Ho letto su Repubblica di ieri 18 settembre con
vera fastidiosa irritazione il commento del successore di Don Giussani alla
guida di CL Don Julian Carron, alla famosa lettera del papa a Eugenio Scalfari,
della quale si era parlato nel post precedente.
In quel post si era detto delle idee innovative di
questo papa, che cinquant’anni dopo ripropone le tesi e le idee del concilio
Vaticano II, attivamente contrastate dalla gerarchia ecclesiastica a lui precedente
e dai così detti movimenti, più attivi nella vita pubblica, come appunto CL.
Si era concluso che sta benissimo il fatto, che
sia giunto finalmente un papa capace, e convinto della opportunità di
rilanciare quelle idee, ma anche altre due cose :
1- che al di la della buona volontà del nuovo
papa, il ritardo con il quale la chiesa cerca ora di parlare al mondo moderno è
probabilmente incolmabile, perché nel frattempo la gente si è convinta della
incapacità della chiesa stessa di dire cose credibili al mondo di oggi;
2- che i cinquant’anni di attiva propaganda anti-
conciliare (il Concilio Ecumenico Vaticano II si è chiuso nel 1965) seguiti a
quel concilio, condotti da una gerarchia, che giudicava quelle posizioni
pericolose per la chiesa e quindi le aveva contrastate, hanno purtroppo indottrinato i fedeli rimasti con
le idee opposte a quelle del concilio, e che quindi ora il papa si trova a
predicare idee contrastate prima di tutto dal suo popolo.
Il commento di Carron alla lettera del papa, fa
veramente cadere le braccia e fa capire quanto sarà difficile, se non
impossibile a questo papa cambiare strutture e prassi anacronistiche e impresentabili,
rimaste ferme per troppo tempo.
Prima di tutto lo stile di Carron è veramente irritante
e anacronistico, una volta si diceva gesuitico o farisaico.
Per affermare la validità delle sue tesi, che sono
diametralmente opposte a quelle del papa, si lancia nella lode sperticata del
dialogo aperto dal papa.
Puntualizza però immediatamente all’inizio, con
una buona dose di veleno, che il papa ha parlato in quella lettera : “senza
mettere in campo altra autorità, che non sia la sua personale esperienza”.
Benissimo, siccome diceva cose, che evidentemente
non gli andavano a genio, allora il papa ha parlato da privato cittadino.
Comincia bene il dialogo all’interno della chiesa!
Almeno non nasconde tutto il suo trattenuto
disgusto per ” i lumi della razionalità” e per l’uomo moderno “così fiero della
sua autonomia , della sua ragione”.
Carron, presumendo evidentemente di essere il
prefetto ombra del Sant’Uffizio, delinea severamente i termini nei quali soli, secondo
lui, un papa può dialogare con un illuminista, quale Scalfari : “non sul piano
del confronto dialettico ,ma nell’incontro di due esperienze umane”.
Si presume quindi che lo sesso Carron sarà stato molto
disturbato quando ben 13 anni fa, l’allora vero Prefetto del Sant’Uffizio, il Card.
Ratziger, passò due ore di serrato confronto dialettico con l’ateo Paolo Floris
d’Arcais, in una sede ancora meno consona di un giornale e cioè al teatro Quirino
di Roma, come si era ricordato nel post precedente.
E se non si può fare un confronto dialettico, che
senso ha la parola dialogo?
Dopo una illustrazione del passo nel quale il
papa rispondeva a Scalfari sul tema
della originalità del cristianesimo, nel quale più che commentare, Carron riassume il testo, arriva, in un clima di profonda foschia, qualche traccia del suo
pensiero, che trae, guarda caso, dalla “Lumen fidei”, firmata Francesco, ma
scritta da Benedetto, come pure si era detto nel post precedente.
Gli piace molto contrapporre la “luce della fede” ,all’”uomo
che non vuole rinunciare a niente della sua ragione e della sua libertà”,
quando tutta la credibilità residua della chiesa nel mondo di oggi è tutta
legata proprio alla possibilità o meno di conciliare e di declinare insieme le
due cose e non a contrapporle.
Compito del cristiano secondo Carron è quindi
testimoniare di avere in sé quella luce, come diceva Don Giussani.
Per la verità, prima di lui la stessa cosa
l’avevano detta e ripetuta per secoli tutta la schiera degli apologisti dei
primi secoli, medievali eccetera, ma concediamogli la citazione di prammatica
del fondatore della sua “Fraternità di CL”.
L’invito alla testimonianza è un’espressione
semplicemente ovvia per chi si dice cristiano.
Il problema però non è farneticare, che i
cristiani animati dalla luce, si distinguerebbero in giro per le strade, perché
lavati più bianchi degli altri, come sembra ipotizzare Carron, ma piuttosto
trovare le forme e la capacità di presentarsi in modo credibile e convincente
agli uomini del nostro tempo.
Papa Francesco ci aveva provato nella sua lettera
enunciando quattro indirizzi nuovi e in cesura coi cinquant’anni passati :
-primato della coscienza individuale;
-opzione preferenziale per i poveri;
-la verità non è assoluta nemmeno per i credenti;
-ha più rilevanza l’individuazione dell’originario
messaggio storico di Gesù di Nazaret, che la montagna della teologia dogmatica;
-la fede cristiana non significa ricerca di
qualsivoglia egemonia
Carron non fa un minimo accenno ad uno solo di
questi punti.
Ed allora come si farà a dialogare all’interno
della chiesa se uno si rifiuta addirittura di vedere quello che ha scritto o ha
detto l’altro, anche se questo è addirittura il papa?
Ecco una ulteriore terribile prova che attende
papa Francesco.
Nella chiesa da decenni non si dialoga affatto,
non si è dialogato affatto dopo il Vaticano II.
Coperte dall’improvvida, anacronistica cultura
teologica di Papa Woytila, le gerarchie hanno inteso la vita della chiesa come
un movimento a senso rigorosamente unico, come accadeva nei tempi dell’Assolutismo.
Chi la pensava diversamente o era condannato esplicitamente, senza avere la
possibilità di difendersi ed esporre le proprie idee in condizioni decenti
almeno fra i suoi pari, o comunque era censurato e il suo pensiero non aveva il
minimo spazio nella pure ancora vasta rete dei mezzi di comunicazione
cattolici, lautamente finanziati dallo stato, prima di tutto, con l’8 per
mille.
Sciocco sarebbe, se chi è stato silenziato per
cinquant’anni , ora che il vento in Vaticano ha completamente cambiato
direzione, se ne approfittasse e ritenesse venuto il momento di continuare con
gli stessi metodi barbari di prima e quindi godrebbe a vedere mettere la
museruola a Carron ed amici.
E’ invece venuto il momento di dare
trasparentemente la parola a tutte le correnti di pensiero all’interno della
chiesa.
In questo modo, chi ora la pensa molto
diversamente dal papa regnante come Carron, essendo tutti noi usciti e da
parecchio, dal medio evo, non sarebbe più tenuto a ritenersi obbligato a
contraddire il papa su tutta la linea, dicendo che è completamente d’accordo.
Si impari dagli atei : Scalfari non ha ritenuto di inventarsi di essere devoto a
Padre Pio, per parlare col papa, ha detto solo quello che pensava, come si usa
nel mondo moderno.
A un certo momento bisognerà fare così anche
all’interno della chiesa, anche se questo sarà molto più difficile di quello
che sembra.
Perché le cattive procedure, diventate abitudini
consolidate, costringono anche le persone più istruite e intelligenti, come è
di sicuro Don Carron, a esprimere il proprio pensiero in modo tortuoso e
scorretto.
Le cose saranno veramente cambiate nella sostanza,
quando vedremo i Don Carron scrivere lettere argomentate di critica all’operato
o agli scritti del papa, se pure con tono di più o meno filiale correttezza.
Del resto Don Carron è sempre la stessa persona,
che dopo l’elezione di papa Ratzinger, della quale si riteneva evidentemente
sponsor di rilievo, aveva mandato la cambiale all’incasso e aveva scritto con
arrogante sicumera al Nunzio in Italia, nel marzo 2011.
In quella lettera aveva formulanto l’elenco delle presunte
eresie, nelle quali sarebbero incorsi per trent’anni i Cardinali Martini e
Tettamanzi nella gestione della diocesi di Milano e aveva chiesto l’elezione di un arcivescovo, che riportasse
tutto all’indietro, cioè per lui all’ortodossia, raccomandando quindi l’elezione
a Milano dell’allora Patriarca di Venezia, Angelo Scola (se ne era parlato
diffusamente nel post del 28 giugno 1912, citando i documenti riportati dal famoso libro
di Gianluigi Nuzzi :”Sua Santità : le carte segrete di Benedetto XVI”).
Allora il coraggio di dire apertamente quello che
pensava Don Carron lo aveva trovato, perché si sentiva coperto, ora probabilmente
ha paura che sia arrivato per lui il momento della quaresima.
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