venerdì 16 dicembre 2011

La democrazia che scricchiola

Avevo dedicato più di un post negli ultimi tempi all’argomento che nei titoli avevo un po sbrigativamente nominato come “fascismo morbido”, rischiando di esser preso un po come uno che vaneggia, per il fatto che al momento non sono alle porte in Italia visibili movimenti neofascisti di una qualche consistenza, come quando il prode Berlusca ritira in ballo i comunisti morti e defunti da oltre vent’anni,.
Chi ha letto quei post però sa che parlavo più direttamente d’altro e cioè del fatto che la enorme potenza della tecnica consente oggi delle manipolazioni dei mezzi di comunicazione una volta impensabili e che queste manopolazioni possono mettere in pericolo la democrazia se i mezzi che le producono sono messi in mani sbalgliate.
Per fortuna sono venuti in mio aiuto questa settimana due pezzi da novanta che hanno sostenuto la mia medesima tesi.
L’ 11 scorso sul New York Times il Nobel Krugman ha scritto un articolo dal titolo “Depressione e democrazia” al quale rimando i lettori
(http://www.nytimes.com/2011/12/12/opinion/krugman-depression-and-democracy.html?_r=1&scp=1&sq=Krugman%20%20Depression%20and%20Democray&st=cse)
nel quale elencava puntigliosamente i movimenti neofascisti che stanno prendendo piede in Europa sottolineando il fatto che in un paese europeo l’Ungheria vi è addiruttura da poco in carica un governo di chiara matrice neofascista nell’indifferenza generale.
Krugman evidenziava il fatto che la crisi economica porta con sé anche instabilità e contrasto sociale che possono sboccare a soluzione populiste e autoritarie se non c’è la vigilanza di tutti.
Sul 7 del Corriere della Sera, Severgnini con molta più leggerezza e disinvoltura di discorso in risposta a una lettera di un lettore prendeva il toro per le corna affrontando il problema della democrazia che scricchiola da un altro lato non meno pericoloso.
Il problema è questo. Il mondo di oggi è fortemente più complicato di quello di ieri e di conseguenza presenta problemi sempre più complessi e difficili da risolvere.
Le classi politiche forse per una strana ironia della storia saranno anche peggiori come livello culturale e morale di quelle precedenti, ma comunque l’impressione generale è che non sappiano nemmeno da che parte prendere per afforontare i problemi che si trovano di fronte.
L’elettore da parte sua ha l’onere di consegnare il potere a un gruppo di politici invece che a un altro con l’arma del voto, ma ha le informazioni e la conoscenza dei problemi adeguati alla bisogna?
La risposta è un chiaro no, un po perché come si diceva sopra molti mezzi di comunicazione televisioni in testa sono manipolate a volte in modo talmente scoperto da cadere nel ridicolo, vedi la direzione del TG1 da parte di Minzolini, ora rimosso fuori tempo massimo.
Un po perché i cittadini per una percentuale elevata cadono nella trappola di bersi le notizie abilmente confezionate da intrattenimento che suonano sempre la stessa canzone “tutto va bene” anche quando il Titanic sta offondando per la semplice ragione che per pigrizia amano sentire confermate i propri pregiudizi invece che fare la fatica di documentarsi.
Immaginiamo poi quando i problemi sul tappeto sono tecnicamente complicati come quelli della finanza internazionale a base di derivati, swap, call, short eccetera.
Quasi tutti i commentatori non hanno potuto non osservare che agli ultimi referndum su nucleare ed acqua la maggioranza degli elettori non aveva una idea neanche vaga di quali fossero tecnicamente i problemi sul tappeto.
Al precedente referndum sulla procreazione assistita si sa che l’allora capo dei vescovi italiani aveva cinicamente sfruttato la difficoltà ad informarsi sugli aspetti tecnici del problema per convincere la gente a stare a casa vincendo così di fatto il medesimo referendum per non raggiungimento del quorum.
Il lettore al quale Severgni risponde in quell’articolo sopra citato dopo avere argomentato più o meno queste cose si chiedeva se non è il caso di abolire il suffragio universale visto che non sembra avere senso fare votare un gran numero di persone che materialmente non sono in grado di capire veramente cosa stanno facendo quando vanno a votare.
Per completezza di informazione fornisco un ulteriore elemento di giudizio sull’argomento, ancora più inquietante.
Recenti dati pubblicati ed elaborati dall’Ocse (Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione in Europa) ci dicono addirittura che il 33% degli italiani adulti, che non praticano forme di educazione permanente, sono diventati in pratica analfabeti di ritorno cioè pur essendo in grado di leggere tecnicamente non sono però in grado di capire il significato di un testo anche solo giornalistico.
A questo punto lo scricchiolamento della democrazia diventa del tutto evidente.
A che serve avere il diritto e la facoltà di votare se poi una percentuale enorme di persone non è consapevole di quello che va a fare?
Severgnini elegantemente ribatte che non è nemmeno pensabile tornare indietro restringendo il diritto di voto perché si finirebbe per riaffidarlo solo a chi è più forte per censo e questo privilegio non sarebbe affatto ispirato a un criterio di meritocrazia.
E allora? Risponde Severgni allora occorre che i cittadini siano informati.
Non è una gran risposta visto lo stato e soprattutto il possesso dei mezzi di informazione in Italia, ma probabilmete è l’unica razionale.
E’ verissimo che per esempio il berlusconismo ha prosperato per la semplice ragione che la gente che lo sosteneva non voleva essere informata, ma voleva che fosse eccitata la propira emotività, la famosa pancia. Severgni dice : volevano essere eccitati, aizzati, divertiti, vezzeggiati, rassicurati nei loro pregiudizi.
Tutto vero, ma allora è anche dura stare un po cinicamente ad aspettare che a causa della brillante non politica degli ultimi governi i berlusconiani debbano aspettarsi di vedere le proprie pensioni e salari tagliati del 30% come è capitato in Grecia e come probabilmente capiterà anche da noi questa primavera per capire che non hanno fatto una cosa intelligente a sostenere quella classe politica a causa della loro non volontà di informarsi sul reale stato delle cose.

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