Se c’è una rara occasione che ci consenta di
allontanarci dalla vista penosa della nostra campagna elettorale è giusto
accoglierla con entusiasmo e infatti il giorno dell’Inaugurazione del nuovo mandato
presidenziale di Obama è una cosa che fa sognare noi più degli americani.
In Europa e in Italia c’è poco da sognare se si
parla di politica.
Non solo perché Obama è un marziano rispetto alla
nostra indecente classe politica , ma
perché l’America se lo merita un presidente di quella caratura.
Quando ha dovuto scegliere fra uno pseudo
Berlusconi e per di più fanatico religioso, come era Romney e lui, ha scelto lui.
Poi l’America ha due cose che noi non abbiamo e
che possiamo solo ammirare quando sono praticate da altri.
Un patriottismo ,estroverso, palpabile, di popolo
e non recitato.
E una religione civile fortissima e consolidata.
Da noi si soffre ancora della fisima secondo la
quale il patriottismo sarebbe solo fascista e che quindi non sta bene, non si
fa.
La religione civile (se ne era parlato a lungo nel
post del 18 dicembre scorso) figuriamoci che spazio possa avere da
noi, nel paese che ospita un ingombrantissimo Vaticano.
Come si era detto in quel post per ritrovare una
religione civile nella nostra storia patria occorre risalire al tempo dell’impero
romano.
L’America è e rimane un sogno nel nostro
immaginario collettivo perché è straordinaria nelle sue contraddizioni che
coniugano con estrema disinvoltura appunto patriottismo, religione civile e
modernità.
Mi ha colpito per esempio questa parte della
liturgia dell’inaugurazione : un pastore
, come da tradizione invoca la benedizione di dio sull’America .
Finita la preghiera lascia l’ambone e nel
corridoio appare un picchetto in alta uniforme che avanza con passo cadenzato, portando una selva di
bandiere.
La gente ancora non si alza in piedi ma è evidente
che la cerimonia si avvia verso a uno dei momenti della massima solennità.
Siamo nel paese che si dice non sia più
l’incontrastata potenza imperiale, ma
nessuno contesta il fatto che sul piano
militare sia ancora la massima potenza, più avanti di tutti e di molte
lunghezze.
Ci si aspetterebbe quindi che apparisse, che so io , il capo di stato maggiore, la
banda dei Marines o qualcosa del genere, invece in fondo al corridoio compare a
passo deciso la cantante più nota e più sexy che ci sia, Bioncé che fra
abbracci e sorrisi prende il podio per cantare l’inno nazionale.
Tutti in piedi e militari sull’attenti, come si
conviene.
Inarrivabile.
Inarrivabile perché non c’era niente di stonato.
In America Bioncè può prendere l’ambone per
cantare l’inno nazionale subito dopo la preghiera di rito davanti a un milione
di persone e la cosa appare ovvia.
Non parliamo della poesia letta da un poeta
ispano- americano gay dichiarato.
Dopo un discorso nel quale per la prima volta un
presidente in una occasione così formale invoca “la parità per le nostre
sorelle e i nostri fratelli gay”.
Nella vecchia Europa si fatica a capire quello che
nelle giovani generazioni è considerato acquisito universalmente e cioè che la
parità dei diritti per i gay è diventata l’icona della battaglia per il
completamento dei diritti civili in
senso lato, è la battaglia scelta per portare avanti tutte altre sugli
immigrati, sulla bio etica ecc.
Uno che vi si oppone a causa dei vecchi pregiudizi
è considerato fuori dal mondo.
Riconosci i diritti degli altri anche se sono una minoranza,
anche se ti può sembrare meno piacevole,
se vuoi difendere i tuoi diritti, è
ovvio ma fa fatica a passare.
Discorso di notevole livello, quello di Obama ,come
sempre.
L’insistenza sul “we the people” “noi il popolo degli Stati Uniti”
che sono, come è noto le prime parole della dichiarazione d’Indipendenza,
riportate come preambolo della costituzione degli Usa, ripetuto più e più
volte.
I commentatori hanno detto che il presidente,
essendo al secondo mandato non può più essere rieletto e quindi non ha più da
preoccuparsi di fidelizzare dei partiti o delle fazioni e quindi si può
permettere di essere veramente il presidente di tutti e rivolgersi a tutti in
modo credibile.
Fare arrivare alla parità chi ancora non ci è
arrivato.
C’è della retorica, ma è di qualità.
Da noi si parla poco del fatto abbastanza
singolare che nelle università amaricane sono ricomparsi ed hanno grande
successo nel senso che i posti vanno
esauriti, i corsi dei retorica, disciplina dei tempi della cultura classica che
ricompare con tutti gli onori ai tempi
di internet.
Ancora commozione vera da parte del pubblico
afro-americano, che ha tutte le ragioni per esserlo nel 50 anniversario del
discorso di Martin Luther King.
Come si sa sta spopolando in questi giorni il film
di Spielberg su Lincoln, che si avvia probabilmente a vincere l’Oscar il mese
prossimo.
Quindi ancora retorica, ma bella, la scelta
simbolica di Obama, che ha voluto effettuare un giuramento sulla bibbia
posseduta a suo tempo da Abraham Lincoln e poi su quella posseduta da Martin
Luther King.
Il sogno americano ci dice un’altra cosa che non
viene spesso notata.
Obama era e resta un outsider nel senso che non
era e non è un uomo di apparato del suo
partito, eppure è stato eletto e rieletto.
Morale della favola per noi nella cloaca della
politica italiana : un buon presidente bisogna prima di tutto volerlo, poi cercarselo informandosi beni e poi andare a
votarlo.
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