lunedì 21 gennaio 2013

We the people…





Se c’è una rara occasione che ci consenta di allontanarci dalla vista penosa della nostra campagna elettorale è giusto accoglierla con entusiasmo e infatti il giorno dell’Inaugurazione del nuovo mandato presidenziale di Obama è una cosa che fa sognare noi più degli americani.
In Europa e in Italia c’è poco da sognare se si parla di politica.
Non solo perché Obama è un marziano rispetto alla nostra indecente  classe politica , ma perché l’America se lo merita un presidente di quella caratura.
Quando ha dovuto scegliere fra uno pseudo Berlusconi e per di più fanatico religioso, come era Romney e lui,  ha scelto lui.
Poi l’America ha due cose che noi non abbiamo e che possiamo solo ammirare quando sono praticate da altri.
Un patriottismo ,estroverso, palpabile, di popolo e non recitato.
E una religione civile fortissima e consolidata.
Da noi si soffre ancora della fisima secondo la quale il patriottismo sarebbe solo fascista e che quindi non sta bene, non si fa.
La religione civile (se ne era parlato a lungo nel post del  18 dicembre  scorso) figuriamoci che spazio possa avere da noi, nel paese che ospita un ingombrantissimo Vaticano.
Come si era detto in quel post per ritrovare una religione civile nella nostra storia patria occorre risalire al tempo dell’impero romano.
L’America è e rimane un sogno nel nostro immaginario collettivo perché è straordinaria nelle sue contraddizioni che coniugano con estrema disinvoltura appunto patriottismo, religione civile e modernità.
Mi ha colpito per esempio questa parte della liturgia dell’inaugurazione : un  pastore , come da tradizione invoca la benedizione di dio sull’America .
Finita la preghiera lascia l’ambone e nel corridoio appare un picchetto in alta uniforme che avanza con  passo cadenzato, portando una selva di bandiere.
La gente ancora non si alza in piedi ma è evidente che la cerimonia si avvia verso a uno dei momenti della massima solennità.
Siamo nel paese che si dice non sia più l’incontrastata potenza imperiale,  ma nessuno contesta  il fatto che sul piano militare sia ancora la massima potenza, più avanti di tutti e di molte lunghezze.
Ci si aspetterebbe quindi che apparisse,  che so io , il capo di stato maggiore, la banda dei Marines o qualcosa del genere, invece in fondo al corridoio compare a passo deciso la cantante più nota e più sexy che ci sia, Bioncé che fra abbracci e sorrisi prende il podio per cantare l’inno nazionale.
Tutti in piedi e militari sull’attenti, come si conviene.
Inarrivabile.
Inarrivabile perché non c’era niente di stonato.
In America Bioncè può prendere l’ambone per cantare l’inno nazionale subito dopo la preghiera di rito davanti a un milione di persone e la cosa appare ovvia.
Non parliamo della poesia letta da un poeta ispano- americano gay dichiarato.
Dopo un discorso nel quale per la prima volta un presidente in una occasione così formale invoca “la parità per le nostre sorelle e i nostri fratelli gay”.
Nella vecchia Europa si fatica a capire quello che nelle giovani generazioni è considerato acquisito universalmente e cioè che la parità dei diritti per i gay è diventata l’icona della battaglia per il completamento dei  diritti civili in senso lato, è la battaglia scelta per portare avanti tutte altre sugli immigrati, sulla bio etica ecc.
Uno che vi si oppone a causa dei vecchi pregiudizi è considerato fuori dal mondo.
Riconosci i diritti degli altri anche se sono una minoranza, anche se  ti può sembrare meno piacevole,  se vuoi difendere i tuoi diritti, è ovvio ma fa fatica a passare.
Discorso di notevole livello, quello di Obama ,come sempre.
L’insistenza sul “we  the people” “noi il popolo degli Stati Uniti” che sono, come è noto le prime parole della dichiarazione d’Indipendenza, riportate come preambolo della costituzione degli Usa, ripetuto più e più volte.
I commentatori hanno detto che il presidente, essendo al secondo mandato non può più essere rieletto e quindi non ha più da preoccuparsi di fidelizzare dei partiti o delle fazioni e quindi si può permettere di essere veramente il presidente di tutti e rivolgersi a tutti in modo credibile.
Fare arrivare alla parità chi ancora non ci è arrivato.
C’è della retorica, ma è di qualità.
Da noi si parla poco del fatto abbastanza singolare che nelle università amaricane sono ricomparsi ed hanno grande successo  nel senso che i posti vanno esauriti, i corsi dei retorica, disciplina dei tempi della cultura classica che ricompare con tutti gli onori  ai tempi di internet.
Ancora commozione vera da parte del pubblico afro-americano, che ha tutte le ragioni per esserlo nel 50 anniversario del discorso di Martin Luther King.
Come si sa sta spopolando in questi giorni il film di Spielberg su Lincoln, che si avvia probabilmente a vincere l’Oscar il mese prossimo.
Quindi ancora retorica, ma bella, la scelta simbolica di Obama, che ha voluto effettuare un giuramento sulla bibbia posseduta a suo tempo da Abraham Lincoln e poi su quella posseduta da Martin Luther King.
Il sogno americano ci dice un’altra cosa che non viene spesso notata.
Obama era e resta un outsider nel senso che non era e non è un  uomo di apparato del suo partito, eppure è stato eletto e rieletto.
Morale della favola per noi nella cloaca della politica italiana : un buon presidente bisogna prima di tutto volerlo, poi  cercarselo informandosi beni e poi andare a votarlo.

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