Una delle tante
narrazioni nelle quali si era prodotto con successo quell’intrigante
affabulatore che è Matteo Renzi, era stata quella del “salvataggio
delle banche, venduta come un intervento dello stato a favore del
risparmio,, dei cittadini ,e sopratutto dei piccoli risparmiatori.
Banca Marche,Banca
Etruria, Cariferrara e Carichieti hanno visto evitato il fallimento,
ma sono state messe “in risoluzione” a fine 2015, cadendo in
regime di bail-in (concorso dei sottoscrittori di azioni e
obbligazioni bancarie nell’eventuale fallimento di una banca) in
base alla normativa europea.
Quattro banche
del centro-Italia sull’orlo del fallimento, alla fine dell’anno
scorso sono “state salvate”
Sono diventate
“Nuova” Banca Marche e così via per le altre tre ,in attesa di
trovare un compratore per tutte quante.
Il valore di azioni
ed obbligazioni subordinate sono però finiti a zero gabbando i
numerosi sottoscrittori.
Nel
“salvataggio” i sottoscrittori ci hanno rimesso, ma chi si è
preso i prestiti e non li ha restituiti ?
Ma chissà perché
si è parlato e si parla solo di questa faccia della medaglia, ma
non si fa cenno all’altra faccia, quella degli amministratori di
quelle banche che hanno portato i loro istituti al fallimento
andandosene via, per lo più con laute liquidazioni, a ricompensa del
brillante risultato produttivo della loro opera.
Quella, almeno, dei
maggiori percettori di prestiti per cifre indecenti, concessi loro
perché “amici degli amici”, per via di affiliazione partitica o
massonica, e quindi senza bisogno che prestassero garanzie reali,
corrispondenti all’importo del prestito, che poi non hanno saputo
restituire mandando la banca in fallimento.
Quella dei vari
collegi dei revisori dei conti, che hanno certificato regolarmente
chissà quale “finanza creativa”.
Quella dei
supervisori della Banca d’Italia e degli altri organismi di
controllo che si sono limitati a qualche rilievo e raccomandazione
generica, del tutto sproporzionate rispetto al disastro che vedevano
e che incredibilmente sono rimasti tutti, dicasi tutti ai loro posti.
Si tratta di un
buco, che, stante a quanto si riesce a fatica a rilevare dalla stampa
(Panorama 6 ottobre 2016), si aggira in una bella cifra, che va dai 3
ai 5 miliardi di “crediti deteriorati”, non stiamo parlando di
noccioline.
Per questo
“salvataggio” sono stati spesi 3,6 miliardi, di cui due messi
insieme da Banca Intesa,Unicredit e Ubi .
La perdita è quindi
stata assorbita dalle maggiori banche italiane e dalle 130.000
famiglie di risparmiatori coinvolte, ma la cosa non è finita qui
,perché se non si trova un compratore a breve, si finisce in un
tunnel con in fondo la liquidazione, cioè la dichiarazione di
fallimento.
Come mai della
faccia nascosta della medaglia non si parla mai?
Non sarà mica
perché alla banche, “dominus” diretto in molti consigli di
amministrazione dei giornali o indiretto nei confronti dei
proprietari di giornali e Tv non garba farlo sapere, perché loro in
questo sistema tutt’altro che trasparente , continuano a nuotarci
dentro, col beneplacito della politica?
Siamo ridotti per
l’ennesima volta a dover confidare nella sola magistratura, ultima
ratio, e meno male che almeno c’è questa istituzione, pur col suo
consueto passo da elefante.
Spiace per i tanti
piccoli risparmiatori che sono rimasti scottati in investimenti
sballati.
Fa
rabbia vedere funzionari e impiegati di banca che si piegavano alle
direttive truffaldine delle loro direzioni per
propinare titoli ad altissimo rischio a piccoli risparmiatori
incompetenti e analfabeti di finanza,
si veda, per
chiarirsi le idee, la puntata di Report della Gabanelli del 17-10-16
(http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-3bfa7b8f-c813-4530-abaa-597c103d320a.html).
Però, caspita, non
ci si spiega nemmeno perché tanta gente riponesse fiducia a scatola
chiusa in prodotti finanziari così speculativi.
Il discorso “avevo
fiducia, io non ci capisco niente di finanza” non è obiettivamente
accettabile.
Potrei anche capire
che ci caschi un anziano pensionato, ma che so io, un titolare di
partita Iva, quando gli capita in negozio o in azienda, di routine,
un qualunque rappresentante, firma gli ordini di approvvigionamento
senza leggere le condizioni? Ma quando mai.
Ed allora perché
firmare un contratto di acquisto di obbligazioni subordinate, senza
leggere nulla, quando sicuramente quella dizione se pure criptica di
“Tier 2” ,che identifica le subordinate c’era sicuramente
scritta, bastava prendere in mano il telefonino che hanno tutti e
digitare “Tier 2” su Googole, come quei sottoscrittori fanno
tutti i giorni, per tante altre cose.
A questo punto si
spera che nei programmi scolastici faccia la sua apparizione anche un
po di educazione finanziaria di base.
Ma torniamo ai
presunti “salvataggi” bancari, che sono quanto mai all’ordine
del giorno, a causa della situazione delicatissima del Monte dei
Paschi, ben più grosso dei quattro istituti dei quali si è parlato
sopra.
Per “salvare”
il Montepaschi il governicchio del conte Gentiloni vuole mettere le
mani nelle nostre tasche ,invece di occuparsi di ben altre priorità
E qui stiamo molto
ma molto peggio, perché l’approccio che sta avviando il
governicchio in carica del conte Gentiloni, comporta il fatto che il
governo medesimo metta le mani nei nostri portafogli per “salvare”
quella banca, che la cricca che ha messo Gentiloni dove è , e cioè
il PD, sopratutto nella sua componente ex PCI e diramazioni
massoniche, ha portato al fallimento mettendoci a capo personaggi più
che dubbi, che del resto erano stati messi lì per fare quello che
poi hanno fatto e cioè rifornire di prestiti gli amici degli amici
,senza fare troppe domande sulle garanzie da prestare.
Fatto sta che per
salvare il MPS lo stato ha già tirato fuori diversi miliardi in
tempi diversi, senza risolvere assolutamente nulla.
Ora ci propongono,
senza vergogna, un fondo addirittura di 20 miliardi, naturalmente a
ulteriore debito, facendo imbufalire banchieri ed economisti
tedeschi, che ci chiedono impietosamente come mai non abbiamo salvato
le nostre banche usufruendo, come hanno fatto loro, dei soldi messi a
disposizione della UE al tempo del governo Monti.
Se quelli come Monti
sono il fior fiore dei tecnici dell’economia e della finanza, la
prossima volta, per sistemare il bilancio dello stato, scassato dal
Berlusconi di turno, chiameremo l’idraulico.
Luigi Zingales,
economista di indiscusso livello, sul “Fatto” di ieri ha espresso
un parere molto severo sulla sensatezza del fatto che lo stato
italiano si imbarchi in un impegno finanziario così rilevante per
“salvare” quella banca, che è un monumento al clientelismo e al
dilettantismo di tutta una classe politica.
Forse non sono più
prioritari, rivelava Zingales interventi per pagare i debiti dello
stato alle imprese, per mettere a norma migliaia di scuole,per
finanziare la ricerca?
Lo stesso Zingales
rincarava la dose nella conclusione del suo intervento che è questa
:per cominciare l’azionista stato dovrebbe pubblicare la lista dei
primi cento debitori insolventi di MPS.
Perfetto, quella che
sopra chiamavamo l’altra faccia della medaglia, va ,se pure in
ritardo, resa pubblica, in pasto al pubblico ludibrio, insieme ai
padrini politici di quelli che i prestiti li hanno accordati.
O cercare di
ragionare con la propria testa è diventato “polpulismo”?
Sono insopportabili
gli interventi televisivi dei vari Padovan ,a volte corroborati da
banchieri assortiti, che ci dicono, come ai tempi di Renzi, che tutto
è a posto, non corriamo alcun rischio, abbiamo previsto tutto, le
nostre banche sono solide, anzi le più solide d’Europa.
Sono insopportabili
perché non è affatto finita qui, dopo le quattro banche del Centro
Italia, dopo il Montepaschi, c’è purtroppo dell’altro,basta
andare a consultare il listino della Borsa di Milano per vedere
l’elenco dei titoli bancari che perdono valore giorno dopo giorno e
si scopre che non è finita qui.
C’è Unicredit ,
la seconda banca italiana, che non se la passa affatto bene e che per
adesso l’ha scampata solo temporaneamente vendendo i gioielli di
famiglia e annunciando un aumento di capitale vertiginoso, basterà?
Ci sono le venete,
tredici banche in crisi secondo il viceDirettore del Corriere,
Federico Fubini
C’è la Carige, in
via di risanamento, ma non fuori pericolo?
C’è l’operazione
della fusione delle Popolari che è stata interrotta da un intervento
della magistratura contabile aumentando l’incertezza del settore.
Insomma c’è un
terreno pieno di mine.
Evitiamo di dormire
sonni tranquilli, perché anche la garanzia del fondo interbancario,
che in caso di crak generalizzato dovrebbe garantire i nostri conti
fino a 100.000 €, in realtà copre solo una certa percentuale dei
risparmi e quindi se ci fosse la corsa agli sportelli, ti saluto
garanzia!
E quindi
diversificare , occhi aperti e ancora più aperti verso la politica.
Dovremo fare delle
scelte, quando e se, si degneranno di lasciarci andare a votare,
cominciamo a informarci per uscire dal pantano, almeno proviamoci.