venerdì 13 settembre 2013

La lettera pastorale di Scola. Qualche inaspettata apertura c'è. Ma nelle terapie indicate non c'è proprio nulla di nuovo.





Il cardinale arcivescovo di Milano si fa perfino apprezzare per lo sforzo visibile che fa di cercare di affrontare i tempi nuovi.
Difficile però che riesca a mettersi a correre, se non riesce a sbarazzarsi delle palle al piede che ci si trova legate.
Per esempio la cultura teologica, che ha acquisito da adolescente e da prete in Cl, non gli è certo d'aiuto ed è terribilmente difficile sbarazzarsi della propria formazione culturale quando questa è sbagliata, perché si teme di tagliare le proprie radici, alle quali si è affezionati.
Pochi ci riescono.
È molto più facile scaricare come ha fatto, vecchi amici come Formigoni ,che sono diventati nel frattempo impresentabili.
La sua lettera pastorale, uscita in questi giorni è comunque interessante, perché testimonia uno sforzo di cambiamento e che questo sforzo è percepito come indispensabile.
Positiva è la parte che si potrebbe dire dedicata alla diagnosi.
E infatti i giornali si sono buttati a capofitto nel riportare quella parte, che, maliziosamente potremmo dire, è la prima, facendoci quindi dubitare, che quei giornalisti abbiano letto tutto il resto della pastorale.
In queste diagnosi, si diceva, c'è finalmente il riconoscimento esplicito del fatto che la crisi della chiesa ambrosiana è molto pesante.
Per descrivere questa crisi Scola ha usato il termine immaginifico di "ateismo anonimo", diffuso anche fra i cristiani  abituali frequentatori delle messe domenicali.
Non è però riportata alcuna citazione che documenti di dati delle analisi sociologiche in proposito, forse perché il riportarli  sarebbe stato eccessivamente scoraggiante per il grande pubblico  (partecipazione alle messe, matrimoni civili, unioni di fatto, l'adesione all'ora di religione, svuotamento dei seminari eccetera).
Ma il termine usato "ateismo anonimo" per di più  riferito anche a gran parte dei cristiani residuali ,abituali frequentatori della messa domenicale è di per sé scioccante e perfino impietosa.
C'è poi una puntualizzazione importante, l'allontanamento si è verificato soprattutto nella fascia di età più produttiva ,quella fra i 24 e i 50 anni di età.
Un po' sbrigativa ,ma abbastanza indicativa ,la spiegazione di questo termine "ateismo anonimo",  in base alla quale si va a messa e si crede in un Dio, ma quale Dio ?, un Dio dell'aldilà, utile per chi ritiene di crederci a risolvere il problema esistenziale dell'angoscia della morte e del senso della vita.
Nell' al di qua invece Dio non c'è, la gente non lo sente più come entità necessaria per orientare la vita nell'al di qua.
E quindi nella realtà di tutti i giorni la gente si muove come se Dio non ci fosse.
La sostanza del problema è così abbastanza centrata.
La diagnosi quindi è abbastanza buona, ma è terribilmente tardiva, perché non è altro che l'enunciazione di quella secolarizzazione ,definita nei dettagli ,come tutti sanno, dal teologo filosofo statunitense  nella sua opera "The secular City"  del 1965.
Da allora sono passati cinquant'anni, è un po' tardi per accorgersene e parlarne ora.
Purtroppo però, dopo aver dato quella  frustata dell'ateismo anonimo, che fa mettere i piedi per terra, Scola indulgere a considerazioni consolatorie di ben poco peso.
Il cattolicesimo Ambrosiano sarebbe ancora ,secondo lui, un cattolicesimo popolare, cioè diffuso e cita a dimostrazione la partecipazione ai Grest, cioè agli oratori estivi, cita un alto numero ancora di battezzati, e cita infine l'oltre il 70% di europei, che si dicono cattolici,
Quest'ultimo dato però costituisce una vera e propria manipolazione statistica,e quindi  una autentica scorrettezza, che una persona di quella levatura, avrebbe dovuto evitare.
Perché tutti sanno, che le analisi demoscopiche formulano la domanda sulla religione di appartenenza, intendendola nel senso di inquadramento in tradizioni culturali, etniche, geografiche e cioè che uno si dice cattolico nel senso di non musulmano, di non buddista, di non indù, ma non nel senso di credente nei dogmi cattolici o di fedele praticante.
Scola sa benissimo che nella sua metropoli quel dato va retrocesso dal 70% al 5%, dato che, peraltro, si ritrova scritto nero su bianco in diversi documenti della sua stessa curia, e tanto valeva allora dirlo apertamente, invece che nascondersi dietro al "latinorum" dell'ateismo anonimo.
Purtroppo ancora,  il sito Web della diocesi di Milano riporta un pessimo riassunto della lettera che fra parentesi è acquisibile in versione integrale solo a pagamento, e questo non è usuale e non è certamente bello.
Questo riassunto, semplicemente cancella incredibilmente tutte le parti di critica, di diagnosi,  proprio quelle parti che sono finite nei titoloni di tutta la stampa e questo rende ancora più ridicolo e maldestro questo tentativo di censura.
Abbiamo detto, tardiva ,se non fuori tempo massimo la diagnosi, che però finalmente è stata espressa, seppure ingenuamente edulcorata.
Però tutte le debolezze del documento si manifestano quando vengono proposte delle terapie.
Anche qui è apprezzabile qualche tentativo di autocritica e di novità.
Ci sono cioè alcuni spunti di critica alla linea della passata gestione pluridecennale della Chiesa italiana Ruini bertone Cgil.
Ci sono questi spunti sugli errori passati.
Ma non ci sono affatto i riferimenti ai loro autori ,cosa che forse sarebbe stato chiedere troppo.
Gli autori bisogna intuirli e dedurli.
Gli addetti ai lavori capiscono benissimo lo stesso, ma tutti gli altri non capiscono proprio, e questo è pur sempre un limite di perdurante farisaismo.
"Non dobbiamo costruirci dei recinti separati in cui essere cristiani".
L'allusione è evidentemente diretta al mondo di CL, teniamo conto però, che lo stesso Scola è cresciuto e ha fatto carriera in questo mondo, .... Equindi, un cenno di onesta autocritica non avrebbe fatto male.
"Occorre testimoniare la coerenza del singolo con alcuni comportamenti ,ma questo "dare l'esempio" non basta ,occorre anche poter comunicare di essere diventati un'altra persona ... il testimone fa spazio all'interlocutore, non è un ripetitore di dottrine cristallizzate.
I cristiani non cercano la vittoria della propria parte, al di là degli errori commessi lungo la storia".
C'è poi qualche accenno, che sembra parlare del berlusconismo, ma anche qui per vaga allusione.
"Si ha l'impressione che il moltiplicarsi delle opportunità di divertimento invece che ricaricare l'io finisce per esaurirlo"
"Si eviti di cedere alle logiche commerciali ed efficientistiche".
Va bene certo, ma anche qui, un piccolo accenno autocritico all'appoggio dato scopertamente anche da Scola a quel berlusconismo, che è stato per decenni il grande sacerdote di modi di vita basati sull'apparire e sull'evasione, come principali obiettivi di vita non avrebbe guastato.
In conclusione, quindi, c'è qualche riconoscimento della serietà della crisi della Chiesa nel tempo presente, c'è qualche accenno di diagnosi azzeccata sugli errori commessi fino a ieri dalla Chiesa italiana.
Ma si tratta di riconoscimenti parziali, tardivi e probabilmente fuori tempo massimo.
Prova ne è che la terapia proposta è vecchia e inefficace.
In poche parole come terapia, il Cardinale propone ai cristiani della diocesi di riscoprire quella "chiesa in stato di missione"  e quella "pastorale d'ambiente", che assomiglia moltissimo alla "missione di Milano"  lanciata dall'allora arcivescovo Montini molti decenni fa e che fu molto utile per mobilitare i quadri, allora come oggi, sonnecchianti del mondo cattolico, ma che fu universalmente considerata un fiasco assoluto, come sforzo per convincere la gente ad avvicinarsi al cristianesimo.
Andare nei posti di lavoro e lì manifestarsi come cristiani e riconoscersi con gli altri cristiani.
Ma non si era detto che i cristiani non devono fare setta a parte?.
Se queste sono le terapie...
Un giornale ha maliziosamente titolato all'uscita della pastorale : la gente lascia Scola, non la chiesa.

Temo che abbia avuto ragione.

Nessun commento: