.

Per di più questo autore, con il trattatello del quale stiamo parlando, ha realmente coperto un vuoto, che incredibilmente resisteva da tempo.

Pare impossibile, ma praticamente ,non si trovano trattazioni sistematiche della geopolitica come materia autonoma.

Maddaluno è quindi venuto incontro all’esigenza, che inevitabilmente manifestano i lettori, invasi da analisi di geopolitica ,loro malgrado, a causa delle guerre in corso, di approfondire il discorso ,anche per evitare i perdere tempo, mentre dotandosi degli strumenti necessari si troveranno in grado di separare gli analisti di livello adeguato ,dai soliti tuttologi, che si improvvisano esperti anche di geopolitica, senza averne né le basi né le competenze.

Maddaluno ci ha offerto appunto un trattatello di poco più di 100 pagine, ma vi assicuro ,che pur avendo io ormai masticato geopolitica da un pezzo (come dimostrano le recensioni in materia apparse su questo blog), questo libro l’ho dovuto leggere e riprendere più volte, per metabolizzare la mole di concetti che vi sono esposti.

Su questo libro infatti vediamo esposti ,come si converrebbe in un manuale universitario, le teorie con le quali si è evoluta nel tempo la geopolitica, così come l’elenco e le opere dei principali autori della materia.

Non sto a farvi riassuntini, che non avrebbero senso.

Mi limito a riportare quelli che mi sono apparsi come punti di forza.

Per primo, come peso specifico, direi che che finalmente ho potuto ritrovare elencati i teorici ,che hanno elaborato la strategia seguita dalla governance americana, essendo tuttora gli Usa gli egemoni mondiali.

Secondo la lettura che ne da l’analisi geopolitica ,sappiamo bene, che saremmo considerati studenti da bocciare, se ritenessimo ,che il potere negli Usa ,come altrove, risieda veramente nel Presidente ,o chi per lui.

Infatti un parametro elementare della geopolitica vuole che non esista mai nella realtà alcun uomo solo al comando, ma una complessa cordata ,nella quale le agenzie securitarie e di intelligence, di comunicazione e militari, contano come e più dei presidenti e quindi, per questo, sopra ho scritto governance e non Presidenza.

Lo stesso fatto che si possa chiaramente individuare in falsariga nella politica estera americana una strategia di fondo , dal secolo scorso ad oggi, sta a dimostrare la assoluta validità della lettura geopolitica, necessaria per riuscire a capire dove va il mondo e cercare di prevedere dove andrà verosimilmente, nel prossimo futuro.

Fra tanti autori citati da Maddaluno, mi sembra che, a questo proposito , giganteggi la figura di Nicholas Spykman, che ha scritto il suo testo più importante : “America’s Strategy in World Politics .The United States and the Balance of Power”, ben 81 anni fa, autore, incredibilmente poco conosciuto, ma a questo servono i saggi di livello come quello di Maddaluno, mettere ordine in una disciplina ancora relativamente nuova e poco conosciuta.

La strategia basata sull’individuazione della potenza unica degli Usa, fondata sulla sua realtà geografica, che la contraddistingue, di dimensioni continentali ma come fosse una grande isola ,trovandosi delimitata da due oceani ,è di comprensione evidente.

Perchè è incontestabile il fatto che solo la posizione geografica la rende naturalmente inattaccabile, Diventa quindi una conseguenza logica la teorizzazione ,che vuole il potere dell’America basato non tanto su un esercito, ma su una flotta.

Nel caso specifico poi sappiamo che questa strategia è stata tanto bene applicata da dotare quel paese di ben 7 flotte!

Non vado oltre sulla dottrina della “talassocrazia”.

Partendo da questa analisi, Spykman ha teorizzato il fatto che l’unico possibile rivale come egemone mondiale nei confronti degli Usa non potrebbe essere altro che quello che viene definito “Eurasia” o nel linguaggio di Spykman, “Rimland” che si estende dalle coste del Portogallo alle coste della Siberia.

Per Spykman, punto primo della strategia imperiale dell’America, deve essere impedire che si saldi un potere unitario fra le potenze regionali dell’Eurasia, cioè, in ultima analisi, guai se la Germania si alleasse in modo stabile con la Russia, sarebbe la fine del potere globale americano.

La Cina ,Spykman non la vede come potenza regionale e tanto meno mondiale emergente, perché in quel ruolo ,in Asia, vede il Giappone.

E’ inutile che ripeta, che questa era ed è la strategia fondamentale sopratutto delle agenzie americane.

Non ha alcun rilievo, che il presidente sia democratico o repubblicano, la strategia è sempre quella.

Questa è la forza degli egemoni.

Vivono sui tempi lunghi della storia non sui cicli elettorali.

Vedrete leggendo questo libro, quanto pesa acquisire i fondamenti sistematici di una materia.

Mi permetto di fare un esempio personale.

Dopo essermi accostato alla geopolitica ,partendo dalla lettura dei saggi degli ottimi analisti di Limes di Lucio Caracciolo, e più recentemente del Domino di Dario Fabbri ,ed avendo approfondito di volta in volta con la lettura di alcuni dei testi da loro citati, credevo di aver capito, che ,essendo forse l’autore americano più citato da Cracciolo e da Fabbri ,George Friedman, fosse l’autore di geopolitica più importante se non il più importante.

Sorpresa!

Maddaluno nemmeno lo cita una sola volta e questo qualcosa vorrà pur dire.

Se troverete il tempo di leggervi questo agile trattatello ne guadagnerete parecchio, e comincerete forse finalmente ad orientarvi nel mare magnum delle notizie-propaganda, che accompagnano le guerre in atto.

E non sarebbe cosa da poco.