Che giornata ieri.
Inizia con le ultime sulla vicenda Sallusti.
Chi è Sallusti?
Come tutti sanno è il fin troppo fedele direttore
del Giornale, il foglio di propaganda di Berlusconi e del suo partito
personale.
Un partito che come tutti sanno è la fotocopia
politica del partito repubblicano americano, nella versione estremistica dei
Tea Party : abbassare le tasse ai ricchi, azzerare lo stato sociale e meglio
ancora se si riesce ad azzerare lo stato, con tutti quegli impiegati parassiti,
isolamento internazionale e se ci scappa una guerra ancora meglio che così si
rilancia l’economia alla grande, demonizzazione delle agenzie fiscali per far
finta di interessarsi del volgo, ma con i propri capitali al sicuro nei paradisi
fiscali all’estero, delegittimazione della magistratura.
Se fossimo in un paese normale, tutto bene : la
destra fa la sua parte e gli altri fanno la loro e vinca il migliore.
Se fossimo in un paese normale Sallusti, che
dirige il foglio di propaganda del partito personale del capo, che in Italia rappresenta
la destra, fascisti compresi (e sono talmente tanti che al primo congresso del
partito di Berlusconi si sono presi quasi tutti i posti di segretario nelle
provincie italiane) sarebbe assimilabile al direttore di Fox News in America,
cioè sarebbe un’icona della destra.
Ma siamo in Italia e Sallusti non solo non ha un
passato di destra di quel tipo, ma aveva fatto carriera addirittura come quel
cronista di giudiziaria del Corrierone al tempo di Mani Pulite quando aveva creato
il mito del pool di magistrati della procura di Milano, che come Robin Hood
avrebbe strappato il paese dalle mani del corrotto sceriffo di Nottingham.
Poi ha fatto una virata da capogiro.
Ora si ritrova sul gobbone una condanna definiva
per diffamazione, che una legge dello stato dal contenuto palesemente fascista,
punisce anacronisticamente con una pesante reclusione.
Povero Sallusti, gli tocca di subire la legge
dantesca del contrappasso.
Per anni aveva propagandato come grandi riforme la
disintegrazione ad personam del codice penale e di procedura penale operata dal
suo capo per fare lo slalom nelle aule di tribunale ed evitare l’uscita in
carcere, ma poi ci è cascato lui.
E’ incredibile.
Se fosse stato un uomo di destra come è intesa la
destra in senso storico e in senso ideologico, cioè partito dei valori della
tradizione : dio, patria, famiglia, onore, si sarebbe occupato invece che degli
affari del suo capo, di quelli della patria
e si sarebbe accorto che quella legge che c’era anche prima che lui ne rimanesse
impigliato, sarebbe stato una priorità farla
abrogare magari nelle pieghe di uno di quei mille emendamenti che ha
sponsorizzato per anni sul suo Giornale.
Già, l’uomo, se pure oggi quella vicenda sfortunata induca a concedergli
uno sguardo compassionevole, non è
proprio un esempio di grande statura da additare ad esempio ai nipoti.
Ma ieri è venta fuori come dal capello dell’illusionista
una di quelle sorprese che fanno dire che la realtà supera spesso la più
sfrenata fantasia.
Quando uno dei personaggi più melmosi e
raccapriccianti del sottobosco
berlusconiano, l’ex giornalista radiato dall’albo Renato Farina, promosso
parlamentare appunto del gruppo berlusconiano non si capisce per quali meriti o
demeriti, si è alzato in parlamento chiedendo la parola e dichiarando che l’articolo
diffamatorio, che ha causato la condanna alla galera a Sallusti l’aveva scritto
lui, diversi anni fa, e se ne prendeva coraggiosamente la responsabilità, ma quando? A processo
arrivato alla condanna definitiva.
Che uomo, che statura morale.
Ma come mai un individuo del genere solo un mese
fa, cioè ieri, si aggirava riverito fra i capi del Meating Ciellino di Rimini?
Il Cardinale Bagnasco, che oggi spara a zero sulla
corruzione, che corrode l’Italia, come se ieri fosse stato momentaneamente
assente e parliamo di un ieri durato decenni, non sarebbe il caso che si guardasse in casa
propria e cominciasse di buona lena a
dare di ramazza?
Ma la giornata di ieri, già così densa di
avvenimenti uno più scoraggiante dell’altro non era ancora finita, mancava il
botto finale.
Lui è tornato e ha scelto la tribuna di presentazione
del libro di un suo ex ministro.
Quel Brunetta che eternamente incavolato perché Tremonti
lo metteva in ombra e non riusciva a trattenersi dallo straparlare ripetendo
(seriamente, questo è il guaio) che non capiva come mai non gli fosse ancora
stato assegnato il premio Nobel per l’economia.
Che insieme di personaggi da incubo.
E che aveva da esternare Lui, il rieccolo, che ieri è
ricomparso per offrirci il suo verbo, la sua nuova ricetta?
Che l’euro è stata una gigantesca cavolata e che
lui lo aveva detto.
Torniamo a prima, all’Italietta delle svalutazioni competitive.
Riconosciamo che non siamo e non saremo mai all’altezza
dei nordici.
La nostra prospettiva non è il Nord, è l’Africa.
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