lunedì 3 settembre 2012

Martini : il raro coraggio di essere stato un alieno in una Chiesa che non era più la sua







Le parole che mi hanno più colpito di Martini sono quelle con le quali aveva sintetizzato la “filosofia” della “cattedra per i non credenti”,con la quale aveva quasi istituzionalizzato il dialogo con loro :
è riduttivo parlare di credenti e non credenti, parliamo piuttosto di pensanti e non pensanti.
Poche parole, che però appunto enunciano una filosofia, una visione della vita e della missione che lui vedeva per un Vescovo.
Perché superare la contrapposizione credenti e non credenti?
Innanzitutto perché chi è qualificato come non credente (e con ciò stesso con una connotazione di condiscendenza in senso negativo) può essere un uomo di statura spirituale enormemente  superiore a un sedicente credente.
Poi perché il problema da sempre se posto nella formula : credente o non credente non definisce un bel nulla se non si specifica credente in che cosa.
E cinqunt’anni di sociologia religiosa in occidente hanno confermato che questo è il punto.
Perché quando si intervista una persona e le si chiede se si ritiene aderente o vicino a una religione, succede che la quasi totalità in Italia risponde di essere cattolica (intendendo cattolica in senso culturale, cioè di appartenenza a una storia, a un popolo, che faceva riferimento al cattolicesimo) ma se si cerca di ricavare anche solo elementari informazioni  su cosa l’intervistato intenda essere il contenuto della sua fede sono guai nel senso che viene fuori di tutto ma non quello che dovrebbe venire.
E quindi che significato può avere il termine credente se chi dice di esserlo non sa praticamente definire in cosa crede nemmeno approssimativamente?
Pensante invece significa chi si responsabilizza e dedica almeno un po di tempo a ricercare il senso della sua vita.
Se lo cerca partendo da un’altra religione, dal versante della filosofia o della scienza non è determinante al fine del risultato.
E qui sta il discrimine radicale fra chi condivide l’apertura mentale, che aveva Martini e la chiusura ermetica dei Ratizinger e dei Woitila, che ripetono senza variazioni apprezzabili la teologia del Concilio di Trento di cinque secoli fa : noi cattolici saremmo gli unici ad avere la rivelazione divina che ci ha dettato tutta la verità sul senso della vita in modo definitivo e immutabile e  questa verità, pur potendo essere intravista dalla “sana” ragione, deve essere intermediata dalla intepretazione della istituzione ecclesiatica, che appunto stabilisca quando la nostra ragione sarebbe sana e quando no.
Con queste premesse che senso avrebbe il dialogo con i non credenti ?
Nessuno perché se siamo convinti di possedere la verità tutta e definitiva, mentre gli altri non ce l’avrebbero perderemmo del tempo a dialogare con loro.
Tanto varrebbe allora risolvere il problema come hanno fatto le missioni per secoli di pari passo col colonialismo quando il crocifisso avanzava all’ombra delle spade, convertendo tutti con metodi sbrigativi.
Così infatti si pensava a Trento e così pensano ancora oggi i   tradizionalisti che reggono l’istituzione chiesa anche se ovviamente oggi parlano in modo diverso solo per una inevitabile diversione tattica dettata dal riconoscimento del fatto che il potere ecclesiastico oggi è ben diverso da quello che la chiesa istituzione usufruiva cinque secoli fa.
Chi segue la filosofia che ispirava Martini cerca il dialogo con il pensante credente o non credente semplicemente perché è convinto che da lui possano venire utili idee per fare qualche passo in più verso quella verità che nessuno possiede  una volta per tutte e che quindi non è per niente immutabile.
Procede per approssimazioni come tutte le cose di questo mondo.
Il discrimine radicale è fra chi ha fede o meglio fiducia  nelle capacità umane di usare ragione sentimenti e quant’altro per usare della sua libertà e autonomia al fine di testimoniare il bene e la giustizia e chi invece non ha per niente questa fiducia e quindi invoca un’autorità che dal di fuori dell’uomo  serva a raddrizzare la sua umanità concepita come una pianta irrimediabilmente storta.
Un’autorità appoggiata  su una isituzione dotata di una forza di ordine temporale, capace di imporre il rispetto della verità e del bene, come la chiesa ha fatto per sedici secoli dall’editto di Teodosio del quarto secolo ai giorni nostri.

Altre parole chiave nel pensiero di Martini erano : “il senso contemplativo della vita”.
Qui ci sta dentro ancora ovviamente  l “uomo pensante” del quale abbiamo parlato finora, ma non solo.
Il significato di queste parole  non è solo il dire che il fare è essenziale,ma che deve venire dopo all’avere pensato, possibilmente in una prospettiva di lungo periodo.
Qui si tratta soprattutto di fede o meglio fiducia nella capacità dell’uomo di confrontarsi, raffrontarsi, colloquiare con quello che le religioni chiamano dio e le filosofie e la scienza chiamano il tutto.
Molte di queste discipline e soprattutto le neuroscienze chiariscono che questo tipo di dialogo è un dialogo con la parte più profonda di sé stessi perché è comunque in quella parte che albergherebbe quello che si intende per dio e per il tutto.
Questa forma di dialogo è quella degli spiritualisti e dei mistici.
I mistici non avevano alcun interesse per la dogmatica e per l’istituzione per il semplice fatto che ricercando prima di tutto il dialogo con quello che intendevano per dio, non avevano alcuna necessità di servirsi della mediazione della istituzione chiesa, andavano per conto loro.
Molti sono stati fatti santi dalla istituzione chiesa, ma è certo che a loro non si capisce cosa potesse importare del riconscimento burocratico di quello che già possedevano come esperienza loro, il colloquio diretto con quello che ritenevano dio.
Ancora in questo campo è radicale la differenza fra questo modo di vedere e quello della istituzione che impone di seguire per l’accesso a dio l’adesione totale alla  dogmatica cattolica,come interpretata dalla istituzione medesima, i sacramenti, i riti e le liturgie, come dettate della istiutzione medesima.
La preghiera e la meditazione personale ammesse solo dietro la guida di confessore-direttore spirituale e comunque sempre stando sui binari stabiliti.
La lettura della scrittura, consentita dagli anni sessanta del 1900, ma proibita nei venti secoli precedenti, e comunque consentita solo nelle edizioni che hanno acquisito il beneplacito dell’istituzione ecclesiastica.
Maritini era per professione e passione personale biblista.
La sua vita era stata dedicata a una nuova traduzione (in collaborazione con altri studiosi) e a fissare il punto fermo di una esegesi severa dei testi (cioè lo studio della loro autenticità) ed all’utilizzo del metodo storico-critico sia ancora per verificare l’autenticità dei testi medesimi, ma anche per individuare i passi puramente metaforici da quelli storicamente accettabili e verosimili.
In parole povere, cosa ha detto veramente Gesù di Nazaret e quale era il gesù storico?
Putroppo Martini ha avuto la disavventura di ritrovarsi alla fine della sua operosa carriera di studioso con un papa che ha ritenuto di scrivere una ennesima e modesta vita di Gesù nella quale sostiene che ricercare dall’esame dei testi chi era il Gesù  storico (cioè quello vero) non ha alcuna importanza, perché quello che è importante conoscere è il Gesù della tradizione (cioè quello costruito a tavolino in venti secoli di cristianesimo).

Perché la filosofia di Razinger  ha portato il papa a sostenere una cosa così sorprendente, inverosimile, improponible per il mondo di oggi?
Perché Ratzinger ritiene sua missione riproporre intatta la teologia del concilio di Trento, fondata su tre capisaldi : autorità, papa istituzione.
Anche allora (1545) era stata un scelta sbagliata, ma allora era stata elaborata nell’ottica di contrastare l’azzeramento dell’autorità papale operata dalla Riforma protestante, oggi viviamo in ben altri tempi.
Non può esserci in questa teologia l’isitituzione al servizio dell’uomo, perché questa teologia è strabica sul primato di papato, autorità, istituzione, chiesa.
Il fedele ha la dignità di persona non di per sé, ma solo se  dichiara sottomissione alla istituzione in tutte le forme stabilite.
Questa terribile distorsione ha fatto sì tra l’altro che la chiesa non abbia mai riconosciuto i diritti umani né nella formulazione risultante dalla dichiarazione del 1789 né da quella successiva nel dopoguerra del 1948.
Questa teologia è il contrario della teologia della chiesa intesa come “popolo di dio” definita se pure timidamente dal concilio Vaticano II, accettato a parole e sistematiamente negato e seppellito negli atti degli  ultimi due papi.
E qui veniamo ad altre due parole chiave nel  pensiero di Martini : Gerusalemme e primato poveri.
Peccato che i commentatori nei giornali abbiano così tanto sottovalutato la poratata estremamaente radicale della scelta di Martini per Gerusalemme, venduta per lo più come il “pallino” di un’anziano studioso eccentrico,che voleva essere vicino alla materia dei suoi studi.
C’era ovviamente anche questo, avere accesso ai luoghi, ai musei archeologici, alle carte ed ai qualificatissimi colleghi studiosi dell’università ebraica di Gerusalemme.
Ma c’era ben di più, anche se Martini non mi pare che ne abbia mai parlato o scritto in modo diretto, benchè il suo pensiero fosse ugualmente chiaro e noto.
Probabilmente l’età, la veste, la dignità cardinalizia e sopratutto la malattia non gli hanno concesso di dire espressamente quello che invece per esempio aveva ritenuto di poter dire ai quattro venti quello strano prete geniale e spregiudicato, ma anche scavato dal morbo del  potere che è stato Don Verzè.
La chiesa per sopravvivere deve rinnovarsi in modo radicale, abbandonare potere,privilegi, ricchezze,fasti ecc.
Per dimostrare di credere veramente in un tale radicale mutamento, occorre allora fare un gesto plateale di rottura e abbandonare il Vaticano per riportare visivamente il centro della cristianità là dove lo aveva posto il suo fondatore : a Gerusalemme e in nessun altro posto.
Se si ritiene che il morbo che ha infestato la chiesa dopo i primi quattro secoli in poi sia stato con Costantino e Teodosio l’alleanza con il potere temporale, ecco la possibilità   di rigenerarsi ripudiando il potere e chiedendo scusa per i disastri che tale alleanza ha portato con sé : imporre la religione con la spada e non con  convincere con la forza delle argomentazioni; mettersi sempre dalla parte dei potenti fino a sacralizzarlo, per potere condivederlo; guerre di religione eccetera, eccetera : il libro nero del cristinesimo purtroppo non è di piccole dimensioni.
Martini credeva nel primato dei poveri non solo in teoria fin da quando a Roma dedicava un giorno per andare di persona ad assistere gli anziani a Transtevere.
A Milano erano frequenti e in privato le sue visite a San Vittore ed a lui si deve la costruzione di quella sensibilità spinta che è stata necessaria per affrontare per tempo l’improvvisa ondata immigratoria di extracomunitari, in gran parte di altre religioni.

La visione della vita di Martini come in parte si è sopra delineata e in particolare l’idea cardine che l’istituzione e la verità sono al servizio dell’uomo e non viceversa, lo avevano portato a contrastare la linea dogmatica fissata da Woitila e Ratzinger sulla bioetica, purtroppo derivata da quell’infausto documento che è stata l’Humanae Vitae, firmata pardossalmente dal più progressita dei papi del secolo scorso Paolo  VI, quando ormai la salute e la conseguenete lucidità mentale lo avevano abbandonato.
Quell’enciclica, che contrasta fortemente sia con gli atti precedenti sia con la filosofia di Paolo VI, lui, amico e traduttore di quel Maritain,filosofo cattolico di prima grandezza,  che unico e osteggiato nel suo ambiente aveva sostenuto la necessità per il Vaticano di aderire alle dichiarazioni dei diritti umani, cosa come è noto mai avvenuta.
E il Paolo VI dell’Humanae Vitae ha finito per ribadire pari pari il ritorno alla teologia di Trento, che è il contrario esatto di tutto quello che lo stesso papa aveva voluto superare, soprattutto proprio nel campo dei diritti umani.
l ritorno alla teologia del diritto naturale, che è l’architrave teologica di quell’enciclica, diritto che sarebbe  acquisito dalla rivelazione e quindi avuto una volta per tutte è solo una esperessione diversa della concezione della verità acquisita solo dalla chiesa una volta per tutte e dispenata solo ed esclusivamente nell’interpretazione e con la mediazione dell’istituzione.
Con questa teologia non è possibile riconsoscere i diritti umani che competono all’uomo in quanto tale e non solo al battezzato, come sostenuto da Trento in poi.
Martini aveva capito benissimo che tale teologia deve essere superata in blocco e infatti ha parlato di bioetica, sessualità, matrimonio e divorzio,  fine vita in modo del tutto dissonante rispetto alla vulgata vaticana ed in punto di morte ha approfittato della sua posizione privilegiata per far valere le sue volontà.
Purtroppo il cittadino italiano non può ancora farlo.

Il pensiero di Martini è stato espresso in moltissimi scritti ed in essi è possibile ritrovare le altre parole chiavi che lo hanno ispirato :
-l’ecumenismo praticato e non solo auspicato;
-la necessità di una gestione collegiale della chiesa, ridimensionando l’autorità papale e della curia;
-l’indizione di un nuovo Concilio per  completare il lavoro di rinnovamento appena iniziato con il Vaticano II;
-la presa di coscienza del fatto che la situazione attuale della chiesa è estremamente grave e che l’istituzione così com’è non è in grado di sostenere la sfida della modernità;
-la fiducia nell’uomo e nelle sue possibilità e quindi la grande apertura a tutte le forme di ascolto,l’esortazione a non avere paura di ascotare i “segni dei tempi” e chi fuori dal coro si fa portavoce della “profezia”;
-all’interno della chiesa la sua costante sfiducia nei “movimenti”, tanto amati e coccolati dal Vaticano, avendo sempre individuato la povertà culturale della quale erano portatori e il costante pericolo di una loro deriva settaria.

Con il pensiero di Martini si sono delineate,come abbiamo visto, due teologie in radicale antitesi una con ‘altra.
I commentatori dei principali giornali italiani, eterni estimatori della camomilla e del politicametne corretto, hanno voluto ribadire in coro il luogo comune delle due anime della chiesa, che sarebbero la sua forza segreta, che le avrebbe consentito di sopravvivere nei secoli, alla faccia della coerenza.
La ma opinione personale è che la crisi di questa chiesa sia arrivata al punto di non ritorno, che richiede non solo una cura radicale, come ha detto con incredibile coraggio per un porporato morente,Martini nell’ultima intervista della sua vita, ma un presa di distanza netta.
Questa isitituzione non può più essere riconosciuta come la chiesa fondata da Gesù Cristo e quindi per ritornare a quella per chi lo voglia e per chi ci creda occorre la divisione, lo scisma.
Questa chiesa istituzionale si è allontata troppo dalla lettera e dallo spirito evangelico, non è più possibile la comunione con chi professa oggi la teologia di Trento, si badi bene non per pura ignoranza, ma al contrario nella lucida consapevolezza che solo questa teologia può sostenere e giustificare la conservazione del potere da parte di chi incarna le isitiuzioni ecclesiastiche.
Chi avrà il coraggio di prendersi la responsabilità di guidare questa svolta e soprattutto, ci sarà mai oggi un personaggio che abbia il coraggio, che cinque secoli fa ha avuto il monaco Lutero?
Molti pensano di no e che di conseguenza questa chiesa si estinguerà a poco a poco esternando la sua crescente irrilevanza come è avvenuto in tutto il nord Europa.
Forse è più probabile questa seconda ipotesi in considerazione del fatto che chi la pensa come Martini non ha il coraggio di fare rete ,di rendersi visibile e di proporsi un atto di radicale distacco e se non lo ha avuto fino ad oggi non si vede come possa acquistarlo nel prossimo futuro.
Ma il fatto che sia esistita una personalità come Martini, osteggiato, sbeffeggiato, odiato da chi non era degno nemmeno di allacciargli i calzari, è un “segno dei tempi” che sarebbe sciocco trascurare.
E poi di fronte ad un gregge di fedeli che non sanno in pratica in che cosa credono in questi ultimi anni cominciano a comparire molti testi critici, analisi storiche, inchieste sociologiche per non parlare di inchieste giornalistiche che mettono a nudo la corruzzione e l’incoerenza degli uomini che guidano le istituzioni ecclesiastiche.
E’ indubbio che una scossa salutare è arrivata anche al “fedele” medio.
Staremo a vedere e per essere fedeli al messaggio di Martini confermiamo la fiducia in un esito positivo che è possibile.
Non per caso nel Nord Europa di fornte al progressivo declino della chiesa istituzione si diffonde da anni il movimento che nelle varie lingue è denominato “noi siamo la chiesa”.
Occorre più coraggio e andare oltre, se noi siamo la chiesa questo significa che voi che reggete la chiesa oggi non lo siete più.
Ermanno Olmi, che con lui aveva collaborato, ha dichiarato di non piangerlo perché comunque vadano le cose il suo pensiero vivrà.

Nessun commento: