giovedì 19 settembre 2013

Povero papa Francesco : molto più facile confrontarsi con l'ateo Scalfari, che dice quello che pensa, che con il falsamente ossequioso Don Carron di CL.



Ho letto su Repubblica di ieri 18 settembre con vera fastidiosa irritazione il commento del successore di Don Giussani alla guida di CL Don Julian Carron, alla famosa lettera del papa a Eugenio Scalfari, della quale si era parlato nel post precedente.
In quel post si era detto delle idee innovative di questo papa, che cinquant’anni dopo ripropone le tesi e le idee del concilio Vaticano II, attivamente contrastate dalla gerarchia ecclesiastica a lui precedente e dai così detti movimenti, più attivi nella vita pubblica, come appunto CL.
Si era concluso che sta benissimo il fatto, che sia giunto finalmente un papa capace, e convinto della opportunità di rilanciare quelle idee, ma anche altre due cose :
1- che al di la della buona volontà del nuovo papa, il ritardo con il quale la chiesa cerca ora di parlare al mondo moderno è probabilmente incolmabile, perché nel frattempo la gente si è convinta della incapacità della chiesa stessa di dire cose credibili al mondo di oggi;
2- che i cinquant’anni di attiva propaganda anti- conciliare (il Concilio Ecumenico Vaticano II si è chiuso nel 1965) seguiti a quel concilio, condotti da una gerarchia, che giudicava quelle posizioni pericolose per la chiesa e quindi le aveva contrastate, hanno  purtroppo indottrinato i fedeli rimasti con le idee opposte a quelle del concilio, e che quindi ora il papa si trova a predicare idee contrastate prima di tutto dal suo popolo.
Il commento di Carron alla lettera del papa, fa veramente cadere le braccia e fa capire quanto sarà difficile, se non impossibile a questo papa cambiare strutture e prassi anacronistiche e impresentabili, rimaste ferme per troppo tempo.
Prima di tutto lo stile di Carron è veramente irritante e anacronistico, una volta si diceva  gesuitico o farisaico.
Per affermare la validità delle sue tesi, che sono diametralmente opposte a quelle del papa, si lancia nella lode sperticata del dialogo aperto dal papa.
Puntualizza però immediatamente all’inizio, con una buona dose di veleno, che il papa ha parlato in quella lettera : “senza mettere in campo altra autorità, che non sia la sua personale esperienza”.
Benissimo, siccome diceva cose, che evidentemente non gli andavano a genio, allora il papa ha parlato da privato cittadino.
Comincia bene il dialogo all’interno della chiesa!
Almeno non nasconde tutto il suo trattenuto disgusto per ” i lumi della razionalità” e per l’uomo moderno “così fiero della sua autonomia , della sua ragione”.
Carron, presumendo evidentemente di essere il prefetto ombra del Sant’Uffizio, delinea severamente i termini nei quali soli, secondo lui, un papa può dialogare con un illuminista, quale Scalfari : “non sul piano del confronto dialettico ,ma nell’incontro di due esperienze umane”.
Si presume quindi che lo sesso Carron sarà stato molto disturbato quando ben 13 anni fa, l’allora vero Prefetto del Sant’Uffizio, il Card. Ratziger, passò due ore di serrato confronto dialettico con l’ateo Paolo Floris d’Arcais, in una sede ancora meno consona di un giornale e cioè al teatro Quirino di Roma, come si era ricordato nel post precedente.
E se non si può fare un confronto dialettico, che senso ha la parola dialogo?
Dopo una illustrazione del passo nel quale il papa  rispondeva a Scalfari sul tema della originalità del cristianesimo, nel quale più che commentare, Carron  riassume il testo, arriva, in un clima di  profonda foschia, qualche traccia del suo pensiero, che trae, guarda caso, dalla “Lumen fidei”, firmata Francesco, ma scritta da Benedetto, come pure si era detto nel post precedente.
Gli piace molto contrapporre la “luce della fede” ,all’”uomo che non vuole rinunciare a niente della sua ragione e della sua libertà”, quando tutta la credibilità residua della chiesa nel mondo di oggi è tutta legata proprio alla possibilità o meno di conciliare e di declinare insieme le due cose e non a contrapporle.
Compito del cristiano secondo Carron è quindi testimoniare di avere in sé quella luce, come diceva Don Giussani.
Per la verità, prima di lui la stessa cosa l’avevano detta e ripetuta per secoli tutta la schiera degli apologisti dei primi secoli, medievali eccetera, ma concediamogli la citazione di prammatica del fondatore della sua “Fraternità di CL”.
L’invito alla testimonianza è un’espressione semplicemente ovvia per chi si dice cristiano.
Il problema però non è farneticare, che i cristiani animati dalla luce, si distinguerebbero in giro per le strade, perché lavati più bianchi degli altri, come sembra ipotizzare Carron, ma piuttosto trovare le forme e la capacità di presentarsi in modo credibile e convincente agli uomini del nostro tempo.
Papa Francesco ci aveva provato nella sua lettera enunciando quattro indirizzi nuovi e in cesura coi cinquant’anni passati :
-primato della coscienza individuale;
-opzione preferenziale per i poveri;
-la verità non è assoluta nemmeno per i credenti;
-ha più rilevanza l’individuazione dell’originario messaggio storico di Gesù di Nazaret, che la montagna della teologia dogmatica;
-la fede cristiana non significa ricerca di qualsivoglia egemonia
Carron non fa un minimo accenno ad uno solo di questi punti.
Ed allora come si farà a dialogare all’interno della chiesa se uno si rifiuta addirittura di vedere quello che ha scritto o ha detto l’altro, anche se questo è addirittura il papa?
Ecco una ulteriore terribile prova che attende papa Francesco.
Nella chiesa da decenni non si dialoga affatto, non si è dialogato affatto dopo il Vaticano II.
Coperte dall’improvvida, anacronistica cultura teologica di Papa Woytila, le gerarchie hanno inteso la vita della chiesa come un movimento a senso rigorosamente unico, come accadeva nei tempi dell’Assolutismo.
Chi la pensava diversamente o era  condannato esplicitamente, senza avere la possibilità di difendersi ed esporre le proprie idee in condizioni decenti almeno fra i suoi pari, o comunque era censurato e il suo pensiero non aveva il minimo spazio nella pure ancora vasta rete dei mezzi di comunicazione cattolici, lautamente finanziati dallo stato, prima di tutto, con l’8 per mille.
Sciocco sarebbe, se chi è stato silenziato per cinquant’anni , ora che il vento in Vaticano ha completamente cambiato direzione, se ne approfittasse e ritenesse venuto il momento di continuare con gli stessi metodi barbari di prima e quindi godrebbe a vedere mettere la museruola a Carron ed amici.
E’ invece venuto il momento di dare trasparentemente la parola a tutte le correnti di pensiero all’interno della chiesa.
In questo modo, chi ora la pensa molto diversamente dal papa regnante come  Carron, essendo tutti noi usciti e da parecchio, dal medio evo, non sarebbe più tenuto a ritenersi obbligato a contraddire il papa su tutta la linea, dicendo che è completamente d’accordo.
Si impari dagli atei : Scalfari non ha  ritenuto di inventarsi di essere devoto a Padre Pio, per parlare col papa, ha detto solo quello che pensava, come si usa nel mondo moderno.
A un certo momento bisognerà fare così anche all’interno della chiesa, anche se questo sarà molto più difficile di quello che sembra.
Perché le cattive procedure, diventate abitudini consolidate, costringono anche le persone più istruite e intelligenti, come è di sicuro Don Carron, a esprimere il proprio pensiero in modo tortuoso e scorretto.
Le cose saranno veramente cambiate nella sostanza, quando vedremo i Don Carron scrivere lettere argomentate di critica all’operato o agli scritti del papa, se pure con tono di più o meno filiale correttezza.
Del resto Don Carron è sempre la stessa persona, che dopo l’elezione di papa Ratzinger, della quale si riteneva evidentemente sponsor di rilievo, aveva mandato la cambiale all’incasso e aveva scritto con arrogante sicumera al Nunzio in Italia, nel marzo 2011.
In quella lettera aveva formulanto l’elenco delle presunte eresie, nelle quali sarebbero incorsi per trent’anni i Cardinali Martini e Tettamanzi nella gestione della diocesi di Milano e aveva chiesto  l’elezione di un arcivescovo, che riportasse tutto all’indietro, cioè per lui all’ortodossia, raccomandando quindi l’elezione a Milano dell’allora Patriarca di Venezia, Angelo Scola (se ne era parlato diffusamente nel post del 28 giugno 1912,  citando i documenti riportati dal famoso libro di Gianluigi Nuzzi :”Sua Santità : le carte segrete di Benedetto XVI”).

Allora il coraggio di dire apertamente quello che pensava Don Carron lo aveva trovato, perché si sentiva coperto, ora probabilmente ha paura che sia arrivato per lui il momento della quaresima.

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