Il mondo politico in
Italia si sta avvolgendo giorno dopo
giorno in una spirale di un nichilismo auto distruttivo, che sta finendo per
portare la politica alla assoluta irrilevanza.
Strano, che questi
politici, seppure di così basso livello, non si rendano conto che di questo
passo stanno tagliando le gambe alla democrazia.
Fortunatamente però
non c'è solo la politica.
Incredibilmente, nel
mondo del pensiero alto e cioè della filosofia, della scienza e della religione,
si sono avuti in questi ultimi tempi, o addirittura in questi ultimi giorni tre
eventi di importanza eccezionale.
Il primo è stata la
lettera di papa Francesco, in risposta alle domande, che gli aveva rivolto l'ateo
illuminista Scalfari, dalle colonne del suo giornale.
Il secondo evento,
ancora più inatteso e ancora più scioccante, è stata la risposta del Papa
emerito Benedetto XVI nientemeno che a Odifreddi, logico matematico, pure lui,
ateo e illuminista, che aveva scritto un libro proponendo una serie di domande al
papa, che mai si sarebbe aspettato, che potessero
avere una risposta.
Un terzo evento, di
non minore importanza, è stata l'intervista, che papà Francesco ha creduto di
dare alla Civiltà Cattolica , la rivista teologico-culturale dei Gesuiti romani,
intesa da sempre come voce ufficiosa della Santa Sede, nella quale si esprime a
tutto campo.
Trascorsi i primi sei mesi di pontificato, nei quali
aveva fatto capire alla gente di essere aperto al nuovo, molto di più dei suoi
predecessori, il papa ha avvertito la necessità di chiarire in modo
inequivocabile quello che è il Bergoglio
pensiero.
Scegliendo lo
strumento dell’intervista, il papa ha fatto una scelta di trasparenza eccezionale.
I suoi predecessori
si erano sempre espressi o con lo strumento tradizionale della lettera
enciclica o con una serie di catechesi .
Questa è quindi una
grossa novità, perché è un modo di far capire che questo Papa si sente figlio
dei tempi ed in questi tempi vuole essere, per esercitare il suo ministero nel
mondo moderno.
E’ apprezzabile la
trasparenza, ed è apprezzabile il volere presentarsi come uomo moderno, che
parla agli uomini moderni, ma questa intervista è anche un terribile atto di
coraggio, perché sono passati solamente
sei mesi dall’elezione e, nei suoi panni, sarebbe stato difficile trovare
qualcun altro disposto a scoprirsi in modo così evidente, dopo solamente così
poco tempo.
Tutti sappiamo
infatti, che la vita del Papa in un ambiente abbastanza terribile, come il Vaticano,
non è affatto semplice e tranquilla, nel senso che si trova a governare una
struttura, che semplicemente non sta né in cielo né in terra, essendo basata su istituzioni e su procedure, che
risalgono al Rinascimento e che niente hanno a che fare con i tempi moderni e,
meno che meno, con le democrazie occidentali.
Sappiamo anche che la
curia non è stata governata per niente negli ultimi anni, durante l'ultimo
pontificato e soprattutto siamo venuti
sapere che quello è un ambiente in cui le diverse cordate si sfidano per la
gestione del potere, usando tutti i mezzi leciti e non leciti.
Dato atto quindi del
coraggio dimostrato da papa Bergoglio
nell’ affrontare di petto la questione ,vediamo qual è il Bergoglio pensiero.
La prima cosa che si
coglie, ed è estremamente interessante, è che
in tutto il corso dell'intervista, il
papa ha dimostrato di avere le idee chiarissime, perché ovunque fa riferimento
diretto alla spiritualità ignaziana, cioè quella della compagnia, dell'ordine, al
quale appartiene.
Quell’ordine dei
gesuiti, che è forse il più austero, o comunque fra i più rigidi o fra quelli che richiedono
una selezione più dura, per potervi appartenere.
Non è infatti una novità, che il livello culturale dei
gesuiti sia probabilmente il più elevato in assoluto da sempre.
Non è infine di
secondaria importanza notare, che i recenti scandali, sia sul piano della pedofilia,
sia sul piano della corruzione, nel senso di uso scorretto e distorto del
denaro, non siano arrivati ad interessare mai, personalità della compagnia.
Nell'intervista, papa
Bergoglio, questa spiritualità ignaziana la definisce in questi tre elementi : disciplina, comunità, missionarietà.
Ed enuncia, subito
dopo, il metodo di lavoro del gesuita, consistente nell’'uso continuo del
discernimento, che significa : incarnare i grandi principi nello spazio e nel
tempo e nelle persone.
Moltissimo spazio
dell'intervista infatti è dedicato a spiegare questo principio per cui la
montagna della dogmatica viene intesa come di secondaria importanza,
rispetto all'incarnare i principi nelle situazioni concrete e soprattutto nelle
persone concrete.
Il gesuita viene
descritto come una persona in perenne tensione, che si mette metaforicamente a
lavorare sempre in periferia e che è sempre in ricerca.
Il modo complesso e
intellettuale di esprimersi dei gesuiti è stato spesso male interpretato, e per
gesuitismo si è sempre voluto stigmatizzare un modo di parlare nel quale si
intende dire cose spiacevoli, presentandole in un modo non spiacevole, cioè, in
altre parole, si è spesso imputato popolarmente ai gesuiti un esercizio abile
della furbizia.
Mi è venuto
inevitabilmente di pensare a questo aspetto, quando ho letto in questa
intervista dell’auto- descrizione, che papa Francesco fa di sé, quando era stato nominato giovanissimo superiore
provinciale a un'età, che normalmente non viene considerata adeguata a una
carica di tale importanza.
E qui il Papa,
probabilmente, non senza un filo di malizia, dice che forse, proprio a causa
della età troppo giovane, ha esercitato
il suo ministero di superiore provinciale servendosi di poche consultazioni, usando
un piglio decisamente autoritario.
Non credo che sia
sfuggito al Papa il fatto che mettere nero su bianco questa caratteristica del suo carattere, provocherà
sicuramente qualche seria preoccupazione negli uomini di curia, che pensavano
di potere bloccare la carica innovativa di questo Papa, vendendolo come un
ingenuo populista, che non avrebbe osato più di tanto.
Ora però è emersa in
modo lampante la sua volontà determinata
di presentarsi come un uomo moderno, che parla agli uomini moderni, prendendo
volutamente a usare dei termini
assolutamente mai sentiti sulla bocca di un Papa.
Per esempio, in quest'intervista
il Papa dice apertamente : io non sono mai stato di destra : presa di posizione
questa estremamente ardita, pur essendo una scelta di sincerità assoluta, che
fa piazza pulita di tanti miseri tentativi, messi in atto in questi mesi di
battezzarlo come tifoso di movimenti e gruppi, chiaramente estranei alla sua
cultura teologica attuale.
Usa perfino la parola “casino”, che il suo predecessore
Giovanni Paolo II, educato nel mondo vecchio e stantio del cattolicesimo
polacco, avrebbe sicuramente considerato puro e semplice turpiloquio.
Ma veniamo alle
affermazioni di grande peso, dal punto di vista dottrinale e quindi sicuramente
foriere di cambiamenti di grande rilievo.
E non mi riferisco
alla solita solfa delle unioni gay, della comunione ai divorziati, della cosiddetta bioetica,
argomenti che sono stati inflazionati per decenni nella chiesa di Wojtyla, di
Ruini e di Benedetto XVI, che ha dato
l’impressione di non sapere parlare
d'altro, mostrando alla gente della Chiesa prima di tutto e quasi esclusivamente
l'aspetto precettistico.
Papa Francesco
ribalta completamente questo modo di vedere.
Vediamo alcune
significative frasi che compaiono in questa intervista.
Nessuno si salva da
solo, senza relazioni interpersonali.
Prima di tutto
occorre curare immediatamente le ferite,
gli esami del sangue , il colesterolo e tutto questo genere di cose verranno
dopo.
Occorre trovare nuove
strade da percorrere, con audacia e con coraggio.
L'ingerenza
spirituale nella vita delle persone non è possibile.
A proposito di aborto,
bioetica eccetera, il Papa dice che bisogna parlarne sempre solo in un contesto,
perché il cattolicesimo non è una
moltitudine di dottrine da imporre con insistenza.
L'annuncio cristiano
si deve concentrare sull'essenziale, che qualcosa, che deve fare ardere il
cuore.
Occorre trovare un
nuovo equilibrio.
Negli ordini
monastici, come nei gesuiti, la profezia inevitabilmente si contrappone alla
Chiesa gerarchica, fa chiasso, fa casino, perché deve essere lievito.
I dicasteri romani
sono al servizio del Papa e dei vescovi, delle chiese particolari e delle conferenze
episcopali, devono essere strumenti e occasioni di aiuto, non di censura.
A questo punto ho il
Papa fa quasi una confidenza, che lascia veramente scioccati, quando dice di
essersi stupito della quantità impressionante di denunce che arrivano in
Vaticano.
Denunce della
presunta mancanza di ortodossia rivolta a chierici o a laici cattolici.
Questo fatto è abbastanza terribile, perché fa capire, che la
gestione teologica tradizionale dei decenni scorsi ha seminato male e ha
raccolto ancora peggio.
Perché se la gente
non va più in chiesa, ma quei pochi
rimasti, invece che essere animati da carità verso i fratelli, esprimono tutto
il proprio livore e dedicano tempo a
denunciare all'inquisizione il fratello, questa Chiesa è veramente messa peggio
di quello che si possa credere.
Arriva infine una
affermazione di grande peso ,come quella sulla collegialità, che va ripensata.
E
poi una affermazione ancora più pesante :
la donna deve essere presente là dove si prendono le decisioni importanti nella
Chiesa.
Questa
sola frase è terribilmente innovativa , anche se non segue una analisi approfondita e al contrario il
Papa rimanda a una teologia della donna che deve essere riscritta.
Certamente
però la frase è assolutamente inequivoca.
Quando
poi gli viene chiesto cosa ne pensa del Vaticano secondo e della sua attuazione,
il Papa dice quello che non era mai stato detto prima, parlando di
linee ermeneutiche di continuità e di discontinuità.
I
suoi predecessori , anche sotto tortura, non avrebbero mai e poi
mai pronunciato la parola discontinuità, che è sempre stata considerata semplicemente
impronunciabile.
Cioè
in tutto il magistero precedente si è sempre voluto sostenere ,ontro l’evidenza
storica, e cioè che la Chiesa
non avrebbe mai contraddetto se stessa e
quindi sarebbe impossibile rilevare
elementi di discontinuità.
Si
dice poi che occorre attualizzare il messaggio cristiano all’oggi.
Mentre
vedere il mondo moderno, come presunto
barbaro, e la Chiesa
come pura conservazione è assolutamente sbagliato, perché Dio va incontrato
nell'oggi, nel tempo, nei processi in corso nella storia. Occorre trovare le
dinamiche nuove, con un atteggiamento contemplativo e con una sensibilità
spirituale.
E
poi : se uno ha la risposta a tutte le domande, Dio non è con lui è un falso
profeta.
Nella
chiesa ci sono stati atteggiamenti restaurazionisti e legalisti, si sono
cercate soluzioni disciplinari per salvare un passato perduto.
Al
primo posto, invece, va messa la speranza cristiana, che è ben più
dell'ottimismo, che è solo un atteggiamento psicologico.
La
fede cristiana è un cammino, nel senso che è una fede storica, perché Dio si è
rivelato come storia, non come un compendio di verità astratte.
Quella
cristiana non è una fede da laboratorio, dove si portano i problemi per
verniciarli e addomesticarli, fuori dal loro contesto.
Per
parlare all'uomo moderno occorre capire che l'uomo moderno sta interpretando se
stesso in modo diverso da come si interpretava nel passato, con categorie
diverse, non solo a causa dei mutamenti storici intervenuti, ma anche a causa
di un più ampio studio di se stesso.
Il
dogma, deve progredire, svilupparsi .
E
poi, forse la cosa più grossa da un punto di vista dottrinale, la dice quando
gli viene posta una domanda per indurlo a dare una definizione del rapporto fra
il “depositum fidei” e il tempo, quando
risponde dicendo che per rivolgersi all'uomo, bisogna fare come l'uomo, che va
nel corso della sua vita attraverso a un ciclo biologico.
La
coscienza dell'uomo si approfondisce, cambia, e il Papa per sottolineare l’evoluzione
che nella storia ha avuto la sensibilità umana fa l'esempio dell’accettazione
in altri tempi,( non lontani di molto), della schiavitù e della pena di morte.
Ci
vuole evoluzione nella crescita, per fare questo ci vogliono esegeti e teologi, ma anche altre
scienze e la loro evoluzione.
Ci
sono norme e precetti ecclesiali secondari, che non sono più efficaci. che hanno
perso valore.
A
questo punto il Papa arriva addirittura a fare una affermazione veramente
incredibile per un Papa quando confessa in modo trasparente : purtroppo ho
studiato teologia su un manuale del tomismo decadente.
Se
i suoi predecessori avessero avuto la stessa consapevolezza di avere studiato
su manuali di tomismo decadente, la storia della Chiesa sarebbe stata diversa e
il Nord ed Est Europa non sarebbero già persi.
Conclude
quindi l'intervista, una affermazione profondissima, sulla quale sarebbe utile che
i cristiani meditassero.
Quando
gli viene chiesto cos'è per lui da preghiera e come interpreta lui la preghiera
, il Papa nella sostanza risponde, che dopo aver fatto meditazione e aver fatto ricorso alle sue memorie e ai suoi ricordi, si
concentra su una domanda : cosaho fatto io per Cristo ?
La
preghiera per chiedere cose, per
chiedere grazie, tutti i grandi della fede lo hanno sempre detto, è
superstizione, non è religione.
Eppure
il popolo cristiano rimasto su questo punto non c’è, non ha una nemmeno una sufficiente
cultura teologica per capirlo.
Se
invece di occuparsi di politica o fare gli impiegati, i preti torneranno a fare quello che dovrebbe essere la loro missione,
questo è uno dei punti fondamentali sui quali lavorare.
Questa
lunga intervista è molto di più di un'enciclica, perché non tratta un tema solo,
ma tratta un ventaglio di cose, nel quale sono compresi i temi più importanti.
Il
Papa ha usato volutamente uno strumento
diverso da quelli usuali, non solo perché l'intervista è uno strumento moderno,
mentre l’enciclica non è uno strumento
moderno.
Il
Papa ha scelto questo nuovo strumento, penso soprattutto, perché gli ha
consentito di definire il suo pensiero e un definito programma di pontificato.
I
gesti e gli atteggiamenti, seppure estremamente nuovi e significativi, con i
quali Papa Francesco aveva parlato alla
gente fino ad oggi, sono stati i utili e indispensabili per fare capire, che ci
si avviava per una strada completamente nuova e diversa.
Che
poi non è altro, che la pura e semplice riproposizione del Vaticano secondo.
Il
Papa ha fatto bene a parlare ,non con
parole, ma soprattutto con dei gesti all'inizio:
prima
di tutto perché è un Papa e quindi conosce benissimo il significato dei simboli
nella religione e sa che i gesti non sono cose di per sé, ma sono appunto simboli, sono icone, sono metafore di un universo
molto più profondo, che la gente intuisce senza bisogno di tante spiegazioni.
I
potentati della curia e i tradizionalisti in genere, da questi gesti
avevano capito benissimo che aria tirava, e hanno cercato non direttamente,
come usano fare loro, di squalificare
fin dall'inizio questo Papa come un populista, che poi non sarebbe stato capace
di portare avanti niente di sostanziale.
Ora
dai gesti si è passati all'elencazione diretta di un pensiero, che risulta
essere coerente e profondo.
Il
Papa ha fatto benissimo a presentarsi come se stesso, cioè come un gesuita, incarnato nella spiritualità ignaziana.
Dicevamo
che il suo pensiero non è altro che
quello espresso nel Vaticano secondo,
teniamo conto però che dal Vaticano secondo ad oggi, sono passati
cinquant'anni e che in questi cinquant'anni si è cercato quel concilio di farlo
dimenticare.
Se
ho capito bene il Bergoglio pensiero, non penso che il Papa si lancerà in un
innovazioni formali, lasciandosi
invischiare nelle procedure vaticane, cioè non penso che si parlerà, almeno non
a breve, di nuovi concili, o di cose del genere.
Mi
sembra più probabile che il Papa continui
a parlare con dei fatti, più che con delle encicliche ed altri atti
formali tradizionali.
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