venerdì 6 settembre 2013

Dare una lezione ad Assad è un rischio grave, ma stare a vedere senza far nulla è eticamente inaccettabile





Devo confessare  che sono stato molto colpito dal vedere tutti quei filmati, che le televisioni satellitari ci hanno mostrato, per documentare le imprese della resistenza al regime di Assad in  Siria.
Tutti quei guerrieri barbuti, armati fino ai denti e con la fascia della Jihad a cingere la fronte, che dopo avere concluso una impresa in modo positivo o negativo, ripetono in modo insensato, per decine di volte e senza stancarsi la stessa frase : Allah akbar!, Allah akbar!  e sembrano obiettivamente dei drogati un po’ per l’orgasmo adrenalinico, conseguente ad una sanguinosa azione militare, un po’ a seguito del loro esasperato fanatismo religioso.
Colpisce il fatto che la stessa cosa la facciano quando sono stati bombardati, nel qual caso è difficile capire la ragione per la quale ringraziano dio, ma lo fanno.
Non è obiettivamente un bello spettacolo e inducono lo spettatore a non nutrire troppa simpatia per loro.
Sembra di tornare ai tempi dei crociati, quando predicatori fanatici, ma evidentemente efficaci, come  Pietro l’Eremita riuscivano a fanatizzare delle folle e spingerle al massacro.
Come dicevo, confesso che la prima reazione che ho avuto dopo aver visto per mesi questi i filmati è stata la tentazione di dare una risposta, di come si dice volgarmente, ma efficacemente, “di pancia”. Ma se questa è la resistenza ad Assad, mi è venuto da pensare, tanto vale tenersi Assad ,che  sarà, anzi è un tiranno, che ne fa di tutti i colori ,però se questi suoi oppositori andassero al potere  al suo posto, non sarebbero sicuramente meno sanguinari di lui ,né meno ferocemente nemici dell'Occidente.
Anzi probabilmente lo sarebbero di più e quindi da un punto di vista strategico -geopolitico noi saremmo più in pericolo di prima.
Questa sopra esposta, in termini terra- terra, è la cosiddetta linea della “real politique”.
Temo che questa sia  la linea di pensiero, che viene più spontanea alla mente, e infatti è quella più condivisa.
Questa linea spontanea è stata in questi giorni enormemente rafforzata dalla decisa presa di posizione dell'attuale pontefice, il quale senza mezzi termini ha chiamato il popolo cristiano a una posizione di difesa assoluta della pace e quindi ha assunto una linea di contrarietà intransigente a qualsiasi tipo di intervento armato.
La grande stampa nei suoi editoriali ha così trovato una ragione in più per sposare questa linea.
Oltre agli editorialisti, gli esperti di strategia militare hanno messo in evidenza l'estrema difficoltà di trovare la prova, che fosse il regime di Assad, l'autore dell'uso delle armi chimiche.
Posizione questa ,magari tecnicamente ineccepibile, ma inevitabilmente un po' populista, nel senso che la gente non può non avere in mente il segretario di Stato di W.Bush che all'Onu reggeva in mano la fialetta, che avrebbe dovuto contenere quelle sostanze chimiche di distruzione di massa, che si accusava Saddam di possedere e di fabbricare.
Allora l'America e l'Inghilterra, per giustificare l’invasione dell’Iraq , avevano fatto una indegna operazione di teatro portando in guerra i loro due paesi, dopo essersi fabbricate delle prove, che assolutamente non c'erano, tant'è che quando l’Iraq è stato invaso, l'esercito americano è stato molto sorpreso di non trovare assolutamente nulla, né gli impianti, né i depositi di armi di distruzione di massa, che avrebbero dovuto essere invece la motivazione per la loro entrata in guerra.
E purtroppo il fare del teatro, cioè mettere in scena con estremo cinismo e gusto dell'orrore le situazioni più terribili per demonizzare l’avversario, non è stato un modo di agire solo di alcuni governi dell'Occidente, ma è stato sfruttato ampiamente del tiranno Saddam, che come è noto, faceva raccogliere cadaveri ridotti nelle condizioni più orribili negli obitori , li faceva depositare in una luogo qualunque e poi invitava le troupe televisive del mondo a filmare il tutto ,addebitando l'orrore naturalmente agli invasori americani e alleati.
Questo per dire, che le scene, di per sé orribili ,dei bambini uccisi ,probabilmente effettivamente dalle armi chimiche di Assad, che ci sono state propinate in questi giorni, ci lasciano non meno indignati, ma ci lasciano comunque anche un certo margine di sospetto, perché ormai siamo stati abituati a vedere di tutto, scene falsificate e fabbricate dalla propaganda comprese.
L’argomento più forte sostenuto dai fautori del non intervento è quello che invita a riflettere  sugli  enormi pericoli, che rischierebbe il mondo, nel caso di una guerra in Medio Oriente, per una serie di ragioni assolutamente evidenti e cioè ,prima di tutto, che una ulteriore destabilizzazione del regime di Assad, provocherebbe una situazione di caos, nella quali le armi chimiche da lui possedute, potrebbero essere prese dalle milizie islamiche e usate in qualsiasi altro posto, comprese le nostre città.
Questa ipotesi è purtroppo verosimile e probabile, perché è noto che la Siria, al momento, è il paese che dispone del più grande arsenale in tonnellate di sostanze chimiche letali, pronte per essere infilate in missili o proiettili d'aereo, per essere usate prontamente.
Gli esperti di cose militari ci hanno spiegato che è escluso che i raid aerei americani possono essere diretti contro i depositi di armi chimiche, perché  provocherebbero immediatamente la diffusione incontrollabile di queste pestilenze.
Un altro argomento a favore del non intervento è quello legato a considerazioni di equilibrio geopolitico.
Si sa infatti che  i rapporti degli americani con la Russia e con la Cina ,  in questo momento, sono al punto di maggiore frizione, che si sia mai verificata in questi ultimi tempi.
Noi in Europa, ce ne rendiamo poco conto, ma basta occuparsi di cose americane per rendersi conto che questa amministrazione di Obama, ha un atteggiamento di ostilità quasi patologica nei confronti della Cina.
Perché l'uomo è razionale, ma è anche spesso indifeso nei confronti delle reazioni emotive.
E per gli americani, la sensazione di non essere più la prima potenza mondiale e che invece la Cina sia destinata a soppiantare il loro ruolo storico, ormai in breve  tempo, li porta a reagire pericolosamente e irrazionalmente spingendoli a cercare di costruire una impossibile grande muraglia politica di contenimento intorno alle Cina.
Ma è insensato pensare che gli orologi dalla storia si possono mettere a girare all'incontrario.
Le dimensioni della Cina e dell’Asia, sono tali per cui è giocoforza che gli americani facciano quello che hanno fatto a suoi tempo saggiamente gli inglesi, quando si sono rassegnati a perdere l'impero britannico.
L'America è destinata a perdere la sua posizione imperiale e bisogna che se ne faccia una ragione, senza mostrare isterismi.
Ha giocato a lungo la parte dello sceriffo del mondo, ma oggi rifare questo è sempre meno possibile.
E poi a favore della linea del non intervento, c’è la considerazione realistica di cosa accadrebbe subito dopo un attacco aereo americano.
Assad giocherebbe quasi sicuramente la carta della ritorsione su Israele, paese tra l’altro, con il quale non ha mai firmato un trattato di pace.
Ritorsione ,che potrebbe concretarsi in un attacco da parte di  Assad, con lanci di missili su Israele, direttamente dalla Siria e anche dal Libano, per interposta persona, da parte degli Hezbollah, le milizie, che controllano tutto il Sud Libano, foraggiate e armate da Siria ed Iran.
Questo è l'aspetto sicuramente più delicato e più pericoloso perché l'Occidente, dopo la Shoah, ha un atteggiamento nei riguardi di Israele volto a coprirsi gli occhi ,quando i governanti di Israele vanno fuori misura e difendono quel paese ,a prescindere, cioè, qualsiasi cosa faccia o subisca, per evitare il rischio di una seconda Shoa.
Non bisogna, poi,trascurare il fatto, che purtroppo Israele  è da tempo governata da una coalizione di destra, alla quale partecipa in posizione di forza il partito dei coloni e  i partiti religiosi e quindi un attacco alla Siria rischierebbe non solo la reazione da parte di Assad, che a un certo momento non avrebbe più nulla da perdere, ma rischierebbe anche di convincere Netanyahu ,che non è affatto un moderato, di cogliere l'occasione tanto attesa, per togliersi tutti sassolini dalle scarpe contro la Siria ,contro il Libano e gli Hezbollah, ma soprattutto contro l’Iran e i suoi impianti nucleari.
Lo scenario quindi potrebbe in poche mosse diventare  catastrofico a livello geopolitico, perché l'Iran , sfruttando  la sua posizione geografica , avrebbe la possibilità di chiudere lo stretto di Hormuz, il che significa chiudere il rubinetto del petrolio per l'Occidente e per il mondo.
Quel mondo, che è in crisi economica dal 2008 e comincia a intravedere segni di ripresa solo in questo momento , ma che, di fronte a alla chiusura del rubinetto del  petrolio ,si ritroverebbe in una crisi ancora più nera, con conseguenze devastanti.
Se si guardano le cose tenendo conto di tutte queste considerazioni ,che sono appoggiate su dati di fatto e non da elucubrazioni ideologiche, la tesi  del non intervento sembrerebbe quella assolutamente più sensata e più da appoggiare.
Fa riflettere però, che questa tesi sia sostenuta nel modo più  convinto e deciso dall'estrema destra di tutto il mondo.
Sarah Palin ,ex candidata alla presidenza americana e governatrice di estrema destra dell’Alaska, ha immediatamente dichiarato : ma che si scannino fra di loro e se la veda Allah, a noi che importa?
Altra leader dell'estrema destra , questa volta europea, che condivide queste stesse idee, Marine Lepen,  leader del Fronte Nationale francese, ha ribadito la sua linea di assoluta non ingerenza e nei comizi la linea razzista del lasciare che gli arabi si scambiano fra di loro è quella che va per la maggiore, come era facilmente prevedibile.
Gli intellettuali impegnati più o meno di sinistra, che cercano di fare il loro mestiere ,che è sempre stato quello di cercare di orientare l'opinione pubblica, appoggiandosi su degli argomenti razionali e non di propaganda preconcetta, guarda caso, sono tutti schierati invece dalla parte opposta.
Le ragioni di questa parte opposta , cioè a favore di un intervento, sono queste.
La crisi siriana dura all'incirca da due anni e mezzo ed è assolutamente inconfutabile il fatto che l'Occidente, in questo periodo lungo, non abbia fatto assolutamente nulla e anzi abbia lasciato che la guerra civile in Siria producesse il numero attualmente già enorme di due 2 milioni di profughi, riversati in Giordania e Turchia.
La Siria stessa è attualmente un paese in condizioni tali di distruzione, da rendere assolutamente impensabile la possibilità che  possa tornare alla situazioni precedente.
Cioè oggi la Siria in pratica non c’è più.
Non esiste più come paese unitario e tanto meno moderno.
Gran parte delle sue città  sono distrutte, così come sono distrutte le infrastrutture di base.
E’ distrutto il tessuto sociale.
E’ distrutto l'avvenire, nel senso che non si può più andare a scuola, perché gran parte degli edifici scolastici  non ci sono proprio più materialmente e lo stesso dicasi per gran parte degli insegnanti.
Di fronte all'assoluta inerzia dell'Occidente, il dittatore ha pensato di poter fare tutto quello che voleva, perché così era nella logica delle cose se nessuno osava stopparlo.
Stoppare prima di ricorrere alle armi, vuol dire usare i vari milioni di tonalità di grigio disponibili nelle varie opzioni, ma  non è stato fatto assolutamente nulla.
Questo atteggiamento dell’Occidente è stato didatticamente disastroso, perché ha fatto in modo che la resistenza  ad Assad, che inizialmente era costituite da persone di una delle classi media più istruite ed evolute del Medio Oriente, e che erano sostanzialmente amiche dell'Occidente, si è persa d'animo e ha dovuto lasciare la leadership del campo ai tagliagole islamisti, pervenuti  da tutti gli scenari di guerra del mondo.
D'altra parte Assad si è convinto che se nessuno interveniva, voleva dire che lui aveva semaforo verde.
Il discorso sintetizzato da Obama ,con lo slogan della “linea rossa” da non lasciare sorpassare impunemente, non è un’ingenuità da idealista, ma sta a significare che l'Occidente per non contraddire sé stesso non può non imporsi ad un certo punto di feramare la barbarie.
Perché l’Occidente è quello che è storicamente, cioè
- il depositario dei valori liberali nel senso dei diritti umani ,
- l’ erede del lascito culturale dell'Illuminismo e della rivoluzione francese e della conseguente modernità;
- il custode degli ideali a base degli scopi di guerra, che erano che erano stati elencati dagli  Alleati come motivazioni  per entrare nella seconda guerra mondiale e sconfiggere la barbarie nazi-fascista.
L’Occidente non può contraddire sé stesso lasciando che qualsiasi tiranno si avviti in un'escalation di orrore , scendendo tutte le volte di un gradino verso una forma di barbarie più cupa.
Un atteggiamento di questo tipo sarebbe il disconoscimento impossibile dei valori sui quali si regge l'Occidente, compresi i valori cristiani, in base ai quali non è possibile assistere alla barbarie e reagire solamente con delle buone parole, perché questo atteggiamento crea un'escalation di barbarie.
Di conseguenza il discorso : dobbiamo dare una lezione al dittatore, che mette in atto delle azioni sempre più barbare è un discorso che richiede di essere preso con la massima attenzione.
Purtroppo non esiste un governo mondiale e soprattutto non esiste una forza militare o di polizia mondiale, che serva a rendere effettive delle sanzioni contro i comportamenti barbari, ma questo non significa però che si debbano chiudere gli occhi .
In base a queste considerazioni  la posizione degli interventisti appare  quella più appoggiata da ragioni ideali e da argomenti razionali:
Il problema che inquieta, però ,non è tanto il fatto dell’intervento in sé, quanto  la sensazione, che tutt’ora hanno dato i paesi chi si fanno battistrada a favore dell'intervento e per la punizione di Assad, e cioè che siano animati dalle giuste intenzioni, ma che non siano tutt’ora in grado di spiegare alla gente, come è obbligo fare in democrazia, quali siano i suoi scopi né immediati ,né a lungo periodo .
Cioè appare abbastanza insensato dire : andiamo a dare  una lezione ad Assad ,ma il nostro scopo non è quello di abbattere il regime di Assad.
Con tutta probabilità gli americani e i francesi dicono questa cosa, che è una pura e semplice sciocchezza, solamente per ragioni diplomatiche, cioè per non arrivare immediatamente a uno scontro frontale da guerra fredda con la Russia  e   i cinesi.
Però resta il fatto che sia indispensabile per avere il consenso della gente di essere  in grado di dire   chi o cosa si pensa di mettere al posto di Assad.
Siamo abituati, in situazioni del genere, a vedere spuntare almeno una parvenza di governo provvisorio all'estero o di esponenti di spicco della opposizione, che siano in grado di presentare il loro programma per il futuro del loro paese.
Nel caso specifico, purtroppo però, la maggiore debolezza dell'opposizione ad Assad consiste proprio in questo, che la posizione di forza fra gli oppositori sia quella degli islamisti, abbondantemente armati e foraggiati dal punto di vista finanziario dall'Arabia Saudita ,dal Qatar e in parte anche dalla Turchia, cioè da tutto il fronte sunnita, schierato contro il fronte sciita.
In questa situazione diventa allora indispensabile sì stoppare Assad,ma contemporaneamente fare di tutto per trovare un marchingegno per costringere i suoi oppositori a mettersi in fila e farsi vedere.
Li dobbiamo conoscere e dobbiamo costringere chi sta loro dietro a prendersi le loro responsabilità.
In questa ottica la posizione apparentemente coerente di papà Francesco lascerebbe  perplessi ,se si limitasse alle belle parole.
E’ sperabile che non sia così e che alle parole seguano proposte concrete, come pare sia nello stile di questo papa, che spesso anzi, fa precedere i fatti alle parole.
E’ tantissimo tempo che la chiesa direttamente o più probabilmente dei cristiani qualificati non si siano cimentati in operazioni di mediazione internazionale.
Dai lontani tempi dei “colloqui mediterranei” promossi da La Pira a Firenze per far parlare fra di loro colonizzatori e colonizzati c’è stato poi il solo concreto episodio per altro di peso della mediazione della Comunità di sant’Egidio per dare un futuro al Mozambico.
Non contiamo l’azione fortissima di papa Woytila a favore di Solidarnosh, perché questa aveva una valenza nazionalistica e quindi poco c’entra con un’opera di mediazione internazionale,che è credibile solo se chi la esercita è percepibile come terza parte, del tutto indipendente e in grado di rappresentarsi le ragioni e gli interessi di tutte le parti in conflitto.
Sarebbe bello se questo papa fosse capace di promuovere qualcosa del genere.
Ad esempio la richiesta di una data per attuare il cessate il fuoco e la messa a disposizione di una struttura indipendente come luogo prima per incontri informali e poi per una conferenza internazionale.
Il Vaticano ha i mezzi, le strutture e la presenza a livello geopolitico per realizzare tutto questo, se lo volesse, direttamente o indirettamente.



Nessun commento: