Non ho mai amato questo papa e nel tempo avevo
spesso argomentato le ragioni per le quali l’avevo ritenuto fin dalla sua
elezione l’uomo sbagliato messo nel posto sbagliato.
Teologo di professione, ma autore di nessun lavoro
di rilievo accademico, uomo di studio quindi,
non d’azione e meno che meno dotato di qualità e di esperienza pastorale.
Prigioniero della peggiore teologia agostiniana e
tridentina.
Distintosi da cardinale per una lunga gestione del
sant’uffizio interpretata con piglio da mastino contro tutte le voci pluraliste
nella chiesa, che ha bloccato qualsiasi serio dialogo sul mondo moderno.
Come del resto esigeva la sua teologia di riferimento
era animato da una radicale sfiducia nelle capacità dell’uomo di progredire con
i suoi mezzi e quindi diffidava delle potenzialità innovative della scienza.
Essendo un intellettuale era ben conscio della
situazione della chiesa ridotta ai margini di un mondo moderno che le risultava
incomprensibile e credo che sinceramente fosse convinto della impossibilità di frenare
la caduta progressiva della chiesa, come la vedeva lui, nella irrilevanza.
Le sue scelte di governo della chiesa, cioè nel
costruire l’organigramma della curia si sono rivelate quasi tutte sbagliate avendo
lasciato carta bianca al segretario di stato, ora addirittura anche camerlengo,
un potere assurdamente immenso, che quello ha esercitato senza scrupoli,
nominando nei posti chiave solo confratelli del suo ordine salesiano o sodali
di comprovata obbedienza e trascurando merito e capacità.
Cerchiamo con fatica di vedere anche la bottiglia
mezza piena.
Papa Ratzinger ha affrontato lo scandalo dei preti
pedofili, scandalo di dimensioni enormi, con un piglio deciso, ma non si può
tacere il fatto che come cardinale prefetto del sant’uffizio aveva tergiversato
a lungo lasciando impuniti i casi che venivano segnalati a quel dicastero e
quindi è intervenuto in modo corretto, ma solo quando i buoi erano già scappati.
Ancora in modo coretto è intervenuto decapitando i
vertici dei Legionari di Cristo ma anche qui quando ormai il comportamento
indegno di quei compari era andato avanti per decenni ridicolizzando le pretese
della chiesa di essere maestra di morale.
Intervenuto bene quindi ma troppo tardi e soprattutto
senza capire o senza voler capire che il problema non erano solo le mele marcie
qua e la, ma che marcio era il sistema dei movimenti, divenuti ovunque sette
assetate di potere e di denaro, che rispondevano oramai solo a loro stesse.
Se avevo amato poco Papa Ratzinger, avevo amato
ancora meno il suo predecessore Woytila, del quale non potevo soffrire i
prevalere sempre della sua indole di grande teatrante.
Sono stati i lunghissimi anni di Wojtyla ad affossare la chiesa.
Come avevo cercato di argomentare a questo
proposito , uomo di grande carisma e di forte personalità.
La sorte lo aveva fornito di grandi doti, ma il
caso ha voluto che fosse stato costretto a studiare, a causa dei pochissimi
mezzi della sua famiglia e dello stato arretratissimo del cattolicesimo polacco,
su vecchi libri una teologia decrepita dalla
quale non ha mai saputo uscire.
Ne è quindi uscita una linea ultra- conservatrice,
mascherata dalla sua innata capacità di parlare alla gente, di presentarsi in
un certo modo, di essere leader.
Elogiando il Vaticano II ha demolito pezzo per pezzo tutte le acquisizioni più
significative realizzate da qual concilio riportando la chiesa alla teologia
del concilio di Trento a metà cinquecento.
Ha nominato vescovi e cardinali con un puntiglio
impressionante uomini fedeli alla linea
più conservatrice.
Di conseguenza il panorama attuale della
gerarchia cattolica attuale è quindi impressionante
per uniformità e grigiore.
Lasciamo perdere Giovanni Paolo I, poveretto in
tutti i sensi.
Torniamo a Paolo VI, a mio avviso il migliore papa
che la chiesa ha avuto nel secolo scorso.
Avrebbe potuto ascoltare le malefiche sirene del
potere curiale e affossare le innovazioni del Vaticano II e invece ne ha difeso
la sostanza concludendolo in modo da salvarne lo spirito.
Nel campo della dottrina sociale è stato l’unico
papa che ha fatto fare alla chiesa un salto di qualità con la proclamazione
della scelta preferenziale a favore dei poveri, riportando l’insegnamento
ufficiale al messaggio evangelico puro e semplice.
Era di formazione e di indole un intellettuale di
grande cultura e di grande apertura.
Primo traduttore italiano del più grande filosofo
neotomista del secolo Jaques Maritain, aveva amato passare lunghe serate nei
terrazzi più elevati del palazzo apostolico conversando per esempio con uno dei
più grandi filosofi del suo tempo, Jaques Guitton, del quale era amico, di
quello che ci si aspetta parli un papa : la vita, la morte, l’universo, la
storia, il mondo.
Un papa di questa statura era però un uomo anziano,
ben presto perseguitato da acciacchi e mali più seri che ne avevano minato l’organismo
e offuscato la razionalità.
Ha passato degli ultimi anni orribili, nei quali abili
venditori di fumo in cerca di visibilità e di carriera ,da Don Giussani al
giovane e brillante arcivescovo di Cracovia gli si accalcavano intorno,
cercando di convincerlo che il mondo stava precipitando nel baratro della
licenziosità e dell’anarchia a causa di “interpretazioni” sbagliate del
Vaticano II, che occorreva stoppare al
più presto.
Chi come me ha amato Paolo VI e ne ha studiato le
opere fino a poter risalire alla filosofia che le ispiravano, non può che
essere inorridito da come quegli orribili consiglieri siano riusciti a falsarne
il pensiero di fondo.
Purtroppo di Paolo VI, per chi ne analizza le opere in modo
superficiale e frettoloso, come fanno i nostri media, è passato alla storia un
solo documento , il peggiore, quella Humanae vitae sul matrimonio e la
sessualità.
Talmente peggiore che non sembra nemmeno
ascrivibile alla penna di Paolo VI e infatti molti vaticanisti ascrivono sena mezzi termini l’Humanae vitae alla
penna di Karol Woytila, che in quel periodo era un assiduo frequentatore dell’ultimo Paolo VI.
L’analisi del testo, del resto, evidenzia delle contraddizioni
e incongruenze che denunciano in modo chiaro il fatto che la stesura era
stata a più mani e che nel testo finale
il pensiero di fondo di Paolo VI, che riconosceva in quelle materie la priorità
del ricorso alla coscienza e alla
responsabilità individuale era stato sopraffatto da linee di pensiero
completamente antitetiche, che volevano imporre come verità di fede vecchi
pregiudizi incompatibili con il mondo e l’uomo moderno, che infatti ha
rifiutato in blocco quel documento.
Ancora peggio è stata la firma estorta all’ultimo Paolo VI dal potere curiale su una
dichiarazione inverosimile con la quale avevano fatto dichiarare a quel polvero
vecchio papa nei suoi ultimi giorni che
i quattro ossicini contenuti nella teca nei sotterranei sotto il baldacchino
del Bernini erano senza ombra di dubbio le ossa di San Pietro e quindi la cosa
andava creduta come verità di fede.
C’era un referto scientifico che rilevava che di
quelle quattro ossa uno o due erano di capra , uno di donna e i rimanenti di
uomo ma di difficile datazione.
Questo succede quando si vuole procrastinare oltre
i limiti del buon senso l’esercizio del potere e della potestà papali.
Chi non ha frequentazione col mondo ecclesiastico
non si rende conto di quanto sia orribile la sofferenza della solitudine che
vivono i chierici di tutti i gradi a causa del fatto che una deprecabile
consuetudine ecclesiastica, fatta passare per dogma, impone loro la rinuncia
alla famiglia.
In età avanzata quando si diventa più fragili,
quello stato di solitudine peggiora di
molto una situazione già infelice.
E pensare che Paolo VI era stato lo stesso papa
che aveva per la prima volta imposto la decadenza dagli incarichi per i
detentori di cariche ecclesiastiche oltre i 75 anni, creando grave scontento e
reazioni negative.
Se la regola imposta per gli altri non l’aveva
applicata anche a sé stesso non oso pensare a quali pressioni sarà stato sottoposto
in quell’ambiente malsano della curia romana, dove possono sopravvivere solo fibre forti e in piena lucidità di mente in
grado di scansare con abili e tempestive mosse i coltelli e le fiale di veleno,
che vi circolano da sempre.
Onore quindi alla grande e clamorosa innovazione
operata dal tradizionalissimo papa Ratzinger.
Trovo bellissimo che con questo gesto, perfino
temerario, questo papa sia riuscito a riscattare almeno sul piano umano un
papato per niente esaltante.
Forse la grandezza del gesto sta tutta qui, come
se il papa avesse fatto questo ragionamento : non ho avuto la forza, la
capacità, la mente per far fare alla chiesa quei salti in avanti che la mia
formazione culturale non condivideva, ma ora faccio questa cosa che è in mio
potere di fare e che come recita il canone 332 del Codice di Diritto Canonico
nessuno ha la potestà di accettare.
Questo è il mio sigillo.
Quello che ho sempre temuto ed evitato di fare e
che consiste in un atto di discontinuità radicale col passato della tradizione,
una cesura rispetto a una tradizione millenaria, sarà il sigillo del mio pontificato
e sarà riportata negli annali per i secoli dei secoli.
Umanamente è una grandissima cosa.
Bravo Papa Ratzinger.
Incredibile abilità, un papato grigio da
dimenticare, che sarà invece ricordato per sempre come un papato che ha impresso
una svolta radicale nella storia della chiesa.
C’è della genialità in tutto questo.
Rallegriamoci e non stiamo a intristirci a pensare
,che stante il colore grigio uniforme che caratterizza il così detto sacro collegio
il successore di Papa Ratzinger non potrà che essere peggiore di lui.
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