Non sono mai stato entusiasto di un papa come Benedetto XVI , ma non posso non constatare con piacere che spesso e volentieri interviene in materia sociale e politica con dichiarazioni puntuali e in linea con la migliore dottrina sociale della chiesa.
Nell’allocuzione per gli auguri natalizi a cardinali e vescovi ha ancora riproposto temi di buon livello invitando a rinunce e sacrifici in nome “di valori come la solidarietà, l’impegno per gli altri, la responsabilità per i poveri e i sofferenti che sono in gran parte indiscussi, ma non perseguiti con la dovuta volontà”, esortando poi a distinguere fra interesse personale o di gruppo e bene comune.
Nella proclamazione del 2012 come anno della fede poi aveva addirittura privilegiato la citazione della lettera di Giacomo, che è una delle fonti più radicali della dottrina sociale.
“il ricco passa via come un fiore di campo quando si alza il sole il suo calore fa seccare l’erba e il fiore cade.. così anche il ricco cadrà con le sue imprese”
“Dio ha scelto quelle che agli occhi del mondo sono poveri, per farli diventare ricchi nella fede…..Voi invece avete disprezzato i poveri”…..”la fede da sola se non si manifesta nei fatti è morta…..date (al prossimo) quello che gli serve per vivere altrimenti a che valgono le vostre parole?”
Questo non è sicuramente un testo consultato da quella parte di CL che da anni ha scoperto la canzone “capitalismo è bello e la ricchezza non è peccato”.
Nel post del 6 dicembre scorso avevo commentato favorevolmente le prime prese di posizione di Scola in campo sociale se pure sottolineando il fatto che si muoveva rigorosamente sul piano dei principi standosene lontano dalle applicazioni pratiche.
Nell’intervista che pubblica oggi il Corriere vedo riproposto lo stesso atteggiamento di formale adesione alla dottrina sociale della chiesa ma vedo anche delle clamorose cadute sui giudizi concreti, sulle applicazioni pratiche.
Come può pretendere di cavarsela sul Berlusconismo dicendo che è ancora troppo presto per giudicarlo?
Come può un esponente della gerarchia del suo livello ignorare la reazione disgustata di gran parte dei suoi fedeli? Come può fingere di non conoscere le prese di posizione di docenti illustri della facoltà di economia della sua Università Cattolica che hanno definito pubblicamente “irresponsabili cretini” i politici dell’ultimo governo Berlusconi nella conduzione degli affari economici?
E la ribadita apertura di credito al politico ciellino più noto e discusso che è Formigoni dicendo che se lo hanno votato per tante volte deve essere proprio bravo, quando non passa giorno che non saltino fuori frequentazioni più che inquietanti?
E non una parola sul prode Don Verzè non è un po’ pochino?
Come la mettiamo con la lettera di Giacomo e il suo radicale assunto per il quale non esiste fede senza opere, cioè testimonianza coerente?
C’è coerenza fra quei personaggi sopra citati e lo spirito evangelico?
Va bene la prudenza ma scivolare sui giudizi pratici che la gran parte dei cattolici ambrosiani danno già per scontati rischia fortemente di compromettere la credibilità.
Visto che siamo in argomento di dottrina sociale e di crisi economica seria mi ha colpito l’accenno di Scola alla sua età che non gli consentirà di conservare la carica troppo a lungo.
Se poi penso all’età del papa a ragione maggiore mi viene da pensare : ma questi alti prelati che hanno sicuramente dimestichezza quotidiana con le fonti scritturali, non si sono mai soffermati a riflettere sull’abissale differenza fra la loro età e quella di quei primi apostoli là nella valle del Giordana duemila anni fa’?
Eppure quelli li aveva scelti Lui e non certamente a caso.
Magari lasciare i posti operativi ai giovani non sarebbe uno dei modi più ovvi di fare dottrina sociale con le opere come ci ha esortati a fare Giacomo, citato da Benedetto XVI ?
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