martedì 19 febbraio 2013

Allegria, allegria. Le previsioni sul futuro non sono mai state peggiori





Si è appena celebrato il Capo d’Anno cinese e la Cina è il paese più grande e più rampante del mondo e quindi dobbiamo interessarcene.
Al Capo d’Anno pare che sia uso far seguire una settimana di poco sobrie libagioni e ne hanno ben d’onde se si pensa che quello che si è aperto è l’anno del serpente.
Cerchiamo di essere moderni e di non essere superstiziosi e quindi ribadiamo che se certe cose succedono la loro concatenazione è solo dovuta al puro caso e non a iella intrinseca,  però per completezza di informazione occorre ricordare che anni del serpente erano stati il ’29, l’anno della grande depressione;  l’anno di Pearl Harbor che ha portato gli Usa in guerra; e infine il più vicino anno della distruzione delle Torri Gemelle.
Facciamoci gli auguri.
Fra cinque giorni chi è convinto di fare cosa buona andrà a votare.
I commentatori politici sui giornali volgono progressivamente al peggio, evidentemente compulsando i sondaggi che non si possono pubblicare per una legge idiota che considera gli elettori degli zombi troppo impressionabili, ma ovviamente si possono fare.
Pare che Berlusconi sia fermo e conti solo sulla possibilità di smuovere la gente per portarla a votare anche se non lo farebbe con troppa convinzione; Monti in discesa lieve; Bersani pure in discesa lenta; Grillo in avanzata.
Se queste previsioni si avverassero non ci sarebbe un governo stabile e si finirebbe in un oscena ammucchiata con tutti dentro salvo Grillo.
Infatti qualcuno già si prepara a una nuova tornata elettorale dalla quale si dice dovrebbe emergere la stella di Renzi.
Il problema però sarebbe arrivare a questa seconda tornata senza traumi e sena danni e questo non è assicurato, perché l’Italia è visibilmente sulla soglia di una crisi di nervi.
Tutti si sono accorti che in campagna elettorale nessuno si è degnato di parlare delle due o tre cose serie che ci stanno davanti, forse perché nessuno sente di avere il coraggio di metterci mano :
- Euro si/Euro no;
- stato in economia con una forte campagna di lavori pubblici a debito per far ripartire la macchina in recessione/ oppure stato no;
- decidere di far lavorare in lavori socialmente utili i milioni di cassintegrati usando in modo sensato   l’enorme spesa per gli “ammortizzatori sociali”  dando così ai disoccupati uno status dignitoso che abbia un ritorno per la comunità e per l’economia;
- scuola, giustizia ecc. ecc.
Ma il tutto nell’ordine di priorità indicato, perché queste sono le priorità dei problemi.
La politica non può far finta di non accorgersi del fatto che da tutte le categorie sta montando una rabbia che non è intercettata da nessuno.
Nel mondo dell’economia  cioè delle piccole aziende non c’è quasi nessuno che non veda nero nel futuro, non c’è più né fiducia né speranza.
Gli scandali imperversano e per la natura stessa della investigazione penale nella quale da una ciliegia si risale a tutti i rami siamo solo all’inizio.
Non bastasse la crisi dell’economia e della politica siamo incappati nelle eclatanti dimissioni di Papa Ratzinger.
Riconosciuto il merito e il coraggio di un gesto, sarebbe farisaico non riconoscere anche che quelle dimissioni sono state la dichiarazione pubblica di un fallimento.
Fallimento nella capacità di leadership personale e di sollevarsi da una serie di scandali grossi come le montagne.
Ma soprattutto pesanti per il  fatto di avere fatto perdere alla chiesa otto anni di pontificato senza avere deciso alcunché in merito alle questioni chiave che aveva ereditato.
Né più né meno di quello che è successo in politica.
La frustrazione che se ne ricava è quindi aumentata.
Come reagire?
Quando si è nei guai la cosa più sciocca che si può fare è quella di distogliere lo sguardo per non vedere quello che ci crea dei problemi.
Di conseguenza occorre riconoscere che la crisi economica c’è ancora e che non essendo stata affrontata in modo corretto non si potrà risolvere da sola.
Che la crisi politica c’è e che   sta per degenerare  in una crisi di rappresentanza delle forze politiche presenti, pericolosissima perché per le leggi inesorabili della politica se i partiti non sapranno incanalare la rebbia e le richieste della gente , automaticamente verranno cercati canali extra -costituzionali, non c’è scampo.
La crisi morale, prima ancora che istituzionale, della chiesa c’è e si sente molto di più in Italia, dove la gente è ancora lontana dal fare quello che hanno fatto i nostri vicini europei che da tempo hanno cercato e trovato altre agenzie morali laiche al posto della chiesa e non si sono affatto trovati male.
Da noi la crisi della chiesa pesa molto di più, perché è percepita come di una crisi di famiglia in senso sentimentale di identità di appartenenza a un gruppo.
Le crisi quindi sono su più campi e sono gravi.
Non c’è dubbio però che le crisi gravi hanno una intrinseca forza catartica, cioè una spinta alla rigenerazione, a rendere credibili, verosimili e attuabili cambiamenti epocali, che in altri momenti avrebbero fatto paura.
Un tempo non lontano in questi casi non si trovava di meglio che entrare in una bella guerra illudendosi di togliersi così dai guai.
Oggi almeno in questo è ben difficile che si ricaschi e quindi si è più realisti.
La guerra nella sua cruda verità significava andare a portar via  i soldi a qualcun altro.
Oggi forse si è capito almeno che le castagne dal fuoco ce le dobbiamo togliere da soli.
In fondo in politica un Renzi e un Grillo cioè due totali outsider sono venuti fuori anche se  una tornata elettorale sola non basta per sancire un cambiamento reale, però sono l’unica radicale novità in una storia di diversi decenni.
Purtroppo il blocco della politica significa anche blocco della politica economica e quindi fino a quando la politica non deciderà per una politica economica diversa non si vede come l’economia possa migliorare.
Per la chiesa la crisi è tale che sulla base dell’analisi dei fatti tendo a pensare che ogni fedele trarrà le sue decisioni e cercherà altrove i propri punti di riferimento, ma non mi sembra che questa chiesa sia in grado di rigenerarsi da se stessa.

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