giovedì 24 novembre 2011
Passate le alluvioni sarebbe ora di fare quello che andava fatto prima per contenerle
Cinque Terre, Genova, Messinese ecco l’elenco dei disastri prodotti dalla alluvioni di questo finale di autunno 2011.
Colpa della fatalità o di epocali cambiamenti climatici? Ma figuriamoci. Facciamo sono un po’ di mente locale : alluvione del Polesine novembre 1951 (quella che compare nei film di Don Camillo); alluvione di Firenze novembre 1966 e siamo sempre in novembre.
Chi scrive abita a Pavia, splendida e antica città attraversata dal Ticino, che da sempre va in piena due volte all’anno in maggio e in novembre e proprio in novembre mediamente ogni 35 anni si produce in piene che allagano alcuni quartieri cittadini e di conseguenza ha una certa pratica di alluvioni.
E’ chiaro che se nessuno fa niente da un’alluvione all’altra il fenomeno si ripete.
Se poi oltre a non fare nulla su costruisce o in aree golenali o direttamente sul letto dei torrenti è ancora più ovvio che si va a cercare grane.
Se in sovrappiù nelle zone montane (e l’Italia è un paese prevalentemente montano ) non si sostituisce la manutenzione del territorio, che una volta facevano i contadini nei territori abbandonati dalle attività agricole, con opere adeguate tutto va in malora e le alluvioni colpiranno sempre più pesantemente.
Gli Egizi hanno costruito le piramidi disponendo di una tecnologia primitiva e noi dopo millenni con una tecnologia da brivido non siamo capaci di imbrigliare le acque?
Si diceva che l’Italia è un paese orograficamente montano ed allora il termine imbrigliare è tecnicamente corretto, perché per tutto il corso dei torrenti montani occorre realizzare quelle semplicissime opere che si chiamano appunto briglie idrauliche da disporsi a distanza di poche centinaia di metri una dall’altra formando così un numero elevatissimo di piccolissime dighe, capaci di trattenere le acque in caso di precipitazioni diffuse, come sa bene chi abita o frequenta questi territori, se mantenuti decentemente.
La manutenzione del territorio montano richiede poi quelle altre opere tecnologicamente elementari che sono i terrazzamenti da usarsi per rendere coltivabili terreni in pendenza o in forte pendenza, oppure, mancanza di attività agricole silvo – pastorali, usati per riforestare quei tratti che per qualsiasi ragione siano stati deforestati.
Non si tratta né del ponte di Messina, né dell’alta velocità ferroviaria, si tratta di cose banalissime, che qualunque impresetta di costruzioni è capacissima di fare.
Hanno un costo però e questo è ovvio.
E’ però un costo molto limitato rispetto a quello delle così dette grandi opere, ma ha un enorme handicap per un paese come il nostro nel quale il cittadino è stato da decenni rimbambito dalla cultura dell’apparenza.
Le opere per modeste manutenzioni, addirittura nella maggior parte dei casi non si vedono nemmeno a meno di avventurarsi per territori scoscesi e disagevoli.
E allora perché farle? Se nemmeno si vedono sicuramente non portano voti né consensi e quindi si preferisce usare i soldi per sistemare la piazza del paese piuttosto che il corso dei torrenti.
Sarà umano ma è molto poco intelligente.
L’Italia è fortunatamente un paese molto plurale e allora molti cittadini, divenuti turisti nei mesi estivi, non avranno creduto ai propri occhi nell’incontrare per esempio lungo i sentieri delle valli trentine o bolzanine dei baldi impiegati pubblici, addetti a ripulire periodicamente da ghiaia e fogliame le griglie di scolo dell’acqua, che attraversano quegli stessi sentieri.
Chi si ricorda di danni per alluvioni da quelle parti? Ovviamente nessuno.
Più complicato e molto più costoso costruire bacini di laminazione o canali scolmatori in pianura, anche se questi di vedrebbero eccome.
L’alluvione che ha duramente colpito la piattissima pianura veneta nel novembre 2010 ha però chiarito le idee delle popolazioni colpite che si stanno muovendo per spingere all’azione i loro politici.
Per non parlare della necessaria regolazione di Olona e Seveso di grande e sempre attuale interesse per i milanesi.
Occorre che la gente impari a punire i politici incapaci di fare le cose più elementari.
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